Ogni anno, nel mondo, circa 140.000 persone muoiono a causa dei morsi dei serpenti velenosi, mentre circa 400.000 persone subiscono lesioni tali da indurre da disabilità. Ci sono diverse specie di serpenti velenosi in Italia, soprattutto appartenenti al genere Vipera. Scopriamo quali specie sono, dove si trovano, e le tossine contenute nel loro veleno: rappresentano un rischio sottovalutato?
IN BREVE
Indice
UN RISCHIO CONCRETO?
Nel 2009, i morsi di serpente sono stati inclusi nell’elenco delle malattie trascurate dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Nel 2019, l’OMS ha anche lanciato la sua roadmap, che mira a dimezzare la morte e la disabilità per morso di serpente, entro il 2030. Ogni anno infatti, i morsi di serpente uccidono tra 81.000 e 138.000 persone, e causano disabilità in circa 400.000 persone. Per fare un paragone, queste statistiche sono simili a quelle del cancro alla prostata e al collo dell’utero. È noto che il genere Vipera è il più coinvolto nei morsi di serpenti velenosi europei. Considerando che l’Europa ha un numero elevato di specie di Vipera con aspetti medici rilevanti, e che l’Europa mostra diversi habitat favorevoli, c’è la possibilità che i rischi per la salute siano elevati, confermando il fatto che i morsi di serpente in Europa sono una malattia con incidenza, morbilità e mortalità trascurata.

VELENO: QUALI TOSSINE CONTIENE?
Il veleno dei serpenti è una miscela di proteine e peptidi, molecole organiche e sali in un mezzo acquoso. Ad oggi, è stato scoperto che il veleno dei serpenti è costituito da 50-200 componenti diversi, generalmente appartenenti a quattro famiglie di tossine principali: fosfolipasi A2 (PLA2), metalloproteinasi del veleno di serpente (SVMP), serina proteasi del veleno di serpente (SVSP) e “tossine a tre dita” (3 FTx). Il veleno delle specie appartenenti al genere Vipera è principalmente emotossico e citotossico, sebbene possano essere presenti anche componenti neurotossiche, in particolare in alcune specie. Ad ogni modo, la composizione del veleno varia sia a livello interspecifico che intraspecifico, a seconda di fattori come l’ontogenesi, la dieta, il sesso e l’adattamento su scala locale all’ambiente fisico.
Fosfolipasi A2 (PLA2)
Le fosfolipasi A2 dei serpenti appartengono alla superfamiglia dei PLA2. Gli enzimi PLA2 si trovano nel veleno di aracnidi, insetti e serpenti. Questo gruppo di enzimi catalizza l’idrolisi del legame acilico nei fosfolipidi di membrana negli eritrociti e in varie cellule. La conseguenza di questa reazione biochimica non è solo la lesione della membrana, che porta all’emolisi diretta, ma anche un rilascio sproporzionato di acido arachidonico. La successiva formazione di mediatori antinfiammatori e infiammatori come prostaglandine e leucotrieni dall’ acido arachidonico, porta agli altri effetti del morso di serpente, come infiammazione e dolore. Molti degli enzimi PLA2 producono un ampio spettro di effetti tossici: neurotossicità, miotossicità, cardiotossicità, citotossicità, anticoagulazione, convulsioni e ipotensione.
SVSP e SVMP
Le SVSP e le SVMP esercitano la loro attività procoagulante prendendo di mira i fattori della coagulazione coinvolti nella cascata di reazioni che porta alla coagulazione del sangue. Le SVMP sono filogeneticamente più strettamente correlate alla famiglia di proteine ADAM (disintegrina e metalloproteasi) dei mammiferi e appartengono alla famiglia delle metalloproteasi. Le SVMP sono i fattori principali responsabili dell’emorragia locale e sistemica. L’attività emorragica delle SVMP è legata alla rottura delle pareti dei vasi, che consente la fuoriuscita del contenuto sanguigno nello stroma in seguito alla scissione dei componenti della membrana basale sottostante le cellule endoteliali capillari. Non tutte le SVMP possiedono attività emorragica, ma alcune prendono di mira il sistema emostatico del corpo, attraverso effetti pro o anticoagulanti (ad esempio con l’attivazione della fibrinogenasi, fibrolasi, protrombina), inibendo l’aggregazione piastrinica e con attività apoptotiche o pro-infiammatorie.

QUALI SONO I SINTOMI DI UN AVVELENAMENTO?
I sintomi sistemici sono meno gravi della neurotossicità o delle coagulopatie causate dal veleno di altri serpenti velenosi diffusi in altri paesi, ma edemi locali ed ecchimosi dell’area corporea interessata possono provocare ricoveri ospedalieri lunghi, soprattutto in caso di trattamento ritardato o inadeguato. Uno studio ha valutato il tempo medio trascorso dal morso di serpente alla prima visita in ospedale in 3-5 ore, il che suggerisce un possibile ritardo nell’intervento primario. La sede anatomica più di frequente interessata dal morso sono gli arti superiori, e questo dato implica che il morso di serpente del genere Vipera si verifica frequentemente con un contatto molto ravvicinato, come attacco difensivo degli animali. I morsi di Vipera sono più diffusi in individui di sesso maschile. Questo fenomeno è osservato in tutto il mondo, e può essere legato al fatto che i maschi sono maggiormente coinvolti nelle attività agricole all’aperto. Giugno rappresenta il mese di massima attività per le vipere, più di luglio o agosto, dove le alte temperature limitano le ore di attività dei serpenti ai momenti più freschi della giornata. Questo spiega la più alta incidenza di morsi nel mese di giugno. Ma quali sono i sintomi nello specifico? Oltre ai sintomi dermatologici locali (eritema esteso, edema, necrosi cutanea, orticaria), sono stati riportati anche numerosi sintomi sistemici, tra cui affaticamento (14,4%), dolore (75,3%), febbre (49,2 %), reazione anafilattica diretta (5,3%), ansia (60,8%), neurotossicità del nervo cranico (14,8%), dolore addominale (23,3%), proteinuria (10. 6%) ed ematuria (9,3%). Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali, secondo una review, vomito o nausea sono riportati nel 33,7% dei pazienti, ed il 70% dei pazienti che hanno avuto vomito, hanno manifestato anche reazioni anafilattiche. Il 15,4% degli individui ha avuto diarrea. Le infezioni secondarie erano presenti nel 3,5%, e se solo lo 0,9% dei pazienti è morto, il 6,9% ha subito un’amputazione. In molti casi meno gravi, l’antidoto non è stato somministrato.
Antidoti
Per essere efficace, l’antidoto deve essere somministrato entro una certa finestra di tempo. Quando si dimentica la finestra temporale, la dose deve essere aumentata, e se la dose iniziale non è sufficiente, può portare a esiti clinici peggiori. Infatti, secondo la letteratura, somministrazioni ripetute di antidoto a causa di scarso effetto o recidiva di caratteristiche cliniche, sono riportate nel 15,4% dei casi, pertanto a volte è richiesta una somministrazione aggiuntiva di antidoto, dopo la dose iniziale. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che gli antidoti non sono ugualmente efficaci nel curare i diversi sintomi associati all’avvelenamento, e questo sembra legato alla grande variabilità intraspecifica e interspecifica nella composizione del veleno.

IL GENERE VIPERA
I serpenti appartenenti al genere Vipera sono riconoscibili in quanto caratterizzati da un corpo tozzo, una testa a forma a punta e triangolare, e una coda corta. Hanno una lunghezza variabile, tra i 50 cm a quasi 1 metro. Tuttavia, la caratteristica che rende le vipere distinguibili rispetto agli altri serpenti non velenosi in Italia, è la pupilla verticale, simile a quella dei gatti. Possiedono una ghiandola situata nella regione posteriore del capo che produce un veleno molto tossico, formato da un’alta percentuale di acqua e altre proteine enzimatiche che agiscono sui tessuti, sulla coagulazione del sangue e, a volte, sul sistema nervoso. Per inoculare il veleno utilizzano delle lunghe zanne canalicolate che, formano un angolo quasi di 90° con la mascella, e in caso di morso penetrano nella cute della preda e iniettano il veleno. Sono rettili a sangue freddo, perciò sono più attivi durante l’estate quando la temperatura al suolo raggiunge i 25 gradi. Le vipere presenti in Italia sono generalmente vivipare, e danno alla luce un numero variabile di piccoli, compresi tra i 2 e i 10, nelle diverse specie. Contrariamente a quanto si dice, le vipere non sono aggressive verso l’uomo, che tendono ad evitare, nascondendosi o rifugiandosi in anfratti. Se costrette possono attaccare, ma in alcuni casi non iniettano veleno, in quanto l’uomo non è una preda e il veleno, prezioso, viene così conservato. In Europa, ci sono 11 specie appartenenti al genere Vipera. Tra queste, le specie clinicamente rilevanti. per la loro maggiore diffusione in Europa e il maggior numero di morsi sono sei, ovvero: Vipera ammodytes, V. aspis, V. berus, V. latastei, V. seoanei e V. ursinii. Ma quali sono i serpenti più velenosi in Italia? Quattro di queste specie, sono presenti anche in Italia, di cui tre sono considerate molto pericolose: Vipera berus, Vipera ammodytes e Vipera aspis.
Vipera aspis
Questa specie si trova in zone aride e rocciose, macchia aperta, boschi aperti, foreste chiuse, siepi, pascoli e muri di pietra. Si presenta spesso ai margini degli habitat naturali, ed è caratteristico dei boschi di castagno in Italia. La specie è comune negli habitat mesici. È raro nelle aree suburbane e nei seminativi. Si può trovare ad altitudini fino a 3.000 metri. In Italia è diffusa quasi su tutto il territorio: con Vipera berus sono i serpenti velenosi più comuni in italia. Si ciba di piccoli mammiferi, lucertole e piccoli uccelli. È goffa, lenta nei movimenti ma in grado di reagire fulmineamente se calpestata o molestata. Si tratta di un animale territoriale. Le caratterizzazioni del veleno di Vipera aspis hanno mostrato la presenza di enzimi proteolitici, fosfolipasi, ialuronidasi, fattori ipotensivi, fattori emorragici e inibitori della coagulazione. Un recente lavoro che combina analisi trascrittomiche e proteomiche, ha identificato un totale di 64 proteine nel veleno di Vipera aspis, con varie emotossine (ad esempio metalloproteasi del veleno di serpente P-III, lectine e disintegrine di tipo C) e fosfolipasi A2 come componente prevalente. Questi risultati concordano con le proprietà prevalentemente emotossiche e citotossiche del veleno della specie. Solo di recente sono stati individuati gli effetti neurotossici del veleno di Vipera aspis, come paralisi neuromuscolare, attraverso la degenerazione selettiva dei terminali dei nervi motori periferici. La causa sono due neurotossine di tipo fosfolipasi A2, ammoditossina B (presente anche nel veleno di Vipera ammodytes). L’espressione di questi geni non sembra essere costante, ma si ritiene invece che sia determinata da particolari stimoli ambientali o fisiologici.
Vipera berus
Tra le specie italiane è tra le più grandi, con colori che possono variare dal nero al marrone e al verde, con una striscia a zig zag di solito più scura. È presente nelle regioni dell’Italia settentrionale, a nord del fiume Po. Nelle regioni dell’Europa meridionale, inclusa l’Italia, si può trovare sia a basse altitudini sia ad altezze elevate, e nelle Alpi svizzere può giungere fino a 3.000 metri di altitudine. Si nutre soprattutto di piccoli mammiferi, e solo occasionalmente di uova di uccelli o anfibi. In questa specie, la numerosità dei piccoli dipende dall’altitudine: ad altitudini elevate le covate sono minori rispetto che a basse altitudini. È una specie diurna, soprattutto nelle regioni settentrionali, ma nelle regioni meridionali può essere attiva anche di notte, durante il periodo estivo. Il periodo di letargo è variabile in base alla regione, ed è un periodo critico: il 15% degli adulti e circa il 35% dei giovani muoiono infatti durante il letargo. Essendo la vipera più diffusa in Europa, è coinvolta nel maggior numero di incidenti con l’uomo. Il veleno di questa specie ha proprietà prevalentemente proteolitiche, emolitiche e citotossiche. Le analisi del veleno hanno identificato 10 diverse famiglie di proteine, tra cui: serina proteasi (SVSP), metalloproteasi (SVMP), peptidi natriuretici (NP), fosfolipasi A2 (PLA2), proteasi aspartiche (AspP) ), lectine di tipo C (snaclec), ossidasi L-amminoacidiche (LAAO) e disintegrine. Le proteine più abbondanti sono quelle appartenenti alle fosfolipasi A2, le SVSP e le SVMP. Tuttavia, ci sono grandi differenze intraspecifiche nella composizione del veleno in questa specie.
Vipera ammodytes
Anche detta vipera dal corno, è diffusa in Europa sud-orientale. In Italia è presente nel nord est del paese. La colorazione può variare dal marrone al grigio, e le forme melaniche sono rare. La vipera dal corno è considerata la specie di serpente più velenosa in Italia, e la più pericolosa per l’uomo, tra le vipere osservate in Italia, ma nonostante questo, come le altre specie, è timida e tende alla fuga in presenza di pericoli. Attiva soprattutto all’alba e al crepuscolo, durante la stagione estiva trascorre le ore calde in anfratti tra le rocce o tra i cespugli. In inverno va in letargo per un periodo tra i 2 e i 6 mesi, a seconda delle condizioni climatiche. In seguito al suo morso si può rischiare la vita, con avvelenamenti caratterizzati da emorragia locale e sistemica, danni ai tessuti e neurotossicità. Nei veleni analizzati, i gruppi proteici prevalenti erano fosfolipasi A2 (PLA2), fattori di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), serina proteasi del veleno di serpente (SVSP), metalloproteasi del veleno di serpente (SVMP), L-aminoacidi ossidasi (LAAO) e lectine di tipo C (CTL). Anche nelle sottospecie, le PLA2 sono risultate essere il gruppo più abbondante. In tutte le sottospecie, la vipoxina PLA2, neurotossica, è la PLA2 più abbondante.
Vipera ursinii
Vive in regioni di alta quota nella zona balcanica, e in Italia è presente in alcune aree dell’Appennino centrale, seppur sia molto rara e minacciata a causa dell’alterazione dell’habitat da parte dell’uomo e per questo è considerata una specie protetta da varie convenzioni internazionali. Tra le specie presenti in Italia è quella che raggiunge dimensioni minori, con una lunghezza intorno ai 50cm. Generalmente è diurna e trascorre il giorno cacciando e riscaldandosi al sole. Si nasconde al minimo segnale di pericolo dentro buchi nel terreno, cavità delle rocce, o nei cespugli. È dotata di un apparato velenifero debole, anche per le dimensioni ridotte delle zanne; morde di rado ed ha un carattere mansueto: un suo morso non comporta in genere danni seri, per questo è generalmente considerata la specie meno significativa dal punto di vista medico del genere Vipera. È stato riportato che il veleno di questa specie causa effetti emorragici nei topi, ma non miotossicità. Curiosamente, altri test hanno mostrato una maggiore tossicità del veleno di Vipera ursinii nei grilli rispetto ai topi, suggerendo una forte specificità del veleno per gli insetti. È interessante notare che i topi e i grilli hanno mostrato comunque modalità di morte simili, presentando sintomi che suggerivano neurotossicità, indipendentemente dalla quantità di veleno iniettata. Le analisi proteomiche del veleno di Vipera ursinii hanno consentito l’identificazione di 25 diverse proteine appartenenti a sette famiglie di proteine principali, tra cui: metalloproteasi del veleno di serpente (SVMP), serina proteasi del veleno di serpente (SVSP), fosfolipasi A2 secrete (PLA2), proteine simili alla lectina di tipo C del serpente (snaclec). SVMP è risultata essere la famiglia di tossine più abbondante, rappresentando il 55% di tutte le proteine rilevate.

COME GESTIRE IL PROBLEMA IN FURURO?
I serpenti velenosi causano ogni anno circa 140.000 vittime, per questo, anche in Italia, non ci sono serpenti velenosi detenibili, in quanto appartenenti alla categoria delle specie pericolose per l’uomo, mentre altri rettili possono essere detenuti, come nel caso del pitone moluro, uno dei serpenti più allevati in cattività. Inoltre, se anche ci fossero specie di serpenti velenosi legali in Italia, bisognerebbe valutare se si tratta di specie protette dalle convenzioni internazionali. Vista la rilevanza medica sei serpenti velenosi in Italia, e l’abbondante presenza di specie appartenenti al genere Vipera, è importante creare un registro aggiornato dei morsi, come fatto da alcuni paesi europei (ad esempio la Svezia), in modo da comprendere meglio il reale impatto di queste specie per la salute umana. Un ulteriore campo di ricerca, riguarda gli antidoti. Uno studio ha confrontato l’efficacia degli antidoti per Vipera aspis e Vipera berus, trovando che i due antidoti, nonostante contrastano efficacemente gli effetti di Vipera berus, a malapena neutralizzano quelli neurotossici di Vipera aspis. Questi risultati suggeriscono che le differenze nella composizione del veleno tra le specie di vipera influenzano fortemente la capacità di neutralizzazione degli antidoti. L’efficacia della somministrazione degli antidoti nel contrastare l’avvelenamento da vipera è scarsamente chiara. Uno dei motivi è l’esistenza di molte sottospecie di vipera differenti, i cui veleni sono estremamente variabili in termini di composizione biochimica e meccanismo d’azione. In conclusione, vista l’evidenza che gli antidoti mostrano una capacità di neutralizzazione variabile, e forse insufficiente, contro le diverse attività tossiche presenti nei veleni di diverse sottospecie di vipera, è importante portare avanti nuove ricerche che portino alla formulazione di antidoti maggiormente efficaci.
Fonte
- Paolino et al., 2020. Vipera snakebite in Europe: a systematic review of a neglected disease.
Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology - Zanetti et al., 2018. Variability in venom composition of European viper subspecies limits the cross-effectiveness of antivenoms.
Scientific reports - Di Nicola et al., 2021. Vipers of Major clinical relevance in Europe: Taxonomy, venom composition, toxicology and clinical management of human bites.
Toxicology - Vipera aspis
IUCN