Quando si acquista un farmaco spesso non si è consapevoli del lavoro che sta alle sue spalle: dietro ogni formulazione c’è una storia lunga anche decenni fatta di studi sulle necessità cliniche e le risposte che le molecole possono offrire. La ideazione di un farmaco si inserisce nel più ampio concetto di sperimentazione medica. L’iter riguardante il farmaco non si esaurisce con la sua commercializzazione: esiste un meccanismo di vigilanza, la cui azione è certamente giustificata per la tutela della salute pubblica.
IN BREVE
Indice
COSA SONO GLI STUDI CLINICI?
Lo sviluppo del farmaco, di un dispositivo medico, o della ideazione di una nuova procedura medico-diagnostica, ha origine dalla necessità sentita di diversi esperti e personale competente in ambito medico, farmaceutico e biologico di poter avere una risposta a ciò che viene definito in gergo clinical need. La prima domanda che deve porsi una azienda farmaceutica, o colui che sviluppa farmaci, è se risponde alla necessità clinica e come può dimostrare l’efficacia del nuovo farmaco. Infatti, non basta solo ideare la molecola, ma in ambito medico-scientifico si è deciso di introdurre uno sviluppo prospettico, sistematico e pianificato di test della nostra molecola, che dura circa 10-15 anni. Questo lungo processo di test della molecola è dato dalla sperimentazione preclinica e clinica (tra cui i cosiddetti clinical trial). Gli obiettivi sono: migliorare la qualità di vita, oppure creare un farmaco che piaccia al paziente. Ma ci siamo mai domandati perché è stato necessario avere una fase di sperimentazione preclinica e clinica? Questo percorso è di fondamentale importanza per comprendere gli effetti collaterali di un farmaco, così da non avere spiacevoli sorprese dopo la messa in commercio dello stesso. Infatti, moltissimi farmaci, benché superino in modo ottimo i test preclinici, nei test clinici vengono spesso bloccati, in quanto rivelano manifestazioni cliniche tali per cui risulta impossibile metterli in commercio.
Nascita della sperimentazione medica
La sperimentazione medica nasce nel 1747 quando il medico scozzese James Lind, scoprì la cura per lo scorbuto. L’epidemia iniziò a manifestarsi a seguito di un lungo viaggio di circumnavigazione in cui molti avventurieri persero la vita. La causa dell’insorgenza dello scorbuto era ignota ma il Dottor Lind, attraverso una attenta osservazione sperimentale data dalla divisioni di dodici marinai in sei gruppi, provò l’importanza dell’assunzione della vitamina C al fine di prevenire lo scorbuto. Poco più tardi, Edward Jenner nel 1796 scoprì la cura per il vaiolo: non si tratta altro che della creazione del primo vaccino per la cura di una malattia. Il primordiale vaccino del vaiolo è stato ideato dalla inoculazione del virus alla popolazione, così da poter prevenire il propagarsi dell’infezione. Questi sono solo alcuni degli scienziati e medici che hanno dato il loro contributo nel miglioramento e nella conoscenza della sperimentazione medica, così come la conosciamo. Ma vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta e come viene realizzata oggi.
COME NASCE E SI SVILUPPA UN FARMACO
Una gran fetta degli investimenti (circa il 25%) pone al centro la ricerca per la produzione farmaceutica in ambito neurologico, più nello specifico per tutte quelle patologie che riguardano il sistema nervoso centrale; altri settori in cui vengono spese enormi energie sono quelli che riguardano l’oncologia, il sistema respiratorio e il sistema cardiovascolare. Lo sviluppo di un farmaco parte dalla scelta del bersaglio farmacologico per cui si vuole sviluppare una determinata cura. Si può partire da un composto ex-novo oppure da una molecola preesistente a cui si vuole attribuire un nuovo target farmacologico. Se partiamo da un farmaco ex-novo, purtroppo è molto più complicato perché non si ha a disposizione una molecola, una copia, su cui poter basare gli studi. Grazie alla chimica combinatoriale si creano una miriade di molecole che abbiano all’interno della loro struttura dei gruppi chimici in grado di legarsi a quel bersaglio e si forma una library di principi attivi dalla quale il chimico farmaceutico, ovvero colui che sceglierà il prototipo migliore, a cui far seguire il processo sperimentale. La sperimentazione si divide in due grandi branche: la sperimentazione pre-clinica e la sperimentazione clinica.
Trial pre-clinici
Un trial pre-clinico pone al centro la sintesi del prototipo scelto sperimentandolo in vitro attraverso la creazione di modelli cellulari (con le colture cellulari) e attraverso l’uso di test su animali (per saggiarne la tossicità e per studiare l’efficacia inducendo la malattia nell’animale). Durante questa fase in vitro, è importante avere una dimostrazione di un buon legame principio attivo-bersaglio nella cellula così da poterlo poi testare sull’animale per saggiarne la tossicità. Successivamente, se possibile viene indotta la malattia nell’animale così da poter avere dal punto di vista clinico un modello quanto più simile all’uomo da poter curare per poi andare a valutare l’efficacia del nuovo possibile farmaco. Uno degli studi più importanti nell’animale è quello della teratogenicità (studio a lungo termine della fase pre-clinica): la capacità di indurre malformazioni nel feto, per cui la somministrazione di quel principio attivo in gravidanza dà malformazioni nel feto. Questo è di fondamentale importanza soprattutto per gli eventi avvenuti tra gli anni ’50 e ’60 con la Talidomide. Questo farmaco ha generato, in quegl’anni, circa 10000 bambini di 42 paesi diversi con malformazioni degli arti (conosciuta come focomelia), provocando così delle invalidità permanenti. Ad oggi, queste invalidità in Italia sono riconosciute attraverso l’erogazione, da parte del Ministero della Salute, di una indennità alle vittime di questo triste capitolo della storia della medicina e della farmacologia. Questo farmaco non è più in commercio a seguito del suo ritiro dalla messa in commercio da parte della FDA e dall’EMA (rispettivamente ente Americano ed Europeo che si occupano della messa in commercio dei farmaci e della farmacovigilanza). Alla fine dei trial pre-clinici, si va a comprendere se per la molecola prescelta sono necessarie delle modifiche delle proprietà chimico-fisiche, oppure se sono in grado di procedere negli step successivi di trial clinici. Non sempre quelle molecole che hanno migliore affinità sono quelle da usare! Spesso, prodotti molto attivi in vitro si rivelano poi inattivi in vivo. Questo lo si ha, soprattutto, per i cosiddetti profarmaci: classe di farmaci che vengono somministrati al paziente e che non sono subito attivi, ovvero non danno un effetto farmacologico immediato, ma lo sviluppano una volta giunti nel sito per cui sono stati studiati. Un esempio di profarmaco è la levodopa, usata nel Parkinson dove vi è una carenza di dopamina. La dopamina è una molecola molto grande che non riesce a oltrepassare la barriera ematoencefalica, per cui si fornisce un suo precursore che è la levodopa che attraversa la barriera ematoencefalica, arriva nelle terminazioni dopaminergiche dove è presente l’enzima fisiologico che trasforma la levodopa in dopamina. La sperimentazione pre-clinica ha una durata media di 2-3 anni in cui si continuano a testare altre molecole affini allo stesso target e si continuano a isolare prototipi.
Studio clinico
Una volta completati i trial pre-clinici si inizia con la sperimentazione clinica. I trial clinici possiamo definirli come una forma di esperimento pianificato su pazienti, programmato per valutare il trattamento più appropriato di futuri pazienti con una determinata condizione patologica. Ogni volontario che partecipa a ciascuna fase di studio deve obbligatoriamente firmare un modulo di consenso informato, in cui vengono descritti possibili effetti collaterali e a grandi linee viene descritto lo scopo dello studio. I clinical trials si dividono in diverse fasi che, solitamente, corrispondono a un diverso numero di partecipanti agli studi. Possiamo suddividere i trials clinici in quattro fasi:
Sperimentazione di fase I: effettuata su volontari sani al fine di verificare la tollerabilità del principio attivo senza dover capire se non funziona per colpa della patologia; si vogliono più dati iniziali del principio attivo sull’uomo e si vuole avere un’idea del dosaggio. Si usano meno di 100 individui. Il tempo necessario a completare questa fase è di circa 1-2 anni. Se si hanno farmaci ad alta tossicità in quel caso vengono già usati sui pazienti. Infatti, se si sa già che è molto tossico non si può rischiare la vita di persone sane (paragone con paracadute).
Sperimentazione di fase II: effettuata su 100-200 pazienti che presentano la malattia. Il tempo necessario a completare questa fase è di circa 1-2 anni. Si studiano l’efficacia e la tollerabilità sui pazienti (potrebbe essere diversa) e si individua il rapporto dose-effetto. Spesso viene divisa in due ulteriori sotto-fasi: IIA (numero limitato di pazienti) e IIB (numero di pazienti ampliato; in doppio cieco e sotto controllo di placebo).
Sperimentazione di fase III: effettuata su 1000-3000 pazienti. È l’ampliamento della fase 2 in cui si aumenta significativamente la statistica dei risultati ottenuti portando il numero di pazienti nell’ordine delle migliaia. 3-4 anni. Può essere divisa in due fasi temporali differenti: IIIA (finisce con successo e si registra il farmaco all’AIFA) e IIIB (nell’attesa di approvazione industrie farmaceutiche continuano a valutare efficacia del farmaco in modo tale che se il farmaco viene contestato si abbiano già dati aggiuntivi da portare come controprova).
Statistica e affidabilità dei clinical trial
Per garantire la bontà dei risultati si usa il placebo, ovvero una formulazione (pastiglia, iniezione, sciroppo, polvere) del tutto simile a quella del possibile nuovo farmaco oppure è possibile utilizzare il farmaco più simile come proprietà (ad esempio, se sto studiando un nuovo anti-ipertensivo, si va a selezionare tra i farmaci in commercio il farmaco anti-ipertensivo che sarà il competitor del nuovo farmaco, così da dimostrare che la nuova molecola è migliore in termini di efficacia ed effetti collaterali). Infatti, gli individui selezionati vengono suddivisi in due o più gruppi: un gruppo riceve il farmaco, l’altro gruppo riceve o un farmaco già in commercio o un placebo (sostanza inerte ma formulata nello stesso modo). I pazienti non sanno cosa stanno assumendo, in modo del tutto casuale fanno parte di un certo gruppo piuttosto che di un altro così che se si riscontrano effetti positivi questi sono attribuibili solo al farmaco. Questo avviene al fine di evitare quelli che comunemente in terminologia statistica vengono definiti bias o più semplicemente degli errori dovuti alla distorsione del dato ottenuto da parte dello sperimentatore, ricercatore o del medico che prende parte al progetto e all’esecuzione del disegno sperimentale. Esistono diverse tipologie di studi clinici: quelli che solitamente vengono compiuti sono studi controllati randomizzati. In essi si parla di:
Singolo cieco se solo il soggetto sotto sperimentazione non sa quale trattamento sta ricevendo;
Doppio cieco se sia il soggetto sotto sperimentazione che gli sperimentatori non sanno quale trattamento si assume/somministra;
Triplo cieco se tutte le figure coinvolte nello studio (quindi anche ricercatori, medici, valutatori, statistici, ecc) non conoscono quale sia il trattamento ricevuto dai pazienti.
Altre classificazioni sullo studio sperimentale possono concernere se lo studio sia considerato controllato, o meno, nel caso in cui il volontario che si offre è compreso in un unico grande gruppo di somministrazione del farmaco o se esistono diversi gruppi in sperimentazione; randomizzato, o meno, se il paziente inserito in un determinato gruppo viene inserito appositamente da chi prende parte al progetto sperimentale (ricercatori, medici) oppure viene inserito casualmente.
Dopo questa fase non resta altro che recuperare tutti i dati ottenuti e si fa l’RCP ovvero il Riassunto Caratteristiche del Prodotto e il foglio istruzioni (FI) per la messa in commercio.
La messa in commercio e il meccanismo di farmacovigilanza
Dopo avere svolto le fasi di sperimentazione preclinica e clinica si passa all’ultime fasi:
- Sperimentazione di fase IV: avviene dopo che il farmaco è già stato messo in commercio. È una fase di controllo in cui si verificano possibili effetti collaterali che non si erano riscontrati prima. Qui, tutta la popolazione diventa “cavia” e nel momento in cui un paziente ha un sintomo non previsto nel bugiardino del farmaco deve avvisare il medico che gliel’ha somministrato (attività di farmacovigilanza). Il medico avviserà il Ministero della Salute e si andrà ad indagare l’accaduto considerando i nuovi effetti collaterali. Gli obiettivi sono la conferma dell’attività e tollerabilità, la stima del rapporto rischio/beneficio e l’identificazione di eventi avversi importanti ma rari. In caso di reazione avversa seria (causa incapacità persistente o invalidità, ospedalizzazione, uso inappropriato o dipendenza, minaccia per la vita) è importante che il paziente e il medico segnalino l’accaduto. Un esempio è il Rofecoxib ritirato nel 2004, ovvero dopo 5 anni dalla messa in commercio a causa dell’alta incidenza di attacchi cardiaci dovuti dalla sua somministrazione.
- Farmacovigilanza: in questa fase, istituti come AIFA (Agenzia Italiana del farmaco), EMA (European Medicine Agency) o la FDA (Food and Drug Administration USA) hanno il compito di vigilare e riconoscere nuove reazioni avverse, mantenere sotto osservazione nuove reazioni sospette o note, rivalutare periodicamente il profilo beneficio/rischio del farmaco e comunicare l’informazione in modo da migliorare la pratica clinica e la gestione della terapia.
Altri 62 Paesi, come l’Italia, obbligano i medici di famiglia a segnalare gli effetti collaterali sospetti di un farmaco. In Italia, vi sono l’80% in meno di segnalazioni rispetto ad altri Paesi. Questo perché fino al 2014 vigeva una normativa punitiva con sanzioni pecuniarie e penali per le segnalazioni non conformi. In conclusione, è bene ricordare che qualunque farmaco, o dispositivo medico, per quanto possa avere effetti positivi avrà sicuramente anche effetti avversi. Tuttavia è necessario valutare sempre il bilanciamento tra effetti positivi e effetti negativi.
Fonte
- ”Chimica Farmaceutica- I processi di scoperta dei farmaci”, Piccin – Nuova Libreria Editore (2015)
Erland Stevens - Farmacologia, Edra Editore, 8° edizione (2016)
H.P Rang, M.M. Dale, J.M. Ritter, R.J. Flower, G. Henderson. - An introduction to clinical trial design
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