I lobi frontali rendono gli esseri umani differenti dai loro antenati e dagli altri animali: le funzioni cognitive superiori, la capacità di risolvere problemi e di regolare il comportamento sono caratteristiche tutte umane, e sembrano essere localizzate proprio nelle aree frontali del cervello.
IN BREVE
Indice
EVOLUZIONE E SVILUPPO DEI LOBI FRONTALI
I lobi frontali identificano la regione anteriore degli emisferi cerebrali, e quella più grande del cervello dei mammiferi. Nel corso dell’evoluzione della specie umana le proprietà e la grandezza dei lobi frontali sono notevolmente aumentate, soprattutto a causa della comparsa di funzioni esclusivamente umane, quali il linguaggio e la capacità di monitorare il comportamento.
La comparsa delle funzioni umane
Lo sviluppo delle funzioni linguistiche nel corso dell’evoluzione ha riguardato la sola specie umana. Dal punto di vista cerebrale questo processo ha interessato soprattutto l’emisfero sinistro, e particolarmente il lobo frontale di sinistra per quanto concerne la produzione del linguaggio. Esiste infatti un’area, chiamata area di Broca, deputata all’elaborazione dei movimenti necessari per articolare i suoni. Comunque, ogni comando motorio – sia legato al linguaggio, sia legato al movimento del corpo – non è isolato e non può prescindere dalla pianificazione e dal monitoraggio del proprio comportamento, in funzione degli scopi personali, delle motivazioni e dell’ambiente. Ciò chiama in causa il ruolo della regione più anteriore del lobo frontale, la corteccia prefrontale. Si tratta dell’area corticale che si è sviluppata più recentemente nel corso dell’evoluzione, e che permette all’uomo di implementare strategie, pianificare le proprie azioni e risolvere problemi. Quest’area dei lobi frontali, inoltre, regola le emozioni grazie alle numerose connessioni con i circuiti emotivi. Nessun’altra specie animale, o primate, possiede una corteccia prefrontale delle proporzioni osservate nell’essere umano.
I lobi frontali nel corso dello sviluppo
Anche lo sviluppo del cervello, dall’embrione all’uomo adulto, ripercorre le stesse tappe dell’evoluzione. Ciò vuol dire che maturano per prime le aree che elaborano le informazioni ambientali. Il lobo frontale è l’ultimo a raggiungere il completo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda la corteccia prefrontale, e lo fa addirittura intorno ai 20 anni di età. Anche per questa ragione, gli adolescenti possono avere condotte rischiose, senza stimarne correttamente le conseguenze. Tra le funzioni della corteccia prefrontale ci sono la regolazione delle emozioni e l’autocontrollo. Se questa struttura non è pienamente matura è più facile lasciarsi trasportare emotivamente e cedere ai comportamenti impulsivi, ed è più facile preferire le ricompense immediate a quelle più lontane nel tempo. Non a caso l’adolescenza è il periodo in cui la vulnerabilità allo stress è massima, e in cui i disturbi mentali compaiono più frequentemente. E’ come se in questa fase della vita il comportamento sia regolato soprattutto dai circuiti emotivi, i quali non vengono controllati dai centri di controllo prefrontali. Ma perché la corteccia prefrontale è l’ultima struttura cerebrale a maturare? Una delle ipotesi è che ciò permetta alle esperienze postnatali di influenzare il suo sviluppo, con un vantaggio evolutivo per l’adattamento all’ambiente.
LA PIANIFICAZIONE DEL COMPORTAMENTO UMANO
Le nostre azioni sono determinate da obiettivi e scopi personali, e risentono dell’influenza dello stato motivazionale e della realtà esterna. Il semplice movimento diretto verso il cellulare, o le complesse operazioni mentali per risolvere un compito logico, richiedono sempre una pianificazione e l’automonitoraggio implicito di ciò che facciamo. Tutto questo non sarebbe possibile senza le funzioni esecutive.
Il movimento
Quando vogliamo afferrare un oggetto, o scuotere le nostre dita, sono i neuroni della regione posteriore del lobo frontale che ci consentono di muoverci volontariamente: essi fanno parte dell’area motoria, e naturalmente si servono di tantissimi altri input provenienti dal resto del cervello. La corteccia motoria primaria è quella che direttamente ci fa eseguire i movimenti. Qui ci sono gruppi di neuroni che codificano per i movimenti di diversi segmenti del corpo: a questo proposito si parla di rappresentazione somatotopica. Vale a dire che le parti del corpo più “rappresentate” nella corteccia motoria sono quelle che controllano i movimenti più fini, per esempio le dita della mano. Ovviamente ogni movimento volontario eseguito è la conseguenza di un processo di pianificazione, che segue l’intenzione di fare qualcosa. Per quanto sembri semplice e rapido, il cervello ha il compito di implementare piani d’azione in relazione ai nostri obiettivi e alle nostre motivazioni, e alle richieste dell’ambiente, che possono variare di momento in momento. Per fare questo nessun comportamento, incluso il movimento, può avvenire senza il controllo dei lobi frontali e della corteccia prefrontale, sede delle funzioni esecutive.
Le funzioni esecutive
Le funzioni esecutive sono i processi cognitivi superiori che permettono agli esseri umani di elaborare strategie e sequenze di azioni utili a risolvere problemi e a raggiungere specifici obiettivi. Questo presuppone la capacità di monitorare e modificare il comportamento in maniera flessibile, alla luce delle nuove informazioni provenienti dall’esterno. Il centro esecutivo del cervello umano è nella corteccia prefrontale, soprattutto in quella regione chiamata corteccia prefrontale dorsolaterale (CPFdl). Tra le funzioni principali della CPFdl ci sono il controllo del ragionamento e la memoria di lavoro. La memoria di lavoro (Working Memory, WM) è una delle più importanti funzioni esecutive. Grazie ad essa possiamo mantenere brevemente in memoria le informazioni che recuperiamo dai nostri vecchi ricordi o che arrivano dall’ambiente. Per esempio, se udiamo una lista di parole, esse vengono registrate nella WM per qualche decina di secondi. Queste parole possiamo ricordarle e ripeterle non solo nell’ordine con cui ci vengono presentate, ma anche al contrario: la WM ci consente di manipolare le informazioni immagazzinate. La codifica e la manipolazione dei dati deve essere in aggiornamento continuo, perché la realtà intorno a noi muta di momento in momento. Per raggiungere uno scopo è inoltre necessario focalizzarsi sugli aspetti essenziali dell’obiettivo, e trascurare le informazioni irrilevanti: questa capacità è chiamata Set Shifting. Occorre la pianificazione di sequenze d’azione (Planning) attraverso il minor numero possibile di step, e la capacità di inibire le risposte abituali, ovvero non appropriate per l’obiettivo (Response Inhibition). La neuropsicologia studia le funzioni dei lobi frontali mediante dei test in laboratorio. Per esempio, la response inhibition viene esaminata con il test di Stroop. In questo test vengono mostrate su un monitor delle parole scritte con una diversa colorazione. Le parole possono essere ROSSO, VERDE, BLU, GIALLO; il loro inchiostro può essere rosso, verde, blu, giallo. La nostra mossa abituale è quella di leggere la parola, ma il compito consiste nel riconoscere il colore della parola. L’obiettivo, quindi, è quello di arrestare una risposta automatica.
La regolazione delle emozioni
La corteccia prefrontale umana non è soltanto un centro esecutivo. Per comportarci in maniera adeguata nelle diverse situazioni sociali dobbiamo regolare le nostre emozioni e come le esprimiamo. Questa funzione è associata all’attività della corteccia prefrontale ventromediale (CPFvm), che possiede, non a caso, molte connessioni con le strutture cerebrali responsabili dell’elaborazione delle emozioni. Tutte le aree che fanno parte dei circuiti emotivi, tra cui l’amigdala, sono soggette al controllo della corteccia prefrontale: in questo modo avviene la regolazione emotiva. In molte condizioni psichiatriche, come i disturbi d’ansia, il controllo inibitorio sui circuiti emotivi è ridotto, per cui l’umore e le emozioni sono alterati, e si parla di disregolazione affettiva. Nella CPFvm processi cognitivi e processi emotivi si integrano, gli stati emozionali influenzano le decisioni che prendiamo e orientano il comportamento. Specificatamente, la CPFvm sostiene i processi decisionali che hanno un valore personale e che possono determinare conseguenze dal punto di vista emotivo o motivazionale.
IL DANNO AI LOBI FRONTALI: EFFETTI SUL COMPORTAMENTO
Le lesioni a carico dei lobi frontali impediscono la normale regolazione del comportamento, e le conseguenze sono variabili a seconda di diversi fattori. Lesioni in sedi diverse produrranno disturbi diversi, i quali risentiranno anche dell’influenza dell’estensione del danno, delle altre aree interessate e del tipo di personalità posseduta prima del danno frontale.
L’improvvisa mancanza di motivazioni e obiettivi
Il danneggiamento di alcune aree prefrontali rende gli individui privi di motivazioni e incapaci di raggiungere dei fini, a causa dell’assenza di iniziativa o impegno. Quali sono le cause e i sintomi di questo stato di apatia? L’apatia cognitiva è caratterizzata da difficoltà a generare sequenze d’azione utili a raggiungere un obiettivo – planning – e incapacità di modificare il comportamento in maniera flessibile – set shifting. Per questa ragione quando devono effettuare un compito mettono in atto dei comportamenti perseverativi, vale a dire che mantengono le stesse strategie usate anche quando non risultano più efficaci. La lesione responsabile di questo disturbo è localizzata nel centro esecutivo del cervello, ovvero la CPDdl. L’apatia emotiva è causata dalla disfunzione dei circuiti che collegano la CPFvm alle aree dell’elaborazione delle emozioni. Le persone con questo disturbo sono incapaci di associare un valore affettivo ai comportamenti da eseguire: diventano meno interessati alle loro solite attività piacevoli e alla cura personale, e non riescono a prevedere i possibili effetti delle loro azioni.
Dal comportamento normale alla sociopatia
Nel 1848 un operiaio statunitense chiamato Phineas Gage fu colpito accidentalmente da una sbarra di metallo, che attraversò la parte anteriore del suo cranio proprio in corrispondenza dei lobi frontali. In seguito all’evento Gage ebbe un brusco cambiamento di personalità. Tornò subito cosciente e autonomo, ma divenne incredibilmente intollerante, aggressivo e volubile con le altre persone. La barra di ferro aveva lesionato la sua CPFvm e lo aveva reso incapace di regolare il suo comportamento. In generale, la condotta sociale inappropriata da lesione frontale viene descritta sociopatia acquisita. La differenza rispetto alla normale sociopatia è che chi ha un danno della corteccia prefrontale ventrale, prima del trauma, aveva un comportamento accettabile e aveva acquisito le comuni regole sociali. Le loro conoscenze sulle norme e sulle leggi sono intatte, ma non riescono più a gestire i conflitti e le frustrazioni senza diventare aggressivi, sono incapaci di essere empatici e di immaginare le conseguenze che le loro azioni producono Altri tratti caratteristici della sociopatia acquisita sono la logorrea, i continui riferimenti sessuali, il comportamento invadente e la mancanza di rimorso e colpa.
Quando le emozioni negative sono incontrollabili
La neurobiologia delle patologie psichiatriche ha dimostrato che quasi ogni disturbo mentale è caratterizzato dalla riduzione dell’attività dei lobi frontali, in particolare della corteccia prefrontale. Questo è il caso anche della depressione e dell’ansia, in cui i circuiti emotivi sono iperattivi e non regolati a sufficienza. Nello specifico le persone depresse hanno uno scarso funzionamento delle aree prefrontali laterali e mediali: per questo motivo sono apatiche e poco interessate alle loro solite attività, anche quelle più piacevoli, e hanno difficoltà di memoria. Inoltre il loro lobo frontale di destra, deputato all’elaborazione delle emozioni negative, è più attivo di quello sinistro, deputato all’elaborazione delle emozioni positive. Sull’altro versante, l’ansia patologica è uno stato persistente di allarme e preoccupazione. Uno dei centri cerebrali più importanti nell’elaborazione dei pericoli e della paura è l’amigdala, e non a caso, nei disturbi d’ansia questa struttura è molto reattiva. Allo stesso tempo è alterato il funzionamento della corteccia prefrontale, e per questa ragione la regolazione delle emozioni è resa ancora più difficile.
Fonte
- The Evolution of the Brain, the Human Nature of Cortical Circuits, and Intellectual Creativity
Frontiers in Neuroanatomy - Repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) at high and low frequency: an efficacious therapy for major drug-resistant depression?
Clinical Neurophysiology - The cognitive neuropsychology of obsessive-compulsive disorder: A critical review
Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders - Manuale di neuropsicologia
G. Denes et al. (2019)