Il codice genetico costituisce il libretto di istruzioni per passare dall’informazione genetica alla costruzione di proteine. Vediamo in dettaglio cos’è e quali eccezioni sono state trovate al suo carattere universale.
Nelle molecole di DNA contenute nelle cellule di ogni forma vivente sono contenute tutte le informazioni che determinano il funzionamento, la crescita e le riproduzione dell’organismo. A livello molecolare, un filamento di DNA non è altro che una lunghissima sequenza di nucleotidi contenenti basi azotate, nello specifico adenina (A), citosina (C), timina (T) e guanina (G). Fu presto chiaro che questa sequenza, trascritta in un filamento di RNA contenente uracile (U) invece di timina, dovesse in qualche modo costituire una stringa in codice che racchiudesse in sé le informazioni per dirigere la produzione proteica. L’insieme di regole che permettono la traduzione dell’informazione genetica in proteine prende il nome di codice genetico.
Come avviene questa corrispondenza? Non appena fu nota la composizione in basi degli acidi nucleici, fu subito chiaro che si dovesse cercare una relazione matematica che correlasse il numero di combinazioni realizzabili con le basi A, G, C e U ai 20 amminoacidi standard con cui gli organismi viventi costruiscono le loro proteine. La corrispondenza trovata fu la seguente: a una tripletta di nucleotidi corrisponde un amminoacido. Il numero di triplette realizzabili utilizzando le quattro basi è 4³=64. Quindi più triplette possono codificare per lo stesso amminoacido: in particolare sono 61 le sequenze (dette codoni) a cui corrisponde un amminoacido, mentre le 3 triplette restanti costituiscono i codoni di stop, con cui l’RNA indica al ribosoma che la traduzione della proteina deve terminare.
Il riconoscimento tra le sequenze contenute nel DNA e le sue corrispettive componenti proteiche è mediato da numerosi enzimi e molecole di RNA, il cui ruolo è quello di fungere da intermediari in questa decodifica. Innanzitutto il filamento di DNA non viene direttamente tradotto in una proteina, ma viene in un primo momento trascritto in un filamento di un altro acido nucleico, l’RNA. I compiti svolti dall’RNA sono vastissimi. Alcune specie fungono da messaggeri della traduzione e in base a come vengono tagliati possono codificare per proteine diverse. Altri hanno funzione ribosomiale e hanno un ruolo attivo all’interno dell’organello del ribosoma, che costuisce la fabbrica in cui vengono assemblate le proteine a partire dagli amminoacidi. Altri ancora vengono chiamati tRNA, o RNA transfer, in quanto trasportano il corretto amminoacido da appaiare con la corrispondente tripletta di nucleotidi.
Si dice spesso, nei libri di testo e nelle risorse multimediali, che il codice genetico sia universale, ovvero condiviso da tutti gli organismi viventi conosciuti. Tuttavia nel corso delle numerose ricerche di genomica e biologia molecolare, è emerso che per quanto tale codice sia in larga parte condiviso da tutti gli organismi, esistono numerose eccezioni. Queste riguardano principalmente il DNA mitocondriale, ovvero la molecola di acido nucleico circolare contenuta nei mitocondri delle cellule eucariotiche. I mitocondri sono organelli deputati alla produzione di energia e nello specifico si occupano degli ultimi step del catabolismo aerobio dei nutrienti. La loro particolarità risiede nel fatto che possiedono un loro genoma, da cui si costruiscono da soli il loro corredo di enzimi e RNA, comportandosi come una piccola cellula primordiale. Questo è uno dei motivi che hanno portato alla formulazione della teoria endosimbiontica, secondo cui i mitocondri non sarebbero altro che cellule procariotiche, che hanno instaurato una relazione di simbiosi con le primitive cellule eucariotiche. Il DNA mitocondriale, oltre ad assomigliare morfologicamente a quello dei procarioti, ha un suo codice genetico, che differisce da quello del DNA nucleare per alcune corrispondenze, che tra l’altro variano da specie a specie.
Eccezioni a livello del DNA nucleare si trovano invece in alcuni batteri e funghi, come i Mycoplasma e la Candida albicans. Altre differenze si riscontrano in specie di archeobatteri, nei quali alcuni codoni codificano per amminoacidi non comuni. Il dominio degli Archea è stato l’ultimo ad essere identificato, grazie ad analisi di sequenza degli acidi nucleici, e al suo interno comprende specie che si sono adattate a vivere in condizioni inospitali ed ostili alla vita. Come siano riusciti ad operare questo adattamento è ancora fonte di dibattito e lo studio delle particolarità del codice genetico potrebbe contribuire a fornire una risposta.
Fonte
- The Genetic Codes
NCBI