Quando sentiamo parlare di caffeina pensiamo subito al caffè, bevanda ormai insostituibile per l’uomo, famosa per le sue capacità eccitanti, ma la caffeina possiede molte altre doti e ha diversi effetti sul nostro corpo e sulla nostra mente. Cerchiamo di capire quanto faccia bene o male al metabolismo.
IN BREVE
La caffeina è una tra le sostanze chimiche naturali più usate al mondo, la troviamo nel caffè che prendiamo la mattina appena svegli, nel Tè e in molteplici bibite energetiche. In natura la si trova nelle piante del cacao, della noce di cola, dell’erba mate e il guaranà, oltre ovviamente, alla pianta del caffè per un totale di circa 60 specie diverse. È contenuta nei semi, nelle foglie e anche nei tronchi delle piante che l’hanno sviluppata come potente insetticida, serve infatti come deterrente per alcuni animali perché è risultata essere tossica, così tanto tossica che le piante stesse che la producono ne subiscono gli effetti, infatti, le piantagioni di caffè hanno un ciclo vitale di 10 anni, perché, nel corso del tempo la molecola si trasferisce dalla pianta al suolo e quindi lo contamina impedendo una corretta crescita delle piante stesse.
Il nome scentifico è 1,3,7-trimetilxantina ed insieme alla Teofillina e alla Teobromina sono tutte molecole alcaloidi, le differenze tra questi composti sono solo nella posizione di qualche gruppo metilico (CH3)
La sintesi di questa molecola organica si deve a Friedrich Ferdinand Runge che la chiamó “Kaffein” da qui il termine caffeina in italiano, ne individuò anche le seguenti proprietà:
- A temperatura ambiente si presenta allo stato solido nella forma di cristalli prismatici lunghi.
- Ha un sapore leggermente amaro ed è inodore.
- È moderatamente solubile nell’acqua a temperatura corporea ma estremamente solubile in acqua calda.
- Non si liquefa ma, come il ghiaccio secco, sublima passando direttamente dallo stato solido a quello gassoso (a temperatura compresa tra 234 e 239°C).
Come abbiamo accennato prima che la caffeina è presente in molte sostanze che assumiamo con regolarità nell’arco della giornata, il primo alimento che ci viene in mente parlando di caffeina è il caffè, ma esattamente quanta caffeina contiene il caffè? Ci sono diversi tipi e diversi modi di prepararlo, questo comporta diverse quantità di caffeina nel caffè. Come riporta la tabella sottostante, oltre al caffè sono indicate le quantità di caffeina anche nel Tè (che contiene anche la teina, che fa parte della stessa famiglia della caffeina) e in altre sostanze comuni.
Caffeina, come interagisce con il metabolismo
Essendo solubile in acqua, attraversa facilmente le membrane cellulari, viene rapidamente e completamente assorbita dallo stomaco e dal primo tratto dell’intestino, in genere nei primi 10 minuti dalla sua assunzione. Di seguito finisce nel sistema sanguigno che la distribuisce a tutti gli organi. La permeabilità della caffeina consente una distribuzione uniforme, questa sua peculiarità è eccezionale se comparata a quella degli altri agenti farmacologici.
Gli effetti stimolanti dipendono largamente dalla sua capacità di infiltrarsi nel sistema nervoso. Tale infiltrazione è possibile solo attraversando la barriera ematoencefalica che protegge il sistema nervoso da virus e altre esposizioni dannose impedendo il passaggio alle grosse molecole. Il segreto del potere di questa molecola sta nella sua capacità di attraversare facilmente tale barriera come se essa non ci fosse affatto. La massima concentrazione nel corpo viene raggiunta normalmente dopo un’ora dalla sua assunzione. L’assorbimento è più lento se la sostanza è disciolta in sostanze analcoliche. Dopo esser stata trasportata dal sangue in ogni organo giunge al fegato, luogo adibito alla depurazione del sangue, qui viene metabolizzata, ovvero convertita in prodotti secondari espulsi nell’urina. La caffeina entra ed esce velocemente dal nostro corpo, la stessa elevata solubilità che facilita la distribuzione nel corpo ne accelera pure l’espulsione.
Gli effetti della caffeina sul corpo
Non si conosce esattamente il meccanismo attraverso cui la caffeina interagisce con i tessuti umani. La teoria accettata dalla comunità scientifica prende il nome di “Teoria del blocco dell’adenosina, ovvero il blocco competitivo dei recettori di adenosina”. Perché un neurotrasmettitore sia efficace deve raggiungere i recettori designati a comunicare l’impulso al sistema nervoso. Qualsiasi sostanza che blocchi questa trasmissione riduce o vanifica la funzione del neurotrasmettitore coinvolto. L’adenosina è un neurotrasmettitore con proprietà rilassanti, narcotiche e anticonvulsive, e induce ipotensione, bradicardia e vasodilatazione. Riduce inoltre la minzione e le secrezioni gastriche. Nel cervello l’adenosina riduce il tasso di metabolismo delle cellule nervose, inibendo il rilascio degli altri neurotrasmettitori che controllano l’eccitabilità e la reattività dei neuroni centrali. Secondo la teoria più recente sul meccanismo di azione della caffeina, essa agisce come un antagonista competitivo dei recettori adenosinici: realizza cioè i suoi effetti stimolanti bloccando la ricezione e dunque l’azione dell’adenosina sostituendola.
A seguito di questo scambio si attribuiscono alla molecola proprietà eccitanti, stimolanti della minzione e della concentrazione, proprio perchè impedisce all’adenosina di svolgere il suo ruolo di calmante naturale fisiologico. Volendo esser più specifici nell’analizzare l’influenza di questa sostanza sul corpo si potrebbe aggiungere che studi hanno dimostrato un aumento del flusso sanguigno e di conseguenza della pressione sanguigna, anche se questo aumento è comunque limitato e non si è riscontrato un aumento delle malattie cardiovascolari legato all’uso di questa sostanza.
Un impatto positivo, invece, lo ha sull’apparato respiratorio infatti è in grado di svolgere un’azione broncodilatante, cioè, di dilatare i bronchi e quindi offrire sollievo a tutte le persone che soffrono di asma oppure di tosse cronica. Riduce anche la possibilità di sviluppare patologie a seguito del fumo e in generale abbassa le possibilità di un tumore delle vie respiratorie. Inoltre, sulle patologie tumorali correlate all’assunzione di caffeina molte ricerche sono state svolte e tutte hanno smentito una correlazione tra l’utilizzo della caffeina e neoplasie di vari organi come lo stomaco, il pancreas, il fegato o i reni. Un’accortezza particolare nei suoi confronti dovrebbero averlo le donne in gravidanza perché in questi casi viene smaltita molto più lentamente dal fegato e quindi le probabilità che la sostanza passi anche al feto sono elevate, e dato che i feti e i neonati non sono in grado di eliminare la caffeina i rischi di nascite premature o di bambini sotto peso è elevato.
Un inaspettato aiuto questa specie chimica lo offre a tutte quelle persone che devono o vogliono perdere un po’ di peso, è stato dimostrato infatti che la caffeina è a tutti gli effetti un ottimo brucia grassi. In un articolo pubblicato nel 1993 intitolato The Machanism of Action of Caffeine, John William Daly afferma che la molecola agisce nel tessuto adiposo, stimolando la lipolisi. Ulteriori studi condotti sotto condizioni controllate dimostrarono una maggiore perdita di peso se l’esercizio è preceduto da assunzione elevata, sembra essere più efficace in quanti non la consumano abitualmente. La sostanza può favorire la perdita di peso anche attraverso altre vie: aumenta almeno del 15 per cento l’attività metabolica basale e a riposo sia nei soggetti magri che in quelli obesi, mantenendo questo ritmo come minimo per due ore dopo l’ingestione.
È possibile quindi ritenere il caffè un valido aiuto nella perdita di peso?
La risposta è ancora contraddittoria, i risultati variano enormemente tra i soggetti in relazione al modo in cui la sostanza viene ingerita, il tempo trascorso tra l’assunzione della caffeina e l’esercizio, la durata dell’esercizio stesso, le condizioni fisiche del soggetto e la sua tolleranza alla molecola stessa. Forse il suo aiuto maggiore sta nel far percepire meno la stanchezza quando la si ingerisce, così da poter continuare lo sforzo più a lungo. Per avere una risposta più attendibile è necessario attendere ulteriori studi a riguardo.
La caffeina possiede un’enorme influenza anche sulla nostra psiche e più in generale sul nostro cervello, nella pagina seguente è spiegata questa relazione.
La caffeina ha ripercussioni anche su mente e psiche
La caffeina può essere considerata una sostanza portentosa, che migliora molte funzioni della mente quali l’attenzione, la memoria, l’apprendimento e l’abilità cognitiva. Nel 1993 il ricercatore H. O. G. Holck studiò l’effetto della caffeina sulla risoluzione di oltre 250 mosse a scacchi, riscontrando apprezzabili miglioramenti. Negli anni che seguirono gli scienziati cercarono di scoprire il segreto della capacità della caffeina di migliorare le prestazioni mentali; furono elaborate due teorie tra loro complementari.
La prima, chiamata “teoria energetica non-specifica” fu avanzata nel 1940 da J. E. Barmack, egli affermò che la caffeina agisce rinfrancando una persona affaticata, i suoi effetti energetici vengono avvertiti solo nel caso in cui si assolva un compito monotono e ripetitivo, che richieda un’attenzione continua. La seconda, denominata “teoria cognitiva specifica”, ipotizzata da H. Nash nel 1962, afferma che la molecola agisce direttamente su capacità specifiche neurali e che migliora le prestazioni di un soggetto indipendentemente dal fatto che questo sia affaticato oppure no. Il ricercatore analizzò lo svolgimento di compiti di breve durata su soggetti riposati e vigili, che non fossero né annoiati né stanchi, dedusse che il beneficio della caffeina non dipende da un generico effetto energetico ma piuttosto da effetti specifici correlati alla natura del compito svolto. Nello specifico si misurarono miglioramenti nel calcolo numerico, nell’immediato richiamo alla memoria di dati e nella scioltezza di linguaggio. Non fu riscontrato alcun miglioramento nei test sul ragionamento astratto, sulle proprietà di linguaggio, sull’abilità deduttive e sull’individuazione di errori aritmetici.Riassumendo, se la prima teoria fosse corretta dovremmo aspettarci miglioramenti esclusivamente quando il soggetto è stanco, se fosse corretta la seconda i miglioramenti dovrebbero verificarsi solo nell’assolvimento di alcuni compiti e non di altri.
Dal momento che queste due teorie appaiono complementari, nel 1983 A. F. Sanders teorizzò un’ipotesi che somma le due precedenti, egli sostenne che i miglioramenti della capacità mentale causati dalla caffeina siano meglio intesi sia come una funzione dello stato energetico del soggetto che dello specifico impegno cognitivo richiesto dal compito.
Tuttavia, ad oggi la ricerca è ancora ben lontana dallo spiegare in maniera esaustiva gli effetti, alle volte incredibili, della caffeina sulle prestazioni mentali. Negli ultimi anni gli studiosi oltre a concentrarsi sugli effetti della caffeina sul ragionamento e sull’apprendimento, hanno eseguito molte ricerche sugli effetti sulla memoria primaria a breve termine. È stato osservato che la caffeina migliori l’esecuzione di esercizi che richiedano di tenere a mente pochi dati, mentre danneggia o lascia invariata l’esecuzione di compiti in cui si debbano tenere a mente svariate informazioni. In particolare, è stato dimostrato che gli esercizi che dipendono strettamente dall’elaborazione di informazioni, come il calcolo aritmetico, che impegna relativamente poco la memoria a breve termine, migliora con l’uso della caffeina.
Una recente scoperta di Menachem Segal, esperto di neuromediatori celebrali, ha dell’incredibile, egli suggerisce che la caffeina possa provocare mutamenti delle cellule celebrali responsabili della memoria secondaria a lungo termine. Oltre a questo, lo scienziato ha osservato anche un altro fenomeno: la molecola induce i rami dendritici, ovvero i prolungamenti ramificati delle cellule nervose che consentono di creare l’una con l’altra relazioni sinaptiche, a crescere ulteriormente e determina persino lo sviluppo di nuovi rami. Benché non esistono evidenze scientifiche che possano dimostrare questa tesi, a lungo gli scienziati hanno creduto che un miglioramento della struttura connettiva comporti un miglioramento della memoria a lungo termine e dell’apprendimento.
Se gli studi futuri proveranno questa ipotesi, sarà confermata l’idea che la caffeina sia l’unica sostanza al mondo in grado di migliorare le funzioni celebrali alterando persino la struttura fisica del cervello. Nel 1990 venne effettuato uno studio sulla relazione tra caffeina e il grado di attenzione. Per due giorni di seguito i ricercatori somministrarono ad un gruppo di soggetti della caffeina, analizzarono poi con parametri oggettivi il grado di veglia e di attenzione, e conclusero che la caffeina effettivamente aiuta a rimanere svegli e più vigili. Tuttavia, quando il giorno seguente somministrarono del placebo e in molti soggetti registrarono gli stessi effetti dei giorni precedenti conclusero che in alcuni casi l’effetto è più psicologico che farmacologico. In poche parole, se si pensa di bere qualche cosa che contenga caffeina, ci ridestiamo automaticamente, in quanto convinti che quell’effetto debba verificarsi.
La caffeina ci allontana davvero da Morfeo?
Se da un lato è stato dimostrato che la caffeina influisce sulle prestazioni mentali, dall’altro interferisce col sonno notturno, di cui il più comune disturbo prende il nome di insonnia.
Per spiegare come la caffeina disturbi il sonno, è necessario prima chiarire alcune semplici nozioni su tale argomento. Gli scienziati dividono il sonno-senza-sogni (non- REM) dal sogno-con-sogni (REM), il primo dura normalmente un’ora o poco più, prima di entrare nella fase successiva, che dura circa mezz’ora, dopodiché comincia un nuovo ciclo; durante la notte si alternano circa cinque volte la fase non-REM e quella REM. Il sonno non-REM costituisce circa il 75 per cento del nostro sonno ed è caratterizzato da ridotti ritmi cardiaci e respiratori, al contrario durante la fase REM avviene una profonda distensione muscolare accompagnata da ritmi cardiaci e respiratori accresciuti o irregolari. Un’interruzione o un disturbo di una o dell’altra fase provoca un deficit di sonno, che dovrà essere recuperata la notte seguente.
La caffeina agisce allungando il tempo normale necessario all’addormentamento, può determinare alterazioni del sonno non-REM, può causare agitazione e irrequietezza e conseguenti risvegli, inoltre, chi consuma caffeina nelle ore precedenti al sonno è più incline ad essere svegliato da rumori improvvisi. Gli studi confermano che in generale più tardi si consuma caffeina di sera, più è probabile che questa interferisca con il sonno. È stato dimostrato anche che i disturbi del sonno associati alla caffeina sono più probabili in consumatori occasionali della sostanza, la tolleranza che si sviluppa in chi beve abitualmente caffè riduce gli effetti di disturbo della caffeina sul sonno.
In conclusione, ci rendiamo conto che la caffeina possiede notevoli proprietà sul corpo e sulla mente, anche se ancora molto c’è da fare per comprendere a fondo l’origine di tutte queste caratteristiche formidabili.
Particolare, infine, risulta essere la correlazione tra assunzione regolare e la minore incidenza degli effetti negativi che la sostanza ha su corpo e mente, quasi come se ci adattassimo col tempo e imparassimo a metabolizzarla meglio, lo stesso fenomeno si osserva per altre sostanze che danno dipendenza come l’alcool, il fumo e le droghe.
Fonte
- Scientific Opinion on the safety of caffeine
Autorità europea per la sicurezza alimentare