Il primo amore non si scorda mai? Una frase diventata modo di dire potrebbe avere fondamento scientifico, legato al concetto di imprinting e ai meccanismi cerebrali che regolano le passioni.
IN BREVE
Sono innumerevoli le esperienze che lasciano un segno nella nostra vita. Da ricordi di infanzia a soddisfazioni lavorative, passando per forti dolori o situazioni imbarazzanti, sembra che tutto resti sedimentato nella persona, e contribuisca a creare chi siamo. Anche l’amore passato. Ma in che misura? È vero che il primo amore non solo non si scorda mai, ma anzi fissa lo standard per tutte le relazioni successive?
È una considerazione che si è lentamente fossilizzata in luoghi comuni e belle frasi sul primo amore. L’idea di fondo è che l’intensità del sentimento adolescenziale, in gran parte dovuta alla sua novità, sia in grado di stabilire una sorta di archetipo, un modello di amore con cui l’individuo metterà a confronto i rapporti successivi. Non solo, si pensa anche che la nostalgia di quelle prime emozioni inedite possa perfino danneggiare la vita sentimentale successiva, che risulterà inevitabilmente condizionata da una mancanza.
Ebbene, c’è del vero e del falso in tutto questo. Un’opinione accreditata (seppure non all’unanimità) dal mondo scientifico associa lo shock del primo amore al meccanismo di imprinting riscontrabile in natura. Si tratta di un processo per cui, nel corso di una certa porzione di tempo definita periodo critico, un animale apprende rapidamente e in modo indelebile come rispondere a precisi stimoli ambientali. Avete presente il cliché dell’anatroccolo che segue la mamma non appena uscito dall’uovo?
Naturalmente il processo ha sviluppi più complessi, e che riguardano anche l’uomo. Per esempio, ad esso si riconduce l’imprinting sessuale che, nei primi anni di vita, si pensa definirebbe quali caratteristiche siano da considerare attraenti in altri esemplari della specie. O il suo esatto contrario, l’effetto Westermarck, per cui caratteri biologici con cui ci si confronta spesso in tenera età, come nel caso di fratelli e sorelle che crescono insieme, risultano non desiderabili una volta raggiunta la maturità sessuale.
Primo amore e cicatrici
L’euforia provata durante il primo amore, afferma Dr. Malcolm Brynin della University of Essex, avrebbe sull’individuo lo stesso effetto dell’imprinting, definendo in giovane età quali caratteristiche ricercare in una relazione – con una complicazione: nessun amore potrà soddisfare perfettamente gli stessi criteri. Si trova in questo la pericolosità del primo amore, sostiene Brynin: i sentimenti intensi provati durante l’adolescenza, generalmente fra i 14 e 20 anni, possono fissare paletti irrealistici nel nostro giudizio, provocando una distorsione che potrebbe renderci insoddisfatti nel corso della vita.
“Sembra che il segreto per un amore felice a lungo termine sia saltare la prima relazione. (…) In un mondo ideale dovresti svegliarti alla seconda”, scherza l’esperto, ma non cela la sua preoccupazione in materia. Si tratta di una questione che, ironia a parte, può danneggiare gravemente la vita sentimentale di una persona. Se si cade nell’errore di eleggere a modello il primo amore, solitamente molto intenso e dinamico come conseguenza della giovane età, ogni altra relazione in età adulta rischia di apparire noiosa e deludente.
“Il problema emerge se non provi solo a ottenere tutto ciò di cui hai bisogno in una relazione adulta, ma cerchi anche i picchi di eccitamento e intensità sperimentati nella tua prima relazione. La soluzione è chiara: se riesci a proteggerti da una passione troppo intensa durante il primo amore, sarai felice nelle relazioni successive.” Secondo Brynin, le coppie che hanno più successo a lungo termine sono quelle che riescono ad assumere uno sguardo risoluto e pragmatico su ciò di cui davvero hanno bisogno, mettendo da parte i sogni adolescenziali. Ma non tutti sono d’accordo.
Il romanticismo non è morto
Una ricerca condotta da Bianca P. Acevedo e Arthur Aron, della Stony Brook University, ha voluto mettere alla prova questo altro mito sentimentale: davvero amore romantico, intenso e dalla forte carica sessuale, e relazioni a lungo termine non vanno d’accordo – come implicitamente sembra sostenere Brynin? O, parafrasando, può un sentimento coinvolgente durare a lungo senza spegnersi o portare conseguenze negative?
Incrociando i dati raccolti direttamente da coppie di breve o lunga data con risultati di studi precedenti, i ricercatori sono stati in grado di delineare dei trend nella tipologia di amore (più o meno intenso e con un grado più o meno alto di ossessione) rispetto al livello di soddisfazione nel tempo. Il risultato? Mentre effettivamente le relazioni più moderate hanno mostrato di essere associate a buoni gradi di soddisfazione sul breve periodo e anche migliori a lungo andare – confermando il successo di un rapporto calmo e quasi amicale nelle situazioni matrimoniali -, anche l’amore romantico, ad alto coinvolgimento, può resistere in una relazione duratura.
Quella che può sembrare una massima di Jane Austin è in realtà punto di partenza per un’elaborazione successiva, sempre ad opera di Aron e Acevedo. I due autori hanno definito una distinzione tra amore romantico e amore passionale, basata sul grado di ossessione che caratterizza la coppia. A parità di intensità e coinvolgimento, infatti, è la componente ossessiva a discriminare tra un amore romantico, in grado di perdurare nel tempo, e un amore passionale che esaurisce la sua carica in poco tempo, con un altissimo grado di soddisfazione sul breve periodo ma che incontra una diminuzione nelle fasi successive. Ecco, il primo amore appartiene alla categoria di amore passionale/ossessivo. La motivazione è nella biochimica del cervello.
La chimica del primo amore
Cosa succede nella nostra testa quando siamo infatuati? Richard Schwartz e Jacqueline Olds, professori di neuroscienze alla Harvard University – e coppia felicemente sposata da 40 anni -, hanno confrontato i dati ottenuti da scansioni del cervello di 2500 studenti a cui sono state mostrate foto di persone care. Nel caso di interessi amorosi, si registrava un’attivazione delle aree del cervello più ricche di dopamina – il cosiddetto “neurotrasmettitore del buonumore”, responsabile delle sensazioni di gratificazione in riposta a stimoli come sesso, cibo buono o musica che ci piace. In particolare, la maggiore attività è stata riscontrata nelle strutture del cervello che appartengono al cosiddetto sistema di ricompensa, un insieme di aree sensibili a comportamenti che inducono piacere, come amigdala, ippocampo e corteccia prefrontale.
La colpa è soprattutto dell’amigdala, la parte del cervello che elabora gli stimoli e gestisce le emozioni. Quando siamo innamorati, gli elementi chimici associati al sistema di ricompensa entrano nel flusso sanguigno, generando una serie di risposte psicofisiche come aumento del battito cardiaco, sudorazione, arrossimento delle guance, ansia. I livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, salgono esponenzialmente, e contemporaneamente riducono la presenza di serotonina, un neurotrasmettitore che regola l’umore e si trova spesso negli antidepressivi. Il risultato? Sensazioni negative di timore e preoccupazione, pensieri invadenti, alternanza di speranza e terrore – i comportamenti ossessivo-compulsivi tipici delle prime fasi di innamoramento. Al tempo stesso, l’infatuazione continua a stimolare la produzione di dopamina, creando quella gratificazione che spinge il sistema di ricompensa a ripetere l’intero ciclo. Qualcuno potrebbe avere già notato l’inghippo: questo circolo vizioso è fondamentalmente lo stesso che c’è alla base delle dipendenze da sostanze psicoattive. L’amore passionale è una dipendenza a tutti gli effetti. E il primo amore non fa eccezione.
Fortunatamente, la fase di passione incontrollabile non dura per sempre. Dopo un certo periodo può trasformarsi in amore romantico (sempre intenso ma privo di ossessione): l’ormone ossitocina, quello responsabile dell’attaccamento relazionale, dell’empatia e delle strane manifestazioni di tenerezza quando vediamo bambini piccoli, interrompe il ciclo di gratificazione per attivare altre aree del cervello che controllano il piacere. La sensazione di ansia è sostituita da una di tranquillo benessere, che potrà andare avanti per lungo tempo. Anche il primo amore, in quanto passionale, può andare incontro a questa trasformazione. Si spiegano così quelle situazioni in cui una coppia formata in età adolescenziale è capace di restare unita per decenni, e perfino sfociare nella vita matrimoniale.
L’altra faccia della medaglia
Ma non sempre va così bene. Anzi, a dirla tutta questa soluzione da film sul primo amore è molto rara. Tendenzialmente, la prima infatuazione è destinata a perdersi dopo un po’ di tempo senza trasformarsi in amore romantico, e questo principalmente a causa della volontà di fare altre esperienze. Quello che ci resta è il segno di una dipendenza che, come abbiamo visto, rischia di condizionarci a vita se non siamo in grado di isolarla.
È bene ricordare, arrivati a questo punto, che fra gli studiosi non c’è unanimità sull’effettiva esistenza di un imprinting amoroso, né delle sue conseguenze catastrofiche. La psicologa Nancy Kalish, per esempio, sostiene che il fenomeno del primo amore sia facilmente ridimensionabile: la cotta adolescenziale può derivare la sua intensità semplicemente dalla scarica ormonale che caratterizza quel periodo di vita, ma rivelarsi un fuoco di paglia mano a mano che gli anni avanzano e si è in grado di guardare indietro con mente più critica. Una prospettiva certamente più confortante rispetto al primo amore distruttore di relazioni sostenuto da Brynin.
Su una cosa però possiamo trovare accordo. Il primo amore non è solo materiale da film e aforismi. A prescindere dal suo impatto nella vita futura, la prima relazione è una pietra miliare che avvia nel corpo una vera rivoluzione psicofisica, e che il nostro cervello non potrà dimenticare facilmente. Ossessione deleteria o semplice batticuore adolescenziale, anche per la scienza il primo amore non si scorda mai.
Fonte
- Changing Relationships
M. Brynin, J. Ermisch - Does a Long-Term Relationship Kill Romantic Love?
ResearchGate - Love and the Brain
Harvard Medical School - First Love, Lost Love: Is It Imprinting?
Psychology Today