Alzi la mano chi di voi non si è mai fatto un selfie. Probabilmente nessuno. Chi prima o chi dopo, bene o male ci siamo “cascati” tutti. Ogni occasione è buona per farsene uno. A casa, a lavoro, in palestra, in macchina. Praticamente ovunque. La moda dei selfie ha contagiato tutti. I social network sono invasi dai nostri autoscatti. Sembra un modo quasi innocente di mettersi in mostra, eppure nasconde un significato quasi preoccupante. Non discutiamo la qualità. Quella la lasciamo giudicare a voi. Più che altro bisogna concentrarsi su altro.
Secondo l’American Psychological Association, ente di riferimento internazionale per gli psicologi di tutto il mondo, il selfie sarebbe una nuova patologia per chi manifesta disturbi mentali nella sua forma ossessiva. Gli autoscatti utilizzati in tutti i social network, visti come una forma di espressione personale, nascondono gravi carenze di autostima.
La patologia si chiama “Selfitis”(Selfite, in italiano). Chi soffre di questa psicopatologia ha un vero e proprio bisogno ossessivo compulsivo di scattare foto a se stesso per pubblicarle sui social network, veicolo fondamentale dei selfie. Il motivo? Probabilmente per colmare le lacune della propria psiche legate all’intimità della persona.
L’APA ha persino creato una scala che permette agli psicologi di graduare la gravità del disturbo e, quindi, anche il tipo di approccio verso i soggetti che ne sono affetti.
I gradini sono tre: borderline, acuta e cronica. I pazienti borderline sono coloro che all’incirca si scattano un minimo di tre selfie al giorno, senza pubblicarli online. Coloro che sono affetti da patologia acuta pubblicano tutti i selfie giornalieri scattati. Il paziente cronico pubblica più di sei volte al giorno senza freni. Un’esagerazione.
Non esiste una terapia vera e propria, ma gli psicologi dell’APA assicurano che un intervento di tipo cognitivo-comportamentale (CBT) può essere efficace per ottenere miglioramenti sul piano sintomatico. Anche una terapia di tipo psicoanalitico può trovare maggiori risposte riguardo le lacune dell’autostima del paziente.
Forse bisognerebbe “lavorare” un pò di più su noi stessi. L’autoscatto andrebbe fatto introspettivo. Per capire meglio chi siamo, i nostri problemi e per capire come risolverli.