La natura può godersi il lusso di investire milioni di anni sul perfezionamento delle modalità di volo degli insetti. Oggi, gli umani sono in grado di farlo adoperando la tecnologia e lo fanno grazie alla realizzazione di insetti-droni.
Anni fa, Richard Guiler e Tom Vaneck, due ingegneri statunitensi decisero di godersi una pausa dopo il lavoro. Seduti al tavolo di un bar, si ritrovarono a parlare di un progetto al quale stavano lavorando da un circa un anno: la costruzione di un drone alato, non necessariamente leggero, capace di trasportare oggetti, volare all’interno di abitazioni e volare nel bel mezzo di climi rigidi o tempestosi. Ma sarebbe stato un compito ostico, poiché l’aggiunta di numerosi sensori avrebbe verosimilmente portato all’appesantimento dell’oggetto e quindi a una sua ridotta efficienza. Fu quando videro un insetto posarsi sull’orlo di un bicchiere di birra per poi sollevarsi e rimbalzare sul vetro di una finestra che ebbero l’illuminazione: prendere spunto dalla natura per costruire qualcosa di innovativo, efficiente e potenzialmente funzionante; non è infatti la prima volta che l’uomo prende esempio dalla natura per raggiungere scopi che possano permettergli di trarre qualche vantaggio. Già Leonardo Da Vinci si basò sulla morfologia degli uccelli per abbozzare su carta la sua macchina del volo: l’ornitoptero. Ma certamente allora non c’erano le conoscenze di aerodinamicità che abbiamo oggigiorno. Gli studiosi del tempo non avrebbero mai potuto originare insetti-droni in grado di volare.
Ma con l’avanzamento della tecnologia, l’uomo ha potuto scoprire molti dei segreti della natura; così alcuni ingegneri sono riusciti a sviluppare i primi microrobot volanti ispirati agli insetti, spalancando le porte all’era dei microdroni. Quando si parla di volo in biologia, si parla di movimenti avulsi da ogni principio di costanza, in cui è l’azione dei muscoli dell’insetto a generare l’energia necessaria a questo genere di moto. Il volo degli insetti, generalmente, è costituito da un movimento di “flapping”, ovvero di battito in su e in giù. Il flapping fu analizzato in dettaglio intorno al 1970 da Torkel Weis Fogh, uno zoologo danese all’università di Cambridge. Utilizzando una sistema di multi scatto fotografico ad alta velocità, poté paragonare il movimento delle ali degli insetti alla loro specifica morfologia. Dallo studio lo scienziato ne trasse una teoria generale del volo, che chiamò “effetto del battito e del volo”. In pratica, quando l’insetto spalanca le ali e le sbatte l’una contro l’altra, spinge l’aria lontano, generando una tasca di bassa pressione. Quindi l’aria torna a rifluire all’interno della tasca, generando un piccolo vortice. È questo mulinello di aria che è in grado di promuovere il volo dell’insetto.
Un ventennio più tardi, grazie a tecnologie computazionali, è stato possibile conciliare la teoria dedotta dalla ricerca scientifica all’informatica, creando sistemi in grado di associare i principi della biologia a sistemi meccanici creati dall’uomo.
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