Negli anni ‘70 un gruppo di topi da laboratorio ha ribaltato totalmente la concezione di dipendenza, grazie agli esperimenti di Bruce K. Alexander condotti all’interno del Rat Park.
IN BREVE
Che cosa succederebbe se ad un gruppo di topi venisse messa a disposizione una quantità illimitata di morfina? Bruce K. Alexander, ricercatore della Simon Fraser University, ha dato la risposta che tutti noi ci saremmo aspettati: morirebbero di overdose. Non soddisfatto però ha voluto approfondire un concetto che nello studio delle dipendenze era stato trascurato, l’importanza del contesto sociale, ed è proprio qui che nasce il Rat Park.
Descrizione dell’esperimento
Bruce K.Alexander, psicologo e professore alla Simon Fraser University, condusse i suoi studi sulla dipendenza analizzando i comportamenti di alcuni topi da laboratorio. Separò le sue cavie in due gruppi, i “caged” e i “social”. I primi vivevano in gabbie, isolati e privi di stimoli. Sebbene fossero vicini, i topi non potevano vedersi poiché erano separati da lastre di lamiera. All’interno veniva inserito un dispensatore di morfina che rilasciava una dose ogni qualvolta il topo premesse la leva. In breve tempo questi svilupparono una dipendenza tale da dimenticarsi di bere e di mangiare. Questo tipo di esperimento era stato condotto già negli anni ’60 suscitando l’interesse dei mass media. I risultati sembravano dare un’ulteriore conferma alle convinzioni del tempo, ovvero che le droghe creassero dipendenza. Bruce K. Alexander riprodusse l’esperimento introducendo il Rat Park, un luogo dove i topi rinominati “social” potevano avere accesso a moltissimi stimoli, come la compagnia di altri topi e il sesso. All’interno del parco, il dispensatore di morfina veniva utilizzato pochissime volte. Vennero condotti diversi esperimenti utilizzando più sostanze tra cui eroina e cocaina, ma il risultato era sempre lo stesso: i topi isolati sviluppavano una dipendenza che nel Rat Park non era mai stata rilevata. Grazie a questi esperimenti Bruce K. Alexander arrivò alla conclusione che la tossicodipendenza è il manifestarsi di un problema radicalmente diffuso, causato dalla struttura sociale sempre più frammentata. La società moderna non contempla più le tradizioni e i legami tipici della società premoderna, al contrario prevalgono gli interessi individuali a quelli collettivi, sfociando così nell’individualismo. La dipendenza può così sostituire i legami, dare un sollievo a chi non è in grado di riconoscere il proprio ruolo all’interno della società.
L’intervento della sociologia
L’esperimento del Rat Park ha permesso di focalizzarsi non solo sulla dipendenza fisica causata dalle sostanze psicotrope, ma anche sul motivo per cui alcune persone sviluppano la dipendenza e altre no. Se pensiamo ad esempio ai pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie in seguito a interventi, la somministrazione di morfina è la prassi per cercare di alleviare i dolori. Eppure si tratta della stessa sostanza utilizzata con i topi morti di overdose. Anche in questo caso è il contesto sociale a determinarne la dipendenza, i topi si trovavano in un ambiente privo di stimoli, una gabbia dalla quale non potevano uscire, i pazienti, invece, sono in una situazione transitoria in attesa del ritorno a casa. La continua evoluzione delle società moderne, sottopone le persone a profonde crisi dando vita a episodi di emarginazione e isolamento. Questa condizione è stata studiata da numerosi sociologi tra cui David Émile Durkheim che coniò il termine anomia, letteralmente “mancanza di norme”, uno stato in cui l’individuo non è in grado di trovare riferimenti istituzionali e interpersonali. Questa perdita di riferimenti induce l’individuo a trovare conforto nelle sostanze, sviluppando così dipendenze o, nel peggiore dei casi, sfocia nel suicidio anomico. Zygmunt Bauman invece, affermò che la nostra è una società liquida, che ci scivola tra le mani e l’unica certezza che abbiamo è l’incertezza. Proprio questa mancanza di certezze tormenta l’uomo moderno che sempre più spesso si sente solo, spinto così a trovare conforto nelle droghe.
L’analisi di Karl Marx
E’ Karl Marx ad attuare un’analisi completa della società moderna. Il suo studio sul capitalismo si sofferma sul processo produttivo. L’uomo delle società premoderne era abituato a portare a termine il proprio lavoro, producendo autonomamente gli oggetti da vendere. Nella società industrializzata, invece, il processo produttivo è caratterizzato dalla suddivisione dei ruoli, gli operai producono solo una parte del prodotto, non potendo mai vedere il risultato finale. Questa condizione venne definita da Marx “alienazione” uno stato in cui l’individuo perde il controllo sulla propria essenza umana. Marx identifica diversi tipi di alienazione tra cui l’alienazione dell’uomo dall’uomo o dalla società: secondo il sociologo il lavoro è l’essenza della vita stessa, privare l’individuo di questa condizione corrisponde ad ucciderlo. E’ proprio la società ad essere le causa dell’alienazione, della perdita d’identità e dello smarrimento degli individui. Lo sviluppo delle dipendenze è la dimostrazione di un disagio diffuso all’interno delle società moderne, che non può essere ricondotto alla semplice dipendenza fisica, ma ad una condizione che si sviluppa in seguito a problemi sociali radicati. Come agire quindi? L’ideatore del Rat Park nel corso della sua carriera ha affermato molte volte che il cambiamento non deve essere attuato da chi sviluppa le dipendenze, ma da chi le causa, ovvero la collettività, proprio come Marx affermava che fosse necessario dare vita alla rivoluzione proletaria per abbattere il capitalismo.
Lo sviluppo delle dipendenze
Negli ultimi anni è stato riscontrato un preoccupante aumento nell’utilizzo delle sostanze stupefacenti. La dipendenza da sostanze viene definita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come “uno stato fisico e psicofisico derivante dall’interazione con una sostanza”. E’ necessario focalizzarsi sull’aspetto psicofisico della dipendenza, ovvero la necessità incontrollabile di utilizzare la sostanza. Questo bisogno, definito “craving”, è dovuto a diversi fattori: biologici, psicologici e ambientali. Alcune sostanze, come l’Ecstasy (o MDMA), agiscono direttamente sulle sinapsi, aumentando la produzione di serotonina, la cosiddetta “molecola del buonumore”. Per trattare le dipendenze si fa ricorso a diverse terapie tra cui quella comportamentale, dove si cerca di ridimensionare la quotidianità dei pazienti aiutandoli nel processo di disintossicazione. E’ necessario, oltre che curare le dipendenze, prevenirle, ed è per questo che diverse associazioni ed enti hanno dato vita a campagne di prevenzione. In Italia, il Miur (ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno firmato il protocollo d’intesa sulla prevenzione delle droghe in età scolare. Il progetto è destinato a docenti, alunni e genitori a cui sono rivolte campagne di prevenzione. Il piano di formazione ha lo scopo di tutelare i giovani, presentando i fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare dipendenze. Nonostante questi programmi di prevenzione, si tende a ricercare le cause di questa problematica in fattori soggettivi e non ad un problema oggettivo globalmente diffuso. Bruce K.Alexander definisce questo modo di agire contro le dipendenze come “vecchia storia” nella quale si tende a vittimizzare chi sviluppa dipendenze. Per rimediare a questa situazione è necessario invece fare un passo avanti verso la “nuova storia” ovvero intervenire anche sull’attuale struttura sociale. Questa operazione dovrà essere condotta da specialisti ma anche dalle future generazioni che dovranno operare un cambiamento graduale per ovviare al crescente e sempre più radicato individualismo. In questo modo potrà integrarsi anche chi non riesce a trovare la propria identità.
Fonte
- Addiction: the view from Rat Park
Bruce K. Alexander - Karl Marx
Stanford Encyclopedia of Philosophy