La Nebulosa di Orione è tra i corpi celesti più studiati dagli astronomi, essendo la nebulosa più vicina a noi. Insomma, “vicina” si fa per dire, infatti dista 1270 anni luce dal nostro sistema solare e si estende per 24 anni luce. Si trova a sud dell’ asterismo della Cintura di Orione, al centro della Spada di Orione ed è ben visibile ad occhio nudo nel cielo notturno, particolarmente visibili sono alcune delle sue stelle che formano il Trapezio contenuto nella Nebulosa di Orione, un giovanissimo ammasso aperto, chiamato così per la disposizione delle sue stelle principali.
La Nebulosa di Orione è compresa in un complesso di nebulosità, il “complesso nebuloso molecolare di Orione”, che comprende l’intera costellazione di Orione, l’anello di Barnard, M43, la Nebulosa Fiamma, la nebulosa Testa di Cavallo.
Lo studio di questa nebulosa è stato, ed è ancora, fondamentale per una serie di scoperte sempre più importanti in ambito scientifico: attraverso le fotografie ottenute grazie a sofisticati telescopi sempre più potenti, gli scienziati hanno potuto osservare nella Nebulosa di Orione un’infinita serie di corpi celesti, come ad esempio le nane brune, masse planetarie e dischi protoplanetari.
Essendo, per l’appunto, osservabile anche a occhio nudo, troviamo cenni di questo corpo celeste anche in un racconto popolare Maya, che considerava la costellazione di Orione lo Xibalba, altro non è che l’oltretomba.
Nel 1610 la Nebulosa di Orione venne finalmente considerata tale grazie alle osservazioni di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Ma solo nel 1865, grazie a William Huggins e alla sua introduzione alla spettroscopia, fu resa ufficiale la natura gassosa della nebulosa. Inoltre, la prima foto di questo corpo celeste è stata scattata nel 1880 ad opera di Henry Draper, dando praticamente inizio alle serie di fotografie eccezionali scattate per decenni.
Particolarmente importante, dall’inizio degli anni 90’, è il lavoro del Telescopio Spaziale Hubble della NASA: sono stati realizzati modelli 3D della nebulosa partendo da foto scattate proprio da questo telescopio, riuscendo ad osservare più di 150 dischi protoplanetari, le nane brune e un’infinità di stelle. I dischi protoplenatari sono considerati come lo stadio precedente dei sistemi planetari, riuscendo così a dimostrare che tutti i sistemi planetari dell’universo hanno origini simili.
Una delle scoperte più recenti si attribuisce al lavoro svolto dall’European Southern Observatory in Cile che, grazie alla camera a infrarossi HAWK-I montata sul Very Large Telescope dell’osservatorio appena citato, è stato possibile scattare delle foto che permettessero di osservare masse planetarie, nane brune e stelle in generale in quantità ben 10 volte superiore rispetto al passato, permettendo come una sorta di immersione profonda in questa nebulosa.
La soluzione della camera a infrarossi ha permesso agli studiosi di osservare e scoprire zone della Nebulosa di Orione che prima era impossibile scorgere a causa della presenza di polveri, portando alla scoperta di un maggiore numero di stelle di piccola massa di quanto si pensasse in precedenza. Queste importanti osservazioni sono di fondamentale importanza per far comprendere agli studiosi la formazione delle stelle in maniera sempre più dettagliata e precisa. Infatti sono state fin’ora trovate circa 700 stelle di varie dimensione all’interno della nebulosa.
Fonte
- VISION − Vienna survey in Orion
AANDA