Le cellule natural killer sono linfociti del sistema immunitario in grado di riconoscere e distruggere cellule tumorali o infette da virus. Oltre ad un ruolo di difesa, le cellule natural killer hanno anche una funzione regolatoria, capaci di interagire con, macrofagi, cellule T, cellule dentritiche ed endoteliali.
IN BREVE
Le cellule natural killer (NK), costituiscono il sistema di difesa di prima linea del nostro corpo, la guardia contro i tumori e le infezioni microbiche. Il loro nome parla chiaro: sono cellule naturalmente predisposte ad “uccidere”, che non richiedono di essere pre-stimolate per svolgere la loro funzione.
L’invasione di un patogeno nel nostro corpo è contrastata dal sistema immunitario, che a seconda dei mediatori cellulari coivolti e del tipo di difesa attuato viene diviso in sistema immunitario adattativo e sistema immunitario innato.
- Il sistema immunitario adattativo è rappresentato da cellule B, che svolgono un ruolo importante nel rilascio di anticorpi (risposta immunitaria umorale), e le cellule T, coinvolte principalmente nell’attivazione di altri effettori in grado di rilasciare citochine o inglobare l’agente estraneo (risposta immunitaria cellulo-mediata).
- Il sistema immunitario innato, invece, è costituito da cellule e proteine che svolgono un ruolo cruciale nella iniziazione e la successiva attivazione del sistema immunitario adattativo. Esso partecipa anche alla rimozione di agenti patogeni che sono stati presi di mira da una risposta immunitaria adattativa. I principali componenti del sistema immunitario innato sono barriere fisiche epiteliali, fagociti, cellule dendritiche e le cellule natural killer (NK).
Da un punto di vista morfologico, le cellule NK sono caratterizzate da grandi granuli, e per tale motivo sono state originariamente descritte come grandi linfociti granulari con citotossicità naturale contro le cellule tumorali. Solo successivamente le cellule NK sono state riconosciute come categoria di cellule immunitarie distinta, capace sia di mediare la citotossicità e che di produrre citochine.
Coerentemente con la loro funzione di sentinelle innate, le cellule NK sono diffuse nei tessuti linfoidi e non linfoidi. Rappresentano il 10% delle cellule mononucleate del sangue periferico e di linfociti umani circolanti. Si trovano nella cavità peritoneale, nella milza, nel fegato, nei polmoni, nei linfonodi, nel timo e nell’utero durante la gestazione. Si ritiene che le cellule NK abbiano una vita relativamente breve, ma circolano in quantità molto elevate nel sangue, superando i 2 miliardi in un adulto. Ciò potrebbe far pensare che il sito dello sviluppo delle cellule NK sia ben caratterizzato. Nella realtà, nonostante sia chiaro che le cellule NK sono parte del sistema ematopoietico e derivano da cellule progenitrici ematopoietiche, il sito di maturazione e i dettagli del processo stanno solo ora cominciando ad emergere. I primi tentativi di caratterizzazione di tale percorso sono partiti dalle conoscenze di base delle cellule T umane, che si sviluppano nel timo, e le cellule B, che invece si sviluppano nel midollo osseo, ma al momento tali studi non hanno avuto successo.
Le cellule natural killer hanno diverse funzioni biologiche che includono riconoscere e uccidere cellule infettate (tipico è il caso dell’HIV) e cellule neoplastiche, oltre ad un ruolo immuno-regolatorio, grazie alla loro capacità di rilasciare citochine, come l’interferone (IFN)-γ, in seguito alla loro interazione con cellule bersaglio. Le cellule NK umane possono essere classificate in due sottogruppi che svolgono funzioni leggermente diverse: CD56 “dim” e CD56 “bright”, a seconda della densità superficiale della proteina CD56. Le cellule CD56 “bright” (con elevata espressione di CD56) rappresentano il 10% della popolazione delle NK. Esse possono produrre abbondanti quantità di citochine e chemochine in pochi minuti di attivazione; tuttavia hanno scarsa o nessuna capacità di uccidere spontaneamente i propri targets. In contrasto, la maggior parte delle cellule NK umane circolanti, con bassa densità superficiale di CD56, definite per questo CD56 “dim”, hanno relativamente minore capacità di produrre citochine in risposta all’attivazione, ma possono spontaneamente lisare i propri targets.
Sia che si tratti di secrezione di citochine o di citotossicità, la funzione delle cellule NK sembra derivare dalla somma assoluta di segnali di attivazione e inibizione simultanee, che permette alle cellule NK di riconoscere una cellula bersaglio come “amica” o “nemica”. Ciò avviene principalmente attraverso l’identificazione del complesso maggiore di istocompatibilità di classe I (MHC-I) sulla superficie di altre cellule. Questo sistema di riconoscimento fa sì che le cellule NK siano in grado di distinguere il “self” dal “non-self”, ossia “il sè” dal “diverso da sé”, discriminando tra normali cellule ospiti e le cellule infette o anormali. Nello specifico le NK si attivano quando incontrano cellule che mancano del MHC-I, quali le cellule infettate da virus e cellule tumorali.
Una volta che le cellule NK riconoscono le cellule anomali si attuano due percorsi predominanti: l’attivazione di una proteina di membrana, chiamata perforina, e la secrezione di proteasi, chiamate granzimi, che inducono congiuntamente la morte della cellula bersaglio.
In contrasto con il loro ruolo protettivo in varie condizioni infiammatorie, le cellule NK possono anche agire come mediatori di immunopatologia innata. Nei pazienti con epatite B cronica, un sottoinsieme di NK cellule contribuisce all’infiammazione del fegato tanto da indurre la morte degli epatociti. Inoltre, le cellule NK agiscono negativamente nella sepsi sperimentale indotta da Streptococcus pneumoniae o Escherichia coli esacerbando la risposta infiammatoria.
Come può tutto questo sapere essere utilizzato in ambito clinico?
Ai fini di applicazioni terapeutiche, cellule NK possono essere ottenute dal sangue del cordone ombelicale o mediante l’aferesi del liquido linfatico di donatori adulti. Recenti studi hanno dimostrato successo nella derivazione in laboratorio di cellule NK funzionali da cellule staminali embrionali umane (hESC) e cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Tali cellule potrebbero essere una fonte illimitata per il trasferimento di cellule NK all’interno del corpo umano per trattare una varietà di malattie. Tuttavia, la sicurezza di cellule NK derivate da hESC o iPSC in termini di potenziale cancerogenicità deve essere determinata prima di poter essere utilizzate in ambito clinico.
Una prova evidente a sostegno delle cellule NK come vere cellule antitumorali negli esseri umani viene dagli studi di trapianto aploidentico di cellule staminali ematopoietiche con linfociti T “depurati”, condotti da Velardi e colleghi presso l’Università di Perugia in Italia, per curare tumori maligni del sangue quali linfomi e leucemie. Il trapianto di midollo aploidentico consiste nel trapianto di midollo da un donatore parzialmente compatibile, seguito dall’infusione di cellule staminali ematopoietiche e linfociti T del donatore privati di sottopopolazioni di cellule tossiche per limitare il rischio di rigetto o di effetti collaterali indesiderati. La presenza di cellule NK del donatore in grado di uccidere le cellule tumorali del ricevente contribuisce a minimizzare o addirittura azzerare la possibilità di morbilità e mortalità dopo il trapianto. Questi risultati forniscono un meraviglioso esempio di come la comprensione della biologia di base può portare a nuove strategie terapeutiche con risultati che migliorano la vita delle persone. Non c’è dubbio che le cellule NK stiano emergendo come attori principali nel settore dei trattamenti contro il cancro, le infezioni virali, compreso l’HIV, malattie autoimmuni e asma. L’immediato futuro potrebbe vedere l’uso della terapia delle cellule NK in combinazione con la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia per il cancro.
Fonte
- Human natural killer cells
Blood journal