A seguito dell’attentato avvenuto in California, recentemente è scoppiato il caso Apple FBI, che potrebbe portare a gravi problemi futuri legati alle informazioni sui dispositivi personali, coinvolgendo anche altre nazioni.
IN BREVE
La più grande rivoluzione che il ventunesimo secolo ha portato è sicuramente quella legata agli smartphone, apparecchiature digitali che convivono insieme agli esseri umani, tanto da essere considerati vere e proprie protesi artificiali che riescono ad aiutarci in molte situazioni. In particolare i moderni cellulari come quelli della Apple sono delle vere e proprie cassette di sicurezza dei dati pesonali, ma l’FBI ha in questo periodo bisogno di decrittare uno di questi per scovare importanti informazioni sull’attentato terroristico avvenuto a San Bernardino in California, sperando che queste aiutino le indagini. Cerchiamo ora di capire come si sta sviluppando la vicenda Apple FBI.
1) Cosa ha chiesto l’FBI alla Apple?
L’FBI vorrebbe decrittare i dati contenuti nell’iPhone di Syed Rizwan Farook, l’attentatore della strage di San Bernardino dello scorso dicembre in modo da poter capire se ci sono altri uomini pronti a colpire a breve. Lui e il suo complice sono stati neutralizzati nello scontro armato con gli agenti della polizia a seguito dell’attentato. Farook ha avuto in dotazione un iPhone 5, un cellulare Apple, munito di sistema operativo iOS 9. Ma Apple ha dichiarato in una nota ufficiale di non cedere alle richieste della Federal Bureau of Investigation.
Ma in soccorso degli agenti arriva un’ordinanza del 16 febbraio di un magistrato federale, il giudice Shery Pym, il quale ha ordinato al colosso Apple di creare un software da zero, che sia in grado di disattivare o scartare i meccanismi di protezione e sicurezza dell’iPhone per evitare l’attivazione del meccanismo automatico di autodistruzione dei dati che si attiva dopo dieci tentativi falliti di inserire il codice di accesso.
2) Perché Apple ha dato risposta negativa?
Ecco quanto dichiarato dalla casa costruttrice del telefono in questione: “Il governo Usa ci ha chiesto qualcosa che semplicemente non abbiamo, e che consideriamo troppo pericoloso creare. Ci hanno chiesto di costruire una backdoor («una porta di servizio, un accesso secondario», ovvero un sistema che consente di entrare in un computer aggirando i suoi sistemi di identificazione e protezione, ndr) ai cellulari Apple. Nelle mani sbagliate questo software – che ad oggi non esiste – potrebbe potenzialmente sbloccare qualsiasi iPhone una volta che sia in mano a qualcuno”. Per queste ragioni dunque la compagni ha deciso di rifiutare aspramente la richiesta degli agenti dell’FBI.
3) Davvero la Apple non può decrittare un iPhone?
I file e i dati più importanti contenuti negli iPhone presenti in circolazione sono cifrati con un meccanismo di proprietà di Apple, il quale combina il codice dell’utente con una chiave hardware incorporata nel dispositivo.
Nel caso però di modelli come l’iPhone 5 C, potrebbe essere creato un nuovo software per sbloccare i sistemi di sicurezza interni e tentare quindi di trovare il codice in modo da poter dunque raggiungere le informazioni personali in un batter d’occhio.
4) In pratica cosa dovrebbe fare la Apple?
La compagnia dovrebbe scrivere una versione di iOS (il proprio sistema operativo) personalizzata (in gergo tecnico un firmware), da caricare sullo smartphone dell’attentatore Farook, permettendo così all’FBI di eseguire un attacco a forza bruta (cioè procedendo con l’inserimento di molteplici PIN per trovare quello giusto) senza rischiare che il dispositivo cancelli i dati.
5) Perché l’FBI la ritiene una soluzione accettabile?
Per gli agenti dell’Fbi, la Apple sarebbe l’unica società al mondo in grado di firmare crittograficamente il software, dato che essa non sarebbe in grado di riprodurlo.
6) Perché allora si parla tanto di indebolimento della sicurezza?
La compagnia Apple ritiene che questo può essere un pericoloso precedente legale con il governo americano, dato che arrivati a questo punto, potrebbero voler fare lo stesso altri governi stranieri, sicuramente Stati come la Cina. Questo è anche ciò che sostiene anche l’Electronic Frontier Foundation, la quale ha espressamente dichiarato: «Siamo sicuri che il nostro governo la chiederà (la chiave per “entrare” nell’iPhone e prelevare i dati necessari) ancora e ancora, anche per altri telefoni disponibili sul mercato, rivolgendo questo potere assoluto contro ogni software o apparecchio che abbia l’audacia di offrire una sicurezza per i dati personali forte. Una volta che una master key, cioè la chiave di accesso in questione, è creata, tutti i governi del mondo richiederanno lo stesso dalla Apple, minando la sicurezza dei loro cittadini».
A quanto pare la battaglia legale del caso Apple FBI è appena agli inizi e potrebbe giungere anche dinanzi alla Corte Suprema senza purtroppo poter più contare su una frase di Steve Jobs.
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