Le pulci d’acqua costituiscono un genere di animali molto piccoli appartenenti all’ordine dei cladoceri e quindi al subphylum dei crostacei. Il nome ingannevole con cui sono ricordate è dovuto al tipo di nuoto saltatorio che le contraddistingue.
IN BREVE
Indice
PULCI D’ACQUA: DI CHE GENERE DI ANIMALI SI TRATTA?
Daphnia è un genere di piccoli crostacei planctonici appartenenti all’ordine dei cladoceri. Questi piccoli animali sono spesso ricordati come pulci d’acqua per il tipo di nuoto apparentemente saltatorio che li contraddistingue. Si tratta di crostacei che in genere non superano mai i 5 mm di grandezza, con dimensioni che oscillano mediamente fra 0.2 mm e 5 mm. I membri appartenenti al genere Daphnia vivono in svariati ambienti acquatici, dalle comuni pozze alle paludi ai laghi d’acqua dolce. Le due specie più comuni sono Daphnia pulex, la più comune e di piccole dimensioni, e Daphnia magna, più grande e altrettanto celebre.
CLADOCERI: UN ORDINE DI CROSTACEI DI 30 MILIONI DI ANNI
I cladoceri costituiscono un ordine di animali artropodi crostacei acquatici e particolarmente piccoli. Questo ordine comprende sia animali bentonici che planctonici caratterizzati da una grande capacità di adattamento alla vita in ambienti molto diversi per cui definite eurieci. Ne sono state riconosciute circa 650 specie ma molte di queste non sono ancora state descritte nel dettaglio a livello morfologico e fisiologico. Questi crostacei apparvero per la prima volta durante l’Oligocene, per cui fra i 34 e i 23 milioni di anni fa, e da allora si sono affermati sovrani indiscussi di tutti gli ambienti acquatici, invadendo laghi salati, paludi, sorgenti e pozze temporanee. Alcuni si sono adattati alla vita nell’oceano e costituiscono gli unici crostacei della classe Brachiopoda ad aver popolato i mari. In via generale possiamo affermare che le specie di pozza sembrano essere più resistenti a una carenza di ossigeno rispetto alle specie planctoniche. Inoltre, sappiamo che la maggior parte delle specie di cladoceri, pulci d’acqua comprese, risultano eurioniche tollerando un intervallo di valori di pH che oscilla fra 4 e 9. Per la maggior parte sono fitofagi e detritivori anche se alcune specie possono apparire predatrici carnivore.
Caratteristiche morfologiche
Morfologicamente i cladoceri sono caratterizzati da un corpo dalle dimensioni molto ridotte, fra 0.2 mm e 6 mm, un capo ruotato verso il basso rispetto alla lunghezza del corpo, occhi composti e due paia di antenne. I tratti morfologici essenziali che li contraddistinguono possono essere riassunti in:
- Habitus: comprende i tratti morfologici più grossolani ed evidenti, i primi da valutare per una prima distinzione fra le diverse famiglie di cladoceri;
- Rostro;
- Capo;
- Addome;
- Post-addome;
- Efippio.
Quasi tutte le specie sono dotate di un carapace bivalve che lascia libero il capo. La maggior parte delle specie mostrano riproduzione partenogenetica facoltativa, che quindi implica l’alternanza di fasi a riproduzione sessuata a fasi a riproduzione asessuata e la produzione di uova durature, le cosiddette resting eggs in inglese, che permettono alle specie di sopravvivere anche in habitat particolarmente ostili e a lunghi periodi di disidratazione. Le specie di cladoceri che realmente sono state identificate sono 400, per un totale di 80 generi e 11 famiglie. Alla famiglia Daphniidae appartiene il genere Daphnia delle celebri pulci d’acqua.
PARTENOGENESI: COSA IMPLICA E QUALI SPECIE RIGUARDA
La parola partenogenesi viene dal greco parthenos, vergine, e genesis, genesi o creazione. La partenogenesi è un tipo di riproduzione asessuata caratterizzata da uno sviluppo embrionale che avviene in assenza di fecondazione dell’oocita da parte del gamete maschile. In realtà, la partenogenesi può ritrovarsi anche fra i vegetali e non è quindi limitata al solo regno animale: nelle piante, la partenogenesi costituisce parte del processo di apomissia, la riproduzione asessuata tipica di alcune spermatofite. Nel regno animale, la partenogenesi è caratteristica di molti invertebrati, tra cui nematodi, alcune api, scorpioni, afidi e pulci d’acqua, ma anche di alcuni vertebrati fra cui alcuni pesci, anfibi e rettili anche piuttosto grandi. La specie Varanus komodoensis, ad esempio, meglio nota come varano di Komodo, si riproduce per via partenogenetica. Questo tipo di riproduzione, inoltre, è stata osservata, seppur molto raramente, in alcune specie di uccelli. Alcune specie si riproducono esclusivamente per via partenogenetica, come nel caso dei rotiferi bdelloidei per cui la partenogenesi è detta obbligatoria, mentre altre alternano cicli di riproduzione asessuata a cicli di riproduzione sessuata. In quest’ultimo caso la partenogenesi è detta facoltativa. Il salto dalla fase a riproduzione sessuata a quella a riproduzione asessuata può essere indotto dalla stagione, come nel caso degli afidi, ma anche da una ridotta popolazione maschile o da condizioni ambientali particolari, come accade nel caso delle pulci d’acqua. Ciò avviene perché la riproduzione asessuata, per quanto limiti la variabilità genetica, permette a un genotipo vantaggioso per la sopravvivenza della specie, e quindi allo specifico fenotipo che ne deriva, di amplificarsi molto rapidamente invadendo l’habitat circostante senza che vengano affrontati i rischi e il consumo di energie associate alla riproduzione sessuata. Nel caso delle pulci d’acqua, non appena le condizioni ambientali sono favorevoli, Daphnia riprende la produzione di uova partenogenetiche arrestando, quindi, la produzione di uova fecondate durature e portando a estinzione la popolazione maschile. Mentre le uova non fecondate sono spesso ricordate semplicemente come uova partenogenetiche, quelle fecondate vengono definite anfigoniche poiché necessitano la fusione dei due gameti per poter maturare in un nuovo organismo.
Cicli di riproduzione partenogenetica in Daphnia
Daphnia si riproduce per partenogenesi in genere in primavera e verso la fine dell’estate. Le femmine partenogenetiche diploidi generano così uova diploidi ameiotiche e subitanee. Dalla schiusa delle uova partenogenetiche originano organismi che appaiono come piccoli adulti, senza che quindi attraversino alcuna fase ninfale o larvale: questi sono femmine che risultano perfetti cloni dell’organismo materno. Dopo una serie di mute per circa 4-7 stadi intermedi di sviluppo, in circa due settimane Daphnia matura in un individuo adulto. In condizioni ambientali ideali le femmine possono riprodursi ogni circa 10 giorni e il processo riproduttivo prosegue finché le condizioni ambientali sono favorevoli. All’arrivo dell’inverno, o se le condizioni ambientali trofiche e di temperatura variano diventando svantaggiose, la riproduzione partenogenetica delle femmine cessa e vengono generati individui maschi. Ciò nonostante, la popolazione maschile resta numericamente ridotta a circa la metà di quella femminile. Inoltre, i maschi sono tendenzialmente più piccoli rispetto alle femmine. L’arresto della produzione di uova partenogenetiche si traduce, oltre che nella genesi di organismi maschili diploidi, nella produzione di uova aploidi che hanno la necessità di essere fecondate. L’accoppiamento avviene grazie a un’appendice presente sul corpo maschile che permette di fecondare le uova contenute nel corpo della femmina presso gli ovari. Le uova fecondate sono chiamate comunemente uova invernali: sono uova diploidi, ricombinanti, poiché generate a partire da processi meiotici e di fecondazione, e durature, quindi resistenti all’essiccamento. La camera incubatrice che conteneva le uova partenogenetiche, durante la fase di riproduzione sessuata, si inspessisce e diventa più scura a causa della produzione di melanine generando una tasca che proteggerà le uova anfigoniche fino alla schiusa: l’efippio. Questo tessuto sembra essere particolarmente responsivo alla fotostimolazione: un irraggiamento solare maggiore e temperature favorevoli inducono la schiusa delle uova durature e favoriscono la ripresa del ciclo partenogenetico. Mentre lo sviluppo delle uova partenogenetiche, in Daphnia, sembra dipendere dalle condizioni ambientali esterne e dallo stato fisiologico della madre, le uova anfigoniche maturano indipendentemente dalle condizioni materne.
DAPHNIA: TRATTI DISTINTIVI DELLE PULCI D’ACQUA
Le pulci d’acqua sono, in realtà, piccoli crostacei appartenenti all’ordine dei cladoceri, più in particolare al genere Daphnia, che conta circa 200 specie. Questi piccoli animali acquatici hanno dimensioni molto limitate e spesso comprese fra 0.2 mm e 5 mm. Il soprannome che viene dato agli esemplari di Daphnia deriva dal tipo di nuoto apparentemente saltatorio caratteristico di questi piccoli animali che può ricordare quello delle pulci. In qualità di cladoceri, le pulci d’acqua sono fra gli animali che hanno mostrato maggiore capacità di adattamento ai vari habitat che popolano, invadendo la maggior parte delle acque Europee, Australiane e Americane. Daphnia possiede un corpo segmentato: tuttavia, questa suddivisione non è osservabile dall’esterno e può essere individuata solamente osservandone le strutture anatomiche interne o valutando la disposizione delle appendici, due per ciasciun segmento corporeo. La pigmentazione dei tessuti è quasi, se non del tutto, inesistente, e questo permette un’analisi microscopica degli organi interni piuttosto semplificata. Gli esemplari del genere Daphnia sono spesso organismi a strategia r: ecologicamente sono caratterizzati da popolazioni che possono crescere rapidamente invadendo l’ambiente circostante grazie alla rapida riproduzione partenogenetica che non prevede alcuna necessità di fecondazione. La vita di un singolo esemplare dipende da molteplici fattori fra cui per primi la temperatura e la presenza di predatori e in genere la sopravvivenza media è di circa 6 mesi. Daphnia comprende specie di cladoceri per lo più filtratori e che preferenzialmente sembrano cibarsi di microalghe, protisti e batteri. Nonostante alcune specie di Daphnia siano riuscite a colonizzare il globo, alcune sono state dichiarate vulnerabili all’estinzione, come nel caso di D. coronata, D. nivalis e D. jollyi.
DAPHNIA PULEX
Daphnia pulex è sicuramente la specie più comune del suo genere. La sua distribuzione è cosmopolita poiché queste pulci d’acqua hanno popolato le acque di Europa, America e Australia. Nello studio del plancton, questa specie di pulci d’acqua costituì uno degli organismi modello più studiati. Si tratta del primo crostaceo per cui si propose un sequenziamento genico. D. pulex presenta un corpo che come ogni altro cladocero sembra segmentato ma i cui segmenti sono difficilmente individuabili se ne si osserva la morfologia esterna e risultano distinguibili solo osservandone le appendici. Il capo porta due paia di antenne, di cui un paio più grande e adattato all’attività del nuoto. Non sembra esserci una evidente distinzione fra torace e addome: questi contano, insieme, 5 paia di appendici e sono protetti da una struttura a conchiglia, un piccolo carapace, che posteriormente si estende a formare una spina la cui lunghezza può variare da esemplare a esemplare. Questa specie ha un’enorme importanza ecologica: la sua capacità di adattarsi ad habitat così diversi è stato ciò che ne ha permesso uno studio tanto dettagliato e attento e ciò che ha condotto alla volontà di alcuni ricercatori di sequenziarne il genoma. L’ecoresponsività di questa specie è massima: abita una vasta gamma di ambienti acquatici e sembra capace di adattare il suo metabolismo alle caratteristiche proprie della nicchia che ha occupato.
Un genoma a 31000 geni?
Il 4 febbraio 2011 è stato pubblicato un articolo su Science che spiega come il genoma di Daphnia pulex sembrerebbe il più complesso genoma per numero di geni del regno animale. Si tratta di un DNA lungo 200 megabasi per cui fu ipotizzato un totale di 30907 geni. A quanto affermarono i ricercatori, un numero così alto di geni è da spiegarsi con un alto tasso di duplicazione genica che quindi si traduce in cluster genici molto ampi e contenenti geni molto simili disposti in tandem. Per più di un terzo dei geni di Daphnia non sono stati ritrovati omologhi nelle analisi proteomiche e genomiche condotte a livello bioinformatico. È stata osservata una co-espansione dei cluster che raccolgono le diverse famiglie geniche che codificano per enzimi coinvolti in pathway metabolici comuni: proprio per questo motivo si è pensato che un alto tasso di duplicazione genica non sarebbe da considerarsi casuale. Inoltre, l’analisi dell’espressione genica in differenti condizioni ambientali ha rivelato che numerosi paraloghi sembrano variare la loro espressione in base alle specifiche condizioni ambientali: quindi la duplicazione si esplicherebbe in un adattamento migliore che permetterebbe a questi animali di abitare nicchie anche molto diverse e soprattutto di sopravvivere ad habitat ipervariabili. Si pensa, infatti, che i geni di Daphnia possano essere considerati i geni più responsivi in termini ecologici, variando rapidamente la loro espressione in base alle condizioni ambientali grazie a meccanismi molecolari finemente regolati. Nel 2017 un nuovo articolo circa il genoma di Daphnia pulex fu pubblicato: un nuovo gruppo di ricercatori si era proposto di verificare la veridicità dei risultati ottenuti nel 2011 che avevano conteggiato quasi 31000 geni per questa specie di pulci d’acqua, ipotizzando una possibile sovrastima. Gli scienziati che presero parte a questo progetto di ricerca sostenevano che comparare genomi di organismi genotipicamente vicini ma appartenenti a popolazioni differenti per la loro storia ecologica sarebbe stato utile a rilevare l’impatto effettivo che la dimensione di una popolazione ha sull’evoluzione del genoma di una specie. A questo proposito confrontarono i risultati ottenuti dal sequenziamento del genoma di D. pulex ottenuto nel 2011 con i risultati da loro ottenuti. I risultati mostrarono un’identità amminoacidica media fra i due proteomi pari a 98.8 con più del 60% di proteine ortologhe che apparentemete risultavano identiche. Questi stessi studi, però, confrontando i risultati dei due sequenziamenti, dimostrarono un’elevata sovrastima circa i risultati ottenuti dal sequenziamento del 2011, pari a circa 7000 geni in eccesso. Questa ipotesi è sostenuta da un alto valore di GC content riscontrato nel genoma di Daphnia pulex, dalla mancanza di introni e dalla lunghezza particolarmente ridotta di questi geni “in eccesso” potenzialmente falsi positivi risultati dal primo sequenziamento.
ALTRE SPECIE COMUNI
Sebbene la specie più diffusa di pulci d’acqua sia Daphnia pulex, diverse altre specie sono state studiate nel dettaglio e vengono spesso impiegate a livello sperimentale in ambito ecologico ed ecotossicologico. Fra queste ritroviamo sicuramente D. magna e D. longispina.
Daphnia magna
Daphnia magna costituisce una delle specie di pulci d’acqua più famosa. Si tratta di una specie nativa del Nord America ma che è ormai diffusa quasi in tutto il mondo e le cui dimensioni maggiori rispetto a D. pulex ne hanno permesso studi morfologici più semplici e accurati. Assieme a D. pulex costituisce un organismo modello ampiamente utilizzato negli studi ecologici e spesso protagonista di esperimenti di laboratorio e non. A questo proposito, è la specie preferita da numerosi ricercatori in ambito ecotossicologico.
Daphnia longispina
Daphnia longispina è un’altra specie di pulci d’acqua altrettanto studiata. Spesso rischia di confondersi con D. pulex a causa della morfologia simile e delle dimensioni piuttosto ridotte rispetto a D. magna. Come tutte le specie di Daphnia, è un piccolo crostaceo cladocero filtratore che si nutre di particelle organiche sospese nell’acqua che lo circonda e le cui dimensioni sono comprese fra i 2 µm e i 40 µm. Si nutre preferenzialmente di alghe verdi. Può soccombere a una condizione di parassitismo a causa di una colonizzazione da parte di epibionti come alcuni peritrichi, una sottoclasse di protozoi ciliati.
Fonte
- The Ecoresponsive Genome of Daphnia pulex
Science - A New Reference Genome Assembly for the Microcrustacean Daphnia pulex
G3 - Global diversity of cladocerans (Cladocera; Crustacea) in freshwater
ResearchGate