Nonostante la sua importanza nelle scienze della vita contemporanea, la biologia molecolare è una disciplina relativamente giovane, che prende forma intorno al 1930, e che è stata istituzionalizzata negli anni tra il 1950 e il 1960.
Nella sua definizione più ampia la biologia molecolare comprende lo studio dei meccanismi molecolari presenti negli esseri viventi, quali processi di replicazione del DNA, trascrizione in RNA e traduzione in proteine, cercando di comprendere e spiegare come tali processi siano alla base delle funzioni delle cellule.
La biologia molecolare è nata dalla convergenza del lavoro di genetisti, fisici, chimici e strutturali su un problema comune: la natura dell’eredità. All’inizio del XX secolo, anche se il settore emergente della genetica era guidato dalle leggi di Mendel di segregazione e assortimento indipendente, i meccanismi effettivi di riproduzione genetica, di mutazioni e di espressione erano ancora sconosciuti. Thomas Hunt Morgan e i suoi colleghi, animati dall’interesse in tale ambito cominciarono ad utilizzare il moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, come organismo modello per studiare il rapporto tra il gene e i cromosomi nel processo ereditario. Sotto l’influenza del proprio maestro, Hermann J. Muller, riconoscendo il “gene come base della vita”, decise di indagarne la struttura, scoprendo che i raggi X erano in grado di indurre mutagenesi sul DNA della Drosophila. Davanti tale scoperta Muller riconobbe che la genetica da sola non era in grado di spiegare le proprietà più fondamentali dei geni e le loro azioni e in un saggio del 1936 concluse dicendo:
“Il genetista stesso è incapace di analizzare ulteriormente queste proprietà. Qui il fisico, così come il chimico, devono intervenire. Chi si fa volontario?”
La richiesta di Muller trovò risposta il decennio successivo, quando diversi fisici famosi rivolsero la propria attenzione alla natura dell’ereditarietà dei caratteri, utilizzando i batteriofagi, virus che infettano i batteri e si moltiplicano molto rapidamente, per confermare che il materiale genetico trasmesso di generazione in generazione era DNA e non proteine. Ad essi si sono aggiunti chimici strutturali, che contribuirono al lavoro sulla natura dei legami chimici dei composti macromolecolari utilizzando la cristallografia a raggi X.
A poco a poco la biologia molecolare stava prendendo forma come nuova branca della scienza in grado di scoprire molti segreti riguardanti le unità fondamentali della cellula vivente, utilizzando tecniche moderne per indagare sempre più minuti dettagli dei processi vitali.
Ma forse un resoconto più eloquente delle origini del termine biologia molecolare risiede nella spiegazione di Francis Crick, che afferma:
“Io stesso sono stato costretto a definirmi un biologo molecolare, perché quando mi chiedevano che cosa avevo fatto, ero stanco di spiegare che ero una miscela tra cristallografo, biofisico, biochimico, e genetista, una spiegazione che in ogni caso trovavano troppo difficile da comprendere.”
Ed è proprio con la famosa scoperta della struttura a doppia elica del DNA di Francis Crick e James Watson che ha inizio il periodo classico della biologia molecolare nel 1953. Watson e Crick hanno rappresentato un nuovo modello di fare scienza, unificando vari approcci disciplinari per dare riposta ad alcune questioni fino ad allora irrisolte: Watson, uno studente di Salvatore Luria e parte del gruppo di ricercatori esperti del batteriofago, ha riconosciuto la necessità di utilizzare la cristallografia per chiarire la struttura del DNA; Crick, un fisico educato da Schroedinger sui meccanismi alla base della vita, ha contribuito alla teoria della cristallografia a raggi X. E così all’Università di Cambridge, Watson e Crick hanno scoperto di condividere l’interesse per i geni così come la struttura del DNA, e basandosi sui dati provenienti dai lavori di cristallografia di Maurice Wilkins e Rosalind Franklin, i due scienziati proposero il modello a doppia elica del DNA, con i suoi due filamenti elicoidali tenuti insieme da coppie di basi con legami ad idrogeno.
Con la struttura del DNA in mano, la biologia molecolare ha spostato la sua attenzione al modo in cui la struttura a doppia elica contribuiva ai meccanismi di replicazione e alla funzione genetica. Con il codice genetico chiarito e la relazione tra i geni e i loro prodotti molecolari sembrava che il meccanismo della sintesi proteica, basato sulla traduzione in ordine lineare di triplette di basi di acido nucleico per creare amminoacidi codificanti una proteina, fosse ormai accertato.
Tuttavia, tale semplicità è stata messa in discussione alla fine degli anni ’70 quando si iniziò ad osservare che due differenti catene di aminoacidi potevano essere codificate dallo stesso tratto di acidi nucleici partendo da diversi punti della sequenza di DNA, e che tratti di DNA erano spesso divisi tra le regioni codificanti (definite esoni) e le regioni non codificanti (definite introni) ed infine che gli stessi esoni potevano essere uniti tra di loro in modo diverso (secondo il meccanismo definito splicing alternativo) generando così una varietà di prodotti molecolari, ossia di proteine, molto simili tra di loro ma allo stesso tempo in grado di svolgere funzioni diverse. Queste scoperte hanno costretto i biologi molecolari a riformulare la loro conoscenza sui geni.
I concetti chiave della biologia molecolare si stavano ormai delineando e la storia aveva reso chiaro che i principali compiti per gli esperti della biologia molecolare erano, e continuano ad essere, lo studio dei meccanismi molecolari, la trasmissione di informazioni all’interno di una cellula, e la natura dei geni, al fine di comprendere come funziona l’unità fondamentale di un organismo. Conoscere un meccanismo in una specie permette infatti di fare previsioni su come esso funzioni in altre specie, anche se sono cambiate le condizioni. Inoltre la conoscenza dei meccanismi permette potenzialmente di intervenire per cambiare ciò che il meccanismo produce, per manipolare le sue parti per la costruzione di strumenti sperimentali, o per riparare ciò che in un meccanismo non funziona.
Le straordinarie scoperte dei ricercatori del passato hanno gettato le basi alle conoscenze attuali. Riassumerle tutte in un solo articolo sarebbe un’impresa ardua, ma per avere un’idea del meraviglioso mondo della scienza abbiamo preparato una rassegna fotografica dei traguardi raggiunti in quest’ultimo decennio nel campo della biologia. Le scoperte sono state scelte sulla base delle risposte di ricercatori provenienti da diversi campi della biologia cellulare e molecolare, raccolte in un articolo della rivista Nature Reviews Molecular Cell Biology, che per il suo 10 ° anniversario ha chiesto a tali ricercatori di descrivere quali sono stati i più significativi, e forse i più sorprendenti, nuovi concetti che sono emersi nella biologia molecolare negli ultimi dieci anni.
Le loro risposte e il loro contribuito alla ricerca sono degni di nota.
Asifa Akhtar: “Uno dei concetti di grande importanza nella biologia molecolare che ha avuto particolare risalto negli ultimi dieci anni è il ruolo dell’epigenetica nella regolazione genica. È chiaro che la cromatina fornisce una piattaforma ideale per varie modificazioni su DNA e istoni, che agiscono come una piattaforma di segnalazione per i vari processi cellulari”.

Elaine Fuchs: “Per il campo delle cellule staminali, non c’è dubbio che i risultati di Shinya Yamanaka e il suo collaboratore Kazutoshi Takahashi rappresenti uno dei traguardi più importanti della biologia molecolare. La creazione di cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) da fibroblasti della pelle grazie all’espressione di quattro fattori di trascrizione (OCT4, SOX2, MYC e Klf4) ha permesso ai ricercatori di derivare cellule su misura dei pazienti per studiare la biologia di una serie di malattie umane, rappresentando un primo passo per lo sviluppo di nuovi farmaci.”

Reuben J. Shaw: “I progressi dell’autofagia continuano a fornire informazioni di base su come funziona una cellula nell’ambito della biologia molecolare. I regolatori di autofagia sono proteine altamente conservate e lo studio di nuove molecole alla base di processi biologici vitali hanno cambiato la metà di quello che sappiamo.”

Daniel Johnston St: “Diversi concetti sorprendenti sono emersi nel corso degli ultimi dieci anni nel campo della biologia molecolare e uno di questi è la capacità di catene di RNA non codificanti di regolare l’espressione genica, che darà adito a scoperte entusiasmanti nei prossimi anni.”

Agli stessi ricercatori è stato chiesto quali sono, a loro avviso, le domande più urgenti e le sfide chiave che i biologi molecolari devono affrontare nell’imminente futuro.
Secondo Asifa Akhtar la dinamica e la natura di complessi macromolecolari sono ancora poco chiare. L’abilità di una stessa molecola di svolgere funzioni diverse nei diversi compartimenti cellulari potrebbe essere persa durante le analisi biochimiche. È necessario quindi orientare la ricerca ad una biologia quantitativa per capire le reali dinamiche delle molecole nella realtà di un organismo.
Elaine Fuchs afferma che le domande più pressanti nel suo campo sono in molti modi le stesse di 20-30 anni fa, ma le risposte sono molto più vicine alla realtà. Ad esempio come le cellule staminali costruiscono i tessuti o come intervengono durante la riparazione di una ferita potrebbero essere punti di partenza per capire le basi di molte malattie e sviluppare nuove terapie efficaci. Con la rivoluzione tecnologia del DNA ricombinante dei primi anni ‘80 e la rivoluzione del genoma umano alla fine del XX secolo, l’interfaccia tra scienza di base e la medicina si sta evolvendo a un ritmo che non sarebbe stato neppure pensabile molti anni fa.
Reuben J. Shaw crede che una grande sfida per il futuro nasca da questa esplosione di dati provenienti dalle scienze “omiche”, ossia quei settori della biologia che cercano di esplorare un sistema nella sua totalità (ad esempio la genomica, la proteomica, la fosfoproteomica) per definire quali sono le principali proteine limitanti in ogni processo biologico. Il mondo ha ancora bisogno di attenta dissezione meccanicistica delle singole proteine e delle funzioni, che a volte viene persa in mezzo all’insieme dei dati.
Daniel Johnston St. è convinto invece che una delle sfide chiavi per il futuro della biologia molecolare sia quello di sviluppare nuove metodiche di studio, in vivo, per esaminare i comportamenti cellulari nel contesto di organi e tessuti. La capacità di indurre cellule iPS per formare organi “artificiali” sarà un aiuto enorme per questo tipo di lavoro. Ed infine Susan Taylor ribadisce che la sfida più grande per la biologia è sempre quella di fare la domanda giusta, e questo è ancora più importante in un’epoca in cui le tecnologie si aggiornano così rapidamente e conclude la sua intervista dicendo “Nel nostro delirio di raccogliere sempre più dati, abbiamo bisogno di imparare a porre le domande giuste e come estrarre informazioni utili da questi dati. Inoltre è necessario un approccio multidisciplinare poiché senza la comprensione dei principi biochimici e fisici sottostanti, i dati significano poco.“
Come in passato, anche i ricercatori della nostra epoca credono fermamente che per trovare le risposte a molti interrogativi scientifici bisogna sconfinare oltre i confini tradizionali tra i diversi campi della scienza e lo sviluppo di nuovi metodi sperimentali e analitici. Nonostante le straordinarie scoperte fino ad ora realizzate, il mondo della biologia molecolare è in grado di spiegare solo in parte i meccanismi biologici: è come se fossero disponibili soltanto alcuni pezzi di un puzzle, la cui immagine completa richiede lo sviluppo di nuove teorie per essere ammirata.