La sindrome della crocerossina è una condizione psicologica che si manifesta in attaccamento e cure ossessive per un partner bisognoso. È amore? Anche. Ma molto peggio.
IN BREVE
C’era una volta Peter Pan. Ricordate la storia? Il bambino che si rifiuta di crescere e vive un’infanzia eterna sull’Isola che non c’è, nemmeno sfiorato dalle preoccupazioni dell’età adulta mentre trascorre infinite avventure insieme ai Bimbi Sperduti. Almeno finché c’è qualcuno di maturo e responsabile che pensa a lui. Ogni Peter Pan ha bisogno della sua Wendy. La sua crocerossina.
Non è una metafora casuale. I due personaggi di James Barrie sono quelli che nel 1983 hanno ispirato lo psicologo Dan Kiley a teorizzare la sindrome di Peter Pan, nel libro The Peter Pan Syndrome: Men Who Have Never Grown Up, e la sindrome di Wendy, nota anche come sindrome della crocerossina, l’anno seguente nel testo The Wendy Dilemma. Cosa significano è presto detto: la sindrome di Peter Pan è la condizione psicologica di quegli adulti che rifiutano di accettare le regole e le responsabilità che età e ruolo sociale portano con sé, rifugiandosi in comportamenti e mentalità dell’adolescenza. Il Peter Pan è sostanzialmente un narcisista, incapace di porsi nei panni degli altri e convinto nella propria immaturità, e in quanto tale il suo concentrarsi su se stesso gli impedirebbe di instaurare relazioni durature. A meno di trovare una Wendy disposta ad assecondarlo.
È possibile che Kiley abbia tratto ispirazione per i suoi saggi anche da un articolo di ricerca di Carolyn Quadrio datato 1982: in The Peter Pan and Wendy Syndrome: A Marital Dynamic, la psichiatra australiana prendeva ad esempio un modello di coppia che prevedeva un marito infedele ed egocentrico e una moglie depressa e sofferente, osservando come i disturbi di entrambi autoalimentassero la loro relazione tossica: lui trovava una fonte inesauribile di attenzioni a sostegno del suo ego, lei un paziente bisognoso a cui rivolgere le proprie cure e amore ossessivo. Ma cosa succede esattamente nella mente di una persona affetta da sindrome della crocerossina?
Per prima cosa, non è esatto parlare di un disturbo psichico, dal momento che non è inclusa nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), l’elenco ufficiale delle patologie mentali stilato dall’American Psychiatric Association. Gli individui (soprattutto donne, ma esiste anche al maschile) che soffrono di sindrome della crocerossina mettono in atto comportamenti materni, protettivi, mirati ad assecondare e gratificare il partner in ogni momento. Certo, le attenzioni possono essere rivolte anche ad altri “bisognosi”: fratelli, amici, parenti immaturi ed egocentrici, ma verso cui si prova un forte affetto, possono catalizzare l’amore della crocerossina. È nella relazione di coppia, tuttavia, che il fenomeno mette in mostra i suoi effetti maggiori.
Infatti, la sindrome della crocerossina può celare una personalità dipendente, con una profonda insicurezza e scarsa autostima, che nell’essere indispensabile per qualcuno trova un riscatto, una conferma di sé. Secondo Quadrio, la donna che soccorre il suo partner (per comodità porteremo avanti l’esempio uomo narcisista/donna crocerossina, anche per le sue radici socioculturali) lo fa per rispondere a una serie di motivazioni, apparentemente in contrasto ma che in realtà creano un circolo vizioso:
- Paura di restare soli. È un tratto che essenzialmente identifica in molte crocerossine i sintomi del disturbo dipendente di personalità, o DPD (Dependent Personality Disorder) – che a differenza della sindrome di Wendy è incluso nel DSM ed effettivamente catalogato come disordine psichiatrico. Si tratta di un disturbo che colpisce circa lo 0,5% della popolazione, in genere donne tra l’inizio dell’età adulta e i 40-50 anni massimo. Non è chiaro quali siano le cause, visto che la condizione è molto “soggettiva”, nel senso che vi concorrono numerose variabili ambientali. Sembra però che ci sia una correlazione con problemi d’ansia vissuti durante l’adolescenza, di cui il DPD sarebbe l’evoluzione, e un’infanzia soffocata da figure genitoriali troppo ingombranti, vuoi perché autoritarie o iperprotettive. Le personalità private dei loro spazi non riescono a stare in piedi da sole, e questo si manifesta con l’entrata nell’età adulta: dipendere dai bisogni di qualcuno permette di regolare su di loro la propria vita, avere l’altro come punto di riferimento assoluto e, nel caso della sindrome della crocerossina, dare un senso all’attaccamento nel proprio ruolo di salvatrice.
- In amore è necessario sacrificio. Ovvero il fine (il mantenimento della coppia, per non rimanere soli) giustifica il mezzo (il ruolo di sudditanza verso il partner). Ok, in realtà il pensiero non è così machiavellico, perché la Wendy è innamorata per davvero. Ma le resta la convinzione che sia normale soffrire per amore, che insoddisfazione e infelicità siano il giusto prezzo da pagare per un supposto amore profondo. E sempre preferibile alla solitudine. Chi soffre di disturbo dipendente della personalità vive per l’altro, lo antepone a sé. Non per altruismo normalmente concepito, ma come implicito bisogno ansioso di approvazione. Arrivando anche ad annullare se stessa.
- L’altro ha bisogno di me. E il mio essere indispensabile per lui non farebbe che legarlo nella relazione. Questa è la psicologia della crocerossina, benché soddisfare le necessità dell’altro spesso non porti a nessun atto di riconoscenza o amore più profondo. È più un mezzo di autoaffermazione, con cui la donna si autoconvince della propria importanza per contrastare una bassa considerazione di sé. Il suo è comunque un gesto di affetto sincero, senza secondi fini, ma che trova appagamento anche nell’idea, a volte fondata a volte no, di essere necessaria per qualcuno. Dall’altra parte, se il compagno è un Peter Pan senza intenzione di maturare, non ci sarà in lui alcuna crescita o miglioramento, e il rapporto morboso continuerà a perpetuarsi.
Questo è un punto importante nella relazione Wendy-Peter Pan: le due sindromi si autoalimentano a vicenda, entrambe le parti della coppia sono contemporaneamente vittima e carnefice. La cosa suona abbastanza paradossale, visto che l’intenzione della crocerossina è il benessere dell’altro. Eppure, con le sue protezioni eccessive, l’effetto ottenuto è di alimentare l’ego del compagno, abissandolo sempre di più nella sua immaturità. E nel suo ruolo di paziente bisognoso. Il ciclo di attenzioni si ripete così, potenzialmente all’infinito. Unico modo efficace per fermare la ruota è un’interruzione esterna, per esempio rivolgendosi a uno psicoterapeuta, in grado di risolvere il problema alla radice, da quelle mancanze profonde di autostima e indipendenza. Ma la cosa è resa difficile dal fatto che la crocerossina non si rende conto di essere responsabile della propria sofferenza. Per questo non cercherà aiuto da sola.
E nemmeno lo farà il partner. Come fa notare la professoressa Humbelina Robles Ortega dell’Università di Granada, sia il Peter Pan che la Wendy della coppia sono del tutto inconsapevoli di essere la causa principale del loro problema. Non solo. Oltre a non riconoscere il proprio ruolo ed abbracciare il narcisismo dell’altro, la crocerossina giustifica la sua inaffidabilità (è quello che succede normalmente nelle madri iperprotettive che difendono il figlio a ogni costo), convincendo se stessa e il partner che non esista alcun problema.
A proposito, apriamo una parentesi sul partner. Finora abbiamo dipinto l’uomo della coppia, la vittima-carnefice della crocerossina, come un egoista insensibile con venature di psicopatia. E malgrado situazioni simili, con entrambe le parti affette dai loro disturbi, possano accadere, non è questa la norma. Il partner può essere realmente bisognoso e non è raro che la sindrome della crocerossina si manifesti in donne legate a uomini malati, depressi, caduti nell’alcolismo o nell’abuso di droghe, apparentemente in cerca della loro buona samaritana. Ma le cure della Wendy di turno non si limitano ad essere un aiuto, sfociando piuttosto in annullamento di sé, attaccamento e attenzioni morbose. Se con un partner immaturo o narcisista tanto basta perché i disturbi di entrambi si autoalimentino, l’uomo che cerca autonomia può sentirsi soffocato dalla sua compagna. Ed eventualmente una rottura della relazione non fa che riavviare il ciclo, con il crollo di autostima di lei, la sua dipendenza irrisolta, il bisogno di trovare un nuovo paziente da “curare”.
Questo è il destino della crocerossina. È un serpente che si morde la coda, ed è quasi impossibile che la soluzione venga da dentro la coppia. Per uscirne è necessario un percorso terapeutico, che non segua solo la donna ma anche tutte le persone che le sono vicine. È un disturbo insidioso, per la diffusa convinzione che una persona depressa o sofferente non sia in grado di provare affetto, e quindi l’amore e una coppia stabile siano segni positivi, dimostrazioni di una donna che ha trovato il suo punto di riferimento. Niente di più falso. Nella sindrome della crocerossina, l’amore è la sua stessa condanna.
Fonte
- The Peter Pan and Wendy Syndrome: A Marital Dynamic
Carolyn Quadrio - Dependent Personality Disorder Symptoms
PsychCentral - University of Granada. “Overprotecting parents can lead children to develop Peter Pan Syndrome”
ScienceDaily