Il vaiolo, noto anche con il termine inglese Smallpox, detiene una posizione unica nella storia della medicina. È stata la prima malattia per la quale è stato sviluppato un vaccino e rimane una delle poche malattie umane fino ad ora sradicate dalla vaccinazione.
Tale malattia infettiva è causata dal Variola virus, definito uno dei flagelli della popolazione umana per molti anni, a causa delle numerose epidemie susseguitesi nel tempo, che hanno portato ad un gran di persone infette e di morti.
La storia della comparsa del vaiolo è stata da sempre considerata intrigante sia per i ricercatori che per gli storici ed è diventata oggetto di leggende e miti. Secondo uno studio dei testi antichi, la descrizione di questa malattia sarebbe assente dalle fonti scritte dell’antica civiltà, come la Bibbia e il Talmud, ma sembrerebbe comparire negli antichi trattati indiani del Charaka Samhita e del Sushruta Samhita, risalenti al VI secolo AC, definiti da alcuni storici le prime descrizioni affidabili dello smallpox. Altre fonti sembrano testimoniare la presenza di tale epidemia in Cina durante il IV secolo DC; mentre altri descrivono la possibile diffusione di vaiolo in Egitto, che avrebbe causato nel 1157 AC la morte del faraone Ramses V. La sua mummia mostrerebbe, infatti, segni di lesioni cutanee associate al variola. Tuttavia, non vi è alcuna prova storica che descrive in modo affidabile un’epidemia di smallpox nell’antico Egitto. Tali lesioni cutanee potrebbero essere state causate da altre malattie esantematiche, incluse quelle dovute a diversi poxvirus, che si manifestano con sintomi simili.

I reperti storici ad oggi disponibili consentono di costruire altre ipotesi secondo cui il variola virus sarebbe stato importato in Grecia durante gli anni della guerra del Peloponneso nel 430 AC, dove il gran numero di morti ha fatto sì che venisse descritto come la “peste di Atene”, e a Roma nel 170 DC, dove venne indicato con il nome di “Peste Antonina”.
La maggioranza dei ricercatori supponne che l’addomesticamento degli animali, lo sviluppo dell’agricoltura, e la creazione di grandi insediamenti urbani avvenuto all’incirca 6000 anni fa, abbiano creato le condizioni che hanno permesso l’emergere del virus.
Se ai reperti storici si affiancano studi filogenetici ed evolutivi delle strutture genetiche degli orthopoxvirus, famiglia di virus a cui appartiene anche il variola, si osserva che il vaiolo ha una storia relativamente recente ed è emerso circa 3000-4000 anni fa nella parte orientale dell’Africa. I notevoli cambiamenti climatici che si sono verificati in questo periodo e l’introduzione di cammelli in Africa, potrebbero aver innescato l’evoluzione di un virus ancestrale simile al variola. Nella sua fase iniziale, questo virus progenitore potrebbe essere stato in grado di infettare una vasta gamma di ospiti, tra cui il cammello, il gerbillo e l’uomo, attraverso i roditori, portando alla nascita di tre nuovi virus altamente specializzati: camelpox, taterapox e smallpox (spesso abbreviato con VARV da Variola Virus).
La grande svolta nella ricerca di una datazione precisa della nascita del vaiolo si è registrata con la scoperta di cimeli storici contenenti DNA del virus, che hanno permesso di ricostruire le tappe della sua storia evolutiva. I ricercatori hanno cercato di isolare il DNA del VARV da vari esemplari. Uno dei tentativi riusciti è quello del gruppo di Hendrik N. Poinar e colleghi della McMaster University di Hamilton in Canada, che hanno sequenziato e ricostruito il genoma di un antico ceppo di VARV, estratto dalla mummia di un bambino lituano risalente al 1643-1665, periodo durante il quale sono state documentate diverse epidemie europee di smallpox. Il corpo è stato ritrovato all’interno della cripta della chiesa domenicana del Santo Spirito di Vilnius, in Lituania. La presenza di tessuti molli sulla superficie delle ossa ha reso difficile la stima precisa del momento della morte del bimbo, ma si pensa possa essere avvenuta tra i 2 e i 4 anni.

Questo campione rappresenta non solo il più antico reperto di vaiolo identificato con certezza ma anche una svolta rispetto alle teorie che hanno attribuito al virus molte delle epidemie del passato. La sua giovane età però non preserva il vaiolo dall’essere stato una delle malattie più devastanti della storia.
Si stima infatti che il variola abbia infettato 300 milioni di persone soltanto nel XX secolo, prima di essere stato completamente debellato a seguito di una campagna di vaccinazione globale condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’ultimo caso di vaiolo naturale si è registrato in Etiopia nel 1977 e la campagna di vaccinazione è cessata negli Stati Uniti nel 1972 e in tutti gli altri paesi nel 1983. La diagnosi della malattia si basa sulla presentazione clinica dei sintomi nel paziente ed è confermata da prove di laboratorio. I sintomi spesso iniziano da 12 a 14 giorni dopo l’infezione, e comprendono febbre alta, forte malessere e stanchezza con mal di testa e mal di schiena. Un rash di protuberanze rosa appare nella bocca, su viso e avambracci, e poi si diffonde al tronco del corpo e alle gambe. Complicazioni gravi includono infezioni batteriche della pelle e di altri organi, polmonite, artrite, cheratite, ed encefalite.

Il trionfo della eradicazione di questo virus ha portato ad una amara ironia: la sospensione a livello mondiale della somministrazione del vaccino per il vaiolo ha reso la maggior parte della popolazione di oggi suscettibile alle infezioni e ha reso il variola virus una potenziale arma bio-terroristica. Ancora una volta la storia testimonia come questo sia già avvenuto durante le guerre contro gli indiani d’America (1754-1767), quando i soldati britannici distribuirono coperte infettate dal vaiolo per i propri nemici. La preoccupazione circa l’uso dello smallpox come arma biologica si basa sulle caratteristiche peculiari del virus stesso. Il vaiolo infatti può diffondersi da persona a persona, tramite goccioline respiratorie o contatto diretto con i fluidi corporei, ma anche attraverso indumenti e biancheria da letto contaminati; ha un alto tasso di mortalità e non ci sono trattamenti attualmente disponibili. Inoltre il virus è stabile anche sotto forma di aerosol e la sua dose letale è molto bassa.
Tuttavia, i progressi fatti in virologia e immunologia fin dai tempi della eradicazione del virus può aiutare a contrastare la minaccia di una reintroduzione intenzionale della malattia.
Fonte
- The origin of the Variola virus
NCBI