Il camaleonte non cambia colore per mimetismo; i suoi occhi, pur indipendenti, non trasmettono al cervello due immagini diverse; la sua lunga lingua intrappola prede che pesano un terzo del suo corpo; le sue zampe lo fanno aderire ai rami come fosse incollato.
IN BREVE
Per le sue caratteristiche fisiche, il camaleonte si è nel tempo meritato una nomea poco onorifica. Si definisce camaleontico chi è incostante e opportunista. Al suo nome si rende assimilabile la politica trasformista alla Depretis, di chi cambia bandiera come cambia colore il camaleonte. Ed è ritenuto anche uno dei più buffi rappresentanti del regno animale. Eppure, nasconde una moltitudine di caratteristiche biologiche sorprendenti.
La proverbiale peculiarità per cui il camaleonte è soprattutto noto è la sua pelle cangiante, che cambia visibilmente colore a seconda dell’ambiente e delle circostanze in cui si trova. Uno studio, frutto della collaborazione tra ricercatori in fisica e in genetica dell’Università di Ginevra, ne ha osservato le modulazioni di luminosità e tonalità, per capire come cambia colore. La luminosità è controllata dai cromatofori. Essi sono cellule specializzate diffuse in molti generi animali, capaci di raggruppare o disperdere organelli pigmentati, facendo percepire variazioni nel colore dell’epidermide. Ma altra cosa è parlare della tonalità di un colore: la pelle del camaleonte-pantera, la specie osservata nello studio, ha una pigmentazione gialla. Le variazioni cromatiche della pelle del camaleonte non sarebbero dunque possibili senza una rifrazione differenziata della luce, che avviene su due strati sottocutanei sovrapposti, con cristalli di guanina immersi nel citoplasma. In virtù del diverso indice di rifrazione della luce nei due appena enunciati materiali (alto per la guanina, basso per il citoplasma), questi strati sono in grado di riflettere in maniera diversa le onde luminose, agendo come cristalli fotonici.

La cute dei camaleonti-pantera muta di brillantezza in tutti gli esemplari, come risposta allo stress o per adattarsi alle condizioni ambientali (ad esempio assorbire o riflettere la luce). Ma nei maschi adulti, dotati di uno strato esterno con cristalli di guanina (riflettenti) molto più sviluppato, passa dal verde all’arancione come reazione agli stimoli percepiti dall’esemplare. All’incontro con un maschio rivale o una partner potenziale, i colori del camaleonte passano dal giallo-verde al rosso-arancio. Effettivamente, come cambia colore? In tale stato di eccitazione, la distanza tra i micro-cristalli (il cui diametro è di 100nm, miliardesimi di metro) aumenta del 30%. La distanza differente tra i cristalli riflettenti nelle diverse situazioni attiverebbe un assorbimento selettivo della luce, favorendo normalmente il riflesso della luce blu (a onde corte) e il riflesso della luce rossa (a onde lunghe) durante gli scontri o i corteggiamenti. Lo strato più interno ricopre invece una funzione termoregolatrice e protettiva, riflettendo le radiazioni solari, cui i camaleonti sono piuttosto esposti, vivendo a latitudini tropicali.

Gli occhi del camaleonte, quasi del tutto coperti dalle palpebre, sono in grado di muoversi secondo un ampio angolo di rotazione, sia attraverso un movimento fluido che a scatti. Sono noti in particolare per essere indipendenti nel movimento, facendo sembrare il camaleonte buffamente strabico. Ciò gli consente, però, di monitorare contemporaneamente due potenziali prede, valutandone la rispettiva distanza attraverso la sola osservazione monoculare. Anche in base a questa valutazione, il camaleonte può decidere di focalizzare la propria attenzione su un solo obbiettivo, convergendo i due occhi verso un unico punto. Nel caso di osservazione binoculare gli occhi restano quasi fermi all’interno delle orbite, e gli spostamenti utili a mantenere lo sguardo sulla preda sono eseguiti dalla testa. Proprio il fatto che il camaleonte sia in grado di far convergere sulla preda prescelta l’occhio che seguiva la preda scartata, fa supporre che i due occhi non siano realmente indipendenti. Infatti, in questo caso i due emisferi conoscerebbero solo ciò che viene osservato dal relativo occhio. Si ipotizza, dunque, che nonostante i due emisferi valutino autonomamente ciò che viene percepito dai due occhi, siano in grado di comunicare tra loro e conoscere quindi le immagini rispettivamente osservate dai due occhi.

Il camaleonte è un predatore passivo, come la cosiddetta rana pescatrice. Fermo sui rami, attende che una preda si avvicini abbastanza da poterla catturare con la sua unica arma: la lingua. Le sue particolari caratteristiche potrebbero farci pensare ad una sorta catapulta prensile. In effetti la proietta verso le sue prede imprimendole una forza molto potente, se relazionata alla massa muscolare: fino al triplo di quella impiegata da una quaglia per spiccare il volo. L’accelerazione, che consente alla lingua del camaleonte di venire estesa fino a 2,5 volte la lunghezza del camaleonte, raggiunge valori (in g) decine di volte più alti di quella delle più veloci auto sportive oggi prodotte. Un esempio su tutti è il Rhampholeon spinosus. Una volta che il bersaglio è stato colpito, il camaleonte cattura e porta alla bocca la sua preda con una simile rapidità. Ciò richiede una forte tenuta adesiva tra la lingua e la preda: ecco perché la saliva del camaleonte è 400 volte più viscosa di quella umana. Così il camaleonte può imprigionare, col solo uso della propria lingua, prede molto grandi, che raggiungono anche un terzo del suo peso corporeo. Nei camaleonti di taglia piccola l’apparato muscolare della bocca è più robusto, e consente loro di cacciare animali proporzionalmente più grandi.
L’apparato che gli permette di aspettare le sue prede, quasi immobile sui rami, è composto dalla lunga coda prensile e dalle zampe. Queste ultime, composte da artigli uniti insieme a due a due o a tre a tre, gli permettono di stringere saldamente i rami. Inoltre, sulla faccia inferiore, sono dotate di un’epidermide cigliata, setosa, che agevola la presa quasi come uno strato adesivo. La struttura particolare permette al camaleonte di applicare un forte attrito sulle diverse superfici che incontra, adattandovisi.
E se l’adattamento è la chiave dell’evoluzione, i camaleonti sono un perfetto esempio di cosa ciò significhi. Del resto, se li citiamo per descrivere dei comportamenti umani ritenuti eticamente poco lodabili, è anche vero che possiedono le caratteristiche che attribuiamo ai nostri super-eroi.
Fonte
- Photonic crystals cause active colour change in chameleons
Nature - Dynamics of prey prehension by chameleons through viscous adhesion
Nature - Eye movements in chameleons are not truly independent – evidence from simultaneous monocular tracking of two targets
Journal of Experimental Biology - Subdigital setae of chameleon feet: Friction-enhancing microstructures for a wide range of substrate roughness
Nature