La pausa caffè è un momento irrinunciabile della nostra routine quotidiana. Prepariamo il caffè in mille varianti, lo prendiamo per tenerci svegli e concentrati o per concludere un pasto. In fin dei conti però lo beviamo perché ci piace. E questo piacere potrebbe presto diventare a tutti gli effetti una sana abitudine grazie agli studi svolti sul nesso tra caffè e demenza senile.
La proprietà attribuita al caffè di ridurre la percezione della stanchezza è dovuta ad una molecola che interagisce direttamente con le cellule del sistema nervoso. La caffeina, conosciuta anche come teina, appartiene alla classe degli alcaloidi, la stessa categoria chimica a cui appartengono moltissime sostanze con effetto psicotropo. La caffeina infatti interagisce con i neuroni, legandosi ai recettori dell’adenosina, proteine recettoriali responsabili dell’effetto della stanchezza. Questa interazione altera la percezione del nostro bisogno di sonno, rendendoci più attivi. Per le ragioni sopracitate, di caffeina si parla spesso in termini negativi, sottolineandone un potenziale effetto di assuefazione.

Il Dipartimento di Psicologia della Wisconsin-Milwaukee University ha invece recentemente pubblicato uno studio sugli aspetti benefici che il consumo di caffeina può apportare all’organismo umano. I risultati della ricerca, condotta su donne di 65 anni e oltre, implicano che consumare caffè aiuta a prevenire l’indebolimento cognitivo e quindi l’insorgenza di forme di demenza. Il campione di donne analizzate nell’arco di sei mesi presentava un’unica caratteristica omogenea: nessun individuo presentava già dei segnali di demenza nel momento di inizio dello studio. Le abitudini delle partecipanti vennero quindi monitorate nei mesi successivi, così come le prestazioni cognitive vennero valutate da un team di neurologi e esperti in psichiatria geriatrica. L’obiettivo era quello di verificare se anche nell’organismo umano fosse identificabile una relazione tra caffè e demenza. Da studi precedenti condotti sui topi, era infatti emerso che la caffeina apportava benefici negli individui affetti dal morbo di Alzheimer. La ragione di questi effetti positivi si trova proprio nelle proteine dei neuroni con cui la caffeina interagisce. I recettori dell’adenosina sono infatti coinvolti nei circuiti neurali preposti all’apprendimento e alla memorizzazione. E’ stato quindi dimostrato che in tutte le patologie neurodegenerative (ma anche nel normale processo di invecchiamento) il malfunzionamento di queste proteine è strettamente correlato con il declino cognitivo.
Sorge spontaneo chiedersi quale sia la dose di caffè da consumare affinché se ne possano trarre dei benefici futuri. Lo studio rivela che le donne con meno probabilità di sviluppare forme di demenza sono quelle che consumano un apporto giornaliero medio di caffeina di 261 mg. Per capire a quanto corrisponde questa quantità, basti considerare che una tazza di caffè americano ne contiene circa 90 mg mentre un espresso circa 80 g. Ne consegue che bere tre caffè al giorno potrebbe effettivamente aiutarci ad avere più a lungo un cervello sano.
Fonte: Oxford Journals