In questi giorni, stanno uscendo diverse notizie sulla lattoferrina in relazione al COVID-19. In diversi articoli, si ritiene che la lattoferrina, una glicoproteina, sia un vero e proprio antagonista del virus, in grado di contrastarlo. Stiamo parlando di una possibile cura? Qual è la verità? Cerchiamo di fare il punto della situazione.
IN BREVE
Indice
COS’È LA LATTOFERRINA?
Nell’ultimo periodo si sta parlando di una glicoproteina molto particolare: la lattoferrina. Questa proteina globulare ha funzione battericida, e fungicida, e presenta un’azione antimicrobica non indifferente. L’azione antimicrobica, o attività, viene misurata determinando la concentrazione minima della sostanza d’interesse necessaria a inibire la crescita di un microorganismo. La lattoferrina appartiene alla famiglia delle cosiddette transferrine e possiede due siti di legame per lo ione ferrico. Si trova soprattutto nel latte materno ed è in grado di proteggere i neonati da diversi tipi di infezioni. L’attività antimicrobica di cui parlavamo prima è proprio correlata allo ione ferrico e, nelle secrezioni mucose, questa accoppiata, tra lo ione e la lattoferrina, regola l’attività e la capacità aggregativa di batteri e virus verso le membrane cellulari. Perché succede questo? Perché quando alcuni batteri utilizzano il ferro per riuscire a replicarsi, la lattoferrina lo sottrae dall’ambiente circostante impedendo, così, la proliferazione batterica. Ovviamente, esistono batteri che riescono a competere per il ferro anche in presenza di lattoferrina, come per esempio il famosissimo Escherichia coli che grazie a dei chelanti (composti chimici sequestranti che prendono il nome dalle chele del granchio) del ferro riesce a procurarselo tranquillamente. All’interno dell’organismo umano, il gene che codifica per la lattoferrina, nell’uomo, si trova sul cromosoma 3 e la lattoferrina si trova nei granulociti neutrofili, un tipo di globuli bianchi appartenenti al gruppo dei granulociti che hanno funzione di difesa contro infezioni batteriche e fungine. Oltre a questo, la lattoferrina ha un’attività battericida ferro-indipendente in rado di causare la morte di un batterio per citolisi: attacca e lisa la membrana batterica attraverso i propri domini cationici che sono affini alla membrana batterica che è carica negativamente, ed insieme all’enzima lisozima è in grado di spezzare i legami β1-4 glicosidici del peptidoglicano.
Qual è la struttura molecolare?
Attraverso la cristallografia a raggi X è stato possibile visualizzare la struttura molecolare della lattoferrina. La sua struttura si basa su una catena polipeptidica che contiene circa 700 amminoacidi e presenta due domini globulari omologhi che vengono chiamati lobi N e C. Ogni lobo è costituito da due sottodomini denominati, rispettivamente N1, N2 e C1, C2, e contiene un sito di legame del ferro e un sito di glicosilazione. Il grado di glicosilazione della proteina può essere diverso e questo fattore può far variare il peso stesso della molecola della lattoferrina, che generalmente varia tra 76 e 80 kDa. La lattoferrina, inoltre, esiste in due forme: ololattoferrina, ricca di ferro, e apolattoferrina, priva di ferro. La molecola di lattoferrina può legare in maniera reversibile due ioni di ferro, zinco, rame o altri metalli. I siti di legame sono localizzati in ciascuno dei due globuli proteici. Proprio lì, ogni ione è legato con sei ligandi: quattro dalla catena e due da ioni carbonato o bicarbonato. L’affinità della lattoferrina con il ferro è circa 300 volte superiore a quella della transferrina e questo facilita il trasferimento del ferro dalla transferrina alla lattoferrina durante le infiammazioni, quando il pH dei tessuti diminuisce a causa dell’accumulo di lattici e altri acidi.
L’AZIONE CONTRO I VIRUS
Diversi studi hanno dimostrato che la lattoferrina è in grado di agire su una vasta gamma di virus umani e animali basati sui genomi di DNA e di RNA come i virus herpes simplex 1 e 2, citomegalovirus, HIV, virus dell’epatite C, hantavirus, rotavirus, poliovirus di tipo 1, virus respiratorio sinciziale, virus della leucemia murina e virus Mayaro. Molti virus tendono a legarsi alle lipoproteine delle membrane cellulari e quindi a penetrare nella cellula, e il meccanismo più studiato dell’attività antivirale della lattoferrina è proprio la sua diversione delle particelle virali dalle cellule bersaglio. La lattoferrina si lega alle stesse lipoproteine respingendo così le particelle virali. L’apolattoferrina, di cui vi abbiamo parlato poco prima, è più efficiente in questa funzione rispetto all’ololattoferrina, ricca invece di ferro. La lattoferricina, responsabile delle proprietà antimicrobiche della lattoferrina, invece, non mostra quasi alcuna attività antivirale. Oltre a interagire con la membrana cellulare, la lattoferrina si lega anche direttamente alle particelle virali, come i virus dell’epatite, per esempio. Meccanismo è confermato anche dall’attività antivirale della lattoferrina contro i rotavirus, i quali agiscono su diversi tipi di cellule. La lattoferrina, addirittura, sopprime la replicazione del virus dopo che il virus è entrato nella cellula. Questo effetto antivirale indiretto viene raggiunto colpendo cellule natural killer, granulociti e macrofagi, ovvero cellule, che svolgono un ruolo cruciale nelle prime fasi delle infezioni virali, come la sindrome respiratoria acuta grave (SARS).
PUÒ ESSERE UNA CURA PER IL COVID-19?
In questi giorni, su diverse testate giornalistiche italiane, si è parlato molto della lattoferrina in relazione al Coronavirus. In particolare, in molti stanno parlando di cure miracolose ed è scattata subito la corsa agli acquisti per questa fantomatica pozione magica in grado di debellare il virus. Tutto è partito da una ricerca pubblicata dall’Università di Tor Vergata di Roma, sulla rivista Journal of Molecular Sciences, nel quale veniva annunciato una probabile risposta al COVID-19 della lattoferrina. Nell’articolo di presentazione pubblicato sul sito dell’università si legge che “Le proprietà antivirali ed antinfiammatorie della lattoferrina, intuisce e sostiene la Prof.ssa Elena Campione, Associato della UOSD di Dermatologia del Policlinico Tor Vergata, la candidano come molecola ideale per trattare i pazienti Covid19 positivi. Nel mese di aprile, quindi, è stato successivamente proposto insieme ai Proff. Luca Bianchi, Ordinario e Direttore della UOSD di Dermatologia e Massimo Andreoni, Ordinario di Malattie Infettive del PTV, uno studio clinico per i pazienti Covid19 paucisintomatici ed asintomatici per valutare l’efficacia e la sicurezza di una formulazione liposomiale innovativa di lattoferrina, somministrata per uso orale e intranasale. Questo trial clinico, sostiene il team di Tor Vergata, è stato il primo approvato, sull’utilizzo della lattoferrina nei pazienti Covid positivi a livello nazionale ed internazionale. I risultati ottenuti nei pazienti hanno dimostrato, per la prima volta l’efficacia della lattoferrina nel favorire, senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 positivi sintomatici e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento. Anche dagli esami ematici abbiamo osservato risultati notevoli che saranno presto pubblicati”. Il polverone che si è alzato su quest’argomento punta il dito principalmente al marketing. Sembrerebbe, infatti, che la lattoferrina abbia scatenato un boom commerciale senza precedenti in cui le aziende produttrici di integratori, contenenti lattoferrina, siano riuscite a gonfiarsi le tasche. Roberto Burioni, in merito, ha affermato che “non esiste alcuna evidenza clinica”. Affermazione corretta poiché sull’uomo non è stato ancora dimostrato nulla all’effettivo, ma evidenze scientifiche ci sono e nei paragrafi successivi abbiamo riportato alcuni studi effettuati su cellule e sull’azione preventiva, non curativa, della lattoferrina.
La lattoferrina e i nutraceutici
La patogenesi di COVID-19 è molto complessa e comporta una soppressione della risposta immunitaria innata e antivirale del soggetto colpito, l’induzione di stress ossidativo seguita da iperinfiammazione (chiamata anche “tempesta di citochine”), che causa un danno polmonare acuto, la fibrosi tissutale e la polmonite. Attualmente, diversi vaccini e farmaci sono in fase di valutazione per la loro efficacia, sicurezza e per la determinazione delle dosi per COVID-19 e ciò richiede molto tempo per la loro convalida, anche se al momento il vaccino più promettente sembra essere quello delle aziende farmaceutiche Pfizer e BioNTech che presenta un’efficacia del 90%. Ultimamente, però, sono usciti diversi studi riguardanti i nutraceutici, ovvero prodotti isolati da alimenti da cui vengono estratti. Diversi nutraceutici, infatti, hanno dimostrato di possedere capacità antivirali, antiossidanti, antinfiammatorie e anche un ruolo nel potenziamento del sistema immunitario. Tra questi nutraceutici ci sono lo zinco, la vitamina D, la vitamina C, la curcumina, la cinnamaldeide, i probiotici, il selenio, la quercetina e la famigerata lattoferrina. Nella giusta combinazione, sotto forma di integratore alimentare, questi nutraceutici aiutano a rafforzare il sistema immunitario, prevenire il diffondersi dei virus, interrompere la progressione della malattia evitando lo stadio grave e sopprimere l’iperinfiammazione fornendo supporto sia profilattico che terapeutico contro il COVID-19. La lattoferrina è stata studiata contro un’ampia gamma di virus, incluso SARS-CoV, strettamente correlato a SARS-CoV-2. La lattoferrina, come descritto in un paper, pubblicato il 7 ottobre 2020 su Frontiers in Immunology, inibisce l’ingresso del virus tramite legami con molecole cellulari di superficie cellulare o particelle virali o entrambi. Questa procedura era già nota quando si fecero studi correlati al virus dell’HIV. Pertanto, questa glicoproteina sembra svolgere un ruolo cruciale nel prevenire l’ingresso e la replicazione del virus. Sempre in quell’articolo, è stato dimostrato un ruolo immunomodulatorio e antiossidante che induce l’attivazione dei linfociti T. La lattoferrina satura di zinco, invece, esercita un effetto antivirale ancora più potente.
Lattoferrina ed eparina
Su Plos One, in un articolo del 2011 viene descritto il ruolo della lattoferrina e la sua partecipazione alla risposta immunitaria contro l’infezione del coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV), migliorando l’attività delle cellule NK e stimolando l’aggregazione e l’adesione dei neutrofili. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato il ruolo della lattoferrina durante l’ingresso dello pseudovirus SARS nelle cellule HEK293E/ACE2-Myc. I risultati rivelano che la lattoferrina inibisce l’infezione da pseudovirus SARS in maniera dose-dipendente. La lattoferrina, poi, sembrerebbe bloccare il legame della proteina spike alle cellule ospiti a 4 ° C, indicando una funzione inibitoria nella fase di attacco virale. Tuttavia, però. La lattoferrina LF non ha interrotto l’interazione della proteina spike con l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), il recettore funzionale della SARS-CoV. Sempre in questo studio è stato anche dimostrato che il trattamento delle cellule con eparinasi o eparina esogena che ha impedito il legame della proteina spike alle cellule ospiti e ha inibito l’infezione da pseudovirus SARS, dimostrando che gli HSPG (eparan solfato) forniscono i siti di legame per l’invasione di SARS-CoV nella fase iniziale di attacco. La lattoferrina può svolgere un ruolo protettivo nella difesa dell’ospite contro l’infezione da SARS-CoV legandosi agli HSPG e bloccando l’interazione preliminare tra SARS-CoV e le cellule ospiti. Gli HSPG sono macromolecole complesse costituite da catene polisaccaridiche di eparan solfato (HS) non ramificate, composte da subunità disaccaridiche ripetute di acido esuronico ed esosamina, legate in modo covalente alla proteina centrale attraverso legami glicosidici. Il legame tra lattoferrina e HSPG impedisce il primo contatto tra virus e cellule ospiti e quindi previene la successiva infezione. L’eparina è stata utilizzata per potersi accertare dell’interazione tra lattoferrina e HSPG, dato che l’eparina interferisce con il legame tra lattoferrina e cellule bersaglio. Durante l’infezione da SARS-CoV, viene attivata una risposta immunitaria dell’ospite contro il virus. Nello studio viene segnalato che molti geni coinvolti nella risposta immunitaria innata, come quelli che codificano per la lattoferrina, S100A9 e Lipocalin 2, partecipano alla clearance della SARS-CoV. Tra questi geni sovraregolati, l’espressione della lattoferrina veniva aumentata di circa 150 volte nei pazienti con SARS rispetto ai controlli sani. Si è dimostrato che la lattoferrina, quindi, ha esercitato la sua funzione nel processo di infezione da SARS-CoV migliorando l’attività delle cellule NK e stimolando l’aggregazione e l’adesione dei neutrofili. Tuttavia, nell’articolo viene scritto chiaramente che la bioattività della lattoferrina non è stata completamente compresa.
La lattoferrina e la replicazione del SARS-CoV-2
In uno studio di settembre 2020, pubblicato su bioRxiv (specifichiamo che questo articolo è in preprint che deve ancora essere revisionato), viene dimostrato come la lattoferrina blocca la replicazione di SARS-CoV-2 in diverse fasi del ciclo virale. Uno dei risultati più promettenti che i ricercatori sono riusciti a identificare, tramite screening, è stato che la lattoferrina ha un’attività antivirale dose-dipendente attraverso una serie di MOI (molteplicità media di infezione). La lattoferrina blocca l’infezione da SARS-CoV-2 tramite l’inibizione dell’ingresso e ha anche una significativa attività antivirale se aggiunta 1 o 24 ore post infezione, suggerendo un’efficacia definita multimodale. La lattoferrina è stata proposta per migliorare le risposte innate dell’interferone per limitare la replicazione virale all’interno delle cellule ospiti. È stato notato, inoltre, un forte effetto antivirale da parte sia dell’ololattoferrina che dell’apolattoferrina (sia umana che bovina).
Fonte
- Inhibition of SARS Pseudovirus Cell Entry by Lactoferrin Binding to Heparan Sulfate Proteoglycans
Plos One - Immune-Boosting, Antioxidant and Anti-inflammatory Food Supplements Targeting Pathogenesis of COVID-19
Frontiers in Immunology - Morphological Cell Profiling of SARS-CoV-2 Infection Identifies Drug Repurposing Candidates for COVID-19
bioRxiv