Il tardigrado è un microscopico animale appartenente agli Ecdysozoa. La sua notorietà è dovuta non solo alla morfologia stravagante, ma anche alle incredibili capacità di resistenza: sembra quasi indistruttibile. Dallo zero assoluto ai 150 °C, dalla terra allo spazio, il tardigrado riesce a resistere. Qual è il suo segreto?
IN BREVE
Storia e caratteristiche generali del tardigrado
Il tardigrado (orso d’acqua) è un microscopico organismo eucariote appartenente al superphylum degli Ecdysozoa. E’ inoltre un protostoma, ovvero nello sviluppo embrionale il blastoporo andrà a costituire l’apertura boccale. Si ipotizza che, vista la presenza degli arti lobopodi, siano gli antichi antenati dei Panarthropodi, clade che raccoglie il filum degli Artropodi, degli Onychifiri e dei Tardigrada. Questi organismi sono stati per la prima volta identificati nel 1773 dallo zoologo tedesco Johann August Ephraim Goeze, denominandoli appunto orsi d’acqua. Il nome tardigrado lo si deve al biologo italiano Spallanzani, assegnatoli nel 1777.

I tardigradi sono generalmente lunghi massimo 0,5 mm ed arrivano ad essere composti da circa 40000 cellule. Hanno un aspetto paffuto, con 4 paia di zampe (lobipodi), ciascuna delle quali è dotata di artigli molto sottili o “succhia dischi”. Solitamente i tardigradi sono prevalenti in muschi e licheni e si nutrono di cellule vegetali, alghe e piccoli invertebrati. Invisibili ad occhio nudo, possono essere osservati attraverso un comunissimo microscopio ottico. Nonostante siano correlati agli artropodi come detto prima, questi piccoli orsi d’acqua presentano una morfologia simile agli onicofori, volgarmente vermi di velluto, anche loro organismi segmentati con zampe e antenne.
Osservando bene i segmenti corporei del tardigrado possiamo notare come i primi 3 segmenti dotati di zampe presentino lo stesso orientamento a differenza dell’ultimo paio di zampe. Le prime tre sono orientate verso il basso all’indietro, mentre l’ultimo paio in senso opposto e sono utilizzate per l’adesione al substrato. La mancanza di una regione intermedia nel corpo è dovuta alla mancanza di diversi geni Hox, che regolano e determinano la divisione del corpo in segmenti durante lo sviluppo. In questo caso, il tardigrado è composto da segmenti ripetuti dalla regione della testa in giù, escluso l’ultimo segmento che differisce.
L’anatomia dell’orso d’acqua
I tardigradi, così come gli artropodi, non hanno un sistema circolatorio chiuso ma posseggono un emocele. In questa cavità non perfettamente definita possiamo trovare l’emolinfa che contribuisce allo scambio di sostanze e di gas. Infatti, in questi organismi risulta assente un apparato respiratorio, motivo per cui lo scambio di gas avviene attraverso la superficie corporea. Per quanto riguarda la componente escretrice non sono presenti nefridi (analoghi del rene degli artropodi) o organi simili. Nel tardigrado sono presenti invece tre tubuli associati al retto che mostrano analogia con i tubuli malpighiani.
La bocca del tardigrado è dotata di stiletti (formazioni acuminate di natura cuticolare e calcarea) utili a frammentare piccoli invertebrati o cellule vegetali. Dopo la bocca troviamo una faringe triradiata e muscolare che consente di risucchiare il contenuto della preda. La faringe poi si collega con l’esofago che si connette direttamente all’intestino, che occupa la maggior parte del corpo. Al termine dell’intestino abbiamo il retto e quindi l’apertura anale, attraverso il quale vengono espulse le feci.

Il sistema nervoso del tardigrado è composto da un cervello localizzato al di sotto dell’esofago, attaccatovi attraverso un ganglio. Dal cervello si dirama un cordone nervoso centrale che possiede un ganglio per ogni segmento corporeo, da cui nascono diverse collaterali che vanno ad innervare gli arti. Nella regione della testa abbiamo inoltre due occhi formati da ommatidi, come negli artropodi.
Per quanto riguarda il sesso, il tardigrado è una specie che si riproduce per partenogenesi, ovvero l’uovo può sviluppare l’embrione senza che sia fecondato dal gamete di sesso opposto. Nonostante ciò esistono tardigradi maschi e femmine, le quali sono più numerose e di maggiori dimensioni; quindi la riproduzione sessuale è possibile. La gonade dell’orso d’acqua è posizionata superiormente all’intestino:
- quella maschile è composta da due testicoli dai quali due tubuli decorrono fino ad incontrarsi e aprirsi in un singolo poro anteriormente all’ano;
- quella femminile è formata dall’ovario, il cui condotto sfocia nella stessa apertura del retto, dando origine ad una così detta cloaca.
Per quanto riguarda la fecondazione sessuale, può avvenire o esternamente dopo la deposizione delle uova nella cuticola della femmina, poi ricoperta da gameti maschili, oppure internamente. L’accoppiamento, in entrambi i casi, sembra coincidere con il momento della muta, nel quale la vecchia cuticola fa da “nido” per le uova fecondate. La schiusa delle uova avviene solitamente entro due settimane ed i nuovi individui nascono già con il quantitativo cellulare dell’adulto. Questo ci indica come la crescita del tardigrado sia ipertrofica, ovvero dovuta ad aumento di volume delle singole cellule piuttosto che per mitosi.
I superpoteri del tardigrado: un’incredibile resistenza
I tardigradi sono stati ritrovati in numerosissimi ambienti differenti a patto che ci sia un minimo di umidità:
- acque stagnanti
- profondità marine (anche a 4000 metri di profondità)
- poli terresti
- zone equatoriali
- alture (Himalaya)
- prati
- laghi
L’eterogeneità dell’habitat di questo microscopico animale ha incuriosito i ricercatori a tal punto da testarne la resistenza in situazioni sempre più estreme. Dai test effettuati è risultato come il tardigrado possa resistere a temperature estreme, dai – 272 °C (un grado in più dello 0 assoluto) ai 150 °C. Inoltre è stato certificato come sia resistente a un quantitativo letale per l’uomo di radiazioni ionizzanti ed a pressioni elevatissime. In pratica, questi organismi potrebbero essere capaci di resistere a catastrofi naturali inimmaginabili!
L’incredibile resistenza del nostro essere microscopico deriva in parte dalla capacità di “stoppare” il proprio metabolismo per poi riattivarlo quando le condizioni saranno nuovamente favorevoli. Questo meccanismo è chiamato criptobiosi. In questo stadio il contenuto di acqua scende sotto l’1% del normale e le attività enzimatiche cellulari rallentano del 99,99%. L’acqua eliminata verrà poi contemporaneamente sostituita con una proteina IDP, ovvero una proteina intrinsecamente disordinata. In questo modo il tardigrado può resistere 5 anni in condizioni di disidratazione e fino a 30 anni senza fonti nutrizionali.
Il viaggio nello spazio: il tardigrado astronauta
Accurata la grande resistenza del tardigrado, alcuni ricercatori di astrobiologia hanno sottoposto il tardigrado ad una prova ancora più dura: il vuoto dello spazio. Nel 2007 infatti, il programma di ricerca Biopan ha portato in orbita alcuni tardigradi disidratati attraverso il FOTON-M3 (satellite). Al ritorno sulla terra, in seguito a reidratazione, molti tardigradi sono stati rianimati (anche se il tasso di mortalità è stato comunque abbastanza elevato). Anche alcuni campioni idratati sono stati sottoposti al vuoto e alle radiazioni spaziali, ma solo 3 esemplari risultarono vivi al ritorno sulla terra. Ciò evidenziò come la criptobiosi sia fondamentale per l’incredibile resistenza del tardigrado.

Recentemente invece, nell’aprile del 2019, il lander lunare Beresheet, seguito dall’Israel Aerospace Industries, si è schiantato sulla superficie lunare del Mar della Serenità. Il lander conteneva alcuni campioni di DNA e tardigradi, che probabilmente saranno stati riversati all’esterno dell’astronave. Ad oggi si possono fare solo supposizioni, ma l’obiettivo di prossime spedizioni lunari della compagnia, sarebbe quello di ritrovare questi esemplari e cercare di rivitalizzarli, riattivandone il metabolismo. Saranno riusciti i nostri orsi d’acqua a sopravvivere o addirittura “colonizzare” la superficie lunare? Attendiamo presto notizie dallo spazio.
Fonte
- Invertebrate Zoology: A Functional Evolutionary Approach
Ruppert – Fox – Barnes. - Cellular morphology of leg musculature in the water bear Hypsibius exemplaris (Tardigrada) unravels serial homologies
Pubmed