Le foreste di mangrovie sono un ecosistema in grado di svolgere innumerevoli funzioni, portando benefici ad altri ecosistemi, agli organismi animali e anche agli esseri umani. Le mangrovie hanno un valore stimato che può raggiungere i 57.000 dollari/anno per ettaro, e considerando la loro estensione, in totale producono un valore di 800 miliardi di dollari ogni anno: quali funzioni svolgono per ottenere un simile valore?
IN BREVE
Indice
- 1. LE MANGROVIE: UN ECOSISTEMA PREZIOSO
- 2. STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELLE MANGROVIE: COSA SIGNIFICA MANGROVIA?
- 3. QUALI PRODOTTI FORNISCONO LE MANGROVIE?
- 4. QUALI SERVIZI ECOSISTEMICI FORNISCONO LE MANGROVIE?
- 4.1 Protezione dai raggi UV
- 4.2 Riduzione dell’effetto serra
- 4.3 Protezione dai cicloni
- 4.4 Protezione dagli tsunami
- 4.5 Protezione delle coste da erosione e inondazioni
- 4.6 I sedimenti: formazione dei nutrienti ed eliminazione degli inquinanti
- 4.7 Supporto per la fauna ittica
- 4.8 Produzione di biomassa: una fonte di nutrienti chiamata lettiera
- 4.9 Flussi energetici ed interazioni con gli altri ecosistemi
- 5. LA BIODIVERSITÀ DELLE MANGROVIE
- 6. MINACCE E PROSPETTIVE FUTURE
LE MANGROVIE: UN ECOSISTEMA PREZIOSO
Le foreste di mangrovie costituiscono uno degli ecosistemi più produttivi e biologicamente diversi del pianeta. Crescono in acqua salata, le loro radici sporgono dal fango, e diventano un habitat per circa 3000 specie di pesci, crostacei e una miriade di altre specie. Circa 120 milioni di persone vivono in vicinanza di questi ambienti, e dipendono dalla varietà di prodotti che le mangrovie producono. Assorbono fino a quattro volte più anidride carbonica per area, rispetto alle foreste terrestri di montagna, aiutando a regolare il clima. Proteggono le coste, filtrano e purificano l’acqua, e sono un’attrazione turistica. Nonostante tutti questi benefici offerti dalle mangrovie, sono numerose anche le minacce. Il cambiamento climatico può causare innalzamenti del livello del mare, facendo scomparire le mangrovie. Lo sviluppo costiero da parte dell’uomo spesso causa la degradazione delle mangrovie, e può anche aumentare i livelli di inquinamento, sia atmosferico che acquatico, che rappresenta un fattore di rischio importante. Agricoltura e acquacoltura sono altre due minacce, in particolare la seconda, che ha causato più della metà della perdita di mangrovie globale. Tra il 1980 e il 2000, è stato perso il 35% di questi ambienti, l’equivalente di 150.000 campi di calcio ogni anno. Ma perché è importante proteggere questi ambienti? Come funzionano? Quali specie ospitano?
STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELLE MANGROVIE: COSA SIGNIFICA MANGROVIA?
Le mangrovie non sono altro che formazioni vegetali costituite da alberi e arbusti, che si sviluppano sulle coste marine tropicali. Il WWF considera le mangrovie un vero e proprio bioma. Le mangrovie si sviluppano in quattro fasce distinte: la prima, più vicina alla costa, è composta da piante quasi sempre sommerse; la seconda, la mangrovia classica, è formata soprattutto da specie appartenenti al genere Rhizophora e viene invasa spesso dall’alta marea; la terza fascia è composta prevalentemente da arbusteti; la quarta fascia non viene mai sommersa dall’alta marea. Le ultime due fasce non sempre sono presenti. Nelle fasce più interne è anche possibile trovare la mangrovia bianca (Laguncularia racemosa). La caratteristica che rende uniche le mangrovie sono le radici che sollevano il tronco della pianta dal fango. Le foreste di mangrovie sono costituite da diverse specie di piante, circa settanta, appartenenti a 5 famiglie: Rhizophoraceae, Acanthaceae, Lythraceae, Combretaceae, Arecaceae.
Fisiologia: l’importanza delle foglie per le mangrovie
Le specie vegetali che vivono in questi ecosistemi sono specializzate alle condizioni ambientali imposte, e hanno evoluto diversi adattamenti per poter sopravvivere. Ad esempio, essendo circondate da acqua salata o salmastra, hanno la necessità di eliminare il sale in eccesso. La loro capacità di eliminare il sale gli consente di sopravvivere anche in acque due volte più salate dell’acqua di mare. Le mangrovie possono resistere al sale in due diverse modalità: attraverso la secrezione di cristalli di sale, o impedendo al sale di entrare nella pianta. Le specie del genere Rizophora ad esempio impedisce al sale di entrare, e riescono ad escludere fino al 90% del sale, con un meccanismo che va contro l’osmosi. L’osmosi è il processo attraverso cui l’acqua si sposta da zone meno concentrate a zone più concentrate: se le mangrovie non fossero in grado di bloccare questo meccanismo, finirebbero per perdere tutta l’acqua. Altre specie invece eliminano il sale dopo che questo è entrato nella pianta, usando pori o ghiandole specializzate, come nel genere Avicennia. In questo modo spesso sulle foglie si formano cristalli di sale. In altri casi, le mangrovie mantengono il sale assorbendo un maggior volume d’acqua, in modo da diluire il sale che si accumula. Le foglie diventano spesso gonfie, una caratteristica definita come succulenza. Un altro adattamento unico delle mangrovie, riguarda la loro radici: queste non solo devono assicurare stabilità agli alberi nei sedimenti, ma devono anche catturare ossigeno. Per questo alcune specie hanno evoluto delle radici verticali chiamate pneumofori, che si sviluppano dalle radici normali e possono crescere in alcune specie anche fino a 3 metri, e permettono alle mangrovie di avere accesso all’ossigeno anche quando le radici normali sono sommerse.
Distribuzione: dove si trovano le mangrovie?
Le mangrovie sono diffuse nelle zone tropicali e subtropicali di entrambi gli emisferi, in generale in un’area compresa tra le latitudini di 25 °N e 25 °S, tuttavia i limiti geografici sono variabili a seconda dell’area del mondo e dei climi locali. In genere le mangrovie che si sviluppano sulle coste dell’oceano Indiano e nella parte occidentale del Pacifico sono più ricche in specie. Una delle principali restrizioni su dove possono vivere le mangrovie è la temperatura, in quanto temperature fredde e variazioni troppo ampie possono causare danni e uccidere alcune specie. Tuttavia, l’innalzamento delle temperature e del livello del mare, a causa dei cambiamenti climatici, stanno consentendo alle mangrovie di espandere i loro areali più lontano dall’equatore, diffondendosi nelle zone umide temperate, come le paludi salmastre. Ci sono mangrovie in Italia? No, nel bacino del Mediterraneo non si trovano mangrovie. Oltre ai luoghi dove le mangrovie sono presenti naturalmente, queste si possono trovare anche in altre parti del mondo, ma dentro gli acquari: infatti è possibile far crescere alcuni semi anche in acquario, mantenendo le condizioni presenti in natura. Ma non solo, è possibile far crescere delle mangrovie di piccole dimensioni anche in vasi, con il limite di mantenere sempre il substrato umido.
QUALI PRODOTTI FORNISCONO LE MANGROVIE?
Le mangrovie forniscono prodotti forestali (legna, foglie, carbone, semi), prodotti per l’alimentazione delle popolazioni locali, come miele e prodotti dalla pesca (pesce, gamberi, granchi, molluschi), ma anche prodotti usati nella medicina tradizionale indigena.
Prodotti forestali
A causa dell’elevato potere calorifico, i ramoscelli di mangrovie vengono utilizzati per produrre carbone e legna da ardere. Una tonnellata di legna da ardere di mangrovie equivale a 5 tonnellate di carbone indiano e brucia producendo calore senza generare fumo. Il legno di mangrovie, ad alto contenuto di tannini, viene anche utilizzato come legname da costruzione per la sua durevolezza. Le foglie del genere Nypa vengono utilizzate per rivestire di paglia tetti, stuoie e cestini. Le mangrovie formano anche mangimi economici e nutrienti per bufali, pecore, capre e cammelli. Questi animali sono autorizzati a pascolare nelle aree di mangrovie e i cammelli vengono periodicamente portati su isole disabitate con una buona copertura di mangrovie per il pascolo. Questa pratica è molto comune in India, Pakistan, e Indonesia. Le mangrovie forniscono semi per le industrie dell’acquacoltura. Per citare un esempio, 40.000 pescatori ottengono una resa annuale di circa 540 milioni di semi di Penaeus monodon per l’acquacoltura, nel Bengala occidentale.
Prodotti per l’alimentazione umana
Un ettaro di mangrovie può produrre 767 kg di pesce selvatico e crostacei, più della resa di un sistema estensivo, che può produrre <500 kg /ha/anno. Ogni ettaro di queste foreste produce fino a 11.300 dollari all’anno. Le mangrovie attirano le api mellifere e facilitano le attività di apicoltura in alcune zone. Ad esempio, le Sundarbans, le foreste più grandi del mondo, danno lavoro a 2.000 persone impegnate nell’estrazione di 111 tonnellate di miele all’anno, che rappresenta circa il 90% della produzione di miele dalle mangrovie in India. In Bangladesh, ogni anno vengono raccolte 185 tonnellate di miele e 44,4 tonnellate di cera da questi ecosistemi.
Prodotti per la medicina tradizionale
Gli estratti delle piante sono usati nella medicina indigena; ad esempio, le foglie di Bruguiera spp. sono utilizzate per ridurre la pressione sanguigna e quelle di Excoecaria agallocha per il trattamento della lebbra e dell’epilessia. Le radici e gli steli di Derris trifoliata sono usati per narcotizzare i pesci, mentre Acanthus ilicifolius è usato nel trattamento dei disturbi reumatici. I semi delle specie appartenenti al genere Xylocarpus hanno proprietà antidiarroiche, mentre quelli di Ceriops producono attività emostatica. Le cortecce di Rhizophora spp. hanno attività antidiarroiche. Le foglie tenere di Acrostichum sono usate come verdura e una bevanda viene preparata dai frutti di Sonneratia spp. Gli estratti di mangrovie sembrano avere un potenziale per patogeni umani, animali e vegetali e per il trattamento di malattie virali incurabili come l’AIDS.
QUALI SERVIZI ECOSISTEMI CI FORNISCONO LE MANGROVIE?
Questi ecosistemi forniscono una moltitudine di servizi ecosistemici. Ma innanzitutto: cosa sono i servizi ecosistemici? Sono tutti quei processi e prodotti che gli ecosistemi forniscono, e che portano dei benefici, direttamente o indirettamente, anche all’uomo. Questi servizi permettono all’uomo di “risparmiare”: ad esempio, se non ci fosse il servizio ecosistemico di filtrazione dell’acqua, l’uomo dovrebbe provvedervi, con una certa spesa economica. In base ai servizi e prodotti che offrono gli ecosistemi, possiamo distinguerli per il valore monetario, ovvero le spese che evitano alla società umana. I servizi ecosistemici possono essere suddivisi in 4 categorie:
- Supporto alla vita (Supporting): tutti quei servizi necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici e che contribuiscono alla conservazione della diversità biologica;
- Regolazione (Regulating): permettono il mantenimento della salute e del funzionamento degli ecosistemi, ma le funzioni regolative raccolgono altri servizi che comportano benefici diretti e indiretti per l’uomo (es. la stabilizzazione del clima, il riciclo dei rifiuti, il riciclo delle acque);
- Approvvigionamento (Provisioning): raccolgono tutti quei servizi di fornitura di risorse che gli ecosistemi naturali e semi-naturali producono (ossigeno, acqua, alimenti, materie prime);
- Culturali (Cultural): gli ecosistemi naturali contribuiscono al mantenimento della salute umana, la loro presenza offre di opportunità di riflessione, arricchimento spirituale, sviluppo cognitivo, esperienze ricreative ed estetiche.
Gran parte del servizio ecologico delle mangrovie consiste nel proteggere: dalla radiazione solare UV-B, dall’effetto serra, dalla furia di cicloni, dalle inondazioni, dall’innalzamento del livello del mare, dall’azione delle onde e dall’erosione costiera. Le paludi di mangrovie fungono da “trappole” per i sedimenti e permettono l’accumulo dei nutrienti. Gli apparati radicali delle piante mantengono fermo e stabile il substrato, contribuendo così a una duratura stabilità della costa. L’ecosistema fornisce una fonte di cibo, terreni di riproduzione e “nursery” per molti pesci e crostacei, e molto spesso incoraggiano e attraggono altri tipi di fauna selvatica, garantendo alti livelli di biodiversità. Inoltre questi ecosistemi sono altamente produttivi, al pari di veri terreni agricoli.
Protezione dai raggi UV
Le mangrovie possiedono meccanismi per affrontare i raggi solari intensi e le radiazioni solari UV-B. Ad esempio, le specie di Avicennia crescono in aree con luce solare elevata e condizioni calde e secche, e le specie si adattano bene alle zone aride. Le specie rizoforacee mostrano una maggiore tolleranza ai raggi UV-B, rispetto alle altre specie. Il fogliame produce flavonoidi che fungono da composti che schermano gli UV. Questa loro capacità rende l’ambiente libero dagli effetti deleteri della radiazione UV-B.
Riduzione dell’effetto serra
Le mangrovie sono tra le foreste più ricche di carbonio nei tropici. Riescono a rimuovere la CO2 dall’atmosfera attraverso la fotosintesi clorofilliana, riducendo in parte gli effetti legati ai gas serra che causano il riscaldamento globale. Le mangrovie assorbono più CO2 rispetto a quanto fa il fitoplancton negli oceani tropicali. Inoltre, rispondono bene ad alte concentrazioni di CO2, mostrando un maggiore accumulo di biomassa all’aumentare dei livelli di CO2. Tra il 55% e l’85% della biomassa fuori terra (germoglio) è contenuta nel tronco e nei rami legnosi. Al contrario, il 15-17% della biomassa è contenuto nelle radici aeree. La biomassa sotterranea (radice) è elevata rispetto ad altri tipi di foresta. Il rapporto tra biomassa fuori terra e biomassa sotterranea è di circa 2,5: 1, mentre è 4 nelle foreste di montagna. Questo investimento relativamente pesante nella biomassa delle radici, aiuta a garantire la stabilità nei substrati morbidi in cui crescono queste piante. Il potenziale di sequestro del carbonio delle mangrovie è 50 volte maggiore rispetto ad altre foreste tropicali. Ciò è dovuto agli alti livelli di biomassa sotterranea e anche al considerevole stoccaggio di carbonio organico nei sedimenti. La maggior parte dei substrati nei tropici, è costituita da torba di mangrovie, che deriva principalmente dalle radici di queste piante. Ciò dimostra che queste foreste hanno una grande produttività sotterranea e svolgono un ruolo significativo nel sequestro del carbonio, non solo in superficie, ma anche sottoterra. Le foreste di Rhizophora hanno una maggiore capacità di sequestro del carbonio sotterraneo rispetto ad altre specie. La quantità di carbonio sequestrato in un bosco di mangrovie di Rhizophora apiculata era di 7,14 tonnellate di carbonio per ettaro all’anno. Gli strati superiori dei sedimenti hanno un alto contenuto di carbonio (una stima prudente è di circa il 10%). Ogni ettaro di sedimenti in queste foreste contiene quindi circa 700 tonnellate di carbonio per metro di profondità. L’habitat delle mangrovie si è dimostrato più efficiente nel sequestro del carbonio, 2,4 volte più delle paludi salmastre, 5,2 volte più delle fanerogame e 50 volte più delle foreste tropicali.
Stime preliminari indicano che il sequestro di materia organica nei sedimenti delle mangrovie è compreso tra 14 e 17 Tg di carbonio all’anno. I suoli ricchi di sostanze organiche vanno da meno di 1 metro a 3 metri di profondità, e permettono il 49-98% dello stoccaggio di carbonio in questi ecosistemi. Così le mangrovie sono in grado di accumulare carbonio nel suolo in grandi quantità. Le mangrovie possono anche avere un ruolo importante da svolgere nei bilanci globali del carbonio e nel processo di mitigazione del cambiamento climatico. La deforestazione delle mangrovie genera emissioni di 0,02-0,12 picogrammi di carbonio all’anno, cioè fino a circa il 10% delle emissioni causate dalla deforestazione a livello globale, nonostante la piccola area che occupano. Pertanto, non riuscire a preservare le foreste di mangrovie potrebbe causare notevoli emissioni di carbonio. Per area, le foreste di mangrovie costituiscono solo lo 0,1% dei biomi vegetali del mondo e solo lo 0,7% della zona costiera globale, ma contribuiscono in larga misura al carbonio globale. La produzione primaria netta di mangrovie è pari al 10% della produzione primaria netta totale nella zona costiera. Lo scambio di carbonio tra le mangrovie e l’oceano costiero e il suo destino nell’oceano sono riconosciuti come componenti importanti nel bilancio del carbonio dell’oceano. Un’ultima valutazione del bilancio globale del carbonio delle mangrovie indica che la produzione primaria globale di mangrovie è di 218 trilioni di grammi di carbonio all’anno, e questo contribuisce al carbonio nell’oceano attraverso i processi di esportazione. Gli habitat con vegetazione costiera, come le mangrovie, sono grandi “pozzi” di carbonio. Il seppellimento annuale del carbonio da parte di questi habitat è 180 volte maggiore di quello dei sedimenti delle acque profonde. Pertanto gli habitat costieri con vegetazione, sono tra i serbatoi di carbonio più importanti nella biosfera e svolgono un ruolo importante nel ciclo del carbonio.
Protezione dai cicloni
Le foreste di mangrovie proteggono la costa dalla furia dei cicloni e delle tempeste. L’esempio migliore è il super-ciclone avvenuto il 29 ottobre 1999 con una velocità del vento di 310 km/h in India. Questo ciclone ha causato il caos, in gran parte nelle aree prive di mangrovie. Al contrario, praticamente nessun danno si è verificato nelle regioni con fitte foreste. Questo evento ha ucciso quasi 10.000 persone e ha causato una massiccia perdita di bestiame e proprietà. Se le foreste di mangrovie fossero rimaste intatte, più del 90% delle morti dovute al ciclone del 1999 sarebbe stato evitato. Nelle aree colpite da tempeste e cicloni, i benefici di protezione di un ettaro di foreste possono essere quasi due volte superiori al valore della terra “sgomberata”. Pertanto la conservazione delle mangrovie è un’opzione politica economicamente conveniente, e proteggere le mangrovie, che respingono le tempeste, genera più valore per la società, rispetto alla loro assenza. Il ciclone “Nargis” che ha colpito la costa del Myanmar (Birmania) il 3 maggio 2008 ha provocato effetti devastanti, inclusa la morte di oltre 30.000 persone. Gli scienziati ritengono che la perdita di mangrovie abbia lasciato il Myanmar esposto alla furia della natura. Quindi, il ciclone “Nargis” è un’altra dimostrazione dell’importanza delle mangrovie come primo livello di difesa contro tempeste e cicloni.
Protezione dagli tsunami
Le foreste di mangrovie offrono protezione costiera, non solo dalle tempeste, ma anche dagli tsunami. Ciò è stato evidente durante lo tsunami del 26 dicembre 2004 che si è verificato nell’area dell’Oceano Indiano, causando migliaia di vittime e provocando perdite stimate in 6 miliardi di dollari. Le onde dello tsunami sono state generate a causa di un terremoto sottomarino, misurato a 9,3 sulla scala Richter, il più grande terremoto del mondo dopo l’evento dell’Alaska del 1964. Solo pochi villaggi non hanno avuto decessi, o ne hanno avuti pochi. Tutti questi villaggi sono situati dietro le foreste di mangrovie, ad una distanza che va da 1 km a 2,5 km dalla costa, con terreno ripido. Questa situazione ha ridotto la velocità delle onde dello tsunami, che ha causato solo danni alle foreste. Nelle Andamane, lo tsunami ha causato notevoli cambiamenti nelle distese di mangrovie delle isole. Immediatamente dopo lo tsunami, la mortalità di molluschi come gamberi e granchi è stata osservata in prossimità delle foreste di mangrovie a causa del deterioramento della qualità dell’acqua. L’effetto attenuante delle mangrovie dipende da due processi fisici dello tsunami: (i) attacco delle onde e (ii) flusso di rimorchio. La risposta agli attacchi delle onde dipende dalle caratteristiche della vegetazione, mentre la risposta al flusso di traino si basa sulla “forza di trascinamento” causata dalle mangrovie, con conseguente prevenzione dell’erosione costiera. Pertanto il ruolo protettivo di queste foreste dipende da: (i) caratteristiche della vegetazione, come densità, altezza, composizione delle specie, densità della foresta, diametro delle radici e dei tronchi ed elevazione e (ii) le caratteristiche dello tsunami come l’altezza delle onde, il periodo delle onde e la profondità dell’acqua. Ad ogni modo le mangrovie sono più efficaci rispetto a strutture come dighe in cemento, per la riduzione dei danni nei siti colpiti da tsunami. Alcuni modelli mostrano che 30 alberi da 10 metri quadrati in una fascia larga 100 m possono ridurre la pressione massima del flusso di maremoto di oltre il 90%, se l’altezza dell’onda è inferiore a 5 m. La protezione e il ripristino delle mangrovie, delle foreste costiere e delle dune di sabbia mitigherebbero gli impatti non solo degli tsunami, ma anche delle tempeste e dell’innalzamento del livello del mare.
Protezione delle coste da erosione e inondazioni
Le mangrovie offrono protezione alla costa contro le inondazioni, che sono spesso causate da maremoti o da forti piogge. La capacità di queste foreste nel controllare le inondazioni è dovuta al sistema radicale. Oltre al controllo delle inondazioni, le mangrovie possono impedire l’ingresso di acqua salata dal mare verso l’entroterra, proteggendo così i sistemi idrici sotterranei, una fonte di approvvigionamento di acqua potabile per le popolazioni. Il riscaldamento globale può portare all’innalzamento del livello del mare e, di conseguenza, le foreste possono spostarsi verso l’interno. Tuttavia, in molte parti del mondo, è improbabile che le mangrovie migrino verso terra a causa della presenza di insediamenti umani, ed è probabile che la larghezza delle foreste diminuisca in alcune regioni. Le mangrovie riducono al minimo l’azione delle onde e quindi prevengono l’erosione della costa: la riduzione delle onde aumenta con la densità della vegetazione. Queste foreste formano delle vere e proprie “dighe viventi“, e sono molto più convenienti rispetto alle dighe artificiali. In un sito, una foresta di mangrovie di 100 metri di larghezza ha protetto la diga marina, situata dietro la foresta, per più di 50 anni. Al contrario, una recinzione di roccia ha protetto la diga marina solo per circa 5 anni. Ciò è dovuto al fatto che la recinzione di roccia non è resistente sul lungo periodo ai danni delle onde. Creare la foresta di mangrovie ha avuto un costo di 1,1 milioni di dollari, ma ha contribuito a ridurre i costi di manutenzione della diga marina, stimati in circa 7,3 milioni di dollari all’anno.
I sedimenti: dove si formano i nutrienti e si eliminano gli inquinanti
Una delle funzioni più importanti delle foreste di mangrovie è intrappolare i sedimenti e quindi agire come pozzi di assorbimento dei sedimenti sospesi. Le piante catturano i sedimenti dalle radici aeree: le particelle di suolo vengono trasportate in sospensione nelle foreste di mangrovie dall’acqua di mare dalla marea in arrivo, e le particelle vengono lasciate nelle paludi e all’interno del sistema radicale, dalle maree in uscita. Le particelle sospese quindi si depositano nelle foreste durante la bassa marea, quando la turbolenza si riduce e la velocità dell’acqua, con la bassa marea, diventa minima. Questa capacità di intrappolare i sedimenti sospesi può essere attribuita alla presenza diffusa di numerose radici. I sedimenti, che le mangrovie contribuiscono a formare, hanno la capacità di trattenere nutrienti: in particolare le foreste partecipano al riciclo di carbonio, azoto e zolfo. Le mangrovie sopravvivono anche allo scarico di rifiuti organici da parte dell’uomo. Questa capacità è dovuta a tre ragioni: (1) il flusso attraverso l’habitat disperde i rifiuti da una sorgente puntiforme su vaste aree, (2) la vegetazione stessa filtra i nutrienti dall’acqua e (3) i sedimenti delle mangrovie, le alghe, e i microbi assorbono grandi quantità di inquinanti. Inoltre, i sedimenti hanno un’elevata capacità di assorbire e trattenere i metalli pesanti, prevenendone così la diffusione nelle zone costiere adiacenti. Tuttavia, i metalli pesanti non finiscono per essere assorbiti dalle piante, grazie ad adattamenti fisiologici che ne impediscono l’accumulo. In certi casi, i metalli vengono precipitati sotto forma di solfuri, stabili in condizioni anossiche (assenza di ossigeno), e questo processo riduce la biodisponibilità dei metalli disciolti nei sedimenti delle mangrovie. I metalli in traccia come l’Hg (mercurio), che non formano solfuri, sono invece immobilizzati in complessi organici.
Supporto per la fauna ittica
Le foreste di mangrovie sono importanti per la produzione ittica. Servono infatti da “vivai” per molte specie di pesci. Quasi l’80% della pesca dipende direttamente o indirettamente dalle mangrovie e da altri ecosistemi costieri in tutto il mondo. Per citare un caso specifico, le mangrovie Pichavaram, da sole, nutrono 30 specie di gamberi, 30 specie di granchi, 20 specie di molluschi e 200 specie di pesci. La pesca, nelle aree ricche di mangrovie, fornisce un reddito più elevato per i pescatori, rispetto alle aree povere di mangrovie. Ad esempio, una rigogliosa area di mangrovie supporta una cattura di 11 kg di molluschi per ettaro al giorno e 4,5 kg di pesce per ettaro al giorno. Oltre ai pesci, le mangrovie supportano una varietà di animali selvatici: tigri del Bengala, coccodrilli, cervi, tartarughe marine, scimmie, maiali, serpenti, gatti selvatici, insetti e uccelli. Le parti staccate dalle piante di mangrovie, come foglie, steli, radici, fiori e frutti quando cadono sono decomposte dai microrganismi presenti nel terreno. Durante questo processo vengono rilasciati nutrienti che arricchiscono le acque circostanti. La materia organica decomposta insieme alla biomassa microbica è un prodotto importante degli ecosistemi delle mangrovie, in quanto ricco di proteine e utile come alimento per una varietà di organismi. Gli organismi si nutrono di detriti o filtrano le particelle dalla colonna d’acqua. Questi organismi sono predati da specie più grandi, alimentando le reti trofiche.
Produzione di biomassa: una fonte di nutrienti chiamata lettiera
La lettiera non è altro che lo strato formato da detriti e resti delle mangrovie, come foglie, rami e semi. Questa è una fonte di carbonio, e contribuisce in modo significativo al ciclo globale del carbonio. La biomassa delle foreste di mangrovie può raggiungere 700 t/ha. Stress specifici dell’habitat (ad esempio aridità, suoli poveri) possono causare variazioni nella produzione di lettiera, che dipende anche dalle condizioni ambientali locali. La decomposizione della lettiera contribuisce alla produzione di materia organica disciolta (DOM). I detriti organici e le sostanze nutritive possono potenzialmente arricchire le acque costiere e sostenere e alimentare la pesca. Il contributo delle mangrovie può essere particolarmente importante nelle acque tropicali più limpide, dove le concentrazioni di nutrienti sono normalmente basse. Il ciclo dei nutrienti inizia quando le foglie cadono dalle mangrovie e sono soggette a una combinazione di processi: lisciviazione e degradazione microbica. La sola lisciviazione rimuove una serie di sostanze e può produrre livelli elevati di DOM. Batteri e funghi contribuiscono alla decomposizione dei detriti rilasciando molti nutrienti. I funghi sono i principali invasori della lettiera, e raggiungono il loro picco nelle prime fasi di decomposizione, mentre le colonie batteriche compaiono poco dopo la comparsa dei funghi. Gli azotobatteri fissatori sono uno dei gruppi più importanti nella lettiera in decomposizione, e la loro attività può aumentare il contenuto di azoto delle foglie di 2-3 volte, rendendo la lettiera un serbatoio di azoto. Una serie di fattori possono influenzare il tasso di decomposizione della lettiera e, quindi, i tassi di riciclo dei nutrienti. Tra questi fattori vi sono: le specie di mangrovie, l’altezza della marea, le precipitazioni e la temperatura. Pertanto, la stagionalità può avere effetti importanti sul ciclo organico e sull’esportazione di nutrienti. La disgregazione e la decomposizione della lettiera è accelerata dalle attività di alimentazione degli invertebrati, soprattutto artropodi. Ad esempio, l’alimentazione dei granchi può essere importante in molte regioni. Le osservazioni in situ, dimostrano che le foglie delle mangrovie attirano gamberi, granchi e giovani pesci.
Flussi energetici ed interazioni con gli altri ecosistemi
Le mangrovie contribuiscono a complesse reti alimentari e trasferimenti di energia. Mentre la vegetazione vivente è una preziosa risorsa alimentare per insetti, crostacei e alcuni vertebrati, la maggior parte della produzione primaria delle mangrovie viene trasferita ad altri livelli trofici attraverso la caduta di resti vegetali e attraverso la loro decomposizione. Le foreste di mangrovie producono carbonio organico ben oltre i requisiti dell’ecosistema, e mentre parte di questa materia organica si accumula nei sedimenti, grandi quantità possono essere potenzialmente trasportate al largo. I materiali esportati dalle mangrovie possono supportare infatti le comunità marine e le barriere coralline. In mare i nutrienti vengono rilasciati, e aiutano nella moltiplicazione dei produttori primari, come il plancton. I microrganismi si moltiplicano nella materia organica in decomposizione, che forma un detrito ricco di proteine, che viene poi consumato dai pesci detritivori, e dagli avannotti. Durante questo processo, avviene il flusso di carbonio e azoto dai produttori primari ai consumatori.
LA BIODIVERSITÀ DELLE MANGROVIE
Moltissime specie animali vivono nelle foreste di mangrovie: uccelli, insetti, pesci rettili e mammiferi abbondano in questi habitat.
Molte specie di uccelli nidificano nelle mangrovie, come il pellicano bruno (Pelecanus occidentalis). Nelle mangrovie si trovano anche alcuni granchi molto particolari: ad esempio Aratus pisonii, è un granchio in grado di arrampicarsi sugli alberi, e tuffarsi in acqua quando minacciato. Un altro granchio noto per abitare nelle mangrovie è il granchio violinista (specie appartenenti al genere Uca), con la sua chela sproporzionata rispetto all’altra, usata per attratte le femmine e scoraggiare i rivali. Probabilmente la specie più iconica che si trova nelle mangrovie è il pesce saltafango (Periophthalmus argentilineatus), dei pesci “quasi anfibi”, in quanto possono vivere fuori dall’acqua, mantenendo una riserva d’acqua negli opercoli branchiali o respirando tramite la pelle, e spostandosi sul fango grazie alle pinne pettorali. Ma le mangrovie possono essere anche un luogo pericoloso, soprattutto quando ospitano alligatori o coccodrilli: ad esempio, il caimano dagli occhiali (Caiman crocodilus) e il coccodrillo americano (Crocodylus acutus), sono diffusi nelle foreste di mangrovie, e possono attaccare sporadicamente anche l’uomo, spesso con esiti fatali. Anche il coccodrillo marino (Crocodylus porosus) si trova nelle mangrovie, soprattutto in Australia. In India, le Sundarbans ospitano uno dei felini più rari e minacciati del mondo, la tigre del Bengala (Panthera tigris tigris), che in questi habitat si nutre anche di pesci oltre che di mammiferi. Un’altra specie in pericolo di estinzione, che trova riparo nelle mangrovie, è la scimmia proboscide (Nasalis larvatus), unica a causa del naso allungato che scende sul muso. Persino per il pesce più grande del mondo, lo squalo balena (Rhincodon typus), queste foreste sono importanti, perché alimentano la crescita del plancton, di cui si nutre questa specie.
MINACCE E PROSPETTIVE FUTURE
Come detto, le mangrovie sono minacciate essenzialmente da diversi fattori: cambiamento climatico e innalzamento del livello del mare, acquacoltura, agricoltura, sviluppo costiero, ma anche specie alloctone invasive.
Tra il 2001 e il 2012 globalmente sono state perse da 35 a 97 miglia quadrate di foresta di mangrovie all’anno, un tasso di perdita che supera anche la scomparsa delle foreste pluviali tropicali. La minaccia principale è l’allevamento di gamberi, la cui domanda è in aumento in paesi come Europa e Stati Uniti. Le mangrovie vengono danneggiate direttamente, attraverso la loro eliminazione per creare spazi dove allevare i gamberi, ma anche in seguito: nel corso di diversi anni un fango tossico si accumula sul fondo di uno stagno di gamberi, dove si trovano le feci dei gamberi, i resti dei mangimi e degli antibiotici usati. Spesso questi fanghi vengono anche riversati nelle foreste di mangrovie, causando danni ingenti. L’aumento delle temperature globali sta causando l’innalzamento del livello dei mari: questo è un fattore di rischio per le mangrovie, che rischiano di finire sommerse completamente, e, sebbene in alcuni casi le mangrovie si siano spostate verso l’entroterra, lo sviluppo umano limita questo spostamento. Inoltre, un livello del mare più alto aumenta anche il tasso di erosione, impedendo ai sedimenti di accumularsi, e privando le mangrovie del terreno su cui crescere. Di fronte a questi eventi, anche la capacità di adattamento delle piante può venir meno, anche a causa della bassa variabilità genetica delle mangrovie, crollata in seguito ad un collo di bottiglia circa 20.000 anni fa. Anche le specie alloctone invasive sono una minaccia concreta: è il caso ad esempio dell’erba palustre Spartina alterniflora, introdotta in Cina per ridurre l’erosione costiera, ma che si è diffusa invadendo le foreste di mangrovie. In un altro caso, l’introduzione dell’antilope asiatica nilgai negli Stati Uniti causa problemi alle mangrovie perché questa si nutre delle loro foglie. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, perché anche le mangrovie possono essere invasive: è il caso di Lumnitzera racemose, che si è diffusa da un giardino botanico di Miami, mentre alle Hawaii si è diffusa Rhizophora mangle dalla Florida.
La reintroduzione è una soluzione?
Le reintroduzioni delle mangrovie si verificano in tutto il mondo, ma non sempre i risultati sono positivi. Ad esempio, nelle Filippine sono stati investiti 35 milioni di dollari per piantare 3 milioni di piante di mangrovie, ma meno del 20% di queste è cresciuto. In Florida nel 1986 è stato sviluppato un metodo più efficace: si è notato sperimentalmente che le mangrovie crescono meglio restando il 30% del tempo immerse e il 70% asciutte: è stato modificato il paesaggio costiero per permettere di rispettare questi tempi, e le reintroduzioni hanno avuto successo, ripristinando le foreste di mangrovie. Da allora, il metodo Lewis è stato usato con successo in tutto il mondo.
Fonte
- Kathiresan, 2012. Importance of mangrove ecosystem.
International Journal of Marine Science - Mangroves
Smithsonian - Mangroves and coastal ecosystems
IUCN