Sapevi che se poni un oggetto su un piano inclinato e rugoso, questo non scivola subito? E che se poni una piuma e un pezzo di piombo, scivolano con la stessa velocità? In questo articolo viene mostrato il perché seguendo l’analisi delle forze passo dopo passo.
IN BREVE
Indice
PIANO INCLINATO: DALLE PIRAMIDI ALLA CADUTA DEI GRAVI
Il problema del piano inclinato lo si è studiato sin dai tempi dell’Antico Egitto, nel cercare un modo per poter sollevare i pesanti massi su in cima alle piramidi. Il problema venne poi ripreso da Giordano Nemorario, vissuto nel XIII secolo e fondatore della scuola medievale di meccanica. Nella sua opera “De ponderibus” (“Sui pesi”), sfruttò nei suoi calcoli il concetto di variazione della forza peso al variare della posizione dell’oggetto. Ma il contributo maggiore lo diede Galileo Galilei, il quale voleva studiare il moto dei gravi in caduta libera. Tuttavia, all’epoca non poteva contare sulle raffinate tecnologie odierne per misurare il tempo e lo spazio (oggi esistono svariati modi per farlo, come ad esempio la tecnologia laser), e misurare la caduta libera di un corpo non era possibile perché troppo veloce. Allora, osservò che un oggetto impiegava più tempo a cadere se posto lungo un piano inclinato, e da qui condusse una ricerca in quest’ambito deducendo la matematica dietro questo tanto semplice quanto utile concetto.
PIANO INCLINATO SENZA ATTRITO: IL CASO IDEALE
Il problema può essere stilizzato disegnando un triangolo rettangolo che poggia sul suo cateto orizzontale e la cui ipotenusa rappresenta il piano inclinato. Quanto il piano sia inclinato dipende dall’angolo α che il piano forma con la terra. Il sistema di riferimento ha la stessa inclinazione α, quindi l’asse x è allineato alla tavola e l’asse y è ad essa perpendicolare. Dopodiché si prende un oggetto posizionato sul piano inclinato dove deve slittare, rappresentato da un rettangolo come quello in figura, ma di cui non si considerano né la forma né le sue dimensioni e possiede una certa massa \(m\).
Nel caso più semplice, il piano inclinato è liscio, cioè l’oggetto può scorrere liberamente senza frenamenti di alcun tipo e, quindi, ad agire è solo la forza gravitazionale (o forza peso):
\(\)\[\vec{F_G}=m\vec{g}\]\(\)
con g=9.81 m/s2 la costante di gravità sulla Terra. Tuttavia, a questo punto c’è da notare che la forza peso \(\vec{F_{G}}\) punta sempre verso il basso (come si può notare dall’immagine), perpendicolarmente alla terra, a discapito del sistema di riferimento che segue l’inclinazione del piano: ciò comporta che \(\vec{F_{G}}\) formerà un angolo col sistema di riferimento stesso. L’ampiezza di tale angolo può essere determinata attraverso i seguenti passaggi, considerando il triangolo rettangolo evidenziato di colore celeste:
- poiché la somma di tutti gli angoli in un triangolo è pari a 180°, ed essendo presenti un angolo retto (di 90°) e l’angolo α, il restante angolo sarà 90°- α;
- prendendo in riferimento l’angolo retto formato dal vettore \(\vec{F_{G}}\) con la linea del suolo, l’angolo complementare a 90°- α è proprio α (cioè sommandoli si ottiene un angolo di 90°);
- infine, gli angoli alterni interni sono congruenti e, pertanto, l’angolo che \(\vec{F_{G}}\) forma con l’asse y è ancora α.
Per poter studiare opportunamente l’azione delle forze (in questo caso solo quella gravitazionale) sull’oggetto, in Fisica si effettua la scomposizione dei vettori nelle due direzioni x e y. Ne risulta dunque, applicando le regole trigonometriche, che le due componenti x e y della forza peso sono:
\(\)\[\vec{F_{G,x}}=\vec{F_G}\sin\alpha\\
\vec{F_{G,y}}=\vec{F_G}\cos\alpha.\]\(\)
Da notare che le due componenti non hanno il simbolo vettoriale, in quanto rappresentano le proiezioni della forza di gravità sui due assi, quindi sono praticamente delle lunghezze e non necessitano di notazione vettoriale. Adesso, si procede applicando il II principio della dinamica secondo il quale la risultante di tutte le forze imprime un’accelerazione al corpo in maniera inversamente proporzionale alla sua massa. In pratica, si fa la somma di tutte le componenti delle forze che si trovano nella stessa direzione e le si pone uguali a \(ma\) (anche qui l’accelerazione non ha la freccia sopra perché non è un vettore).
Forze lungo l’asse y
Nel piano inclinato senza attrito, per quanto riguarda l’asse y, le forze in questione sono due: la componente della forza peso e una forza normale al piano \(\vec{N}\), di modulo pari a \(F_{G,y}\) ma in direzione opposta. Essa è introdotta nel rispetto del III principio della dinamica che sancisce che «ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria», essendo la forza in questo caso \(F_{G,y}\). Da un punto di vista fenomenologico, la forza normale può essere interpretata come la repulsione tra gli elettroni degli atomi che costituiscono i materiali del piano e dell’oggetto: più forte si spinge un oggetto contro un altro, più gli elettroni dei due oggetti si avvicinano e maggiore è la repulsione che si va a creare. Per i più curiosi, esiste un potenziale, detto di Lennard-Jones, che descrive empiricamente l’andamento delle interazioni interatomiche (mediate dagli elettroni) in funzione della distanza, mostrando proprio come a corte distanze l’energia del sistema aumenti esponenzialmente diventando più instabile:
In formule, dunque, tenendo presente che \(\vec{N}\) è rivolto nello stesso verso dell’asse y (e quindi il suo segno sarà “+” per convenzione) mentre è rivolto in senso opposto (e quindi sarà preceduto da un “-“), si può scrivere che la risultante è:
\(\)\[N-F_{G,y}=ma_y.\]\(\)
Come appena detto però il modulo \(N\) è uguale a \(F_{G,y}\) e dunque la risultante sarà nulla, quindi non verrà impressa alcuna accelerazione al corpo in verticale: ciò significa che non “saltellerà” mentre slitterà sul piano.
Forze lungo l’asse x
Fintanto che non vi sono forze di attrito né alcun altro tipo di forze che spingono l’oggetto verso il basso o verso l’alto, sull’asse x agisce solo l’altra componente della forza peso. Pertanto risulta:
\(\)\[F_{G,x}=mg\sin\alpha=ma_x.\]\(\)
Essendo presenti ad entrambi i membri, la massa può essere semplificata, ottenendo l’accelerazione orizzontale per il piano inclinato senza attrito:
\(\)\[a_x=g\sin\alpha.\]\(\)
Quest’ultima equazione dimostra che l’accelerazione su un piano inclinato non dipende dalla massa del corpo (in assenza di altri attriti viscosi con l’aria). Ad un più attento sguardo, inoltre, si può notare che l’accelerazione dell’oggetto avviene non appena si inizia a inclinare il piano, anche se di pochissimo, ed è tanto maggiore quanto maggiore sarà l’angolo di inclinazione del piano inclinato (infatti la funzione seno è crescente per angoli da 0° a 90°).
PIANO INCLINATO CON ATTRITO: IL CASO REALE
Finora è stato considerato il caso ideale, ovvero in cui il piano inclinato non presentava neanche un’imperfezione. Invece, praticamente ogni superficie presenta una propria, seppur minima, rugosità e questo vale tanto per il piano quanto per il corpo che slitta su di esso. A livello microscopico, la rugosità consiste in tante minuscole protuberanze, delle specie di “punte” più o meno alte, da considerarsi come imperfezioni della superficie. Questo ha conseguenze sul moto di un corpo in quanto, quando è fermo, le sue protuberanze si incastrano in quelle del piano e per superare l’ostacolo bisogna vincere una certa forza, la forza di attrito statico, chiamata così perché si oppone al movimento di un oggetto inizialmente fermo.
Finché si spinge il corpo con una forza inferiore a quella dell’attrito statico, il corpo non si muove; non appena la forza esercitata supera tale resistenza, l’oggetto comincia a spostarsi perché le protuberanze si sono disincastrate e iniziano a scorrere tra loro. A questo punto l’attrito statico lascia il posto all’attrito dinamico, che si oppone sempre al moto di un corpo ma che stavolta è già in movimento. L’intensità di questa forza è inferiore a quella dell’attrito statico perché le “punte” rugose scorrono senza incastrarsi di nuovo completamente. L’intensità della forza attrito è in entrambi i casi direttamente proporzionale alla forza normale al piano \(\vec{N}\) tramite il coefficiente di attrito, statico o dinamico a seconda del tipo di forza. Questo dipende da quanto è effettivamente rugosa la superficie. In formule:
\(\)\[\vec{F_s}=\mu_s\vec{N}\\
\vec{F_d}=\mu_d\vec{N},\]\(\)
con μd < μs in conseguenza della natura dei due tipi di forza descritta prima. Il motivo di queste due definizioni lo si può capire intuitivamente: infatti sarà capitato a tutti che, più si spinge un oggetto perpendicolarmente ad una superficie (aumenta \(F_G\)), più sarà difficile farlo strisciare e questo perché aumenta anche la forza \(N\), e dunque l’attrito. Le due forze di attrito descritte, in ogni caso, appartengono alla categoria di attrito radente, perché sono generate dallo strisciamento tra due oggetti. Esistono anche altre due categorie di attrito: l’attrito volvente, generato quando un corpo rotola senza strisciare (è il caso delle ruote e dei cilindri), e l’attrito viscoso che si manifesta nei fluidi.
Forze lungo l’asse x
Le forze in gioco nel caso del piano inclinato con attrito sono le stesse del piano inclinato ideale, con la sola aggiunta della forza attrito la quale, in quanto ostacola il moto, avrà la sua stessa direzione (parallela all’asse x) ma verso opposto. Lungo y le forze rimangono invariate (ovvero non viene impressa nessuna accelerazione verticale).
In formule (per quanto riguarda l’attrito statico), si avrà che:
\(\)\[F_{G,x}-F_s=mg\sin\alpha-\mu_{s}N=ma_x,\]\(\)
ma ricordando che il modulo \(N\) è uguale a FG,y=mg cosα, risulta:
\(\)\[mg\sin\alpha-\mu_{s}mg\cos\alpha=ma_x.\]\(\)
Dunque, l’accelerazione lungo l’asse x è, semplificando la massa ad ambo i membri come fatto prima (anche qui vale la stessa considerazione fatta prima riguardo l’assenza di aria):
\(\)\[a_x=g(\sin\alpha-\mu_s\cos\alpha).\]\(\)
Nel caso della forza di attrito dinamico, basta inserire nell’equazione il coefficiente di attrito μd al posto di μs. Come per il piano inclinato senza attrito, non c’è dipendenza dalla massa. Stavolta, però, l’accelerazione sul corpo viene impressa solo nel momento in cui si supera un certo angolo α0, al di sotto del quale esso rimane fermo. In termini fisici ciò avviene perché, con una bassa inclinazione, non si fornisce sufficiente forza da far scavalcare quelle protuberanze della superficie rugosa. Oltre l’angolo critico, invece, la tavola è così inclinata che la componente orizzontale della forza peso è tanto grande da far spostare l’oggetto vincendo la rugosità. L’angolo critico oltre il quale il corpo slitta verso il basso è l’arcotangente del coefficiente di attrito statico:
\(\)\[\alpha_0=\arctan(\mu_s).\]\(\)
Una volta calcolata l’accelerazione del corpo, è possibile risalire alla legge del moto che è uniformemente accelerato (perché l’accelerazione rimane costante lungo tutto il piano inclinato), andando a inserire l’accelerazione ax:
\(\)\[x=x_0+vt+\frac{1}{2}g(\sin\alpha)t^2\]\(\)
nel caso di un piano inclinato ideale e
\(\)\[x=x_0+vt+\frac{1}{2}g(\sin\alpha-\mu\cos\alpha)t^2\]\(\)
nel più generico caso del piano inclinato con attrito (statico o dinamico).
Fonte
- Fisica 1
R. Resnick, D. Halliday, K. Krane
- Giordano Nemorario
Treccani