L’acido polilattico, anche conosciuto come PLA, è considerato uno dei più promettenti biopolimeri che riesce a unire buone proprietà meccaniche e sostenibilità. I suoi punti di forza sono sicuramente la biodegrabilità e i costi di produzione relativamente contenuti. Ma come si produce? Qual è il prezzo di mercato dell’acido polilattico? E come avviene lo smaltimento?
IN BREVE
Indice
I BIOPOLIMERI
Il crescente interesse per l’adozione di stili di vita sostenibili e la condivisione di queste esigenze ecologiche con l’opinione pubblica mondiale ha portato ad una forte crescita nel campo della ricerca di nuovi materiali. Ovviamente questo è anche strettamente correlato alla necessità dell’azienda di adottare un modello di economia circolare, che è dovuto anche all’implementazione di queste tematiche in ambito legislativo. Sottolineiamo che anche se i materiali esistenti hanno le migliori prestazioni, i problemi nascono dall’analisi del loro ciclo di vita, in quanto solitamente essi diventano rifiuti. Ciò è anche dovuto al fatto che sono normalmente prodotti da fonti non rinnovabili (petrolio e derivati) e non possono essere degradati al termine della loro vita utile, rendendo il loro smaltimento un problema che tende a moltiplicarsi esponenzialmente di anno in anno. Basti pensare alla questione del riciclo plastica. La larga diffusione di materiali polimerici potrebbe essere combattuta dalla produzione di polimeri biodegradabili. I polimeri “bio” costituiscono un’ampia ed interessante classe di materiali. È bene chiarire che cosa si intende per biopolimeri e bioplastiche. Per bioplastica intendiamo un polimero proveniente da fonti rinnovabili ma non sempre biodegradabile. Con biopolimero invece individuiamo polimeri provenienti da fonti rinnovabili e biodegradabili.
L’analisi del ciclo di vita di questi materiali dimostra che i biopolimeri possono ridurre le emissioni di anidride carbonica dal 30 al 70 % rispetto alle plastiche. Essi sono una valida alternativa non solo per il basso impatto ambientale ma anche per il basso costo di produzione. I gruppi principali sono gli agro-polimeri (polisaccaridi, proteine, ecc.) e i biopoliesteri (poliesteri biodegradabili), a cui appartiene appunto il PLA, ma anche i poli(idrossialcanoati) (PHA) e i copoliesteri (sia aromatici che alifatici). Siamo particolarmente interessati ai polimeri biodegradabili perché mostrano un’ampia gamma di proprietà e possono ormai competere in diverse applicazioni (imballaggi, tessile, biomedicale, ecc.) con i termoplastici non degradabili. Il PLA è al momento uno dei materiali più promettenti, su cui si sta concentrando la ricerca accademica e industriale.
L’ACIDO POLILATTICO
L’acido polilattico PLA è un poliestere alifatico termoplastico e biodegradabile che può essere sintetizzato a partire dal monomero dell’ acido lattico. I poliesteri sono una classe di composti ottenuti tramite una policondensazione di acidi policarbossilici con polioli, in cui appunto è contenuto un gruppo estere. Il termine alifatico invece ci indica che si tratta di idrocarburi a catena aperta, che si contrappongono a quelli aromatici. Vediamo quindi la chimica dell’acido polilattico. La produzione del polimero parte dal monomero di partenza che è l’acido lattico. L’acido lattico può essere sintetizzato in differenti maniere. In un ottica sostenibile si sfrutta una chimica di produzione dell’acido polilattico più green tramite fermentazione. La fermentazione è un processo svolto in assenza di ossigeno in cui avviene una reazione di ossido-riduzione di una molecola di carboidrati, con conseguente guadagno di energia. Parte dell’energia liberata dalla trasformazione chimica viene immagazzinata sottoforma di ATP (adenosina trifosfato) che rappresenta la valuta energetica della cellula vivente. La via metabolica che porta alla formazione di acido lattico da parte di batteri (o funghi lattici omofermentativi) comporta la conversione del glucosio o di fruttosio in piruvato, quindi la riduzione di quest’ultimo in acido lattico (con rigenerazione concomitante di NADH). L’enzima coinvolto in questa riduzione è il lattato deidrogenasi. La conversione di una molecola di glucosio genera due molecole di acido lattico e due molecole di ATP. Generalmente le fonti di glucosio sono carboidrati presenti nel mais, grano ecc… Il pla può essere definito come un materiale environmentally friendly, soprattutto se viene prodotto dagli scarti di tali materiali. Essendo che se utilizzassi una produzione di mais come stock di partenza, ovviamente starei togliendo questo stock alla distribuzione di mais alimentare. Fu isolato come miscela racemica per la prima volta nel 1798 dal latte acido, fu il primo acido organico prodotto industrialmente dalla fermentazione.
Le strategie di produzione
L’attuale produzione industriale di acido lattico sfrutta le capacità biosintetiche dei batteri lattici, tradizionalmente classificati come batteri omolattici, ossia che producono esclusivamente acido lattico, ed eterolattici, che producono anche altri prodotti. I batteri dell’acido lattico sono solitamente anaerobi e aerotolleranti che metabolizzano il glucosio solo per fermentazione. La maggior parte dei microrganismi sintetizza solo uno degli isomeri dell’acido lattico; L-acido lattico. Tuttavia, alcuni batteri, contengono racemasi ossia la capacità convertire un isomero nell’altro, e quindi anche nella forma D. Oltre ai batteri dell’acido lattico, altri microrganismi possono anche produrre acido lattico ad esempio il fungo filamentoso Rhizopus oryzae. L’interesse per tale fungo è dovuto alla possibilità di ottenere (D)-acido lattico, in una forma enantiomericamente pura. Quindi presentiamo due punti deboli principali: il primo è che ho una miscela racemica che non è facile da separare per gli elevati costi del processo, essendo che i due enatiomeri presenzano un’attività ottica differente. Il secondo è che quando produco acido lattico il ph è diventato meno acido rispetto il tempo iniziale, e questo comporta il blocco della crescita cellulare. Questo problema viene risolto aggiungendo sostanze alcaline come NaOH, CaCO3 o NH4OH. In questo modo si favorisce la crescita e la produzione batterica, ma il prodotto finale si ottiene sotto forma di sale. Il recupero dell’acido (D)-lattico richiede quindi un ulteriore passaggio con un costo aggiuntivo. L’applicazione di tecniche di ingegneria genetica ha permesso anche di ottenere ceppi in grado di produrre acido lattico stereochimicamente puro. Sono stati, infatti, creati mutanti di L. lactis in grado di produrre acido lattico (R) con una resa superiore al 95%. Le fermentazioni vengono effettuate in reattori batch a temperature superiori a 45 °C con lieve agitazione in fermentatori fino a 100 m3. Il pH viene mantenuto tra 5,5 e 6,0 con l’aggiunta di carbonato di calcio. In alternativa alla neutralizzazione con carbonato di calcio, può essere utilizzata l’ammoniaca, che aiuta anche nel recupero dell’acido lattico mediante esterificazione. I rendimenti di conversione, nel rapporto dell’85-95% del massimo teorico, sono generalmente raggiunti dopo 4-6 giorni. Nella fase a valle vengono utilizzate diverse tecniche di purificazione, dalla cristallizzazione del sale di calcio alla distillazione del metilestere corrispondente, a seconda dei diversi gradi di purezza richiesti nel successivo utilizzo del metabolita.
Quali sono i campi d’applicazione e quanto vale?
L’acido lattico viene utilizzato:
- nell’industria alimentare
- nell’industria farmaceutica
- nell’industria chimica e cosmetica
Le prestazioni meccaniche e la resistenza agli agenti termici dei biopolimeri sono assolutamente paragonabili a quelli delle plastiche tradizionali. La biodegradabilità è particolarmente apprezzata nel campo degli imballaggi a breve termine, mentre la biocompatibilità con i tessuti viventi è adatta nell’ambito delle applicazioni biomediche, come impianti, suture e rivestimenti per il rilascio controllato di farmaci (drug delivery). Il PLA è considerato sia biodegradabile sia biocompatibile. È commercialmente disponibile grazie alla produzione su larga scala a prezzi economici, in diverse tipologie che permettono di avere diverse proprietà, interessanti per diversi campi d’applicazione. Il mercato mondiale sta crescendo rapidamente. In generale il mercato globale delle bioplastiche crescerà del 36% nei prossimi 5 anni. Si stima che circa 250.000 tonnellate all’anno vengono prodotte di acido polilattico pla. Il costo dell’acido polilattico si stima che valga diverse centinaia di milioni di dollari all’anno. Vi sono molti grandi produttori nel mondo, con almeno 30 siti produttivi sparsi tra Nord America, Europa ed Asia. Il leader mondiale nella produzione di acido polilattico è sicuramente la Cargill USA, con un impianto in Nebraska in grado di produrre 140.000 t/anno. Il costo dell’acido polilattico commerciale può variare tra i 2 e i 5 €/kg, in base alle diverse tipologie presenti sul mercato.
Smaltimento del PLA
Le proprietà del PLA possono essere modificate aggiungendo plastificanti, filler e mescolandoli con altri biopolimeri. L’acido polilattico rimane stabile nelle condizioni meteorologiche quotidiane. Per farlo decomporre rapidamente ed efficacemente dopo l’uso, è necessario che la temperatura dell’ambiente superi i 60 gradi e l’umidità sia maggiore del 20%. In condizioni ottimali, come una temperatura di 65 gradi e un’umidità del 95%, il tempo di biodegradazione può arrivare fino a 50 giorni. L’acido polilattico PLA può essere degradato attraverso la degradazione abiotica, cioè i legami estere verranno idrolizzati anche in assenza di enzimi che catalizzano la reazione. Questi enzimi intervengono solo nella fase successiva per degradare gli oligomeri rimanenti fino alla completa mineralizzazione (biodegradazione). Il PLA ha un’ovvia capacità di recupero dell’umidità, che influirà sulla sua biodegradabilità. In condizioni di elevata umidità, il materiale si decompone rapidamente quando la temperatura supera i 60 °. In gnerale però si sconsiglia lo smaltimento del materiale essendo che gli enormi valori aggiunti si perdono se il PLA viene riciclato insieme alla plastica tradizionale. In ottica di economia circolare non conviene degradarlo ma reinserirlo nel circolo. Una delle strade più studiate è quella della depolimerizzazione così da riottenere l’acido lattico, il problema è che come abbiamo visto è facile ottenere miscele racemiche che sono difficili da separare.
Fonte
- Waites M.J, Morgan N.L., Roockey J.S., Higton G.: Industrial Microbiology an Introduction, Blackwell Science (2001).
- The irruption of polymers from renewable resources on the scene of macromolecular science and technology
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