Il narcisismo patologico dal punto di vista clinico non per forza coincide con la definizione data dal senso comune secondo cui «narcisista» è colui che ha un’alta considerazione di sé. Purtroppo di questi tempi in molti credono di conoscere il significato della parola «narcisismo», ma la verità è che si tratta di un termine dalle molte accezioni, anche in campo strettamente clinico. Questo articolo cercherà di spiegarne il significato e di identificare cause, sintomi e manifestazioni della patologia sulla base della ricerca e non del senso comune.
IN BREVE
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NARCISISMO PATOLOGICO E NARCISISMO SANO
Quello del narcisismo è un tema altamente delicato, soprattutto oggi, un’epoca in cui, ahimè, il termine è entrato nel linguaggio comune in termini perlopiù dispregiativi. Lo stesso linguaggio tecnico è incredibilmente controverso; la storia del termine clinico è ambivalente, a seconda dell’accezione assume connotazioni diverse. La teorizzazione psicoanalitica lo definisce in un certo modo, altri retroterra culturali lo definiscono in altro modo. Con quale concettualizzazione lo si sta utilizzando? Con quale riferimento culturale? Ragionando con il senso comune ogni diagnosi rischia di rientrare in questo enorme calderone, ma di questi tempi siamo davvero tutti narcisisti? La verità è che vi è un’alta tendenza a fare diagnosi su base impressionistica, tuttavia ragionare su base impressionistica = ragionare inconsapevolmente con il senso comune e non con il ragionamento clinico.
Il primo problema della società attuale
Tendenzialmente «narcisismo» sta ad indicare il solo narcisismo problematico, non sembra avere alcun tipo di connotazione positiva nonostante ne abbia tante differenti. Tuttavia il narcisismo patologico non è altro che una variante patologica del narcisismo sano, ma cos’è il narcisismo sano? Fin dall’inizio il termine è stato multi-significato. «Narcisismo» venne usato per la prima volta in senso psicopatologico da Ellis nel 1898 e venne ripreso da Nacke l’anno successivo per descrivere una perversione sessuale. Entrò nella terminologia psicoanalitica agli inizi del Novecento grazie a Sadger e in quegli anni Freud lo utilizzò per intendere: 1. Una forma di perversione sessuale; 2. Uno stadio nello sviluppo libidico; 3. Una caratteristica della psicosi; 4. Una modalità di scelta oggettuale. Nel corso del tempo il termine ha assunto molti più significati, dando origine ad un vasto campo semantico che ancora oggi copre sia l’ambito «normale», sia vari aspetti del patologico. La spinta narcisistica probabilmente è parte della natura animale, per certi aspetti è fisiologica, tutti sentono il bisogno di gratificare il proprio ego, eppure ultimamente il termine «narcisismo» sta assumendo un’accezione sempre più negativa. Christopher Lasch in Culture of Narcissism: American Life in an age of Diminishing Expectations lo intese come il semplice modo di vivere delle persone americane facoltose, facendolo coincidere universalmente con lo stile di vita egocentrico occidentale. Il ragionamento di Lasch funzionava negli anni 80, quando le aspettative di vita erano piuttosto basse e le persone cercavano di compensarle pensando a loro stesse anziché agli altri per salvaguardia personale. Oggi l’aspettativa di vita è piuttosto alta, ma al tempo stesso stiamo attraversando un periodo di difficoltà economica e sociale comune, accentuato ancora di più dalla recentemente pandemia che ha colpito il nostro pianeta. Tuttavia le persone, anziché cooperare per risolvere i problemi, continuano ancora a pensare a loro stesse, come negli anni 80, quando era necessario «trattarsi bene» per stare bene. Oggi tendenzialmente già si nasce «trattati bene» eppure tutti ancora tendono a «trattarsi meglio degli altri». Si creano così competizione e sofferenza, perché non bisogna «stare bene» rispetto ad una popolazione che sta male, ma bisogna stare bene rispetto ad una popolazione che di base sta bene, quindi «stare bene» finisce per coincidere con «stare meglio degli altri». Da qui si pensa possa dipendere l’enorme sofferenza della società attuale.
Il narcisismo non è solo una caratteristica negativa
Secondo la classificazione dimensionale di Kernberg del 1984, il narcisismo adulto sano coincide con una regolazione adeguata della stima di sé, connessa ad un Super-Io integrato e maturo, che gratifichi le istanze pulsionali all’interno di sistemi di valori stabili. Segue una situazione di vita molto semplificata che serva d’esempio per spiegare la definizione:
- Se trovo un portafoglio per terra e decido di tenerlo senza pormi alcun tipo di problema, allora sto mettendo in atto un comportamento antisociale, vedremo più avanti cosa significa;
- Vorrei tenerlo, ma decido di portarlo alla polizia solo perché temo le conseguenze legali della mia azione: sto ragionando in termini di norme autoimposte, quindi il mio Super-Io non è sufficientemente integrato. In altre parole il comportamento pro-sociale messo in atto in questo caso non è spontaneo ma condizionato da una norma morale che ci si obbliga a seguire. Non c’è gratificazione nella restituzione del portafoglio;
- Se non voglio tenerlo perché mi dispiace genuinamente per chi l’ha perso, allora possiedo un Super-Io integrato, la norma morale è «mia», «la sento», non è necessario autoimporsela. Le istanze pulsionali (tenere il portafoglio) nel soggetto sano non sono represse forzatamente ma sono accettate. Ciò che gratifica la persona in questo caso non è il portafoglio, ma il fatto di restituirlo a chi l’ha perso.
Il narcisismo adulto patologico invece può essere inteso come:
- Regressione al narcisismo infantile: la regolazione dell’autostima è ancora connessa, in maniera per lo più conflittuale, con gratificazioni infantili. Ad esempio si tende a cercare la gratificazione in qualcun altro («piaccio a me stesso se piaccio agli altri»), diventandone quindi dipendente, come fosse la mamma per il bambino. In termini psicoanalitici, l’Io è ancora controllato da aspirazioni, valori e proibizioni infantili. Si crea conflitto tra ciò che l’autostima spontanea del soggetto vorrebbe e quello che l’altro si aspetta che lui faccia;
- Disturbo narcisistico di personalità: caratterizzato da amore di sé patologico, amore oggettuale patologico ed organizzazione patologica del Super-Io.
Disturbo narcisistico di personalità
In parole povere il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da un amore di sé patologico che solitamente si esprime sotto forma di autoaffermazione esibizionistica e grandiosa, ma non sempre. Tutti hanno amor proprio, ma il modo con cui lo si dimostra differisce di persona in persona. Un’eccessiva tendenza a porsi al centro dell’attenzione per mezzo di grandiosità, superiorità, ambizioni sfrenate e valenze esibizionistiche è tipica dei bambini («il mio papà guadagna più del tuo»). In questi casi l’affermazione di sé non può prescindere dagli altri e dalla loro ammirazione che viene sentita come «dovuta». Nessuno è grandioso senza un confronto che non sia altrettanto grandioso. Gli affetti di questa auto-affermazione sono superficiali, alla grandiosità si alternano l’insicurezza e il timore di «mediocrità», lasciando il soggetto in balia dell’oscillazione tra superiorità e indegnità.
Il narcisista per autoaffermarsi ha bisogno di sentirsi un gigante rispetto agli altri, ma la verità è che non esiste senza di loro. Il gigante ha bisogno dei nani per essere un gigante perché tra giganti non ha nulla di speciale. Per questa ragione il narcisista patologico è incredibilmente fragile e instabile dal momento che non conta su di sé, ma su terzi. Non esiste da solo, alla grandiosità si alterna la continua insicurezza, sempre che gli altri effettivamente stiano al gioco creato dal potente narcisista, altrimenti l’insicurezza prevale nettamente sulla grandiosità se questa non viene in qualche modo confermata. In termini clinici sembrano esserci delle componenti infantili scissionali: o sono amato, o se non sono amato sono mediocre. O sono entusiasta, o sono infelice, senza vie di mezzo. Per questo motivo il narcisista deluso è ad altissimo rischio suicidario, perché basta poco per farlo cadere dal lato grandioso a quello depressivo.
Idealizzazione e dipendenza
Nei pazienti narcisisti sono presenti assenza di interesse verso gli altri e spesso disprezzo, quando in realtà ciò che viene dagli altri è essenziale per la persona che lo disprezza. L’interesse per gli altri compare quando la grandiosità suscita invidia in loro, il narcisista è il primo a coglierla perché rendere gli altri invidiosi lo fa sentire ancor più grande. Un’altra caratteristica è la falsa modestia perché ad essa generalmente segue sempre una gratificazione esterna: «non sono così speciale», «ma certo che lo sei!». Vi è sempre tanta grandiosità quanto idealizzazione degli altri: affermazioni come «lei è un grande clinico, il migliore in circolazione per questo mi sono rivolto a lei» sono traducibili in «sei l’unico alla mia altezza». Ma l’idealizzazione non si limita agli altri, spesso sono le stesse caratteristiche del paziente ad essere esaltate, ad esempio le sue sofferenze: «nessuno soffre come me, quindi è meglio che scelga qualcuno che sia all’altezza del mio grande male» oppure «nessuno si impegna quanto me, quindi tutto mi è dovuto». È evidente che stiamo parlando di una persona estremamente fastidiosa, ma al tempo stesso in difficoltà come poche, incapace di vivere autonomamente, estremamente dipendente ed in costante oscillazione tra speranza di grandiosità ed insicurezza.
Sindrome del narcisismo maligno
Il Super-Io è la componente normativa della psiche umana che suggerisce, e a volte impone, le regole morali al soggetto. Ricordando l’esempio del portafoglio, quanto più il Super-Io è integrato, tanto meno la patologia narcisistica è grave. Al contrario, ad un Super-Io corrotto corrisponde una patologia narcisistica particolarmente grave, tendente all’antisocialità. È il caso del narcisismo maligno, che tuttavia non riguarda singole persone, ma raggruppamenti di individui, accomunati da un’ideologia grandiosa: è il caso dei fanatismi.
In questo caso probabilmente non avremo ricerca di conferme negli altri, perché il gruppo sarà così coeso da formare un’unica e potente entità. I loro membri non avranno bisogno di confermare la propria identità perché questa non esisterà più, se non in funzione del gruppo che sarà più che ben identificato. Si riportano di seguito le caratteristiche comuni ai narcisisti maligni:
- Nei gruppi estremisti è facile trovare membri che senza esitazione sono disposti a morire o ad uccidere in nome del proprio gruppo, questo perché sono pregni di «ideologie» aggressive di autoaffermazione, ma anche di tendenze suicidarie ego-sintoniche (non percepite come fastidiose). Spesso il suicidio è vissuto come un trionfo, come una «fuga» magistrale dai gruppi «nemici», mentre gli omicidi non portano senso di colpa perché chi li compie ritiene che si tratti di un’azione «giusta» dal momento che è giusto aggredire qualcun altro che se lo merita, e tutti coloro che non fanno parte del gruppo estremista, che non credono nell’unica grande ideologia corretta, meritano di morire. Nella loro ottica è giusto perseguitare una persona che se lo merita (dal loro punto di vista), per questo motivo il Super-Io giustifica l’azione, sulla base del fatto che l’azione compiuta è giusta. Continua ad esserci normatività, ma in senso sadico: «va fatto», ma cosa va fatto? In questo caso l’atto malvagio di aggredire e distruggere i propri nemici, sulla base dell’ideologia distruttiva. Sia ben chiaro che stiamo parlando di ideologie, perciò non esiste narcisismo maligno al di fuori di un gruppo. Non c’è ideologia senza gruppo che la sostenga, si pensi al nazismo che riteneva giusto eliminare gli ebrei perché si pensava stessero complottando per impadronirsi del mondo, ed era questo che veniva insegnato nelle scuole, come ci mostra il film Swing Kids. Un esempio è quello dei Protocolli dei Savi di Sion, un falso assoluto utilizzato come argomentazione a favore dell’ideologia nazista, in modo tale che i persecutori potessero giustificare le loro azioni con la scusa «sto facendo un servigio al mondo». Un altro esempio è quello della mafia che parla di «famiglia» ed è conosciuta come «onorata società»: è giusto distruggere a nome della famiglia e dell’onore. I razzisti sono razzisti perché ritengono che sia giusto escludere persone inferiori per il bene comune, così il mondo sarebbe un posto migliore e più sicuro. Credono di eliminare a spazzatura del pianeta, per questo non si sentono in colpa, il Super-Io li ringrazia e si complimenta, non importa se il resto del mondo non condivide il loro pensiero, per loro quello sarà comunque il modo corretto di vedere le cose, sono gli altri che sbagliano. Ad alimentare questo meccanismo però c’è un’ideologia dal fondo estremamente paranoide;
- Tendenza paranoide evidente nel considerare altri come idoli o nemici in maniera esasperata, in funzione della loro carica all’interno del proprio gruppo o della loro posizione all’interno di un altro gruppo;
- Capacità limitata di senso di lealtà, spesso soltanto nei confronti di persone ideologicamente affini: la famiglia mafiosa o la setta fanatica. Gli altri membri del proprio gruppo sono al pari del narcisista maligno sulla base dell’ideologia comune, tutti gli altri sono nemici: il mondo si divide in amici e nemici, e gli amici si uniscono a formare gruppi distruttivi nell’ottica dell’associazionismo antisociale. I membri del gruppo diventano tutti uguali, accomunati da simboli comuni, come la svastica nel caso del nazismo, riti comuni, vestiti comuni (si pensi al Ku Klux Klan e al film L’Onda). In linea con l’idea di bisogno di chiusura cognitiva e con la Social Identity Theory descritta da Tajfel negli anni Settanta, i membri del gruppo si fondono in un’unica entità «buona», unita contro «i cattivi». Non c’è gruppo coeso senza ideologia paranoide alla base, secondo cui gli altri sono «cattivi», dunque «i buoni» sono nel giusto quando li puniscono. Se non ci sono «i cattivi», non possono esserci «i buoni». Se non ci sono gli altri non c’è identità.
Ricapitolando, quando l’aggressività è profondamente infiltrata nella struttura della rappresentazione di sé, si costituisce il narcisismo maligno, caratterizzato dal bisogno di trionfo sulla paura e sul dolore, realizzato provocando sadicamente paura e dolore agli altri, mentre il «modello base» del narcisista si limita a provocare invidia nelle altre persone per contrastare la propria, ma non arriva alle aggressioni fisiche. In pratica il narcisista è esclusivamente al proprio servizio, ma per essere al proprio servizio, ha bisogno di essere al servizio degli altri: la società in generale nel narcisismo «base» o il gruppo di pari nel narcisismo maligno. La situazione più grave è quella della personalità antisociale in cui prevalgono le relazioni basate sullo sfruttamento e l’assenza di moralità.
Dal narcisismo patologico maligno al disturbo antisociale di personalità
Con l’aumentare dell’aggressività personologica e con il diminuire di senso morale, si intensifica la patologia narcisistica. Di seguito si riportano le caratteristiche indispensabili per la diagnosi di disturbo antisociale di personalità, ovvero la personalità narcisista nella sua manifestazione aggressiva:
- Caratteristiche del disturbo narcisistico di personalità +
- Menzogne, furti, falsificazioni, frodi, prostituzione (tipo «passivo-parassitario»): tendenzialmente femminile;
- Aggressioni, rapine, omicidi (tipo «aggressivo»): tendenzialmente maschile;
- Mancanza di senso morale, assenza di rimorso o colpa;
- Totale incapacità di empatia;
- Incapacità di pianificazione del futuro;
- Pianificazione per ridurre la tensione;
- Scarsa percezione del passare del tempo.
Attenzione, non si esaurisce qui l’intero mondo dell’antisocialità. In questo caso parliamo di un disturbo palese e manifesto, ma l’antisocialità può essere anche sottile nell’assetto di personalità psicopatico, una variante ancor più grave della personalità narcisistica. A loro volta gli psicopatici, come i narcisisti, possono essere intesi in senso molto negativo, o in senso per certi aspetti positivo, si pensi ai cosiddetti «psicopatici di successo», ma questa è un’altra storia… ci basti sapere che non sempre è possibile parlare di narcisismo patologico perverso quando si tratta la psicopatia; a volte la situazione può essere ben diversa.
GRANDIOSITÀ MANIFESTA E NASCOSTA
Come abbiamo detto, nel concetto di «narcisismo» vi è una convivenza di diversi punti di vista a seconda delle prospettive, cosa che di solito vi è quando è carente la ricerca quantitativa. Se non c’è un modo chiaro ed univoco di vedere lo stesso oggetto, questo verrà visto e interpretato in modi diversi da ciascuno, finché non ci saranno dati sufficienti e sufficientemente validi in favore di una particolare prospettiva. Secondo Kerberg la mancanza di senso di colpa è dovuta ad una crescente aggressività egosintonica che finisce per allearsi con un Super-Io sempre più malvagio. Tuttavia nel corso degli anni molti autori hanno descritto un’altra faccia della psicopatologia narcisistica: quello della vulnerabilità. Lo stesso modello di Kernberg si basava più che altro su grandiosità, onnipotenza e distruttività, ma emergeva anche la necessità paradossale di dipendenza. È chiaro che al narcisista serve l’altro, ne ha bisogno per tenere in piedi il proprio costrutto personologico in maniera coerente. Man mano, con gli anni, il concetto di grandiosità è stato sempre più avvicinato a quello di vulnerabilità. Kohut soprattutto mise in risalto l’idea di dipendenza. Un problema narcisistico è quello di essere un tavolino con due gambe che richiede sempre la terza e la quarta gamba per stare in piedi. Secondo questa concezione non c’è sé senza gli altri (Oggetto sé). Nessuno di noi si libera mai dal bisogno di dipendenza dagli altri secondo Kohut, che si incentra più che altro sugli aspetti abbandonici e deficitari nella sua analisi. Se il modello kernbergiano era più altro basato sul conflitto in linea con il pensiero freudiano, quello kohutiano è basato sul deficit. Ciò che è comune è la compresenza di due facce della stessa medaglia.
Narcisismo patologico covert e overt
Spesso le due facce sono state studiate separatamente andando a creare così una distinzione in narcisismo grandioso e narcisismo vulnerabile, due fenotipi di uno stesso disturbo. Fino ad ora abbiamo descritto la componente grandiosa del narcisismo, altrimenti detta overt; l’altra componente ricordiamo essere quella vulnerabile, altrimenti detta covert o iper-vigile. Nei pazienti covert la grandiosità non è palese. La patologia non si manifesta in questo caso in maniera grandiosa, ma in maniera iper-controllante nei confronti degli altri. Il narcisista iper-vigile non fa capire agli altri la propria pienezza di sé. È la classica persona che si svaluta prima di un esame per giustificarsi, e dopo aver preso 30 svaluta l’esame per rendersi grandioso («andrà male, non mi sento pronto» / «ah si, è andato bene. È stato facile. Una banalità, non è necessario farmi i complimenti»). In senso diagnostico è molto più facile incontrare un narcisista vulnerabile rispetto ad un grandioso, ma al tempo stesso è più difficile da identificare. In entrambi i casi vi è continua insoddisfazione. Quando il paziente raggiunge un obiettivo, alza automaticamente l’asticella e svaluta immediatamente il traguardo appena raggiunto («era facile, niente di che»). Anche se si è impegnato molto per raggiungerlo, quando lo raggiunge non c’è più nulla da fare, dimentica la fatica che ha investito, ormai è fatta. Per questo motivo, ipotizzando che ottenuto molti risultati (lauree, master, esperienze all’estero e lavorative), non si reputa competente. Per lui quei risultati non coincidono con la sua aspettativa, che ormai ha superato di gran lunga i risultati raggiunti, nel momento in cui li ha raggiunti. Il nucleo alla base delle due facce è lo stesso, perciò la distinzione tra overt e covert non è per forza netta, ma spesso i due fenotipi finiscono per alternarsi in uno stesso soggetto. È anche vero però che alcune caratteristiche sono più frequenti in un assetto personologico piuttosto che nell’altro, ad esempio Il covert, a differenza dell’overt grandioso e sfidante, preferisce evitare di avere un’ambizione o di provare a perseguirla perché il potenziale fallimento nel non riuscire a raggiungere l’obiettivo sarebbe devastante. «Non riuscire» sarebbe una terribile presa di coscienza per un ego fragile che spera di essere grandioso. Per questo motivo spesse volte il covert neanche prova a studiare per un esame, neanche fa richiesta per il lavoro dei suoi sogni, anche se vorrebbe farlo in linea con l’aspettativa grandiosa di sé. Per quanto riguarda le relazioni sentimentali, solitamente i narcisisti non durano molto in una coppia. Cercano di raggiungere l’obiettivo, la conquista adrenalinica, specialmente se questa è difficile, meglio se c’è competizione con un altro contendente, ma una volta raggiunto il traguardo subentra la noia e passano ad altro. La situazione potrebbe essere diversa in caso di alta necessità affettiva.
Narcisismo patologico cause: il processo dietro al disturbo
Successivamente, per rendere il costrutto meno teorico-descrittivo e più processuale-funzionale, venne introdotta la tematica del problema di autoregolazione: cos’è il narcisismo patologico oltre ad essere una semplice etichetta? Una tendenza operativa dell’individuo ad usare una varietà di meccanismi di regolazione del sé, di regolazione degli affetti e di regolazione dei processi interpersonali nel tentativo di mantenere un’immagine di sé relativamente positiva. Dunque è necessario strutturare la personalità in costrutto che coinvolge:
- La necessità di essere validati e ammirati dagli altri;
- Ricerca di esperienze positive di auto-confermazione dall’ambiente sociale;
- Strategie messe in atto per soddisfare queste necessità;
- Capacità di fare i conti con le situazioni quando non vanno come si vorrebbe. Tutti hanno le suddette necessità, ma il narcisismo non sfocia nella patologia se la persona è in grado di bilanciare i suoi successi con i suoi insuccessi.
Questi aspetti evolvono in patologia quando diventano estremi, molto intensi e quando sono accoppiati ad un difetto nelle capacità di autoregolazione: da un lato vi è un grande bisogno di essere validati ed ammirati, dall’altro non vi è capacità di gestione della situazione che inevitabilmente deluderà le aspettative di positività molto elevate. Il narcisista patologico vuole molto, e questo potrebbe anche andare bene, ma al tempo stesso non è in grado di fare i conti con una situazione che lo delude quando gli fa ottenere poco. Spesso si trova in circostanze di gravissima frustrazione e non sa come risolvere il problema proprio perché manca delle capacità gestionali necessarie. Le aspettative elevate da sole non per forza coincidono con il narcisismo patologico. Un soggetto dalle alte aspettative, ma che sa comunque gestire i suoi insuccessi, non è patologico. Il narcisista non è un ambizioso, ma un ambizioso incapace di incassare i fallimenti. Di conseguenza mette in atto una lunga serie di comportamenti che gli consentono di far fronte alla realtà affinché le sue aspettative non vengano deluse, perché se venissero deluse, sa che cadrebbe in depressione.
Narcisismo patologico: sintomi e caratteristiche
Il difetto nell’autoregolazione è in grado di unificare le due rappresentazioni del narcisismo apparentemente contrapposte: il narcisismo grandioso e quello vulnerabile. Di seguito ciò che è comune ad entrambi i fenotipi:
- Sentimento cronico di insoddisfazione rispetto a qualcosa che viene dall’esterno, come se avessimo a che fare con una persona che mangia in continuazione ma continua ad avere fame;
- Preoccupazione cronica rispetto alla propria immagine nel mondo sociale. Da un lato il narcisista è insaziabilmente insoddisfatto rispetto a ciò che gli viene dato, dall’altro, contemporaneamente, è costantemente insicuro rispetto a ciò che gli altri pensano di lui. Le due cose insieme sono disastrose: anche quando gli altri danno qualcosa di buono, in un certo senso il narcisista non percepisce nulla di positivo perché non è certo di quello che gli hanno dato, non ne è sicuro, e al tempo stesso vorrebbe ancor più di quello che ha avuto… si crea un circolo vizioso di insoddisfazione, dubbio, ansia e sofferenza;
- Non è possibile fare a meno di avere costantemente esperienze positive e confermative, cosa che ovviamente crea un mondo di illusioni difensive (o di depressione), perché non è possibile che la realtà sia sempre positiva, quindi è meglio credere che lo sia;
Come cavarsela in un mondo difficile?
Il paziente narcisista grave non raggiunge mai la positività e al tempo stesso non tollera la negatività. È in un costante inferno personale. Come cerca di cavarsela quindi in un mondo che va contro le sue aspettative?
- Selezione dell’ambiente. Andrà a mettersi alla prova solo in situazioni in cui è sufficientemente sicuro di affermarsi, motivo per cui cercherà di svalutare gli altri specialmente in situazioni in cui è sicuro che gli altri si facciano svalutare. Compete con chi ha vittoria facile e questo tipo di competizione ci dice molto sulla sua profonda insicurezza rispetto al confronto. Gioca a wrestling con i bambini, che poi non possono fare altro che dire «che bravo che sei»;
- Il narcisista dunque ha bisogno di complici. Se le cose vanno andare storte (magari i bambini sono fortissimi nel wrestling!), prova rabbia e invidia o rischia di deprimersi. Come fa per regolarsi? Con manipolazioni cognitive e affermazioni come «non mi interessava più di tanto» oppure «non ci sarebbe riuscito nessuno»;
- Tendenza all’evitamento rispetto alle situazioni incerte, specialmente nel caso della forma covert. Ricordiamo infatti che il narcisista si mette in gioco solo quando è sicuro di avere successo. Evita tutte le altre situazioni.
Piuttosto che essere distinti in due sottotipi in maniera categoriale, il concetto di autoregolazione permette di descrivere il costrutto in funzione di livelli differenti di vulnerabilità e grandiosità, intesi come due poli di un continuum e non due categorie. Secondo il modello di Pincus, entrambe le dimensioni possono essere overt o covert, quindi evidenti o nascoste. Non è giusto dire che grandiosità = overt e vulnerabilità = covert, ma ambedue possono essere sia overt che covert. Il bisogno di grandiosità ad esempio può non essere manifesto (covert quindi), ma esserci, e viceversa. Un sacerdote ad esempio potrebbe essere in generale covert, quindi non-esplicitamente-grandioso, ma potrebbe ritrovare nella toga una manifestazione overt della propria grandiosità, un contenitore sicuro ed inattaccabile, addirittura è simbolo della comunicazione con Dio stesso.
NARCISISMO PATOLOGICO: ALTRI PROBLEMI DELLA SOCIETÀ ATTUALE
Viviamo nell’epoca della televisione, dei videogiochi e dei social media: fra le influenze potenziali più rilevanti che questi possono avere vi sono quelle che riguardano lo sviluppo etico dei bambini. In molti programmi a spot pubblicitari sembra che la povertà non esista e che sia facile avere ciò che si vuole, senza attendere e senza alcun sacrificio. Adolescenti che vedono molta televisione sono più propensi a ritenere che ciò che conta nella vita è avere tanti soldi e poter fare ciò che fa più comodo. Inoltre è stato visto che i bambini esposti alla violenza in TV manifestano successivamente un tasso più elevato di comportamenti aggressivi. Gli effetti dei programmi sono accentuati in quei bambini che si identificano fortemente nei personaggi, cosa che li spinge ad essere meno sensibili nei confronti dei fatti violenti, come se questi fossero «normali». La realtà sociale tende ad assumere un carattere pauroso o persecutorio suscitando la continua ansia e paura di essere aggrediti, il pessimismo nei confronti delle intenzioni degli altri, la tendenza a vedere nemici dappertutto. L’era della televisione sembra dunque facilitare lo sviluppo di aggressività, edonismo e persecuzione, tutte caratteristiche in parte del narcisismo patologico, in parte del narcisismo maligno e dell’antisocialità. Tuttavia non sempre i media sono da intendere in termini negativi, hanno delle enormi potenzialità, ma per trattare quest’altro argomento sarebbe necessario come minimo un secondo articolo.
L’autorealizzazione personale nella coppia genitoriale
Un’altra questione piuttosto attuale riguarda il mutamento del legame di coppia: ad oggi è centrale il processo autorealizzativo, non legato alla coppia ma all’individuo, e il legame di coppia appare come una mera componente di questo processo, mentre in passato era visto come un’alleanza tra famiglie, o un’affermazione sociale. Altrettanto centrale è il legame con il figlio e l’affetto nei suoi confronti (puerocentrismo narcisistico), a discapito della direttività relazionale che invece regnava sovrana nelle epoche passate. Il figlio non era il centro della coppia, ma solo una parte della stirpe. Oggi invece la sua identità è assolutamente centrale. Di questi tempi si vive per l’autorealizzazione (propria e degli altri) e nell’autorealizzazione, e spesso è questo che viene insegnato dai genitori ai figli, motivo per cui non è infrequente sentirsi prevaricati dagli altri che provano a realizzare loro stessi mentre si tenta di realizzare sé stessi. Si crea un ovvio conflitto tra sé stessi e gli altri che altro non fa che creare problemi a chi lo sperimenta.
Mutamento del significato di figlio
Ultimamente i genitori attribuiscono grande valore i figli, sia come fonte di realizzazione personale, sia come elemento che favorisce la riuscita della relazione di coppia. La crescente debolezza della coppia (si pensi al calo drastico dei matrimoni e all’aumento dei divorzi) sembra essere rimpiazzata dalla solidità del legame con il figlio. Il piccolo viene così caricato di una responsabilità molto più grande di lui: istituire la coppia dei suoi genitori, assumendosi così ingiustamente un peso che non gli compete. La stabilità relazionale non può dipendere dai figli.
Inoltre il massiccio investimento affettivo e cognitivo nel figlio porta poi come conseguenza un rallentamento e una difficoltà nel processo di distacco. La diminuzione delle nascite e il loro carattere di avvenimenti fortemente desiderati fa sì che queste assumano caratteristiche ad «alto concentrato emozionale». I genitori finiscono per investire troppo nei pochi figli che mettono al mondo e ciò può costituire un problema per i bimbi poiché essi sentono di dover rispondere ad altissime aspettative.
La «famiglia lunga»
La transizione alla vita adulta assunto nuove connotazioni rispetto al passato quando esse era più breve. I giovani sono inoltre sempre più restii a fare scelte definitive, piuttosto vogliono provare a lasciare aperte più possibilità e a mantenersi liberi di rivedere le scelte effettuate. Dal punto di vista del giovane, questa transizione è un tempo dominato sia da una ricchezza di possibilità che da incertezza. Peraltro, complici la pressione sociale ad un tenore di vita elevato, sono poco propensi ad accettare lavori che siano al di sotto o diversi dalle loro aspettative. La decisione di sposarsi in particolare di avere i figli è sempre più posticipata: i giovani desiderano poter avere tempo a disposizione per sperimentare diverse alternative e non vogliono prendere decisioni importanti troppo presto nella loro vita: il rischio di fare la scelta sbagliata è troppo alto. Ricordiamoci infatti che ciò che orienta le scelte di vita di oggi è un sistema di valori improntati all’autorealizzazione: di questi tempi la costruzione dell’identità adulta il più delle volte passa attraverso un ripiegamento narcisistico su di sé.
Lo sviluppo morale
Kohlberg delineò una sequenza stadiale di tre livelli di moralità, ognuno articolato in due sotto stadi, rispetto ai quali era possibile classificare lo sviluppo del pensiero morale:
- Livello pre-convenzionale nei bambini in età di scuola elementare: nel giudizio morale prevale la considerazione di ciò che segue ad un azione in termini di vantaggi o punizioni, o di soddisfacimento dei bisogni del singolo;
- Convenzionale: il criterio della moralità è il rispetto di norme socialmente approvate, dapprima in quanto valide nel proprio gruppo di appartenenza, poi come norme generali condivise da tutti in quanto necessarie al mantenimento dell’ordine;
- Livello post-convenzionale: le norme si ispirano a principi etici, dapprima derivanti da un contratto sociale che rispetta i valori condivisi, infine da principi universali, dei quali ognuno risponde solo di fronte alla propria coscienza, come fosse l’imperativo categorico di Kant.
Questa suddivisione in stadi non fa altro che ricalcare l’esempio del portafoglio riportato nei primi paragrafi. Probabilmente, a causa dei valori edonistici che vengono esaltati di questi tempi, l’evoluzione dello sviluppo morale tende a fermarsi sempre più spesso sui primi due punti anziché procedere fino all’ultimo stadio.
Si stava meglio prima?
Se le famiglie fossero quelle di una volta e se non ci fosse la televisione comunque ci sarebbero molti problemi comportamentali e personologici nei giovani. Forse si sentirebbe parlare meno di narcisismo patologico, ma ci sarebbero tanti altri problemi legati alla diversa concezione della famiglia e delle norme. Ciò non significa che ci si debba accontentare della società attuale senza alcun lamento, la spinta al miglioramento delle condizioni di vita deve essere sempre presente, ma sia chiaro che ogni epoca ha le sue patologie, si pensi all’isteria, ormai svanita, ma centrale nelle terapie dei secoli passati. Inoltre non è detto che tutto riconduca per forza al narcisismo. Con queste prerogative non è certo che il bambino sviluppi una patologia narcisistica in età adulta, a volte possono sorgere altri tipi di problemi, dopotutto vi sono anche altri disturbi altrettanto presenti, ad esempio il disturbo borderline di personalità. Nonostante la notevole diffusione del narcisismo patologico, attenzione alle diagnosi differenziali! È il caso della stasi dell’identità, definibile come un prolungamento dell’adolescenza, in linea con il concetto di «famiglia lunga» descritto nei paragrafi precedenti. Si tratta di cristallizzazione di un’età evolutiva che non riesce ad evolversi e spesso si manifesta proprio quando ci sono passaggi di identità significativi. Chi non si laurea è il caso esemplare: butta via tutto e ricomincia da capo in un’altra facoltà quando mancano solo due esami. Il rischio è quello di mettere in piedi una vita parassitaria, dipendente, di tipo infantile; tipica è la complicità dei genitori che non riescono mai ad opporsi. Non è da escludere che questo tipo di problema si verifichi contemporaneamente ad un disturbo narcisistico di personalità, dopotutto entrambi si basano su un funzionamento infantile, ma non è neanche da escludere che sia assolutamente indipendente da esso. Le diagnosi, e soprattutto le diagnosi differenziali, non possono essere fatte sulla base del senso comune, sono richieste competenze tecniche affinché le persone non vengano assegnate erroneamente alla categoria sbagliata, cosa che potrebbe creare conflitti ed ulteriori problemi anziché risoluzioni.
Fonte
- Psicologia dei legami familiari, Il mulino
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Varin D. (2005) - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), Raffaello Cortina Editore
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