Il riciclo plastica è uno dei processi non solo più complicati ma anche più complessi da gestire. I materiali plastici nacquero dall’urgenza di trovare un sostituto al costoso e raro avorio, il quale veniva ricavato dalle zanne di elefante. Essi rappresentavano una scelta più “green” ed il materiale del futuro. Attualmente è il prodotto più sfruttato e diffuso. Ci chiediamo quindi quanta plastica produciamo? E soprattutto, oltre ai vantaggi ambientali, è possibile riciclare plastica e guadagnare?
IN BREVE
LA SMISURATA RICHIESTA DI PLASTICA
Il nuovo system thinking dell’economia circolare ci permette di considerare il rifiuto non più come uno scarto ma come la risorsa di partenza per un nuovo processo. I materiali polimerici risultano essere, oggi giorno, i più sfruttati per le diverse tipologie di applicazioni. Gran parte di tali materiali disponibili utilizzati sono materie plastiche. Esse sono ampiamente sfruttate perchè il costo di produzione non risulta eccessivo e sono ampiamente versatili, date la loro resistenza meccanica significativa. Inoltre, presentano una densità non molto elevata, quindi garantiscono anche un facile trasporto. Sono materie molto utili finché non diventano dei rifiuti. Il Riciclo plastica è non solo uno dei processi più complicati ma anche un’emergenza da dover affrontare. Per quantificare il problema possiamo dire che se ci ponessimo su una linea temporale che va dal 1970 fino ai nostri giorni, si è passati da 15 milioni di tonnellate a 311 mega tonnellate. In realtà, attualmente, dato lo scenario creato dal coronavirus, si stima che il consumo sia aumentato ancora di più. Continuando il nostro viaggio temporale, si presuppone che entro il 2050 si avrà una triplicazione di tale valore fino a 993 mega tonnellate. Sono chiaramente dei dati che balzano ai nostri occhi, ma risultano ancora troppo generici. Focalizziamo la nostra attenzione nell’ambito dell’unione europea. La domanda è di circa 50 milioni di tonnellate all’anno. Di essi solo il 50% viene raccolto e sottoposto a un processo rigenerativo. La restante parte finisce nell’ambiente, basti pensare all’isola di plastica. La resa di tale rigenerazione, però non risulta unitaria, perchè il riciclo della plastica è solo il 30%, il 42% finisce al termovalorizzatore e il 27% in discarica. Questo non è un buon metodo per trattare il prodotto. Il problema sussiste soprattutto nella messa in discarica, dove i rifiuti vanno semplicemente a cumularsi. Inoltre, non rispetterei il principio fondamentale dell’economia circolare, ossia vedere il rifiuto come risorsa. La termovalorizzazione, invece, è il metodo di smaltimento più sfruttato, anche se è uno dei processi più degradanti per la rigenerazione.I macchinari per riciclo plastica sono quindi i termovalorizzatori, ossia degli inceneritori che mi garantisco di recuperare un minimo energetico. Questo perché ad essi vanno associati un processo di combustione che comporta l’emissione di CO2 ,H2O , di nitrati e sostanze tossiche, oltre che la fine del prodotto. Dovrebbe essere estesa quindi la percentuale del riciclo della plastica.

COME RICICLARE LA PLASTICA
Risulta ovvio che per i motivi sopracitati bisogna incrementare il riciclo. Ma quindi ci chiediamo come sia possibile il riciclo plastica? Ogni polimero è stato classificato dalla SPI: society of plastics industry, in modo tale da comprendere anche come effettuare il processo di riciclo plastica in condizioni più ottimali possibili. Conoscere la base polimerica di partenza è fondamentale per il processo. I polimeri più sfruttati sono quelli usati nel campo del packaging come il polietilene a bassa densità, alta densità e il polipropilene. Infatti probabilmente quando pensiamo a questa tematica risulta immediata l’associazione al riciclo plastica bottiglie, bicchieri e contenitori. Ma, oltre a quelli ricavati da combustibili fossili, esistono anche materiali polimerici ricavati da biomasse, le cosiddette bioplastiche o biodegradabili. La bioplastica è un composto il cui monomero deriva da materie prime rinnovabili, in particolar modo dalla fermentazione di mais, frumento, ecc… Risulta ovvio che il riciclo plastica biodegradabile non conviene essendo che anche qui porterei il prodotto a fine vita senza recuperare la sua potenziale energia. Nelle discariche il riciclo plastica biodegradabile, ma anche di alcune derivanti da combustibili fossili, possono essere realizzate tramite dei microorganismi che si nutrono di tale plastica. Essi richiedono, però, condizioni anaerobiche e esposizione a UV, oltre alla richiesta di spazio. Ricordiamo che un processo rigenerativo risulterebbe sconveniente, in termini economici, se il prezzo per realizzarlo supera addirittura quello di normale produzione. Ma quindi è possibile riciclare plastice e guadagnare? Si. Un notevole risparmio deriva già dalla conservazione dell’energia del prodotto. Basti pensare che riuscirei a risparmiare sette barili di petrolio per ogni tonnellata di plastica riciclata. Se riuscissi ad applicare questa strategia a tutti i rifiuti presenti solamente negli USA, otterrei 250 milioni di barili di petrolio ogni anno. Inutile dire che questo comporta evidenti vantaggi anche nel campo petrolifero. Non risulta quindi solo una necessità ma anche un’opportunità.

LE STRATEGIE DI RICICLO
Possiamo individuare delle strategie base per migliorare il processo di riciclo plastica? Si, è possibile identificare delle linee guida per ottimizzare il processo. Ovviamente queste devono essere opportunamente contestualizzate, essendo che dipendono anche dal grado tecnologico e soprattutto economico. Le linee guida sono sicuramente che il prodotto deve essere opportunamente progettato, in modo tale che bisogna durare il più possibile, o incoraggiare l’utilizzo del bene. Negli ultimi anni si sta esplorando molto la strada dei self-repear material, ossia dei materiali in grado di autoripararsi. Ma dato l’elevato costo di produzione, essendo polimeri sfruttati per prodotti ad alta specializzazione, ad esempio trattato nel campo aerospaziale, non sono impiegati per realizzare prodotti come una bottiglia. Inoltre, bisogna anche riflettere a una progettazione delle macchine per riciclo plastica. Deve risultare facile la separazione dagli altri componenti. Sarebbe troppo complesso dover lavorare con una miscela di polimeri differenti per diversi fattori chimici e fisici, oltre che un aumento dei costi. Un esempio di macchine per riciclo plastica sono quelle che riducono la nostra miscela polimerica in pellet. Una piccolissima percentuale di un monomero differente dal nostro di interesse comprometterebbe tutta la miscela. Per stimare la difficoltà, basta una bottiglia di pvc in una tonnellata di pet per rovinare la nostra miscela. Data quindi la complessità del problema, una delle strade ampiamente studiate, nell’economia circolare è la depolimerizzazione. Un processo di depolimerizzazione è in senso stretto rigenerativo, essendo che dal polimero riesco ad ottenere il monomero di partenza. È possibile realizzare questo loop diverse volte. È il processo più efficiente per smaltire un prodotto, perché non produce rifiuti e riesco a risparmiare tutte le risorse. Questa sorta di loop di trasformazioni mi ricorda molto le trasformazioni che avvengono nei sistemi biologici, in particolar modo le proteine. Infatti, basti pensare alle 4 strutture che possono formare e come risulta facile, spendendo o acquisendo energia, passare da peptidi ad amminoacidi. I processi di depolimerizzazione quindi dei processi bio-inspirati. Anche essi richiedono una somministrazione di energia, la quale varia se il materiale è una plastica o una bioplastica.

Fonte
- M. Lancaster, “Green Chemistry. An Introductory Text”, 2nd Ed., RSC Publishing, 2010
- The EPA Marks Marine Plastic Pollution As A Top Priority
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