La malaria costituisce un problema mondiale a livello sanitario ed è la principale causa di mortalità in numerose nazioni. Oltre ad Africa, Asia e Sud America, questa parassitosi interessa anche paesi industrializzati e in questo articolo cercheremo di spiegarvi meglio di cosa si tratta e se, effettivamente, si è riusciti a trovare una cura efficace.
IN BREVE
Indice
CHE COS’È LA MALARIA?
Secondo alcuni studi, la malaria infetterebbe l’umanità da oltre 50 mila anni. Addirittura, già ai tempi di Ippocrate ci fu la prima descrizione del quadro clinico di questa malattia e fu proprio lui stesso a descrivere la malaria come la tipica “febbre intermittente”. Il termine “malaria”, tra l’altro, deriva proprio da “mal aria”, termine utilizzato nel Settecento per descrivere questa particolare febbre acuta, spesso mortale. Ma che cos’è questa malaria? La malaria è una parassitosi, ovvero una malattia provocata da parassiti protozoi appartenenti al genere Plasmodium. Plasmodium comprende diverse specie, ovviamente, ma la più pericolosa è la specie chiamata Plasmodium falciparium che registra il più alto tasso di mortalità nei soggetti colpiti. Ad oggi, infatti, la malaria è la parassitosi più diffusa rispetto ad altre e i territori colpiti, oltre ad essere quello africano, sudamericano e asiatico, sono anche quelli industrializzati in quanto gli spostamenti di persone che viaggiano per lavoro, o per altro, in paesi fortemente colpiti, possono contrarlo e contribuire a diffonderlo. Già nel 1970, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiarò l’Italia come nazione fuori pericolo da contagi importanti di malaria. Ad oggi, ormai, si verificano solo casi sporadici sempre dovuti a viaggiatori che vanno e vengono da zone dette endemiche, ovvero quando una malattia è costantemente presente in un determinato territorio. Sono stati istituiti diversi indici in grado di valutare la diffusione della malaria nei territori, come per esempio:
- Indice splenico: numero di bambini che presentano determinati sintomi;
- Indice parassitario: rapporto fra quantità di specie del singolo parassita e numero totale di casi;
- Indice sporozoitico: numero di zanzare presenti potenzialmente pericolose;
- Densità parassitaria: numero medio di protozoi infetti nei sangue;
- Tasso di inoculazione entomologica: misura la quantità di punture medie;
- Human Blood Index (HBI): indica quante zanzare, in una determinata regione, posseggono sangue umano.
CHI È IL RESPONSABILE?
Il responsabile di questa malattia, come anticipato poco sopra, è Plasmodium, ovvero un genere di protisti che producono spore (sporozoi). Quattro specie di questo genere sono la causa della malaria nell’uomo, mentre altre infettano uccelli, roditori e rettili. Le quattro specie, riguardanti l’uomo, sono:
- Plasmodium malariae;
- Plasmodium falciparium;
- Plasmodium vivax;
- Plasmodium ovale.
Il phylum di cui stiamo parlando è quello degli Apicomplexa che racchiude specie parassite. Il corpo cellulare è delimitato da tre membrane di cui quella esterna è quella cellulare mentre le altre due fanno parte di un sistema alveolare piatto. È presente un complesso apicale (da cui prende il nome il phylum), ovvero la struttura degli stadi infettivi che permette la penetrazione meccanica e chimica dello stadio infettivo nelle cellule ospiti. Come fanno ad infettare? L’azione di penetrazione di questo complesso apicale prevede l’attività di granuli citoplasmatici che scaricano il contenuto in un vacuolo parasitoforo. Il ciclo biologico degli apicomplessi comporta l’alternarsi di tre fasi: sporogonia, schizogonia e gamogonia. La fase sporogonica si compie a carico degli zigoti che contengono sporocisti, per poi passare alla formazione di sporozoiti (stadi infettivi) che penetrano nell’ospiti trasformandosi così in trofozoiti. Quest’ultimi si differenzieranno in schizonti che genereranno i merozoiti i quali invaderanno nuove cellule ospiti, ripetendo più cicli schizogonici moltiplicativi. Sì, sono tanti nomi e sembra un meccanismo complicato ma nel paragrafo riguardante il ciclo vitale della malaria vi sarà più chiaro e cristallino. L’ordine è Haemosporida e, come si intuisce dal nome, gli emosporidi vivono a spese dei globuli rossi di rettili, uccelli e mammiferi e la loro trasmissione avviene attraverso un dittero ematofago che può essere Anopheles, Aedes e Culex che abbiamo già incontrato quando vi abbiamo parlato del virus del Nilo occidentale. Ma ci sono anche altre possibili vie di trasmissione, come per esempio:
- Somministrazione di sangue infetto tramite trasfusioni o altre dinamiche;
- Trasmissione transplacentare, durante la gravidanza, dalla madre al figlio;
- La cosiddetta “malaria da aeroporto”, ovvero quando zanzare infette che provengono da paesi epidemici possono infettare persone che provengono da altri paesi.
IL CICLO VITALE DELLA MALARIA
Per cercare di comprendere al meglio il ciclo vitale di Plasmodium, partiremo dagli sporozoiti. Gli sporozoiti passano dal lume delle ghiandole salivari della zanzara Anopheles la quale, nel momento in cui punge l’uomo per riempirsi di sangue, infetterà il suo sangue. Questa puntura, quindi, servirà al passaggio, inverso, dei merozoiti dal sangue di un uomo infetto all’intestino della zanzara. Nell’uomo, gli sporozoiti iniziano la loro fase schizogonica a spese delle cellule del fegato; i merozoiti prodotti entrano negli eritrociti dove l’emoglobina diventa il loro nutrimento essenziale. Ogni merozoite genera, in media, una ventina di merozoiti per eritrocita, i quali fuoriescono causandone così la rottura. Questa fase schizogonica negli eritrociti si ripete più e più volte ed è in coincidenza della liberazione sincrona dei merozoiti nel sangue. Cosa causa questo? Febbre ricorrente. Dopo che si sono compiute alcune fasi schizogoniche eritrocitarie, una parte dei merozoiti acquisisce la potenzialità di differenziarsi in gamonti. La cosa importante è che questo differenziamento può andare a termine solo, e solo se, questi potenziali gamonti giungono nell’intestino della zanzara, ma è la diminuzione di temperatura corporea che c’è tra l’uomo e la zanzara che lo condiziona. Ogni microgamonte genera otto microgameti filiformi flagellati, mentre un macrogamete è prodotto da ciascun macrogamonte. Questi macrogameti fecondati diventano zigoti mobili, capaci di penetrare tra le cellule epiteliali della parete intestinale della zanzara e annidarsi contro la membrana intestinale esterna. Qui, gli oocineti compiono la loro fase sporogonica, ingrossandosi in oocisti. Ognuna di queste è in grado di produrre centinaia di sporozoiti. In seguito, alla rottura della parete dell’oocisti, questi sporozoiti si liberano nell’emocele della zanzara, attraversano le pareti delle ghiandole salivari e, giunti nel lume, sono pronti ad essere inoculati in un nuovo ospite.
ANEMIA E MALARIA: CHE RELAZIONE C’È?
Già nel 1944, alcuni scienziati individuarono una forte correlazione tra l’anemia falciforme, chiamata anche anemia mediterranea, e l’impatto della malaria. Procedendo per gradi, ricordiamo che l’anemia falciforme è una malattia genetica ereditaria del sangue. Il termine “falciforme” va ad indicare proprio la forma dei globuli rossi i quali diventano rigidi, viscosi e facilmente aggregabili. Questa diversa conformazione strutturale impedisce il corretto movimento dei globuli rossi nei vasi sanguigni, rallentando o bloccando il flusso del sangue. Come ben sappiamo, la forma dei globuli rossi è simile a quella di due piatti sovrapposti che garantisce loro elasticità, mentre in soggetti affetti da anemia falciforme vi è un gene mutato, sul cromosoma 11, che compromette la giusta conformazione. Nell’anemia falciforme, i globuli rossi contengono un tipo anomalo di emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno, nota come emoglobina S. Come vi stavamo anticipando poco prima, vi è una forte correlazione tra malaria e anemia falciforme, soprattutto perché proprio quest’ultima sembrerebbe garantire una sorta di protezione vera e propria dalla malattia. Com’è possibile tutto ciò? In che modo l’anemia falciforme ostacolerebbe la famosa parassitosi? La risposta sembra risiedere proprio nella caratteristica peculiare di questa malattia genetica: la forma dei globuli rossi. Le modificazioni strutturali dell’emoglobina di soggetti affetti da anemia falciforme impediscono lo sfruttamento delle risorse cellulari da parte di Plasmodium falciparum.
Su Nature, è stato pubblicato un articolo in cui sia l’Università di Heidelberg, in Germania, che il Centro di ricerca biomedica di Ouagadougou, in Burkina Faso, hanno utilizzato tecniche di microscopia elettronica che hanno consentito loro di confrontare globuli rossi normali sani e globuli rossi normali infettati da P. falciparum, con cellule portatrici delle mutazioni genetiche “S” e “C”. Queste due mutazioni genetiche comportano la sostituzione di un amminoacido che tende ad aggregarsi anormalmente all’interno della cellula. In soggetti con due copie della mutazione “S”, l’emoglobina precipita, dando al globulo rosso la caratteristica forma a falce. Nelle cellule infette, è stato dimostrato che il Plasmodium sottrae i filamenti di actina, che si aggregano nella parete interna della membrana, al fine di costruire un vero e proprio ponte intracellulare utilizzato per trasportare una proteina prodotta dal protista: l’adesina. L’adesina rende i globuli rossi adesivi, favorendo aggregazioni e causando infiammazioni microvascolari che sono caratteristiche della malaria. Quando, però, vengono analizzati i globuli rossi affetti da anemia falciforme, questo discorso non succede. Lo sfruttamento di questi filamenti di actina viene, quindi, compromesso. Diversi esperimenti hanno portato all’ipotesi che, nel caso in cui vi è una mutazione genetica, la ferriemoglobina, prodotta dalla reazione dell’emoglobina con l’ossigeno, rende vani gli sforzi del protista di riorganizzare l’actina nella cellula ospite, impedendo così alle proteine di actina di polimerizzare per poter formare lunghi filamenti. Le modificazioni dell’emoglobina, caratteristiche di soggetti affetti da anemia falciforme, quindi, impediscono al Plasmodium falciparum di sfruttare le risorse cellulari per trasportare le proprie proteine. Altro dato interessante riguarda quello della ferroportina, proteina del sangue in grado di regolare i livelli del ferro nei globuli rossi. Secondo uno studio pubblicato su Science, quando è presente la mutazione Q248H nella proteina, tipica delle popolazioni africane, questa è in grado di proteggere il soggetto portatore dalla malaria.
QUALI SONO I SINTOMI?
I sintomi, diversi in base alla specie di plasmodio, compaiono generalmente dopo 7, 15 o anche più giorni dal momento in cui la zanzara infetta punge il soggetto. I sintomi possono essere di varia natura ma solitamente consistono in febbre, spesso molto alta, mal di testa, vomito, diarrea, sudorazioni e brividi scuotenti. La malaria causa oscillazioni termiche improvvise che, oltre a determinare una febbre molto alta, causano irrigidimento corporeo. Può addirittura progredire così velocemente da causare la morte del soggetto anche dopo qualche ora dal momento iniziale dell’infezione. Tra i sintomi più ricorrenti, quindi, abbiamo:
- Febbre;
- Tachicardia accompagnata da momenti deliranti;
- Aumento del volume del fegato;
- Epatosplenomegalia, ovvero l’aumento del fegato e della milza.
Tra gli organi coinvolti, invece, abbiamo la milza che funge da vero e proprio contenitore di parassiti, e i reni di cui si assiste un’insufficienza importante.
Gli stadi della malattia
Il periodo che va dal momento dell’infezione e la comparsa dei trofozoiti nei globuli rossi viene chiamato “periodo prepatente”, mentre il tempo che va dall’infezione alla comparsa dei sintomi viene definitio “periodo d’incubazione”. Poi vi è la “fase invasiva” che corrisponde alla rottura dello schizonte con contemporanea liberazione dei merozoiti che vanno ad attaccare altri eritrociti, e che comporta febbre intermittente, brividi, sudorazione accentuata, cefalea, artralgia (dolore articolare), mialgia (dolore localizzato su più muscoli), herpes labiale, diarrea, vomito, dolore addominale. La “fase tardiva” corrisponde al momento in cui i cicli vitali dei vari ceppi presenti sono sincronizzati tra loro. La “recrudescenza”, invece, è la ricaduta provocata da un trattamento poco adeguato e che localizza ancora delle forme di Plasmodium nei globuli rossi.
ESISTE UNA CURA?
Nei trattamenti utilizzati per l’infezione da P. falciparium Il farmaco ritenuto più efficace è l’artemisinina, in combinazione con altri antimalarici come:
- Clorochina, per la malaria causata da Plasmodium falciparum, malariae, vivax e ovale;
- Chinina, per la malaria causata da Plasmodium falciparum resistente alla clorochina.
Ad oggi, il miglior trattamento disponibile in circolazione, in particolare per la malaria da P. falciparum, è rappresentato dalla terapia combinata a base di derivati dell’artemisinina (ACT). Ma c’è un problema da non sottovalutare: la resistenza ai farmaci. La resistenza ai farmaci è un problema non poco importante in quanto rappresenta un forte ostacolo. Inizialmente, questo fenomeno si diffuse verso la fine degli anni ‘50 con la resistenza alla clorochina. Dal 2008, iniziò anche la resistenza ai derivati dell’artemisinina che si diffuse in tutto il Sud-est asiatico. Il problema reale che preoccupa la comunità scientifica internazionale è proprio la resistenza ai farmaci poiché, ovviamente, renderebbe vani tutti gli sforzi compiuti in questi anni. Ricordiamo inoltre che il problema si allargherebbe sempre di più se questo fenomeno della resistenza ai farmaci si estendesse anche in Africa. Un altro problema è quello rappresentato da un altro tipo di resistenza: quella agli insetticidi. Come si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre 68 paesi nel mondo hanno segnalato resistenza a una o più classi di insetticidi comunemente impiegati per le zanzariere da letto e per le abitazioni. Per questo, l’Oms ha sottolineato la necessità di sviluppare efficaci strategie contro la resistenza agli insetticidi.
In un articolo precedente, invece, vi abbiamo parlato del forte impatto che la tecnologia CRISPR ha avuto nel mondo delle biotecnologie. Vi avevamo parlato anche del suo possibile impiego nel settore dei gene drive, questi acceleratori di diffusione dei geni che si stanno sperimentando proprio in relazione alla malaria. Questi potrebbero essere molto utili sulle zanzare che fungono da vettori per malattie come la malaria. Ripetiamo che ancora oggi non esiste un vaccino veramente efficace per contrastare la malaria e proprio per questo i ricercatori, tramite CRISPR, stanno eseguendo diversi esperimenti per poter rendere le zanzare resistenti al Plasmodium malariae, oppure facendo nascere solo maschi incapaci di pungere e, di conseguenza, incapaci di trasmettere la malattia.
Come prevenire?
Com’è possibile prevenire la malaria? Esistono diverse modalità come per esempio la chemioprofilassi suggerita principalmente per i viaggiatori provenienti o diretti verso aree endemiche. La scelta dei farmaci varia a seconda del Paese visitato, dal tipo di viaggio intrapreso e, ovviamente, dal tempo di permanenza. Per quanto riguarda il discorso dei vaccini, in molti su Google digitano “malaria vaccino”, ma come abbiamo anticipato poco sopra non esiste un vaccino completamente efficace. Ultimamente è stato messo a punto l’RTS,S/AS01, il primo vaccino contro la malaria. Questo vaccino ha mostrato una parziale protezione contro la malaria da P. falciparum nei bambini. In diversi studi clinici è stato dimostrato che tra i bambini di 5-17 mesi che hanno ricevuto 4 dosi, il vaccino è riuscito a prevenire circa 4 casi su 10 totali di malaria per un periodo circoscritto di 4 anni. Ma proprio per questa protezione parziale, questo vaccino necessita di essere affiancato da altri metodi di lotta contro la malaria ma non sostituirli. Ad aprile 2019, è partito un programma di vaccinazione per l’introduzione graduale del vaccino RTS,S/AS01 nel programma vaccinale di routine di 3 Paesi dell’Africa: Malawi, Ghana e Kenya. Questo studio pilota, che prevede di vaccinare fino a 360.000 bambini per anno nei tre Paesi, affronterà diversi aspetti come valutare l’efficacia del vaccino in contesti reali, stabilire il modo migliore per fornire le quattro dosi richieste, la sicurezza e il ruolo potenziale del vaccino in relazione alle morti infantili.
Fonte
- Malaria
Clinics in Laboratory Medicine - Plasmodium Genomics and Genetics: New Insights into Malaria Pathogenesis, Drug Resistance, Epidemiology, and Evolution
Clinical Microbiology Review - Diversità animale
R. Argano