I biomarcatori sono ormai strumenti fondamentali nell’assistenza sanitaria e nello sviluppo di prodotti medici per l’individuo e per la popolazione. Cerchiamo di capire insieme cos’è un biomarcatore e come vengono usati in clinica per aiutare il personale sanitario nella terapia dei pazienti in più punti.
IN BREVE
Indice
COSA SONO I BIOMARCATORI ?
Con il termine biomarcatori, ovvero “marcatori biologici”, ci si riferisce a un’ampia categoria di segni medici, cioè indicazioni oggettive osservate dall’esterno nel paziente, che possono essere misurate in modo accurato e riproducibile. Il biomarcatore non va confuso con il sintomo medico, che è limitato a quell’indicazione di salute o malattia percepita dai pazienti stessi. Una delle prime definizioni ufficiali di biomarcatori risale al 1998, quando un gruppo di ricercatori del National Institutes of Health ha definito un biomarker come “una caratteristica che viene oggettivamente misurata e valutata come un indicatore di normali processi biologici, processi patogeni o risposte farmacologiche a un intervento terapeutico”. Successivamente, il Programma internazionale sulla sicurezza chimica, guidato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha definito come biomarcatori “qualsiasi sostanza, struttura o processo che possono essere misurati nel corpo o nei suoi prodotti e influenzano o predicono l’incidenza di esiti o malattie”. Esempi di biomarcatori quindi includono di tutto: pressione sanguigna, temperatura e differenti sostanze chimiche rilevate da complessi test di laboratorio su sangue e altri tessuti. I segni medici hanno una lunga storia nella pratica clinica e i biomarcatori sono semplicemente i segni medici più oggettivi e quantificabili che la scienza moderna ci consente di misurare in modo riproducibile. Il problema chiave dei nuovi biomarcatori, quelli “di laboratorio”, è determinare la precisa relazione tra ogni dato biomarcatore e i relativi stadi clinici che ci indica. Oggi la ricerca spinge sull’individuazione di nuovi tipi che soddisfino essenzialmente alcuni parametri quali:
- affidabilità
- precisione
- ripetibilità
- basso costo
COME POSSONO ESSERE USATI I BIOMARCATORI?
I biomarcatori possono essere utilizzati in diversi modi a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere. Abbiamo quindi una vera e propria classificazione di biomarcatori che comprendono quelli:
- diagnostici
- di monitoraggio e farmacodinamici (o di risposta)
- predittivi
- di sicurezza
Biomarcatori diagnostici
Un biomarcatore diagnostico viene utilizzato per rilevare e/o confermare la presenza di una patologia o una condizione di interesse. A seconda della finezza del biomarcatore potrà quindi essere specifico per una patologia precisa o, se meno specifico, per un determinato tipo di patologie. Per esempio, nel rilevamento del cancro, al giorno d’oggi si sta mirando ad ottenere una classificazione molecolare e basata sull’imaging da usare come biomarcatori tumorali.
L’utilizzo ed il loro miglioramento è sicuramente correlato al tipo di patologia per cui sono stati designati. Ad esempio, nelle malattie a bassa prevalenza, come il cancro del pancreas o delle ovaie, per le quali la diagnosi è psicologicamente devastante, bisognerebbe usare un biomarcatore con un tasso di falsi positivi molto basso. In caso contrario, se si dovesse avere un falso positivo, si recherebbero non pochi danni psicologici all’individuo. Invece, nel caso di screening per l’ipertensione arteriosa, altre malattie cardiovascolari o comunque patologie comuni, sono tollerabili tassi di falsi positivi più alti e l’attenzione può essere concentrata su tassi di falsi negativi.
Biomarcatori di monitoraggio e farmacodinamici
Con biomarcatori di monitoraggio si indicano i biomarcatori utilizzati per valutare:
- lo stato di una malattia;
- una condizione medica per rilevare l’effetto di un prodotto medico;
- gli effetti causati dall’esposizione ad un agente ambientale.
In quanto il concetto di monitoraggio è abbastanza ampio, ci sono spesso sovrapposizioni con altre categorie di biomarcatore. Per esempio, quando viene trattata la pressione arteriosa o quando si utilizzano farmaci per ridurre le LDL (lipoproteine a bassa densità), si monitorano i livelli di colesterolo totale e di LDL. In altri casi, quando viene trattata l’infezione da HIV, si effettua la conta dei linfociti CD4.
Quando invece il livello di un biomarcatore cambia in risposta all’esposizione a un prodotto medico o ad un agente ambientale, può essere chiamato più precisamente biomarcatore farmacodinamico o di risposta. Questo tipo di biomarcatore è straordinariamente utile sia nella pratica clinica che nello sviluppo terapeutico precoce. Per esempio, se si sta trattando il diabete e in seguito ad una terapia non si verifica alcuna riduzione della concentrazione di glucosio nel sangue, è chiaro che bisognerà interrompere quella terapia e perseguirne un’altra.
Biomarcatori predittivi
Un biomarcatore predittivo è quel biomarcatore la cui presenza o variazione della sua concentrazione, ci indica che un individuo sia, con un certa probabilità, più o meno suscettibile ad un prodotto medico o ad un agente ambientale. Spesso quindi, questo tipo di biomarcatori sono utilizzati per capire che strategia seguire nel trattamento di una patologia. Ad esempio, i farmaci antiipertensivi sono prescritti per i pazienti con elevata pressione sanguigna e la trasfusione di sangue viene utilizzata nelle persone con anemia che mostrano bassi livelli di Hb. Questi sono esempi di biomarcatori che selezionano in modo differenziato i pazienti che probabilmente risponderanno bene ad una determinata terapia.
Biomarcatori di sicurezza
Un biomarcatore di sicurezza invece è un tipo di biomarcatore che viene misurato prima o dopo un’esposizione a un intervento medico o ad un agente ambientale per indicare la probabilità, la presenza o l’estensione di una tossicità come evento avverso. Questo tipo di biomarcatori sono molto importanti, per esempio, nel monitoraggio della tossicità epatica, renale o cardiovascolare. Sono quindi fondamentali per garantire che una determinata terapia possa essere sostenuta in modo sicuro.
IL FUTURO
Man mano che si prosegue con la ricerca si stanno compiendo numerosi passi avanti nella biologia dei sistemi e nel comprendere meglio l’eziologia delle patologie. La crescente capacità di accumulare, elaborare ed interpretare grossi set di dati sta contribuendo nell’individuare sempre più differenti tipi di biomarcatori più sensibili, precisi e che diano “un preavviso” con molto anticipo nei confronti della malattia. Inoltre, lo sviluppo di nuovi biomarcatori, favorisce la crescita non solo della diagnostica, ma anche della farmacologia clinica e della tossicologia.
Inoltre, un nuovo tipo di biomarcatore che sta prendendo piede è quello digitale. Sono dispositivi e sensori in grado di assimilare rapidamente ed in tempo reale, informazioni sull’individuo a cui sono applicati. Inoltre queste informazioni possono essere riportate su dispositivi mobili come un comune smartphone, che monitora le condizioni, avvisando il caso in cui un parametro dovesse uscire dal “range di normalità”. La tecnologia per il rilevamento dei biomarcatori oltre che la ricerca nel trovarne di migliori, si sta evolvendo sempre di più, con rosee prospettive verso una medicina personalizzata e di precisione.