A causa dell’uomo, c’è un eccessivo rumore subacqueo negli oceani. Questo il risultato di uno studio, che mette in risalto come l’inquinamento acustico subacqueo sia diventato, in silenzio, un importante fattore di stress per gli organismi marini, influenzando negativamente queste specie. Scopriamo in che modo il rumore antropico influisce sugli ecosistemi marini, quali sono le principali cause, e quali sono le possibili soluzioni per il futuro.
IN BREVE
Indice
I PAESAGGI SONORI DEGLI OCEANI
I paesaggi sonori sono definiti come il suono ambientale in termini di attributi spaziali, temporali e di frequenza, e i tipi di sorgenti che li generano, stanno cambiando rapidamente nella nostra era, l’Antropocene, a causa del rumore subacqueo antropico. I suoni presenti naturalmente negli oceani sono i rumori naturali provenienti da fonti geologiche (geofonia) e da fonti biologiche (biofonia). Il contributo umano, prima della Rivoluzione Industriale, era una frazione minima. Ma quali erano le fonti di rumore dell’oceano prima dell’Antropocene? Tra le componenti della geofonia, troviamo il rumore dei terremoti, dei vulcani sottomarini e delle bocche idrotermali. Oltre ai processi geologici, anche le condizioni meteorologiche sono un contributo importante: il vento che soffia sull’oceano, la pioggia o la grandine che cadono sulla superficie del mare, le onde che si infrangono e le bolle di gas che si alzano e scoppiano in superficie generano un rumore costante. In altre regioni del mondo, come ai poli, altri rumori subacquei dominano il paesaggio, come quelli generati dallo scioglimento dei ghiacci, come nel caso della calotta glaciale della Groenlandia, o dal distacco degli iceberg. Ma oltre a questi suoni, c’è anche il rumore prodotto dagli organismi marini.

La biofonia: anche i pesci “parlano”
Il suono si propaga velocemente e a grandi distanze sott’acqua, trasportando le informazioni su scale spaziali maggiori rispetto alla maggior parte degli altri segnali sensoriali, come le sostanze chimiche. Proprio per questo, gli animali marini hanno sviluppato un’ampia gamma di recettori per rilevare il rumore provocato dagli altri organismi. L’udito negli animali marini varia molto: invertebrati marini, pesci e rettili, percepiscono suoni di frequenza relativamente bassa (di solito <5 kHz), mentre i cetacei sono in grado di rilevare suoni ad alta frequenza (fino a 200 kHz). Il range uditivo degli animali marini è un fattore determinante per le loro risposte comportamentali ai suoni oceanici, e per la loro vulnerabilità agli impatti delle diverse fonti di rumore antropico.
Ma gli organismi marini non solo ascoltano, ma producono anch’essi rumore: con suoni che vanno dagli infrasonici (<20 Hz) agli ultrasuoni (> 20 kHz). Questi rumori possono essere modulati in frequenza e in ampiezza, e possono essere emessi come impulsi singoli o in sequenze regolari. Il canto continuo di singoli individui, il coro di un gruppo, i rumori di alcuni animali mentre si nutrono o si muovono possono aumentare i livelli sonori dell’ambiente. Ma perché gli organismi marini “parlano”? Ci sono diverse ragioni: la navigazione, la caccia, la difesa del territorio, o il corteggiamento durante la riproduzione. Ad esempio, i gamberi pistola (Alpheus heterochaelis) producono un forte rumore con la chela più grande, creando vere e proprie onde d’urto che stordiscono la preda. I cetacei cantano vere e proprie melodie, spesso per attirare individui dell’altro sesso. Anche il maschio della rana pescatrice (Lophius piscatorius) produce un rumore simile ad un ronzio, nel tentativo di attirare le femmine. Tuttavia, a tutti questi suoni naturali, soprattutto di recente, se ne è aggiunto un altro, il rumore antropico.

RUMORE SUBACQUEO E ATTIVITÀ ANTROPICA
L’attività umana ha introdotto una nuova componente, definita come antrofonia.
Ma in che modo facciamo rumore subacqueo? La maggior parte del nostro rumore è un sottoprodotto non intenzionale delle nostre attività, che si stanno intensificando, attraverso l’oceano. Ad esempio, negli ultimi 50 anni, l’aumento del traffico marittimo ha portato ad un aumento stimato di 32 volte del rumore, lungo le principali rotte. Il rumore delle navi, essendo a bassa frequenza, è inoltre in grado di propagarsi su lunghe distanze. Anche la costruzione e il funzionamento delle infrastrutture petrolifere, aumentano l’antrofonia, così come le tecniche che prevedono di raschiare il fondo dell’oceano, che si tratti di dragare il fondale marino, raccogliere minerali o pescare a strascico, tutte producono vibrazioni e rumore subacqueo. In alcune aree del sud-est asiatico, o in Africa, viene ancora usata anche la pesca con dinamite, per stordire i pesci. Persino le indagini sismiche per rilevare depositi di petrolio e gas nei fondali marini, e gli studi scientifici sulla mappatura dei fondali possono produrre rumore. Ma oltre a produrre rumore, l’uomo ha anche modificato le altre componenti: ad esempio, la caccia alle balene ha portato ad una forte diminuzione dei loro canti in tutti gli oceani. Persino il cambiamento climatico sembra possa influire, perché il suono viaggia più velocemente in un oceano più caldo.

Le conseguenze per gli ecosistemi
Il nostro rumore può interferire con l’elaborazione dei segnali uditivi naturali da parte degli animali marini, un effetto chiamato “mascheramento“, che riduce le possibilità di comunicazione per le specie. Infatti il rumore antropico si sovrappone con le bande di frequenza dell’udito delle specie marine, in molte aree. Il mascheramento dei suoni degli organismi o dei segnali ambientali che indicano la presenza di prede o predatori può causare perdita di coesione sociale, mancate opportunità di caccia o incapacità di evitare un predatore. Il rumore delle navi può interrompere gli spostamenti, la caccia, la socializzazione, la comunicazione ed il riposo nei mammiferi marini. Anche l’insediamento delle larve di alcune specie può essere alterato da un eccessivo rumore, in quanto il suono è un fattore importante per determinare se un’area è idonea o meno.
Anche per questo, il monitoraggio acustico subacqueo è un’analisi che può rivelare lo stato di salute di un ecosistema marino. Secondo uno studio, ci sono forti evidenze che il rumore antropico influisca negativamente sugli organismi marini. I mammiferi marini sembrano i più vulnerabili, seguiti da pesci e invertebrati marini. Il rumore delle navi, i sonar, i dispositivi di dissuasione acustica, così come il rumore proveniente dalle infrastrutture petrolifere sembrano essere le principali cause dell’antrofonia. Spesso i suoni prodotti dall’uomo compromettono e capacità uditive degli organismi marini, ma possono anche indurre cambiamenti fisiologici o portare a risposte evasive. Le risposte evasive possono essere comunque dannose in quanto potrebbero allontanare le specie da zone idonee ad altre meno idonee, dove la sopravvivenza potrebbe non essere sicura.
UN FUTURO IN “MODALITÀ SILENZIOSA”
Il lato positivo dell’inquinamento acustico subacqueo, è che, a differenza di altri tipologie di inquinamento, non è persistente nell’ambiente, una volta rimosse le fonti.
Di conseguenza, è fondamentale che ci sia la consapevolezza degli impatti del rumore antropico sugli ecosistemi marini, per agire con azioni politiche tese ad incentivare l’utilizzo di migliori tecnologie che possano ridurre l’antrofonia. Un primo passo, può essere diminuire la velocità e modificare le rotte delle navi, che può o ridurre il rumore o deviare gli impatti dalle aree più importanti e sensibili. Ad esempio, la riduzione da 15,6 a 13,8 nodi delle velocità di navigazione per le navi sulle principali rotte marittime nel Mediterraneo orientale, ha portato a una riduzione stimata del rumore subacqueo, nel Mar Mediterraneo, del 50% tra il 2007 e il 2013. Anche la riduzione del traffico navale nella Baia di Fundy, in Canada, dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, ha comportato una diminuzione di 6 dB del rumore antropico. Persino la pandemia da COVID-19 sembra aver avuto degli effetti, a causa del confinamento delle persone, alcune specie, come gli squali, hanno sperimentato un’insolita espansione dei movimenti verso corsi d’acqua generalmente rumorosi e trafficati, come porti e aree urbane costiere. Vista la crescente importanza dell’economia basata sull’oceano, che si prevede raddoppierà il suo contributo al prodotto interno lordo globale entro il 2030, è fondamentale tutelare e salvaguardare gli ecosistemi marini, mitigando o eliminando i possibili fattori di stress, come l’inquinamento acustico.

Fonte
- Duarte et al., 2021. The soundscape of Anthropocene ocean.
Science
- Duarte et al., 2021. The soundscape of Anthropocene ocean.