Vi siete mai chiesti come funziona una tecnologia laser? Il laser ha moltissime applicazioni: dal taglio di metalli allo spostamento di singole cellule. In quest’articolo vi verrà svelato cosa c’è dietro questa tecnologia e quali meccanismi fisici vengono sfruttati, parlando anche dei risvolti applicativi hi-tech.
IN BREVE
Indice
TECNOLOGIA LASER: UN PO’ DI STORIA
LASER è un acronimo che sta per “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation” e, come si intuisce dal nome, serve ad amplificare una radiazione incidente su questo dispositivo. La sua storia ha origini nel 1954 con l’invenzione da parte di C. H. Townes del MASER, che produceva fasci ottici nell’intervallo delle microonde eccitando opportunamente l’ammoniaca. La comunità scientifica allora si mise subito a lavorare per trasferire questa tecnologia dalle microonde all’intervallo delle frequenze di luce visibile. Ci riuscì T. H. Maiman nel 1960, il quale utilizzò un laser a rubino che emetteva nel rosso. Da allora ci furono notevoli sviluppi che migliorarono le efficienze e i metodi di utilizzo dei laser, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Fun facts:
- Maiman chiamò inizialmente la sua invenzione LOSER che stava “Light Oscillation by Stimulated Emission of Radiation”, formalmente più corretto. Tuttavia, il nome venne cambiato onde evitare umorismi che certo avrebbero compromesso lo sviluppo di questa rivoluzionaria tecnologia. Il nome venne modificato finalmente in LASER.
- Il laser ottenne un enorme successo, tanto che venne impiegato in numerosi esperimenti. Uno degno di nota fu quello condotto nel 1969, quando il laser sviluppato da Maiman fu proiettato verso la Luna dove venne riflesso da uno specchio posizionato durante la missione statunitense Apollo. Questo dà un’idea di quali distanze si possano coprire.
MECCANISMI FISICI SFRUTTATI NELLA TECNOLOGIA LASER
Il principio alla base della tecnologia laser è quello di indurre gli elettroni di un materiale a compiere due transizioni energetiche, consecutive e opposte: la prima consiste nel promuovere un elettrone dal suo livello energetico fondamentale (ossia dove esso sosta per la maggior parte del tempo) a un livello superiore, mentre la seconda transizione è speculare alla prima, rispedendo l’elettrone sul livello di partenza. Per capire come avvengono questi due processi, però, bisogna fare un passo indietro e mostrare un paio di concetti fondamentali. Compresi questi saprete come funziona una qualunque tecnologia laser.
Dr. Onda e Mr. Corpuscolo: la doppia faccia della luce
Già nel 1600 esistevano due teorie sulla natura della luce, una sostenuta da Huygens per la quale essa dovesse essere trattata come un’onda, e l’altra difesa da Newton che asseriva che invece la luce si comportasse come un corpuscolo. All’epoca queste due visioni erano contrapposte e a prevalere fu quella di Huygens. Tuttavia, agli inizi del 1900 alcuni fisici (Planck, Einstein, de Broglie e altri) fecero chiarezza sulla questione: la luce può essere trattata sia come una serie di onde elettromagnetiche, sia come corpuscolo, anche se in contesti differenti, proprio come il Dr. Jekyll, nel famoso romanzo di R. L. Stevenson, compare esclusivamente o sotto le sue solite sembianze o sotto quelle di Mr. Hyde. Al “corpuscolo” venne dato il nome di “fotone” e la sua caratteristica principale è l’energia che si porta con sé.
Processi alla base del lasering
Le interazioni principali che avvengono tra elettrone e fotone sono tre: l’assorbimento, l’emissione spontanea e l’emissione stimolata. Si ha assorbimento nel momento in cui l’energia del fotone viene trasferita all’elettrone e questo passa dal suo livello fondamentale a uno superiore. Qui, l’elettrone risulta instabile e quindi dopo un certo tempo più o meno breve tenderà autonomamente a ritornare nel suo stato iniziale; facendolo, rilascia un altro fotone per cosiddetta emissione spontanea, appunto perché l’elettrone ritorna allo stato a più bassa energia da solo. Tuttavia, questo non è l’unico modo per far ritornare un elettrone nello stato fondamentale: infatti è possibile inviare un secondo fotone verso l’elettrone il quale, anziché assorbirlo di nuovo, viene indotto a rilassare allo stato inferiore rilasciando il vecchio fotone e quello nuovo. Facendo un conto semplice, inviando il secondo fotone se ne ottengono due in uscita, ottenendo quindi amplificazione del (secondo) fascio in entrata. Questo effetto prende il nome di emissione stimolata.
L’assorbimento e l’emissione stimolata sono i due processi descritti sommariamente all’inizio dell’articolo che sottendono al funzionamento di una qualsiasi tecnologia laser, i quali devono avvenire in maniera tempestiva uno dopo l’altro per evitare che, dopo l’assorbimento, l’elettrone non incorra nell’emissione spontanea. Il motivo per cui la si vuole evitare a tutti i costi è che i fotoni emessi spontaneamente vengono inviati in maniera totalmente scorrelata gli uni con gli altri, cioè vanno in ogni direzione, mentre quelli emessi in maniera stimolata escono paralleli ai fotoni incidenti. Poiché i fotoni così prodotti possono andare a stimolare altri elettroni nello stato eccitato, si genera una cascata di fotoni tutti quanti paralleli tra loro. Per avere un processo di emissione laser efficiente bisogna portare tanti elettroni nello stato eccitato, in numero sufficientemente grande da avere la cosiddetta inversione di popolazione, ossia il punto in cui gli elettroni eccitati per assorbimento di fotone sono di più rispetto a quelli nello stato fondamentale. Riuscire ad ottenere questa situazione non è banale per quello che si è detto, cioè perché gli elettroni tendono spontaneamente a ricadere sul livello fondamentale. È possibile, comunque, ottenere l’inversione di popolazione attraverso vari sistemi (gli interessati possono fare una ricerca riguardo i sistemi laser a 2, 3 e 4 livelli). Quando questa condizione viene realizzata diventa più probabile che, nel momento in cui viene irradiato il secondo fotone sul sistema, questo incontri un elettrone nello stato eccitato causando emissione stimolata e quindi lasering, piuttosto che uno nello stato fondamentale causando solo assorbimento della radiazione (e quindi nessuna reazione a cascata).
Proprietà dei laser
Una delle caratteristiche più appetibili di una tecnologia laser è che viene emessa luce monocromatica, ossia di una sola frequenza; in realtà, sarebbe più corretto parlare di un ristretto intervallo di frequenze, perché non è possibile riprodurre una monocromaticità perfetta. Tuttavia, rispetto ad altre sorgenti di luce come le lampadine o i LED, l’intervallo di frequenze emesse è così stretto che l’approssimazione risulta valida. Inoltre, i fasci prodotti sono collimati, ovvero viaggiano lungo un’unica direzione per distanze molto grandi (si pensi all’esperimento di cui si è parlato prima). Questa caratteristica deriva proprio dal parallelismo dei fotoni emessi in maniera stimolata, ed è questo il motivo per cui il fascio laser non si vede lateralmente: non ci sono fotoni diretti verso l’occhio che possono essere catturati e rielaborati dal cervello. Si vede soltanto il punto illuminato sulla parete su cui si sta proiettando il fascio perché lì viene diffuso in tutte le direzioni, tra cui quelle che colpiscono l’occhio stesso. Immaginate di sparare con una pistola ad acqua su un muro: l’acqua schizzerà da ogni parte bagnando tutti coloro che staranno intorno!
I laser vengono sfruttati molto anche in virtù della coerenza dei fasci prodotti: anch’essa è conseguenza dell’emissione stimolata dei fotoni in quanto questi escono, oltre che paralleli, anche in fase tra loro. Poi c’è la brillanza, ossia la potenza di un fascio per unità di superficie (m2) e di angolo solido (sterad), che è molto elevata (valori tipici sono nell’ordine di 109 W/m2 sr). Infine, in opportune condizioni è possibile rendere il fascio laser a impulsi, quindi non continuo, in cui ciascun impulso dura pochissimi attimi. Con particolari metodi, il singolo impulso può durare anche solo pochi femtosecondi, un milionesimo di miliardesimo di secondo! Questa caratteristica è molto interessante perché permette di osservare fenomeni fisici straordinari. Per esempio, se si irradia un materiale solido con un laser a impulsi ultra-brevi si verifica che prima il laser si spegne, e solo dopo “molto” tempo il materiale inizia a riscaldarsi (il tempo considerato è rispetto ai tempi dell’impulso)!
APPLICAZIONI HI-TECH
Come già accennato all’inizio dell’articolo, la tecnologia laser è tanto efficiente da essere impiegata, tra gli innumerevoli altri processi, nella lavorazione dei metalli. Infatti, utilizzando fasci laser sufficientemente potenti si può riscaldare il reticolo che costituisce il solido fino a superare la sua temperatura di fusione. A quel punto, basta un getto di gas per soffiare via il colato per ottenere bordi abbastanza rifiniti (anche se dipende dal materiale). Un’altra applicazione molto diffusa è la metrologia, ovvero la misura delle distanze tra due oggetti: si manda un impulso laser contro l’oggetto d’interesse e si misura il tempo che esso ci impiega a ritornare. Moltiplicando banalmente la metà del tempo di andata-ritorno per la velocità della luce si otterrà la distanza. Sempre sfruttando gli impulsi ultra-brevi, è possibile monitorare ad alta risoluzione temporale fenomeni di durata cortissima fotografando istante per istante l’intero svolgimento del processo, un po’ come mandando a rallentatore un video e salvando ogni fotogramma. Certi laser possono arrivare a catturare fino a 1012 frame al secondo! Basata sulla tecnologia laser è anche la fototermolisi selettiva, tecnica utilizzata per la famosa epilazione. Anche qui si usano i laser a impulso per irradiare la melanina, la sostanza che dà colore alla pelle, la quale trasforma la luce in calore e va a danneggiare selettivamente i bulbi dai quali crescono i peli. Ancora, se un fascio laser viene focalizzato in un punto di dimensioni ridotte è possibile intrappolare una particella all’interno del fascio e spostarla dove si desidera, come se si fosse l’apprendista stregone. Questa tecnologia è chiamata optical tweezers e ha trovato applicazioni soprattutto nell’ambito biomedico: infatti, è possibile spostare le cellule dovunque si voglia solo focalizzando su di esse il fascio di luce che le blocca al centro per via della rifrazione dei fotoni.
Fonte
- Absorption, spontaneous and stimulated emission
O. Svelto, “Principles of Lasers” - Trillion frame-per-second camera
MIT News