Genio e follia, esiste una relazione? Argomento da sempre studiato nella storia dell’Occidente, oggigiorno studi scientifici confermano la relazione tra certe malattie mentali e l’aumento di creatività. Andiamo insieme un po’ più nel dettaglio.
IN BREVE
Indice
GENIO E FOLLIA NELLA STORIA
Genio e follia: un binomio che ha da sempre tormentato e affascinato il pensiero occidentale da millenni. La prima formulazione in questo ambito che tenta di dare una spiegazione a tale fenomeno risale al canone aristotelico, conosciuto con il nome di Problema XXX:”Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica e politica, artistica e letteraria, hanno un temperamento malinconico, alcuni al punto di essere perfino affetti dagli stati patologici che ne derivano […]?”. È con il termine di “melanconia” che Aristotele si riferisce alle malattie mentali che al tempo affliggevano i greci e che, oggigiorno, viene classificata come disturbo dell’umore. “[…] I melanconici sono persone eccezionali, non per malattia ma per natura […]”. Risponde Aristotele, concludendo che non è la malattia a rendere quegli uomini eccezionali, ma è la loro stessa grandezza che permette loro di superare la malattia. Da questa prima formulazione, il dibattito dell’accostamento tra genio e follia diventa un punto importante che accompagna tutti i secoli a venire: se nel Medioevo la follia veniva concepita come un qualcosa di oscuro, di proibito e da condannare, durante il Rinascimento (sebbene continuasse ad essere considerata una malattia mentale), veniva considerata come una forza rivelatrice, soprattutto nelle arti e nella letteratura. Emblematico di questo periodo fu Erasmo da Rotterdam, autore del libro “ Elogio della follia”. L’autore impose enorme enfasi sull’importanza della follia per la felicità umana, considerata come colei che dona piacere e allegria. È proprio nel Rinascimento che la follia viene considerata la genialità della creazione. Ma è durante il periodo del Romanticismo che il concetto di follia si lega strettamente a quello della genialità, l’esistenza di uno implica l’esistenza dell’altra. È un periodo nel quale si rifiuta la razionalità dell’Illuminismo, per dare spazio all’irrazionalità, alle emozioni e all’interiorità del singolo individuo. Il genio-folle viene considerato come un soggetto incompreso dalla società, destinato alla sofferenza e all’isolamento proprio a causa della sua natura geniale e folle. Tra l’Ottocento e il Novecento, grazie all’avvento della psicologia e della psichiatria, iniziano i primi studi sulla correlazione tra patologia e creatività: nacque, nel Novecento, l’Art Brut, un termine coniato per indicare la produzione artistica che si sviluppa all’interno dei manicomi. Al giorno d’oggi? Lo studio della relazione tra genio e follia è in continuo sviluppo, ma cosa è effettivamente stato scoperto?
DISTURBO BIPOLARE E CREATIVITÁ
Molte persone affette da disturbo bipolare si sono dimostrate essere altamente creative. Durante la storia, molti scrittori, pittori e attori sono stati diagnosticati con questo disturbo. Ma ciò è sufficiente per determinare la correlazione? È importante sottolineare che tale correlazione non è esaustiva: non necessariamente chi è affetto da bipolarismo è creativo, tanto meno chi è creativo non è necessariamente bipolare, ma esistono molti casi in cui le due realtà vanno a pari passo. Con il termine “creatività” si intende la capacità da parte di un soggetto di pensare diversamente andando a formulare idee e concetti nuovi, che siano allo stesso tempo tanto innovativi quanto utili e fruibili. Tali caratteristiche sono state trovate in soggetti affetti da disturbo bipolare. In che cosa consiste tale disturbo? Il disturbo bipolare è una malattia mentale cronica che causa estreme oscillazioni di umore: è caratterizzato dall’alternarsi di stati depressivi e stati maniacali/ipomaniacali (stati in cui il soggetto si sente estremamente euforico, ricco di energia e persistenti stati di eccitazione); quando sono presenti sia sintomi maniacali che sintomi depressivi (quindi il soggetto non è ne completamente nello stato maniacale ne nello stato depressivo), si può parlare si “stato misto”. Esistono tre tipi di bipolarismo che differiscono in base all’intensità dei sintomi, alla loro durata e alla diversa durata e persistenza degli stati maniacali e depressivi:
- Disturbo bipolare di I tipo: è caratterizzato dalla presenza di sia episodi depressivi maggiori sia di episodi maniacali, alternati con periodi di benessere. Viene diagnosticato se compare almeno un episodio maniacale nell’arco della vita.
- Disturbo bipolare di II tipo: è caratterizzato dalla presenza, nell’arco della vita, di episodi depressivi maggiori ed episodi ipomanicali, ma mai maniacali. La differenza tra gli episodi maniacali e ipomaniacali è che nei secondi non si manifestano mai sintomi psicotici.
- Disturbo ciclotimico: caratterizzato da un’alternanza continua di periodi in cui il soggetto soffre di sintomatologia depressiva e ipomaniacale attenuata rispetto ai quadri sopra conclamati e con un minimo di intervallo di benessere.
Genio e follia: la correlazione tra disturbo bipolare e creatività
Esiste un’associazione tra disturbo bipolare (disturbo dell’umore) e creatività? Il primo studio incentrato sull’analisi della relazione tra patologia e creatività fu condotto utilizzando un campione di 15 scrittori dell’University of Iowa Writers’ Workshop comparandoli con un gruppo di controllo di 15 soggetti di medesima età, sesso e istruzione. I risultati di questo studio hanno dimostrato come il tasso di disturbo dell’umore sia estremamente alto negli scrittori: l’80% del campione è affetto da disturbo dell’umore, di cui il 30% affetto o da disturbo bipolare di I tipo o da disturbo bipolare di II tipo; inoltre, dallo studio si evince come gli scrittori mostrino un tasso di alcolismo maggiore rispetto al gruppo di controllo. Uno studio successivo, pubblicato da Ludwig nel 1994 ha esaminato la creatività negli scrittori: è stato comparato un campione di 59 scrittrici ( tutte partecipanti del National Women Writers’ Conference ) con un gruppo di controllo. I due gruppi differivano notevolmente per il tasso di disturbi, quali depressione, mania, attacchi di panico, ansia generalizzata e abuso di sostanze. I risultati dello studio confermarono come depressione ( 56%) e mania (19%) fossero relativamente più alti rispetto al gruppo di controllo. In che modo il disturbo bipolare può beneficiare la creatività? Vi sono varie teorie a riguardo. Sebbene si supponga che gli stati depressivi incrementino la possibilità di introspezione (Jamison,1993), la sensibilità e una “maggiore profondità e finezza del sentimento” (Richards, 2000-2001) e quindi apportino miglioramenti alla creatività, la conseguente diminuzione di energia, di interessi e di abilità cognitive -caratteristiche della depressione- suggeriscono che è improbabile che lo stato depressivo aumenti la creatività. Tuttavia, studiosi sostengono che sia le caratteristiche tipiche degli stati ipomaniacali/maniacali (quali aumento dell’energia e della scorrevolezza cognitiva) sia il passaggio tra stati depressivi e ipomaniacali/maniacali producono un vantaggio proficuo dal punto di vista creativo. In altri termini, se lo stato depressivo -grazie ad una maggiore introspezione e sensibilità- fornisce il materiale creativo, lo stato maniacale fornisce l’energia e la determinazione necessaria per esprimerlo.
SCHIZOFRENIA, PERSONALITÁ SCHIZOTIPICA E CREATIVITÁ: ESISTE UN POSSIBILE COLLEGAMENTO?
Studi si sono concentrati nel tentare di comprendere l’esistenza di un reale collegamento tra schizofrenia e creatività. Sebbene non sia stato trovato un collegamento diretto tra schizofrenia e occupazione lavorativa artistica, ciò che sorprese gli studiosi fu la forte correlazione tra parenti di primo grado di soggetti schizofrenici e la loro occupazione lavorativa: è emerso, infatti, che essi tendono ( in elevata misura) a perseguire professioni creative. Andando più nel dettaglio, studi dimostrano come parenti di primo grado psicologicamente sani tendano sia ad avere occupazioni molto creative, sia a mostrare livelli più elevati di tratti di personalità schizotipica rispetto alla popolazione generale. Una correlazione tanto intrigante quanto complessa! In che cosa consiste il disturbo della personalità schizotipica? È importante sottolineare una grande differenza con la schizofrenia: se la seconda è caratterizzata dalla perdita del contatto con la realtà – alterata ulteriormente da deliri e allucinazioni – la personalità schizotipica mantiene un contatto con la realtà esterna e mantiene un’organizzazione del pensiero. I soggetti schizotipici mostrano comportamenti e atteggiamenti inconsueti ed eccentrici, accompagnati da una limitata capacità di interazione sociale; possiedono convinzioni ed esperienze percettive insolite, sono inclini alle superstizioni, a credenze particolari e al “pensiero magico” (per esempio, possono credere di possedere un potere magico su altre persone). Il disturbo schizotipico può essere suddiviso in due sub-categorie:
- Disturbo schizotipico positivo: caratterizzato da esperienze percettive inusuali, da una pulsione alla non conformità con le regole sociali normalmente accettate e da credenze magiche.
- Disturbo schizotipico negativo: è caratterizzato da disorganizzazione cognitiva e anedonia sia fisica che psicologica (ciò comporta l’incapacità del soggetto di provare piacere e benessere durante le interazioni sociali o durante qualsiasi attività che per la maggior parte delle persone produce benessere). È quindi caratterizzata dal deficit di normali attività cognitive.
Ciò che è emerso dagli studi è che la sub-categoria positiva è correlata ad un maggiore estro creativo, mentre la sub-categoria negativa è negativamente correlata ad una maggiore vena creativa (questo causato dal disfuzionamento delle normali abilità cognitive). Studiosi hanno tentato di spiegare questa sorprendete correlazione dal punto di vista neuroscientifico: Takeuchi (2011) ha tentato di analizzare il funzionamento cerebrale di soggetti schizotipici durante lo svolgimento di vari esercizi di memoria. Ciò che è stato scoperto è altamente affascinante: più i partecipanti si mostravano essere creativi, più difficoltà avevano a sopprimere l’attività del precuneo durante lo svolgimento del compito di memoria. Il precuneo è la regione del lobulo parietale superiore del cervello, una regione inglobata all’interno del Default Network cerebrale ( ossia una grande rete neurale che connette più aree cerebrali tra loro distinte). Il precuneo è stato scoperto essere coinvolto in processi di memoria episodica, in aspetti della coscienza, della riflessione su se stessi e sull’elaborazione visuo-spaziale. Inoltre, sembra essere maggiormente attivo durante le ore di riposo, ovvero quando il soggetto non è impegnato e concentrato su un compito esterno. In quale misura la continua attivazione del precuneo durante lo svolgimento di un compito è correlata ad una maggiore creatività? Secondo i ricercatori, “una tale incapacità di sopprimere l’attività cognitiva del precuneo può effettivamente aiutare i soggetti creativi ad associare più idee rappresentate in reti neurali diverse”.
Genio e follia: il ruolo determinante della neuregulina-1
Fu lo psicologo Szabolcs Kéri della Semmelweis University in Ungheria a presupporre per primo che la chiave del legame tra genio e follia fosse dovuto ad una particolare proteina, chiamata neuregulina-1. Essa è un gene che viene prodotto in molte isoforme di splicing differenziale (ossia un processo che permette ad un gene di codificare per più proteine diverse) ed è proprio ciò che permette a questa proteina di essere fondamentale in un ampia gamma di processi cerebrali, tra cui lo sviluppo e il rafforzamento della comunicazione neuronale oltre che essere importante per la plasticità neurale. Ciò che è stato scoperto, è che la forma T/T di questo gene è associata ad un maggior rischio di sviluppare disturbi mentali, tra cui la schizofrenia e il disturbo bipolare. Il gene T/T in sé è correlato alla maggior probabilità di sviluppare psicosi, alla minor capacità della memoria di lavoro, ad un’aumentata sensibilità nei confronti di critiche ricevute durante interazioni personali e ad una diminuzione dell’attivazione di aree cerebrali quali corteccia frontale e temporale durante l’esecuzione di compiti. Lo studio condotto da Kéri dimostrò come effettivamente vi fosse un legame tra la neuregulina-1 e creatività: i campioni dello studio che possedevano la neuregulina-1 nella forma T/T, tendevano a ottenere punteggi più elevati nella valutazione della creatività rispetto ai soggetti che possedevano una forma diversa del medesimo gene. “Questo è il primo studio che mostra che una variazione genetica associata alla psicosi può portare a potenziali benefici. […] Questo studio suggerisce che certe variazioni genetiche, sebbene associate a vari e consistenti problemi di salute, possono sopravvivere alla selezione evolutiva e tramandarsi nel pool genetico di una popolazione, mantenendo immutabili i loro effetti positivi”. Ma la correlazione tra psicosi e genialità non è così automatica e diretta. “Non sappiamo ancora esattamente come la neuregulina-1 agisca”, riferisce Kéri. “Le persone risultate più creative non manifestavano i classici sintomi della schizofrenia” conclude. Ciò porta a ipotizzare che vi siano altri fattori il cui intervento determina se la mutazione genetica porta allo sviluppo di una maggiore creatività o allo sviluppo della psicosi. Kéri risponde a questa ipotesi sottolineando come l’intelligenza possa essere uno di questi fattori: infatti, le persone con alto quoziente intellettivo hanno una maggior capacità di controllare la loro psicosi. Insomma, una mutazione genetica non è la sola garanzia di un maggior estro creativo, ma l’unione di più fattori di varia natura in concomitanza. Molto è già stato scoperto, ma altrettanta strada è ancora da percorrere nel tentativo di comprendere al meglio il legame tra genio e follia.
Fonte
- Creativity and schizophrenia spectrum disorders across the arts and sciences
NCBI - Genes for Psychosis and Creativity: A Promoter Polymorphism of the Neuregulin 1 Gene Is Related to Creativity in People With High Intellectual Achievement
Psychological Science - Creativity and bipolar disorder: Touched by fire or burning with questions?
NCBI