La vasopressina è un ormone e neurotrasmettitore peptidico noto anche come ormone antidiuretico (ADH), adiuretina o arginin-vasopressina (AVP). Questa molecola è nota per la sua importanza nella regolazione dell’osmolarità del plasma e della volemia. Studi recenti hanno dimostrato che si tratta di un ormone fondamentale nella gestione delle relazioni sociali.
IN BREVE
Indice
VASOPRESSINA: UN NEUROORMONE IPOTALAMICO
La vasopressina è un neuroormone amminoacidico noto anche come ormone antidiuretico, dall’inglese anti-diuretic hormon (ADH), adiuretina o arginin–vasopressina (AVP). Si tratta di una molecola a duplice funzione, ormonale e di neurotrasmettitore. I più importanti e meglio studiati fattori fisiologici regolati dalla vasopressina sono certamente l’osmolarità del plasma e la volemia. La maggior parte della vasopressina presente nel sistema servoso sentrale (SNC) viene sintetizzata dai nuclei paraventricolare e supraottico dell’ipotalamo, dal quale viene trasportata per via assonale alla neuroipofisi e quindi immessa nel circolo sanguigno. In realtà, la vasopressina è stata trovata anche in altre popolazioni neuronali del SNC come neurotrasmettitore e/o neuromodulatore. In particolare, nei neuroni del nucleo della stria terminalis, potrebbe svolgere un ruolo nei fenomeni di apprendimento e memoria. Svolge, inoltre, un ruolo importante nel controllo della temperatura corporea.
Regolazione della secrezione di vasopressina
La vasopressina viene secreta in risposta a diversi stimoli fisiologici.
In caso di disidratazione, lo stimolo più efficace nell’indurre la secrezione dell’ormone. La vasopressina determina il recupero di fluidi attraverso la formazione di urine più concentrate. Determina anche un aumento della pressione arteriosa avendo anche attività di vasocostrittore. Sostanzialmente, la vasopressina regola l’osmolarità del plasma favorendo una ritenzione idrica renale utile al mantenimento dell’acqua necessaria all’organismo, incrementando l’osmolarità dell’urina e ripristinando quella plasmatica. Volendo fare un esempio semplice, se beviamo tanta acqua c’è meno ritenzione idrica poiché si riduce l’osmolarità e viene, quindi, soppressa la produzione di vasopressina. È quasi come se acqua e ADH stessero in un equilibrio omeostatico regolato tramite feedback negativo per cercare di mantenere costante la quantità totale di liquidi corporei e l’osmolarità. Lo stimolo che induce il rilascio di ADH, in caso di disidratazione, è costituito dall’aumento di osmolarità del fluido che bagna i neuroni osmocettivi ipotalamici paraventricolari e supraottici: il gradiente osmotico permette l’uscita dell’acqua dalla cellula al fluido extracellulare e viene così indotta la produzione di vasopressina. Gli osmocettori ipotalamici rispondono a variazioni minime, di circa 1-2%, dell’osmolarità plasmatica. Il meccanismo di correzione tramite la sete è, invece, molto meno sensibile. Anche ipovolemia e ipotensione regolano la produzione di vasopressina ma la loro sensibilità è minore: serve un 5-10% di variazione di volume ematico, pressione arteriosa o gittata cardiaca perché sia indotta la produzione di vasopressina. La vasopressina non è l’unico ormone che regola i fenomeni di concentrazione e diluizione delle urine: altri ormoni coinvolti sono l’aldosterone e i peptidi natriuretici come il peptide natriuretico atriale.
In caso di contrazione del volume plasmatico, che come accennato in precedenza costituisce un meccanismo meno sensibile rispetto alla risposta in seguito ad aumenti dell’osmolarità plasmatica. La vasopressina viene prodotta in seguito a stimolazione dei barocettori presenti nelle carotidi e nelle altre arterie e dei volocettori a livello dell’atrio destro. Le emorragie inducono la liberazione di vasopressina attraverso questo meccanismo. I recettori della vasopressina localizzati presso i vasi sanguigni, infatti, sono tenuti costantemente inibiti, attraverso un meccanismo detto inibizione tonica, dalla corretta pressione. In caso di ipovolemia e ipotensione, l’inibizione si perde e i recettori inviano un segnale all’ipotalamo per il rilascio di vasopressina. È ormai appurato che l’ipovolemia stimola anche il sistema renina-angiotensina, e l’angiotensina a sua volta stimola la sete e la produzione di ADH. In caso di ipovolemia viene, inoltre, inibita la produzione e secrezione del peptide natriuretico atriale (ANP), che viene, invece, prodotto in risposta ad aumento di pressione ematica inibendo la produzione di ADH.
Altri fattori della regolazione della secrezione di ADH sono:
- Aumenti della concentrazione plasmatica di colecistochinina attraverso modalità non ancora chiarite;
- L’alcol etilico, che riduce la secrezione di vasopressina. La conseguente riduzione del riassorbimento di acqua dal filtrato glomerulare contribuisce all’aumento della diuresi che si osserva in seguito ad ingestione di alcool;
- L’angiotensina II, che può stimolare la secrezione di vasopressina.
Dolore, stress emotivi, nausea e vomito possono indurre la secrezione di ADH; alcuni ormoni tiroidei possono inibirla.
Patologie correlate a variazioni nella concentrazione di vasopressina
Una diminuzione del rilascio di vasopressina o una diminuita sensibilità dei reni all’ormone determina diabete insipido, una condizione caratterizzata da ipersodiemia (aumento del sodio nel sangue), poliuria (aumentata produzione di urina) e conseguente sete. Aumentati livelli di vasopressina, invece, configurano la sindrome da inappropriata produzione di ormone antidiuretico (SIADH). Si possono riscontrare in patologie neurologiche e in caso di microcitoma polmonare, un tumore che può secernere sostanze ad attività ormonale tra cui l’ormone antidiuretico. Alcuni medicamenti preoperatori, come oppiacei, ossitocina e antiemetici, determinano un’aumentata secrezione di vasopressina che può causare una moderata iposodiemia limitata ad alcuni giorni.
RENI E SISTEMA CIRCOLATORIO
La vasopressina si lega essenzialmente a due tipi di recettori, indicati come V1 e V2, entrambi legati a proteine G. Mentre il recettore V1 è legato a una proteina Gq a funzione inibitoria e sfrutta la fosfolipasi C, il recettore V2 è legato a una proteina Gs a funzione stimolatoria sfruttando l’adenilato ciclasi. I recettori V1 sono abbondanti nelle cellule muscolari lisce dei vasi mediando vasocostrizione mentre i V2 mediano principalmente il riassorbimento di acqua presso i reni e sono abbondanti nelle cellule epiteliali dei nefroni, le unità funzionali e strutturali dei reni, distali.
Presso i reni, la vasopressina agisce a livello del dotto collettore promuovendo l’inserimento delle acquaporine a livello della membrana apicale delle cellule epiteliali tubulari. Queste proteine canale permettono il riassorbimento dell’acqua. Vengono così escrete urine ridotte in volume e concentrate fino a 1200 mMol/l. Viceversa, per una diminuzione di osmolarità del plasma, si potranno produrre urine più diluite. A livello renale, quindi, il legame della vasopressina ai recettori V2 stimola una proteina Gs che attiva l’adenilato ciclasi, la quale determina la produzione di cAMP e quindi l’attivazione di una protein chinasi A (PKA), una chinasi dipendente da AMP ciclico. Questo meccanismo incrementa l’esocitosi di vescicole contenenti acquaporina e inibisce l’endocitosi delle stesse, producendo un incremento di canali acquaporinici (Aq2) e la loro inserzione nella membrana apicale. Questo favorisce un aumento della permeabilità all’acqua a livello del dotto collettore.
Aumentando le resistenze periferiche, la vasopressina determina un innalzamento della pressione arteriosa. Questo tipo di regolazione è blanda nell’individuo sano; acquista maggiore importanza nei casi di shock ipovolemico dovuto, ad esempio, ad emorragie dove la vasopressina secreta si rivela un efficiente meccanismo di compensazione. A livello vasale, il legame della vasopressina ai suoi recettori V1 stimola, mediante una proteina Gq, una fosfolipasi C, che a sua volta induce la formazione di inositolo 3-fosfato e la mobilizzazione intracellulare di ioni calcio Ca2+. Una differente cascata fosforilativa si attua attraverso il diacilglicerolo (DAG) e una protein chinasi C (PKC), proteine serina-treonina chinasi attivate dal diacilglicerolo. Si ottengono ancora una volta meccanismi, per lo più di fosforilazione, a cascata. Gli effetti riguardano la muscolatura liscia vascolare, principalmente per vasocostrizione, il rilascio di ACTH dalle ghiandole surrenali e l’aggregazione piastrinica.
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
La vasopressina prodotta e rilasciata nel sistema nervoso centrale sembra essere implicata nei meccanismi di formazione della memoria a lungo e breve termine e nei riflessi polisinaptici. I meccanismi alla base di queste funzioni non sono stati ancora chiariti e anche il reale ruolo della vasopressina in questo ambito è ancora controverso. La vasopressina è rilasciata nel cervello con ritmo circadiano dai neuroni del nucleo suprachiasmatico dell’ipotalamo. Le evidenze sperimentali indicano che la distribuzione e la concentrazione all’interno delle varie regioni del sistema nervoso centrale della vasopressina e dei suoi recettori presenta differenze tra le varie specie animali e risulta correlata con differenti comportamenti sociali specie specifici. Ad esempio, i recettori per la vasopressina sembrano distribuiti in maniera differente nelle specie animali monogame e promiscue. Oggi, infatti, la vasopressina è studiata per molti altri aspetti oltre a quelli che riguardano la regolazione di volemia e osmolarità plasmatica. Viene considerata un neuroormone fondamentale per le relazioni sociali, in particolare quelle di coppia. Sembra, infatti, che la variabilità nel gene che codifica per i recettori della vasopressina sia associata al legame di coppia nell’uomo. Il legame di coppia è un fattore cruciale per lo sviluppo evolutivo del cervello sociale. Il neuropeptide cerebrale vasopressina sembra esercitare un’influenza significativa sul comportamento di pair bonding nelle arvicole, ad esempio: vi è una forte associazione tra una sequenza polimorfica nel gene per il recettore V1 e la tendenza al comportamento sessuale monogamo nei maschi di questa specie.
ANALOGHI DELLA VASOPRESSINA E INIBITORI DEI RECETTORI
La desmopressina è un analogo sintetico della vasopressina ed è dotata di una lunga durata d’azione. Viene utilizzata nei casi di ridotta secrezione di vasopressina, per il controllo del sanguinamento in alcune forme della malattia di Von Willebrand, e nei casi di incontinenza infantile resistenti ad altri approcci terapeutici. La terlipressina e altre molecole correlate con analoga attività farmacologica vengono utilizzate come vasocostrittori nel trattamento delle varici esofagee sin dal 1970. L’infusione di vasopressina, inoltre, è stata utilizzata come trattamento di seconda scelta nello shock settico non rispondente ad alte dosi di noradrenalina o dopamina. È stato, inoltre, dimostrato che la sua efficacia nell’arresto cardiaco asistolico è maggiore dell’adrenalina. Fra i principali inibitori dei recettori della vasopressina abbiamo, invece, la demeclociclina, un antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline che può essere utilizzata per bloccare l’azione della vasopressina sui reni nei casi di iposodiemia nella sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico quando non si ottengono risultati con la restrizione di liquidi.
VASOPRESSINA E OSSITOCINA
L’ossitocina, come la vasopressina, è un ormone e neurotrasmettitore peptidico a peso molecolare simile a quello dell’ormone antidiuretico, di circa 1000 Da. Mentre la vasopressina è fondamentale per la regolazione della volemia e dell’osmolarità del plasma, l’ossitocina regola l’eiezione del latte dalle ghiandole mammarie e la stimolazione delle contrazioni uterine. A questo proposito è utile sottolineare che sebbene l’ossitocina regoli l’eiezione del latte, attraverso un meccanismo a feedback positivo, non ne induce la produzione, che invece è regolata dalla prolattina. Si tratta di ormoni estremamente simili per modalità di secrezione, sintesi, accumulo, peso molecolare e geni che li codificano, proprio per questo inizialmente furono riconosciuti come unico ormone. Oggi prove scientifiche ne hanno dimostrato una probabile origine comune. Entrambi questi due ormoni sono sintetizzati nei nuclei paraventricolare e supraottico dell’ipotalamo.
L’ossitocina sembra avere un ruolo importante nel riconoscimento sociale e nell’instaurazione di legami sociali in molti mammiferi, uomo compreso. Studi sui topi hanno dimostrato che alterazioni nella concentrazione dell’ossitocina alterano comportamenti tipici di questi mammiferi fra cui il nest building e il pup retrieval. Nelle pecore è stato dimostrato che in caso di carenza di ossitocina la madre non riesce più a riconoscere il piccolo. Buone concentrazioni di questo ormone, inoltre, sembrano legate al mantenimento della coppia. Gli esperimenti che si sono svolti sui topi e che hanno dimostrato lo stretto legame fra ossitocina e vasopressina hanno sfruttato una condizione di knock out, di disattivazione, per i recettori dell’ossitocina. I topi così definiti knock out facevano molta più fatica ad adattarsi ai cambiamenti ambientali e risultavano più aggressivi, inoltre si mostravano sensibili alle convulsioni. La somministrazione di vasopressina e ossitocina, però, sembrava limitare queste alterazioni comportamentali. Questi studi hanno mostrato che l’ossitocina somministrata poteva legarsi ai recettori della vasopressina.
Fonte
- The Vasopressin System
ResearchGate - Vasopressin
Kidney International - Oxytocin and Vasopressin: Social Neuropeptides
ResearchGate