Vi siete mai chiesti come si calcola la massa? Come viene definita e a cosa vengono paragonati gli oggetti per determinare la loro massa? Come funzionano le bilance? L’articolo risponderà a queste domande illustrando i principi fisici che si celano dietro questi oggetti di uso quotidiano.
IN BREVE
Indice
COS’È LA MASSA E COME SI CALCOLA
La massa è la grandezza fisica con la quale si indica la quantità di materia presente in un dato corpo (sia esso un’automobile, un tavolo o un gas) o sistema di corpi. In altre parole, la massa tiene conto di quanti atomi, molecole e/o ioni sia composto l’oggetto in questione, qualunque sia il legame chimico. Un altro modo per vedere la massa è l’inerzia che un corpo oppone, cioè la resistenza, quando esso è soggetto a una forza esterna: se il corpo è fermo e gli viene impressa una forza esterna che lo costringe a muoversi, tale corpo opporrà un’inerzia, una resistenza, proporzionale alla sua massa. Maggiore è la quantità di particelle costituenti, maggiore sarà la massa e per questo è detta grandezza estensiva, cioè appunto dipende dalle dimensioni del campione (se la dimensione è maggiore, ci saranno più particelle contribuendo a una massa maggiore).
Vecchie definizioni e standard della massa
Come è noto, la Rivoluzione francese diede vita, nel 1793, al Sistema Internazionale (SI) in cui vennero definite le unità di misura di alcune grandezze fondamentali, ossia lunghezza, tempo e anche la massa. Come unità di misura di quest’ultima venne inizialmente proposto il “grammo”, che deriva dal latino “gramma” e vuol dire “piccolo peso”, la cui definizione era legata al metro: infatti, il grammo equivaleva a 1 cm3 di acqua alla temperatura di 3.98°C, poiché a questa temperatura era stato dimostrato che l’acqua raggiunge la sua massima densità. Il metro, a sua volta, era stato precedentemente definito come la decimilionesima parte di un quarto di meridiano terrestre. Tuttavia, per scopi pratici alla vita quotidiana si optò infine per il “chilogrammo”, definito come 1 dm3 di acqua sempre alla temperatura di massima densità. Il problema con questa definizione era che, in entrambi i casi, lo standard dell’acqua si trovava alla pressione ambiente di 1 atm. Tuttavia, la pressione a sua volta contiene nella sua unità di misura la massa, essendo:
\(\)\[ p = \frac{Forza}{Area} = \frac{massa\frac{lunghezza}{tempo^2}}{lunghezza^2} \]\(\)
risultando pertanto in una definizione circolare (cioè si definiva la massa utilizzando un’altra grandezza che si basava sul concetto stesso di massa). Si uscì da questa rotatoria nel 1889 quando venne prodotto uno standard per il chilogrammo, nominato “Le grand Kilo” o semplicemente “Le grand K”: un cilindro fatto di una lega di platino e iridio, rispettivamente in concentrazioni del 90% e 10%, alto 39 mm e con uguale diametro. Fu scelta questa particolare lega in virtù delle proprietà dei due componenti, ossia elevate durezza e rigidità, quasi completamente inattaccabili dagli agenti corrosivi (in particolare l’iridio) e con un coefficiente termico nullo, quindi incapace di espandersi al variare della temperatura. Nonostante tutto, durante il periodo che andò dal momento in cui venne prodotto fino agli anni ’90 del secolo scorso, durante i quali venne ripesato, perse 50 μg, imputabili al fatto che non fossero state eseguite rigorosamente le procedure per la sua conservazione. Tale quantità può sembrare irrigua, tuttavia sfasa di molto tutti i valori di masse che si basano su Le grand K. Questo perché, anche se perde massa, continua a rimanere equivalente a 1 kg, essendo lo standard.

Nuova definizione del chilogrammo
Per evitare di incorrere in questo tipo di inconvenienti, nel 2019 il chilogrammo è stato ridefinito sulla base di alcune costanti naturali che, in quanto tali, non cambiano nel corso del tempo o delle condizioni esterne. In particolare, le costanti in questione sono: la costante di Planck (indicata solitamente con h e il cui valore è 6.62607015*10-34 Js; tale valore è stato determinato applicando la legge di Planck), la velocità della luce (indicata con c e il cui valore esatto è 299’792’458 m/s) e la frequenza alla quale oscilla la radiazione prodotta dalla transizione tra due livelli energetici di un atomo di Cesio (pari a 1/9192631770 Hz e che qui verrà indicata con il simbolo ΔνCs, dove Cs è il simbolo dell’elemento Cesio). Quest’ultima grandezza fisica la si può immaginare considerando la transizione energetica tra due stati dell’atomo di Cesio; la radiazione così prodotta ha un certo periodo di oscillazione, corrispondente alla frequenza 1/9’192’631’770 Hz (=1/s). Dunque, considerando un numero di cicli di oscillazione pari all’inverso di quella frequenza si ottiene il valore esatto di 1 s. Il kg viene ottenuto riordinando le tre costanti nel seguente modo:
\(\)\[ 1 kg = \frac{(299792458)^2}{(6.62607015*10^{-34})(9192631770)}\frac{h\Delta\nu_{Cs}}{c^2} \]\(\)
dove il valore di 1 kg è stato ottenuto combinandole opportunamente per elidere le unità del metro e del secondo e rendere unitario il valore numerico. In questo modo, in conclusione, si è potuto ottenere il valore del kg in maniera esatta e senza alcun tipo di dipendenze.
COME SI CALCOLA LA MASSA: LE BILANCE
Ma come si calcola la massa praticamente? La bilancia, dal latino “bis” (due) e “lanx” (piatto), da sempre è stata uno strumento largamente utilizzato specialmente nel commercio, tanto da rientrare finanche nei miti. Si pensi, ad esempio, alla mitologia egizia per cui l’anima del defunto, arrivata al cospetto degli dei, doveva far pesare al dio Anubi il suo cuore sulla bilancia a due piatti, mettendo nell’altro piatto una piuma: se il cuore bilanciava la piuma, allora l’anima poteva accedere al regno dei morti; qualora il cuore pesasse di più, essa veniva gettata in pasto ai coccodrilli. Ogni popolo ha sviluppato un proprio tipo di bilancia, come i Babilonesi che confrontavano le masse degli oggetti con dei campioni standard (fatti di marmo o di leghe metalliche) sulla bilancia a due piatti, determinando la massa incognita aggiungendo i pesi-campione fino a raggiungere l’equilibrio tra i due piatti; i Romani invece usavano la “stadera”, per cui la massa dell’oggetto veniva sempre confrontata con uno standard, ma stavolta non venivano aggiunti nuovi pesi per raggiungere l’equilibrio, bensì veniva variato il braccio del riferimento stesso.

Un particolare tipo di stadera era la “moneta” che, come suggerisce il nome stesso, aveva una moneta come campione standard e serviva per verificare che il denaro coniato avesse un peso corrispondente a quanto dichiarato.
Spiegazione fisica della bilancia a due piatti
Per spiegare come si calcola la massa con una bilancia a due piatti, la si può stilizzare fisicamente e ricondurla a una leva, come si può notare dalla figura.

La leva è costituita da due bracci all’estremo dei quali agiscono due forze orientate in verso opposto: la forza motrice e la forza resistente. La prima è riferita alla forza-peso Fm esercitata dalla massa incognita (in blu), mentre la seconda è data dalla forza-peso Fr del campione standard (in rosso). Nel caso particolare della bilancia, la leva è detta di primo genere perché il fulcro, ove i due bracci (rm e rr rispettivamente) fanno perno, si trova tra le due forze, ed è indifferente perché le due forze generate da entrambe le masse sono uguali. Ma quindi, come si calcola la massa con una bilancia a due bracci? Dopo aver posto l’oggetto con massa incognita nel piatto della forza motrice (a sinistra in figura) e i campioni standard in quello della forza resistente (a destra) fino a portare i due piatti alla stessa altezza, si raggiunge la condizione di equilibrio dei momenti generati dalle forze, ossia:
\(\)\[ M_m = F_m \cdot r_m = F_r \cdot r_r = M_r \]\(\)
con Mm e Mr i moduli dei due momenti (i seni degli angoli tra le forze e i relativi bracci sono stati omessi in quanto perpendicolari, facendo risultare pertanto i seni uguali a 1). Da qui, dunque, è possibile ricavare la massa incognita sapendo che Fm = mxg, dove g è pari a circa 9.81 m/s2 e mx è la massa incognita. Si noti, tuttavia, che nell’equazione le due accelerazioni si semplificano, quindi ciò che si calcola è effettivamente la massa. Questa è da non confondere, invece, con il peso che si riferisce invece alla forza e viene misurata in Newton (1 N = 1 kg*m/s2), cioè è la massa moltiplicata per l’accelerazione gravitazionale con la quale il corpo viene attratto dal pianeta. Per fare un esempio, un oggetto di massa pari a 30 kg ha un peso di circa 294.3 N sulla Terra mentre sulla Luna, avendo questa un’accelerazione gravitazionale pari a circa 1.62 m/s2, il peso sarebbe uguale a 48.6 N circa. La condizione dell’equilibrio dei momenti viene seguita anche nel caso della sopra menzionata stadera, facendo variare però il braccio rr spostando un peso fisso lungo una guida, come già accennato sopra.
Bilancia a tre bracci
Un altro metodo per calclolare la massa, che si basa sullo stesso principio di quella a due piatti ma leggermente diverso, è la bilancia a tre bracci. Come suggerisce il nome, questa bilancia è composta da un piatto sul quale viene posato l’oggetto e tre bracci fanno leva su un perno. Ogni braccio è graduato presentando delle tacche e dei numeri e su ciascuno scorre un blocchetto che serve per leggere il valore della massa. I tre bracci, però, hanno scale diverse e in particolare quello al centro riporta le centinaia di grammi (100 g), mentre i due bracci ai lati riportano rispettivamente le decine di grammi (10 g) e i decimi di grammo (0.1 g). Il braccio centrale si prolunga verso una fessura posta all’altra estremità della bilancia, sulla quale è segnato lo 0: quando questa prolunga del braccio punta sullo 0, allora la bilancia è in equilibrio (relativamente a quanto detto prima sulle leve).

Come si calcola la massa in questo caso? Anzitutto, ci si accerta che la prolunga del braccio punti sullo 0 quando il corpo incognito non è presente, e poi si deposita quest’ultimo sul piatto. A questo punto, esso eserciterà una forza motrice verso il basso e, di conseguenza, il segnalino punterà sopra lo 0. Allora si dovrà inizialmente spostare il blocchetto-segnalino della scala dei 100 g lungo la guida (cambiando la lunghezza del braccio rr in maniera del tutto analoga al meccanismo di come si calcola la massa con la stadera), cercando di riportare la stanghetta approssimativamente sullo 0. Poi, con gli altri due bracci (da 10 g e 0.1 g), si dovrà perfezionare la pesata riportando la stanghetta esattamente sullo 0.
Bilance digitali
Le bilance digitali rappresentano un ulteriore metodo relativo a come si calcola la massa. Anzi, per essere più accurati, in questo caso ciò che viene misurato effettivamente è il peso, in quanto non ci sono altre masse standard impiegate per la comparazione. Tuttavia, anche la bilancia digitale mostra la massa (infatti riporta le relative unità di misura) perché viene calibrata opportunamente. Di bilance digitali ce ne sono di vari tipi, ma sono tutte basate sullo stesso principio: ottengono la massa riconvertendola a partire dalla variazione di pressione dovuta al peso appoggiato sulla bilancia stessa. La successiva riconversione in massa viene operata grazie ai circuiti elettronici della bilancia digitale. Esistono quattro categorie di bilance: pneumatica, idraulica, capacitiva e l’estensimetro. Il funzionamento della bilancia pneumatica è basato sul passaggio di aria a una certa pressione (per esempio 1 MPa, pari a un milione di Pa) attraverso un condotto. Questo è sormontato da un diaframma in grado di flettersi e, sopra ancora, vi è il piattino della bilancia. Quando vi si pone il corpo, il piattino schiaccia il diaframma che restringe a sua volta il condotto attraverso il quale passa l’aria. Di conseguenza, la pressione aumenta (nell’esempio: da 1 a 2 MPa) e questa variazione viene misurata dal sistema e riconvertita in massa come spiegato prima. La bilancia idraulica si basa sullo stesso principio, solo che è presente un liquido (acqua od olio) al posto dell’aria e si misura sempre la variazione di pressione. La bilancia capacitiva, invece, si basa su un meccanismo diverso. Infatti, il cuore di questo tipo di strumento è un condensatore, ossia un elemento elettrico costituito da due “fogli” di metallo conduttore paralleli tra loro, chiamati in gergo tecnico “armature“. La distanza tra queste due armature è collegata alla caduta di potenziale (o differenza di potenziale) tra di esse. Appoggiando un oggetto sulla bilancia, si schiacciano queste due armature, modificando la loro distanza e di conseguenza la relativa caduta di potenziale che può essere analizzata elettricamente, ottenendo infine la riconversione in massa. Infine, l’estensimetro altro non è che un pezzo di metallo sul quale è depositato un filo (sempre metallico).

In questo caso, si sfrutta la variazione di resistenza elettrica al passaggio di corrente che attraversa il filo metallico. La resistenza elettrica è funzione del suo spessore e della sua lunghezza. Dunque, ancora una volta, si pone il corpo sulla bilancia digitale e questo causa uno schiacciamento sul sistema; ciò deforma l’estensimetro, che quindi cambia la sua geometria e, in ultima analisi, la resistenza elettrica. Da qui, attraverso i circuiti elettronici, si ricava la massa.
COME SI CALCOLA LA MASSA DI UN PIANETA
In questo paragrafo verrà spiegato come si calcola la massa della Terra. Questo problema se lo pose Henry Cavendish alla fine del ‘700. All’epoca già si sapeva cosa fosse la gravitazione secondo la nota formula:
\(\)\[ F = G\frac{mM}{R^2} \]\(\),
dove m e M sono le masse dei due corpi tra i quali viene esercitata la forza gravitazionale, R la loro distanza e G la costante di gravitazione universale. Per poter calcolare la massa della Terra, tuttavia, c’era bisogno di conoscere G, il cui valore era ignoto. Allora, Cavendish escogitò un modo per poterla ricavare, e per farlo utilizzò una particolare bilancia, detta a torsione, che consisteva in un’asta rigida sospesa tramite un filo e ai cui capi erano presenti due palline di massa m. Alla stessa quota delle palline e fissate su propri supporti, ne erano poste altre due di massa superiore M. L’esperimento consisteva nel lasciare che l’asta subisse una torsione, appunto, causata dalla gravità esercitata tra le due coppie di palline di masse m e M.

La rotazione dell’asta era causata dal momento della forza gravitazionale, ossia F moltiplicata per r (pari alla distanza tra m e il centro dell’asta stessa). Alla rotazione si opponeva la torsione del filo cui l’asta era sospesa, contribuendo con il suo momento kθ. All’equilibrio, dunque, si aveva che
\(\)\[ k\theta = G\frac{mM}{R^2} \cdot r \cdot sen(\theta) \]\(\)
con k la costante di torsione, dipendente dalle caratteristiche geometriche e fisiche del filo. Essendosi ricondotto a un’equazione le cui variabili erano tutte determinabili sperimentalmente, Cavendish riuscì a ricavare G: 6.67*10-11 Nm2/kg2. Tuttavia, essendo G costante universale, essa valeva anche per la Terra. Riprendendo l’equazione della forza di gravità, e comparandola con quella del peso sulla Terra F=mg, si ricava che:
\(\)\[ g = G\frac{M}{R^2}. \]\(\)
Assumendo, stavolta, R come il raggio della Terra (6378 km all’equatore) e conoscendo i valori dell’accelerazione gravitazionale g (9.8 m/s2) e, ovviamente, di G, è possibile ricavare la massa M della Terra che risulta, infine, pari a circa 5.98*1024 kg.