I calamari giganti sono molluschi di enormi dimensioni che molto spesso hanno ispirato leggende e miti dei mari. Tralasciando la fantasia e i racconti, andiamo ad esaminare insieme la loro vera natura e le loro caratteristiche.
IN BREVE
I calamari giganti: cosa sono?
I calamari giganti, dal punto di vista tassonomico, sono dei molluschi appartenenti alla classe dei cefalopodi. In particolare i calamari giganti sono raggruppati sotto il genere Architeuthis, che secondo gli esperti, dovrebbe racchiudere ben otto specie differenti.
Come ci indica il nome stesso, questo genere di molluschi può raggiungere dimensioni spropositate, sopratutto se lo si paragona ad un calamaro comune. Mentre i calamari solitamente raggiungono una lunghezza dai 30 ai 50 cm, il calamaro gigante più grande mai stato individuato raggiungeva ben 13 metri di lunghezza, praticamente 26 volte più lungo. A causa del suo habitat preferenziale, ovvero le profondità oceaniche, studiare questo grande mollusco risulta abbastanza complesso. Non a caso la maggior parte delle informazioni sui calamari giganti sono state ottenute grazie all’analisi di cadaveri rinvenuti in superficie.
Solo nel 2006 dei ricercatori a largo delle isole Ogasawara riuscirono a catturarne uno vivo: in questo caso, il calamaro gigante rinvenuto aveva una lunghezza di 7 metri. Nel 2012 invece, un gruppo di scienziati del National Science Museum giapponese collaborando con l’emittente pubblica giapponese NHK e Discovery Channel filmarono per la prima volta un calamaro gigante nel suo habitat naturale.
Il primo ritrovamento documentato in assoluto invece, risale al 1873, anno in cui il reverendo Moses Harvey di Terranova (appassionato naturalista) comprò una carcassa di calamaro gigante da un pescatore. Entusiasta, il reverendo espose nel suo salotto la carcassa di incredibili dimensioni, di cui in basso riproponiamo la foto d’epoca.
L’anatomia dei calamari giganti
I calamari giganti non sono poi così diversi rispetto ai loro parenti “di taglia normale”. Essi posseggono otto “braccia”, due tentacoli di alimentazione, un sifone, un mantello, un becco e due occhi: il tutto molto molto più grande. Di solito, il mantello del calamaro gigante è di circa 2 metri di lunghezza, mentre la media della lunghezza totale (contando i tentacoli più lunghi) può arrivare a 13 metri. Recentemente però, sono strati ritrovati becchi di calamari (in parole povere una parte dell’apparato boccale del mollusco) che, rispettando le proporzioni dell’animale, fanno pensare che possano esistere calamari di circa 20 metri di lunghezza.
I tentacoli di alimentazione del calamaro sono le strutture che contribuiscono maggiormente alla loro lunghezza. Grazie a queste due lunghe estroflessioni, i calamari giganti sono capaci di catturare prede anche a 10 metri di distanza. Inoltre, essendo dotati di numerose ventose alle estremità, non lasciano via di scampo al malcapitato. Oltre ad “incollare” la preda, queste ventose sono perimetrate da dentelli che contribuiscono all’immobilizzazione dell’obiettivo.
Per quanto riguarda gli altri tentacoli invece, detti anche braccia, sono meno lunghi dei tentacoli di alimentazione ma più spessi. Queste braccia servono per dirigere la preda, agguantata con i tentacoli di alimentazione, verso l’apparato boccale del calamaro, ovvero il becco, che è posizionato al centro tra le origini delle braccia. Il becco funge da vero e proprio trituratore insieme alla radula (una specie di lingua) che riduce la preda in piccoli pezzi che saranno poi digeriti dal mollusco.
Per quanto riguarda gli occhi, i calamari giganti detengono il record per quelli più grandi del regno animale, di circa 30 centimetri di diametro! L’ampia superficie oculare consente al calamaro di assorbire molto bene anche piccole intensità di luce, in modo da riuscire a predare anche i più piccoli organismi luminescenti nel buio delle profondità oceaniche. Molto bizzarra è la disposizione anatomica del suo cervello (molto più piccolo rispetto al corpo) rispetto all’esofago. Il cervello ha la forma di una ciambella, in mezzo alla quale passa l’esofago, che continuerà nel corpo raggiungendo stomaco e poi intestino.
Il corpo invece, detto anche mantello, contiene i vari organi interni ed è dotato di un imbuto. L’imbuto è un organo multiuso, che serve al mollusco per svolgere varia attività, come:
- pompare acqua
- espellere i rifiuti
- deporre uova
- spruzzare l’inchiostro
- muoversi più velocemente utilizzandolo come propulsore
Ciclo vitale e habitat dei calamari giganti
I calamari giganti sono soliti vivere nelle profondità oceaniche ed è quindi improbabile portene vedere qualcuno (da vivo) in superficie. Più frequenti sono stati gli avvistamenti nell’oceano Atlantico, sopratutto sul versante Est, ma non mancano ritrovamenti nel Pacifico e nelle zone limitrofe alla Nuova Zelanda.
A differenza di come si possa pensare, i calamari giganti, come molti molluschi, non hanno una lunga vita. Le analisi effettuate sugli statoliti (masse mineralizzate dell’organo dell’equilibrio) suggeriscono che l’età massima di un calamaro gigante non superi i 5 anni. Ciò significa che questo animale è in grado di raggiungere le sue colossali dimensioni in un tempo relativamente breve! Inoltre, si può immaginare come siano costretti a vivere in continua ricerca di grandi fonti di cibo, indispensabile per poter sostenere tale crescita. I ricercatori infatti, andando ad esaminare gli stomaci dei calamari giganti, hanno trovato principalmente pesci di acque profonde ma anche resti di calamari, tra cui anche quelli della stessa specie (cosa si fa pur di mangiare!).
Dominio incontrastato nelle profondità? Purtroppo no per il nostro calamaro, in quanto, come dice anche il proverbio “c’è sempre un pesce più grande” (anche se non stiamo parlando propriamente di un pesce). Sono stati infatti trovati resti di calamari giganti nello stomaco dei capodogli, gli animali dentati più grandi del nostro pianeta. Contemporaneamente, sulla loro pelle sono stati riconosciuti segni di ventose tipiche del calamaro gigante, che come descritto prima, sono dotate di dentelli.
Come nascono i “piccoli” dei calamari giganti ?
Come abbiamo visto in precedenza, i calamari giganti vivono all’incirca 5 anni, avendo la possibilità di riprodursi una sola vota nell’arco della loro vita. I maschi di calamaro, quando incontrano la femmina, espellono uno spermatoforo (sacchetto di spermatozoi) attraverso il loro pene localizzato nell’imbuto. Non si conoscono nel dettaglio i meccanismi di richiamo che i calamari di sesso opposto utilizzano, ma presumibilmente, una volta stimolata l’espulsione dello spermatoforo, la femmina lo accompagna tra le sue braccia.
Ancora sconosciuto è ancora la localizzazione delle uova ed il punto preciso in cui avverrebbe la fecondazione (intesa come unione dei gameti). I ricercatori però pensano che sia la femmina, una volta percepita la presenza dello spermatoforo, a secernere milioni di minuscole uova che aspettano di essere fecondate. L’enorme quantità di gameti prodotti è giustificata dal fatto che la maggior parte delle uova fecondate (anche queste numericamente inferiori rispetto alle uova totali prodotte) potrebbero essere divorate da altri animali. Le uova fecondate sopravvissute, dopo un tempo non ancora determinato, daranno vita a questi giganti predatori dei fondali oceanici.
La realtà che sfuma nella leggenda: i calamari giganti mostri degli abissi
Ancora prima dell’esposizione della carcassa del calamaro gigante nel salotto del reverendo Harvey, circolavano storie e racconti di queste misteriose e gigantesche creature. Le prime testimonianze risalgono al 1500 in Danimarca, in cui i calamari giganti venivano descritti come “Sea Monk” ovvero monaci marini. L’associazione deriva dal fatto che il mantello del calamaro ricordava lontanamente la veste tipica dei monaci dell’epoca.
La più nota citazione e riferimento ai calamari giganti la possiamo ritrovare nel romanzo del 1870 “20.000 leghe sotto il mare” di Jules Vernes, noto romanziere francese dell’ottocento. Nel suo libro, Vernes descriveva questo calamaro gigante come un mostro famelico di 8 metri che cercava di attaccare il Nautilus (il celebre sottomarino) con l’intento di divorarne l’equipaggio. Nel 1954, nella versione cinematografica dell’opera, fu utilizzato un modello da ben 2 tonnellate, governato da 16 uomini attraverso telecomandi e ben 50 uomini che ne spostavano i tentacoli attraverso i fili. Un’opera che può sembrare abbastanza macchinosa, se paragonata alle tecniche cinematografiche di oggi, ma che valse l’oscar al film con il nostro grande mollusco.