Secondo uno studio dell’Università di Cambridge, gli animali domestici che abitano le nostre case possono diventare portatori di agenti patogeni resistenti alle cure antibiotiche, con possibili rischi di infezione per i proprietari.
IN BREVE
Sicuramente molti di voi avranno già sentito parlare dei cosiddetti “superbatteri”. Ma se non li conoscete ve li presentiamo subito. Essi non sono altro che agenti patogeni che dopo anni di trattamenti con gli antibiotici hanno sviluppato una resistenza alla loro azione. Si è giunti ad una situazione in cui questi farmaci non sono più in grado di debellarli. Chi ne viene a contatto spesso rischia la morte. Quella dei superbatteri è una minaccia che non può essere trascurata dalla comunità medica. “Uccideranno più del cancro entro il 2050″ è stato previsto.
A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: come si fa ad essere infettati da questi batteri? Vi sembrerà strano, ma non bisogna attraversare il mondo e immergersi nella giungla, oppure non curarsi né lavarsi per settimane. Il veicolo per questi batteri, in realtà, è dietro l’angolo, e stavolta non parliamo delle colonie contenute nella barba lunga: sono i nostri animali domestici. Sembrerebbe proprio che il nostro fidato cagnolino rischi di diventare un Cavallo di Troia nelle mani di questi molesti organismi. Stiamo parlando di ceppi di Escherichia Coli, Proteus Mirabilis e Klebsiella, responsabili di infezioni all’apparato digerente e patologie come setticemia, polmonite e infezioni della vescica urinaria.
Pare infatti che le vie urinarie siano il bersaglio prediletto dei superbatteri. La notizia arriva da Cátia Marques, dottoranda in veterinaria che ha presentato la ricerca all’incontro Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy della American Society for Microbiology, tenutosi in data 20 giugno. Lo studio è stato realizzato dagli scienziati dell’Università di Lisbona e si incentra sul pericoloso nesso tra infezioni batteriche delle vie urinarie e contatto con gli animali domestici.
Le indagini scientifiche mostrano che sia proprio l’apparato urinario una ddelle strutture più colpite da questi temibili batteri. È infatti allarmante come la resistenza ai trattamenti con antibiotici nelle infiammazioni di questi organi sia un dato che presenta una crescente diffusione statistica. Lo scorso maggio è stato rinvenuto il caso di una donna che presentava un’infezione alle vie urinarie su cui non ha sortito effetto nemmeno la somministrazione di colistina, farmaco usato solo nelle situazioni più gravi.
Lo stesso preoccupante risultato è emerso dalle analisi pubblicate nel Journal of Antimicrobial Therapy da alcuni ricercatori tedeschi. In questo caso però le vittime della colonizzazione batterica non erano esseri umani, bensì sei esemplari di cani domestici. Il dato non può passare inosservato poiché il passaggio di batteri da uomini a cani è un fenomeno riscontrato frequentemente.
Tuttavia, gli scienziati tranquillizzano: il problema esiste, ma per molti batteri il rischio di contagio animale/uomo è piuttosto basso, almeno in condizioni normali. Lo fa sapere un’equipe ricercatori dell’Università di Cambridge guidata dal dott. Mark Holmes, che ha preso in esame l’incidenza ambientale del superbatterio MRSA: già molto frequente negli ospedali, il batterio sarebbe stato rintracciato anche nelle cliniche veterinarie. Dal veterinario a casa il passo è breve, e gli ignari portatori sono proprio i nostri amici animali.
Qui iniziano i guai. L’MRSA, batterio patogeno meticillino-resistente, vive normalmente sulla nostra pelle senza fare danni. Ma se viene portato da una fonte esterna, come un animale da compagnia, rischia di penetrare nell’organismo attraverso tagli o abrasioni. Secondo le stime degli scienziati, gli animali domestici portatori di MRSA si aggirerebbero fra il 2% e il 9% della loro popolazione.
I primi indiziati sono cani e gatti. Non soltanto per la frequenza con cui si trovano nelle nostre case rispetto ad altri animali da compagnia, ma per un vero motivo biologico: il ceppo batterico dell’MSRA animale è lo stesso di quello umano trovato negli ospedali. Il dato emerge da un confronto eseguito su campioni di genoma batterico raccolti da 42 cani e 4 gatti con la forma umana di MSRA. In sintesi, anche se le vie di contagio non sono facili da trovare, è assolutamente possibile lo scambio di superbatteri tra animali domestici e uomini.
Ma se le infezioni in ambiente domestico possono essere evitate con un po’ di attenzione e cura dell’animale, le cose si complicano quando i nostri amici a quattro zampe sono impiegati a fini terapeutici, dunque si trovano a stretto contatto anche con individui dalle difese più vulnerabili. Parliamo delle AAI, Animal Assisted Intervention, terapie mediche fondate sugli effetti benefici che la compagnia di un animale può portare alle funzioni fisiche, sociali, cognitive ed emozionali di una persona.
Che si parli di cani guida per non vedenti o di pet therapy per alleviare problemi psichici, i ruoli giocati dagli animali domestici in medicina e fisioterapia sono sterminati. Tra le loro mansioni più delicate troviamo quello di sostegno a pazienti immunodepressi o semplicemente ammalati. Un animale da compagnia può portare un grande benessere psicofisico a una persona in difficoltà, ma anche diventare un pericoloso veicolo di superbatteri.
“La presenza di potenziali patogeni con tratti resistenti non è irrilevante e dovrebbe essere tenuta in considerazione”, si legge nello studio condotto dai ricercatori del dipartimento di Medicina Animale dell’Unversità di Padova. La mancanza di riferimenti normativi a riguardo, così come di controlli sistematici degli animali affiancati ai pazienti, impone grandissima cautela nell’applicazione delle AAI, e nuovi studi più approfonditi da parte della comunità scientifica.
In definitva, c’è da preoccuparsi o no? Quella dei superbatteri resistenti alle solite cure antibiotiche è una realtà innegabile, così come lo è la possibilità che che gli animali domestici ne diventino portatori. Detto questo, il rischio di contagio in un normale ambiente casalingo, con la dovuta accortezza, è parecchio basso. La situazione si fa più delicata quando la vicinanza uomo-animale rientra in ambito terapeutico, con pazienti potenzialmente vulnerabili.
Mentre la sanità pubblica di tutto il mondo sta elaborando strategie per affrontare in modo sistematico questo pericolo, il consiglio rivolto a tutti è ora quello di prestare particolare attenzione nella cura della propria igiene e di quella dei nostri compagni a quattro zampe.
Fonte
- Superbatteri, possono trasportarli anche cani e gatti
La Stampa - Evaluation of pet animals involved in assisted interventions (AAI) as potential carriers of bacteria resistant to antimicrobials
International Journal of Infectious Diseases