Il benzopirene, o per meglio dire i benzopireni, definisce una classe di composti chimici aromatici a 5 anelli benzenici condensati che risultano essere particolarmente tossici per l’uomo. Si tratta di sostanze cancerogene e piuttosto diffuse che sono presenti anche nel fumo di sigaretta.
IN BREVE
Indice
COS’È IL BENZOPIRENE?
I benzopireni sono idrocarburi a formula bruta contratta C20H12. Sono composti da cinque anelli benzenici condensati e contenuti nel catrame di carbone fossile e in molti carboni fossili in genere. Si ritrovano come scarti di combustione di molti prodotti contenenti molecole pesanti e hanno azione cancerogena. Sono presenti nel fumo di sigaretta, nella combustione dei rifiuti indifferenziati, nello scarico dei motori diesel e di tutti i motori alimentati con combustibili pesanti. In questo senso è utile ricordare che per combustibile pesante si intende un combustibile più pesante rispetto alla comune frazione delle benzine: si tratta, quindi, di nafte, cherosene, carbone, oli combustibili. Possono formarsi anche nella combustione del legname durante il processo di carbonizzazione, durante la cottura di cibi alla griglia, poiché si produce lo stesso risultato in termini di trasformazione chimica, e quindi si tratta di una sostanza fortemente tossica. I più comuni benzopireni sono il benzo[a]pirene ed il benzo[e]pirene.
BENZO[A]PIRENE: IL PIÙ DANNOSO
Il benzo[a]pirene è un idrocarburo aromatico della classe dei benzopireni che quindi possiede formula bruta C20H12 e una struttura a cinque anelli benzenici condensati. È una sostanza fortemente tossica per l’organismo umano e in particolare risulta essere cancerogena. Si tratta di una delle prime sostanze per cui è stata riconosciuta la cancerogenicità.
Caratteristiche chimico-fisiche
Il benzo[a]pirene (BaP), fra tutti i benzopireni, è l’idrocarburo policiclico (PAH) più pericoloso. Si forma per pirosintesi durante le combustioni di sostanze solide e mentre le temperature ottimali per la formazione dei PAH oscillano generalmente fra i 660°C e i 740°C, quella ottimale per la pirosintesi del benzo[a]pirene è di 710°C. Questa temperatura la si ritrova anche nel comune fumo di sigaretta, la cui massima temperatura di combustione è fra gli 880 e i 900 °C. Questo composto, oltre a essere altamente presente nel fumo di sigaretta, di cui costituisce una delle sostanze tossiche più pericolose per la nostra salute, sembra essere presente anche nei gas di scarico dei motori diesel, nei fumi prodotti dalla combustione di biomasse ma anche nelle carni bruciate. Proprio per questo motivo è bene evitare di consumare cibi cotti alla griglia se questi vi sono stati troppo tempo e risultano “sbruciacchiati”: la stessa componente carbonizzata del cibo che tanto piace in realtà ha accumulato benzopireni e risulta avere effetti dannosi sul nostro organismo. Una delle forme ossidate, ottenute come risultato metabolico del nostro organismo, di questo benzopirene è il benzo[a]pirene-7,8-diidrodiolo-9,10-diidroossido: si tratta di una molecola che può legarsi al DNA interferendo con il suo meccanismo di replicazione e quindi risultando cancerogeno. La formazione del perossido è piuttosto complessa e si compone di una cascata di reazioni che coinvolgono il ben noto citocromo P450, nome che in realtà fa riferimento a una superfamiglia enzimatica di emoproteine che appartengono alla sottoclasse enzimatica delle ossidasi a funzione mista, enzimi quali perossidasi ed idrolasi. La struttura molecolare di questo benzopirene non può neppure essere riconosciuta dal sistema proteico di correzione dei geni della categoria Caretaker, che dovrebbe poter demolire i tratti mutati dell’acido nucleico per prevenirne mutazioni nocive. L’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito questo composto all’interno della categoria di rischio cancerogeno 1: cancerogena per l’uomo. Se consideriamo che il fumo di tabacco è il più importante fattore di rischio per il tumore polmonare, fra i vari cancerogeni individuati, il benzo[a]pirene è il principale agente cancerogeno. La cancerogenesi del BaP è potenziata in maniera sinergica dagli altri cancerogeni presenti nel fumo di tabacco, fra cui il Polonio-210. Considerandone la pericolosità, disciolto in acqua il suo limite di concentrazione è di 0,01 µg/l secondo il DL 31/2001.
La sua azione sul gene TP53
Sembra che l’inalazione di benzo[a]pirene porti a mutazioni nel gene p53, principalmente mutazioni puntiformi per sostituzione: si tratta per lo più di transversioni purina-pirimidina del tipo G-T. Il gene P53 (o TP53) codifica per l’omonima proteina, anche conosciuta come proteina tumorale 53. Si tratta di un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e costituisce un importante soppressore tumorale per le cellule del nostro organismo. La P53 è stata descritta come “il guardiano del genoma” riferendosi al suo ruolo di preservazione della stabilità attraverso la prevenzione delle mutazioni: in caso di mutazione che reca grave danno al DNA, infatti, la p53 viene attivata e induce apoptosi nella cellula mutata per prevenire il rischio di neoplasia maligna. Deve il suo nome alla sua massa molecolare: pesa infatti 53 kDa. In specifico, p53 interviene in molti e diversi meccanismi anti-tumorali, agendo essenzialmente in due modi diversi a seconda della condizione:
- Se il DNA è riparabile ne induce riparazione attivando la trascrizione dei geni codificanti per proteine riparatrici del genoma;
- Se ciò non è possibile, p53 può agire diversa sulla trascrizione a livello nucleare: una volta fosforilata, infatti, entra nel nucleo e induce la trascrizione di p21 il cui prodotto genico inibisce il ciclo cellulare bloccando il complesso cdk4-cdk6/ciclina D. Inoltre, inducendo anche la trascrizione di geni come Noxa, porta alla produzione delle proteine utili a indurre il processo apoptotico e induce morte cellulare programmata.
In realtà, p53, tende a bloccare il ciclo cellulare agendo a livello nucleare sul promotore per p21 anche se il DNA è in fase di riparazione: in questo modo evita che la cellule entri in divisione, sia essa meiotica per le cellule germinali o mitotica per quelle somatiche, limitando la diffusione della mutazione ad altre nuove cellule. Il ciclo cellulare verrà riattivato una volta riparato il DNA, quando anche la stessa p53 verrà degradata.
LA PRESENZA DI BENZOPIRENE NEL FUMO INALATO
Il benzo[a]pirene, assieme a diverse altre sostanze cancerogene di cui principalmente idrocarburi policiclici (PAH), è una delle sostanze tossiche peggiori presenti nel fumo di tabacco, se non la peggiore.
Il fumo di sigaretta
La tipologia di tabacco, il suo contenuto in termini di umidità, la permeabilità della carta della sigaretta così come frequenza e durata delle aspirate influenzano la formazione dei PAH all’interno del fumo. Oltre 150 PAH sono stati identificati nel fumo di sigaretta e questi ne costituiscono le sostanze più pericolose, quelle che costituiscono il “catrame”. Il benzo[a]pirene ha una concentrazione variabile da sigaretta a sigaretta che oscilla fra gli 8 ng/ sigaretta a 122,5 ng/sigaretta, con una media attorno ai 30 ng/sigaretta. Questo per quanto riguarda la parte di fumo attivo, direttamente aspirata dal fumatore, il cosiddetto “mainstream” in inglese. La concentrazione di BaP nel fumo passivo, che gli inglesi chiamano “sidestream”, sembra essere più alta e di circa 130 ng/sigaretta.
Il caso del narghilè
Questa sostanza non si ritrova solo nel fumo di tabacco ma anche in quello di narghilè: in questo caso, quindi, il benzo[a]pirene non verrà prodotto solo dalla combustione del tabacco ma anche da quella di tutti gli altri materiali solidi utilizzati, dal carbone ai vari edulcoloranti. La produzione maggiore di BaP, in particolare, come di CO per altro, sembra essere data dal carbone. È anche da considerare, però, che nel narghilè la temperatura delle misture di tabacco-melasse sale difficilmente sopra i 200°C. Sono stati condotti diversi studi sulla tossicità del benzo[a]pirene e dei vari PAH nel fumo di narghilè. Negli anni ’60 del 1900, Hoffmann et al, usando tumbak (tabacco puro), hanno osservato che la presenza di acqua induce una riduzione del 50% di benzopirene nel fumo aspirato. Diversi anni dopo, alcuni ricercatori arabi, sfruttando “jurak”, una mistura che comprende il 15% di foglie di tabacco e il 47% di carboidrati (principalmente glucosio), riscaldato elettricamente, hanno osservato che non fosse possibile rilevare tracce di PAH nel fumo. Ciò ha dimostrato e confermato che, come per il monossido di carbonio, l’origine principale di idrocarburi policiclici, fra cui il benzo[a]pirene, è il carbone. Questo studio è stato confermato recentemente: alcuni ricercatori hanno studiato il moassel, un misto di tabacco e melassa aromatizzata che negli ultimi anni sembra essere piuttosto di moda, e hanno osservato che nel fumo prodotto dalla combustione per riscaldamento elettrico fossero introvabili i PAH. L’esperimento si sarebbe basato sull’utilizzo di un macchinario “fumatore” capace di effettuare tiri ogni circa 17 s per un periodo anche piuttosto lungo fino a un massimo di 60 min. A questo proposito l’esperimento è stato più volte criticato poichè l’utilizzo di una macchina non rispecchia la reale attività di fumatore di un essere umano. In ogni caso, questi esperimenti sembrano aver confermato la migliore costituzione del fumo di narghilè rispetto a quello di sigaretta.
Fonte
- BENZO[a]PYRENE
NCBI - Benzopyrene and tobacco smoke
ResearchGate