Depersonalizzazione e derealizzazione fanno parte dei Disturbi Dissociativi. Se la depersonalizzazione è caratterizzata dal senso di distacco e separazione rispetto al Sé, la derealizzazione comporta un senso di alienazione e distacco dalla realtà esterna.
IN BREVE
Indice
INQUADRAMENTO CLINICO DEL DISTURBO
Il DDD, ovvero Disturbo di Depersonalizzazione e Derealizzazione è parte dei Disturbi Dissociativi, confermato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5, 2013). I Disturbi Dissociativi sono caratterizzati dalla fuga involontaria dalla realtà circostante, una fuga attuata attraverso una disconnessione tra pensieri, identità, coscienza, memoria, percezioni e comportamenti. Fanno parte dei Disturbi Dissociativi:
- Disturbo dissociativo d’identità;
- Amnesia Dissociativa;
- Disturbo da depersonalizzazione e derealizzazione;
- Altre forme di Disturbo dissociativo Specifico;
- Disturbo dissociativo Non Specifico.
Sebbene ogni disturbo sopracitato sia caratterizzato da specifici sintomi che lo differenzia dagli altri, sembra che vi sia una chiave comune: esiste una stretta correlazione tra trauma, abuso ( specialmente in età infantile) e lo sviluppo di un disturbo dissociativo, il quale si sviluppa come controllo strumentale sui ricordi traumatici e dolorosi attraverso il distacco emotivo e cognitivo da essi.
SINTOMATOLOGIA DEL DISTURBO DI DEPERSONALIZZAZIONE E DEREALIZZAZIONE
Il disturbo consiste in uno stato alterato della coscienza ( consapevolezza del Sé) che comporta un senso di distacco, di dissociazione e di separazione da se stessi, dal proprio corpo e/o dall’ambiente circostante. Il disturbo si presenta ugualmente tra uomini e donne, con età media di insorgenza durante l’adolescenza. Raramente il disturbo inizia nella fase adulta, intorno ai 40 anni. Sebbene vengano spesso inglobati in uno, esiste differenza tra depersonalizzazione e derealizzazione:
- Il disturbo di depersonalizzazione si limita al senso di distacco e separazione rispetto al proprio corpo, ai propri stati mentali ed emotivi. Comporta un’esperienza soggettiva di irrealtà, di estraneità rispetto alla propria identità. Induce sensazioni disturbanti che portano il paziente a percepirsi come uno spettattore della propria vita; molti soggetti affetti riferiscono di percepirsi come “ automi” o “robot” non in controllo di ciò che fanno o percepiscono. La depersonalizzazione è associata spesso a intorpidimento emotivo e affettivo, con una diminuzione della risposta emotiva rispetto a se stessi e a ciò che provano. Alcuni pazienti riferiscono di saper di provare emozioni ma non saperle riconoscere o descrivere. Si sentono spesso disconnessi dai loro ricordi e li ricordano vagamente. Oltre al distacco dai loro stati mentali, percepiscono un allontanamento anche dal loro corpo: spesso riferiscono una disconnessione corporea ( dal loro intero corpo o solo da parti di esso), come se vivessero un’esperienza extracorporea, come in un sogno o in un film. I soggetti affetti possono arrivare a non riconoscersi come persona davanti ad uno specchio.
- I sintomi del disturbo di derealizzazione comprendono la sensazione di sentirsi distaccati da tutto l’ambiente circostante (oggetti, persone) in quanto percepito come irreale, illusorio e distorto. I soggetti sono alienati: percepiscono la realtà esterna come distante, separata da loro da un velo o un vetro che ne impedisce la chiarezza e la visione completa. L’ambiente esterno può apparire, talvolta, irriconoscibile: le dimensioni degli oggetti sono distorte e non ben delineate. La percezione dello scorrere del tempo è confusa, può sembrare che scorra più lentamente o velocemente del normale; i suoni vengono percepiti più forti o più deboli di quanto siano in realtà. Le alterazioni percettive che avvengono fanno in modo che il soggetto non percepisca familiarità con l’ambiente circostante che può apparire vuoto, senza vita.
La domanda sorge spontanea: qual è la differenza tra il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione e disturbi psicotici? Entrambe le due categorie di disturbi sono caratterizzate per il distacco dalla realtà esterna ma, ciò che le differenzia, è il grado di consapevolezza. I pazienti affetti da depersonalizzazione/derealizzazione mantengono sempre la consapevolezza che le loro esperienze “ irreali” sono irreali, riescono ad effettuare una distinzione tra “realtà effettiva” e “realtà percepita”. I soggetti affetti da schizofrenia ( ovvero un disturbo psicotico) non sono in grado di effettuare questa distinzione: la realtà che percepiscono coincide, per loro, con la realtà effettiva.
EZIOLOGIA E DISTURBI CORRELATI
Che cosa scatena l’insorgere del disturbo da depersonalizzazione/derealizzazione? Come per gli altri disturbi dissociativi, il DDD è conseguente all’aver vissuto situazioni traumatiche/stressanti multiple e protratte nel tempo, specialmente nel periodo infantile dello sviluppo. Sottraendosi da sé stessi e dalla realtà traumatica, i soggetti-vittime possono proteggersi dall’altrimenti soverchiante dolore psicologico. Il soggetto può essere andato incontro a:
- Abusi emotivi e/o fisici;
- Trascuratezza da parte dei genitori;
- Episodi di violenza domestica, di cui è testimone;
- Situazioni di stress interpersonale, finanziario o professionale;
- La morte inaspettata di una persona cara;
- Deprivazione del sonno e stanchezza prolungata;
- Uso di droghe illecite: in particolare, cannabis, ketamina o allucinogeni.
Il disturbo da depersonalizzazione e derealizzazione può scatenare l’insorgere di altre patologie mentali, quali:
- Ansia e attacchi di panico: avvengono nel momento in cui il soggetto fa fatica a distinguere le sue percezioni dalla realtà esterna. Capita che, l’individuo, sperimentando sensazioni molto intense, entri in uno stato di confusione mentale che scatena un’improvvisa paura di impazzire. L’individuo interpreta i sintomi di irrealtà e distacco come una minaccia alla propria incolumità mentale, portando l’individuo a sperimentare forte ansia e attacchi di panico. Questi episodi, se ricorrenti, possono interferire con una normale conduzione della vita quotidiana;
- Depressione: oltre che essere una causa del DDD, il disturbo da depersonalizzazione/derealizzazione può essere una conseguenza del disturbo depressivo. In questo caso, si parla di depersonalizzazione affettiva e indica l’inaridimento dello stato emotivo del paziente depresso;
- Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC): non è raro che il protrarsi di uno stato di derealizzazione si sviluppi come nascita del DOC. Si sviluppa nel momento in cui il soggetto affetto sviluppa una preoccupazione ossessiva per i propri stati mentali, per le proprie emozioni, azioni e pensieri, portando nel tempo il soggetto a vivere in una “sfera” ossessiva che lo distanzia dalla realtà. I soggetti in preda alla derealizzazione ossessiva si sentono impacciati, rallentati: si sentono confinati in una realtà parallela dove ogni azione, pensiero o emozione è percepita come “innaturale” e “ recitata”.
La Teoria Polivagale e il sistema di difesa
L’esposizione ad un esperienza traumatica fa si che si inneschi automaticamente il sistema di difesa, un sistema primordiale il cui scopo è di proteggere il soggetto da potenziali minacce esterne con estrema rapidità e in automatismo, ovvero al di fuori della coscienza. Steven W. Porges ( scienziato universitario presso il Kinsey Institute) , nella sua Teoria Polivagale, individua nel cervello umano tre circuiti neurali corrispondenti a tre strategie di difesa, facenti parte del Sistema Nervoso Autonomo.
- Il Circuito Dorso Vagale è il primo circuito ed è il più antico a livello evoluzionistico. In condizioni di pericolo, la sua attivazione causa immobilizzazione da paura e ottundimento emotivo.
- Il secondo circuito, sviluppato successivamente, è quello del Sistema Nervoso Simpatico, il cui compito è di preparare il soggetto in pericolo per l’attacco-fuga: caratteristico è l’aumento del battito cardiaco e della respirazione, dilatazione delle pupille e preparazione degli arti superiori e inferiori. È la tipica strategia di difesa dei mammiferi.
- Il terzo circuito è tipico dei mammiferi superiori; nell’uomo è stato l’ultimo circuito a svilupparsi. Esso prende il nome di Circuito Ventro Vagale, il cui effetto è calmante: permette al soggetto in pericolo di stare fermo, rilassato, immobile ma senza paura.
L’attivazione di questi tre circuiti dipende dal grado di sicurezza-pericolo riscontrato nella situazione ed è gerarchica ( man mano, il circuito più recente tiene a bada quelli più antichi). La risposta più comune al trauma, nei mammiferi, è il freezing: esso è diverso dalla semplice attivazione del circuito dorso vagale, sebbene in entrambi vi sia immobilità. Nel freezing c’è contemporaneamente mobilitazione e immobilizzazione, ovvero sono attivati contemporaneamente il Circuito Dorso Vagale e il Sistema Nervoso Simpatico per diminuire l’attivazione fisiologica del soggetto in pericolo. Ed è proprio in questo momento che il soggetto, non essendo in grado di reggere il peso della situazione stressante e traumatica, effettua “un’operazione-salvezza”: si stacca emotivamente, percettivamente e mentalmente dall’esperienza, , entrando nello stato dissociativo. Se l’attivazione del sistema di difesa perdura oltre la necessità, questo meccanismo, da adattivo, si trasforma in una risposta disadattiva in quanto non permette il ritorno ad uno stato di normalità ed impedisce il normale funzionamento delle funzioni cognitive superiori.
Depersonalizzazione e derealizzazione nella normalità
Il senso di depersonalizzazione e derealizzazione non è esclusivo delle persone che ne soffrono a livello patologico. Esso può essere un fenomeno piuttosto comune che si manifesta transitoriamente nella popolazione generale. L’uso di droghe e il consumo di alcolici può portare a l’insorgere del fenomeno, sebbene per alcune ore e quindi temporaneamente. Anche eventi gravi, come la morte di una persona cara, un incidente o un qualsivoglia evento traumatico ( ovvero un evento che sovrasta la capacità di resistenza dell’individuo) possono comportare una risposta del soggetto che includa depersonalizzazione e derealizzazione. Lo stato di shock, per esempio, comporta un senso di confusione mentale, di estraneità, di irrealtà, di disorientamento, come se ciò che il soggetto sta sperimentando non fosse reale e fosse parte di un sogno e/o vissuto in terza persona. La reazione di distacco dalla situazione scioccante e traumatica è la risposta naturale che la mente umana mette in atto davanti a eventi stressanti, con lo scopo di salvaguardare la salute dell’individuo da un evento che altrimenti risulterebbe prevaricante.
DIAGNOSI
Quando si può parlare di disturbo e non di un fenomeno transitorio? La diagnosi di depersonalizzazione/derealizzazione è clinica e si basa sui criteri del DSM V. L’episodio di depersonalizzazione e/o derealizzazione deve essere ricorrente e duraturo e quindi con una durata fuori dal normale. In secondo luogo, il soggetto deve essere cosciente dell’irrealtà delle sue percezioni e quindi conservare un senso della realtà. I sintomi del disturbo devono causare un disagio significativo o compromettere significativamente ogni aspetto della vita del soggetto. Un altro aspetto importante è che i sintomi devono insorgere spontaneamente, non provocati da farmaci, da altri disturbi mentali o problemi fisici. I test diagnostici possono ricorrere a encefalogramma e risonanze magnetiche; inoltre, possono essere effettuate le analisi delle urine per verificare l’utilizzo di droghe. Secondo studi recenti, solo il 2% della popolazione soffre del disturbo ma Marco Sierra, direttore della Depersonalisation Research Unit presso il King’s College di Londra, la pensa diversamente. Egli crede che in realtà sia uno dei disturbi più frequenti, ma spesso non diagnosticato o diagnosticato erroneamente sotto altri disturbi (depressione, ansia). La diagnosi risulta essere così difficile proprio per la difficoltà dei soggetti affetti di spiegare i propri sintomi, i quali ricorrono a metafore o similitudini per definire come si sentono e cosa provano; inoltre, il disturbo è spesso accompagnato da sintomi fisici vari, quali vertigini, sensazioni di pressione al cranio e al torace. Di seguito, le testimonianze di un giovane paziente riportate da Sierra (2009): “Sento continuamente, in qualche misura, di ‘essere fuori’, ma è come se ormai mi fossi abituato a essere così. Ci sono dei momenti in cui mi sento molto esterno al mio corpo; guardo le persone, so chi sono ma non posso collocarmi lì. Mi ricordo eventi dal passato, ma non sempre ci rivedo ‘me’. Anche le foto in cui sono presente mi sembrano diverse.[…]Osservare le cose familiari durante un brutto episodio mi turba profondamente. Le guardo, ma semplicemente non mi sembrano reali, non mi sembrano le stesse e non mi sono più familiari, anche se dentro di me so che lo sono, vedo le cose in maniera diversa dal passato, quasi come se vedessi qualcosa di noto ma che non riconosco più. Mi sembra di guardare con gli occhi di qualcun altro. Parlo e le parole vengono semplicemente fuori; non mi sembra di avere controllo su ciò che dico, è come se si innescasse il pilota automatico, la mia voce non mi sembra ‘mia’ quando viene fuori. Qualche volta mi meraviglia come riesca ad affrontare le conversazioni pur senza sentirmi affatto presente. Posso starmene seduto a guardarmi i piedi o le mani e sentire che non mi appartengono. Mi sembra quasi come di essere morto, ma nessuno ha pensato di avvertirmi e così sono stato lasciato a vivere in un guscio che non riconosco più. Mi capita di sentire confusi i miei sentimenti, quasi come fossi vuoto dentro. Odio il fatto che non riesco più a sentire le cose come facevo in passato. È dura con la vita di tutti i giorni, perché la maggior parte del tempo la passo a cercare di capire cosa sia un sogno e cosa sia invece la vita reale, ciò che davvero è accaduto”.
TERAPIE PER IL DISTURBO DI DEPERSONALIZZAZIONE E DEREALIZZAZIONE
Per la cura della depersonalizzazione e derealizzazione vengono applicate terapie di varia natura, sebbene non tutte quante si manifestino efficaci. Un passo importante verso la cura del paziente passa attraverso la conoscenza e l’informazione: rassicurare il paziente rispetto alla sua paura di impazzire e dimostrargli che possiede il controllo della propria vita, rappresenta un inizio. Un trattamento risultato efficace in pazienti è la psicoterapia psicodinamica: risulta particolarmente efficace nelle situazioni in cui il disturbo di depersonalizzazione e derealizzazione si presenta in seguito ad un evento traumatico (abuso, violenza) e/o stressante vissuto in periodo infantile. Attraverso la comprensione delle cause del disturbo e l’accettazione che è tutto il frutto di un meccanismo di difesa, il soggetto imparerà e gestire i sintomi e ad accettare maggiormente il disturbo. Questa terapia aiuta il soggetto a elaborare le emozioni e le esperienze negative da cui sente il bisogno di “staccare”. Alcune psicoterapie utilizzate per combattere il disturbo sono:
- Tecniche cognitive e comportamentali: aiutano il soggetto a bloccare i pensieri ossessivi riguardanti le sensazioni di non percepirsi come reali; inoltre, intraprendendo attività, il soggetto si sente “distratto” dalla depersonalizzazione, aumentando il contatto con la realtà.
- Tecniche di grounding: è una tecnica volta, in primis, ad aumentare l’autoconsapevolezza e, in secondo luogo, a sviluppare un senso di “presenza”. Usando tutti i cinque sensi (per esempio, sentire la musica ad alto volume), lo scopo è di aiutare il soggetto a sentirsi più legato a sé stesso e al mondo circostante.
- La desensibilizzazione e il ricondizionamento dei movimenti oculari (EMDR): è un metodo che facilita il trattamento di patologie derivanti da eventi traumatici o stressanti. Il trattamento ha lo scopo rievocare i ricordi traumatici, far “abituare” il soggetto a tali ricordi ( desensibilizzazione) e rielaborarli attivamente attraverso il sostegno della stimolazione sensoriale ( movimento ritmico degli occhi, stimolazione uditiva).
La farmacoterapia non è presa in considerazione, in quanto non esistono farmaci in grado di agire selettivamente sui sintomi dissociativi. L’assunzione di psicofarmaci è giustificata per diminuire i sintomi ansioso-depressivi manifestati da molti pazienti affetti da depersonalizzazione e derealizzazione, con il fine di raggiungere una stabilizzazione emotiva. Gli psicofarmaci maggiormente usati sono gli ansiolitici, volti a trattare a breve termine l’insorgere dell’ansia e gli antidepressivi, usati per trattare sintomi depressivi e/o sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Chi soffre di quest’ultimo tipo di disturbo, è spesso affetto da depersonalizzazione e derealizzazione.
Fonte
- La depersonalizzazione: disturbo d’integrazione tra mente e corpo
IRPPI - Dissociative Disorders
Researchgate - Dissociation, Dissociative Disorders, and PTSD
Researchgate