Quanti hanno mai desiderato o sperato di poter rincontrare un proprio caro ormai defunto anche solo sotto forma di spirito? I fantasmi compaiono nelle leggende e nel folklore di qualsiasi luogo e cultura, non mancano nel cinema, nella narrativa e nel teatro, ma quanto sono «reali»?
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I FANTASMI ESISTONO?
Quanti hanno mai desiderato o sperato di poter rincontrare un proprio caro ormai defunto anche solo sotto forma di spirito? I fantasmi compaiono nelle leggende e nel folklore di qualsiasi luogo e cultura, non mancano nel cinema, nella narrativa e nel teatro, ma quanto sono «reali»? C’è chi ne è terrorizzato, chi afferma di poter comunicare con loro, chi spera nel profondo di poterlo fare prima o poi… ciò che è certo è che ognuno di noi li conosce fin da bambino, li immagina, li disegna, ne sente parlare, ci crede o li scongiura. Se una credenza è condivisa fino a questo punto, allora forse nasconde una qualche verità. Questa affermazione di certo non valida inequivocabilmente i fantasmi, né il Bigfoot o il mostro di Loch Ness, ma lascia intendere che vi siano uno o più elementi socialmente condivisi che li rendono perlomeno «probabili». D’altronde chi siamo noi per dare senza ombra di dubbio del bugiardo al bambino che afferma di aver sentito una presenza accanto al proprio lettino? «È solo un bambino, i fantasmi non esistono». Effettivamente ad oggi non abbiamo prove fisiche della loro esistenza, solo aneddoti e testimonianze, ma il fatto che non vi siano riscontri materiali non li rende meno «reali», di certo non per lo sciamano del villaggio che nel tempo libero parla con gli spiriti della foresta o con i fantasmi della propria famiglia. Quello che per noi non esiste, non è detto che non sia reale, quantomeno non per tutti.
Cosa è reale?
È reale quello che dal punto di vista fisico è oggettivamente osservabile, ma che ne è dell’esperienza soggettiva? Segue un esempio tanto semplicistico quanto efficace. Ipotizziamo di avere due individui, uno molto felice, l’altro incredibilmente triste. Quest’ultimo maschera così bene la tristezza da sembrare di umore felice tanto quanto il primo (per quanto sembri poco credibile una situazione di questo tipo, in realtà sono molto frequenti i casi di smiling depression). I nostri omini sembrano oggettivamente felici, sorridono, parlano tra loro con gioia e scherzano sulla vita come se questa fosse un giochino divertente. Ci viene chiesto di identificare tra i due il soggetto infelice, ma dal nostro punto di vista entrambi sembrano radiosi. Concludiamo affermando che oggettivamente il soggetto infelice non esiste, eppure sappiamo che in verità uno dei due è logorato dalla sofferenza. La sua è un’esperienza mentale del tutto soggettiva, questo la rende meno reale? Anche se dall’esterno non sembra tale, lui sa di essere profondamente infelice.
La sua, dal suo punto di vista, è un’emozione viva e reale, così come per il bambino spaventato è reale quella fastidiosa presenza ai piedi del letto che non lo lascia dormire la notte. A questo punto potremmo dire che per il pargolo non è reale il fantasma, ma la paura che prova nel pensare che questo sia reale. È senz’altro vero, ma sappiamo che dal punto di vista psicologico la suggestione (e anche alcune patologie) può portarci a vedere nel mondo fisico oggetti che non esistono, perlomeno non per gli altri. Per noi sono nitidi e materiali come fossero reali, per gli altri siamo delle persone con qualche rotella fuori posto… Difficile da credere che qualcuno possa vedere nel mondo fisico ciò che tutti gli altri non percepiscono, tuttavia oggi non solo sappiamo che una situazione di questo tipo non è incredibile come sembra, ma siamo anche in grado di riprodurla efficacemente in laboratorio. Fatta questa premessa non deve più suonarci così strano il bimbo che parla con il suo amico immaginario o che afferma di vedere i fantasmi nella sua cameretta. Può darsi che siano solo fenomeni frutto della sua mente, ma questo non li rende meno reali, non per lui.
SE GIOCHIAMO CON LA MENTE, LA MENTE GIOCA CON NOI
Che succede nella mente del paziente schizofrenico quando sente le voci? La sua area uditiva si attiva come se qualcuno stesse davvero parlando con lui, ed effettivamente qualcuno sta parlando con lui nella sua testa, anche se noi non sentiamo nulla. Le allucinazioni vengono spesso definite come «percezioni senza oggetto» dal momento che per il paziente si tratta di eventi reali in tutto e per tutto, ma nel mondo fisico viene a mancare il target percettivo che solo chi ha l’allucinazione riesce ad avvertire. Se è sufficiente stimolare una determinata area del cervello per generare un’allucinazione, possibile che nessuno scienziato si sia mai divertito a «giocare» con la corteccia cerebrale per «allucinare» le sue cavie? No, non è possibile, infatti è stato fatto, diverse volte con grande successo (tutto ovviamente per scopi clinici e di ricerca, non per puro divertimento sadico). La mente delle cavie di rimando «si è presa gioco» del suo possessore «creando» altre persone nella stanza quando questa era vuota oppure dandogli l’impressione di uscire fuori dal corpo, come se l’anima di uno spirito stesse abbandonando il suo involucro di carne e sangue. Vedremo tutto nello specifico nei prossimi paragrafi.
Creare un fantasma in laboratorio
Era il 2006 quando Nature pubblicò una ricerca nella quale veniva riportato il caso di una ragazza che, in seguito ad una stimolazione elettrica della giunzione temporoparietale sinistra, riferiva di percepire una presenza alle sue spalle, come fosse un’ombra, ma ben più interattiva. La giovane donna affermava di sentirsi abbracciata dallo spettro quando si rannicchiava e le sembrava che le impedisse di leggere quando ci provava. «Vuole prendere la carta» diceva, «non vuole che legga» (Arzy et al., 2006). In laboratorio non c’era nessun altro se non lei e i ricercatori, eppure la ragazza non avrebbe detto la stessa cosa… Tempo dopo venne pubblicata una seconda ricerca che tentò di identificare le aree cerebrali responsabili della sensazione di presenza (feeling of a presence, FoP). Grande attenzione venne data alla corteccia temporoparietale, insulare e soprattutto frontoparietale. I ricercatori svilupparono un sistema robotico in grado di generare conflitti percettivi in corrispondenza di queste aree, e grazie alla manipolazione, riuscirono ad indurre FoP in buona parte dei soggetti, facendo credere loro di essere seduti accanto a «qualcuno» (Blanke et al., 2014). Inquietante, ma molto interessante, in entrambi i casi venne riprodotto artificialmente quello che probabilmente avviene nella testa di una persona che ha la netta sensazione di essere in compagnia di qualche anima in vacanza dal regno dei morti.
Esperienze extracorporee
Il grande Richard Feynman un giorno fece della sua mente la cavia del suo stesso esperimento. Era curioso di osservare gli effetti della deprivazione sensoriale, così un pomeriggio decise di immergersi in una vasca apposita che lo rendesse completamente estraneo al mondo esterno. Dopo ben poco tempo passato in assenza di stimoli, si iniziò ad allontanare «spiritualmente» dal proprio corpo fisico fino a poterlo guardare inerte da lontano, o almeno così gli sembrò, ma concluse immediatamente che la sua immaginazione aveva preso il sopravvento sulla ragione. In verità ciò che accadde non fu uno scherzo della sua fantasia ma una cosiddetta out-of-body experience (OBE), una normale conseguenza di un’assenza prolungata di stimolazioni esterne. È stato visto che lo stesso fenomeno può essere facilmente (per modo di dire) riprodotto in laboratorio grazie ad una stimolazione elettrica del giro angolare destro (Blanke et al., 2002). Il fatto che le OBEs siano frutto di un «cortocircuito» spiega come mai questo tipo di esperienze sia particolarmente presente in condizioni di ipossia, ipercapnia o emorragia (dunque emergenze, incidenti, attacchi cardiaci…). Dopotutto vi è uno stretto legame tra trasmissione sinaptica e perfusione cerebrale: se viene a mancare il sangue al livello del sistema nervoso centrale, anche la trasmissione sinaptica ne risente e facilmente si creano fastidiose perturbazioni in corrispondenza delle aree responsabili delle OBEs.
La molecola dello spirito
Sembra che i fantasmi in psicologia non siano altro che scherzi elettrici del cervello, eppure vi sono migliaia di persone che, poco dopo un’esperienza pre-morte (near-death experience, NDE) come il coma, affermano di essere entrati in uno stato di sospensione tra il mondo degli spiriti ed il nostro, sono fermamente convinte di aver temporaneamente raggiunto il paradiso o di aver fatto due chiacchiere con gli angeli. Mentono? No di certo. È stato visto che il nostro corpo, in determinate circostanze o sottoposto a determinate pressioni, produce quella che Rick Strassman chiama molecola dello spirito, o dimetiltriptammina (DMT) in termini tecnici. Trattasi di un una triptammina psichedelica endogena presente non solo in molte piante, ma anche nel fluido cerebrospinale dell’uomo.
La sua struttura chimica è analoga a quella del neurotrasmettitore serotonina, all’ormone melatonina e ad alte molecole psicoattive come la psilocibina (il principio attivo dei «funghetti» per intenderci). Spesso gli sciamani delle antiche tribù erano soliti utilizzare (inconsapevolmente) piante contenenti DMT per mettersi in contatto con gli spiriti, di conseguenza erano in grado di comunicare con loro e con i fantasmi dei cari defunti. Difatti questo potente psichedelico, a differenza di altri meno «specializzati», sarebbe in grado di generare allucinazioni con carattere mistico e divino nel soggetto che lo assume (inalato o ingerito) o che lo produce spontaneamente.
Racconti e storie di esperienze pre-morte
Spesso i fantasmi nei film e nei libri restano bloccati nel mondo dei vivi a causa di un conto lasciato in sospeso o di una frattura tra i due mondi. Quando finalmente riescono a passare oltre, lo fanno attraversando un lungo tunnel luminoso al cui termine vi è una luce ancor più intensa. Serie tv come Ghost Whisperer hanno costruito l’intera trama su questo fenomeno. L’idea del tunnel nasce dalle testimonianze di NDEs dove le persone affermano di aver visto davanti a loro una galleria luminosa. Il neurofisiologo Edward Lambert ha spiegato il fenomeno inserendo un campione di piloti all’interno di una centrifuga ad alta accelerazione. Facendoli girare rapidamente, nel giro di pochi secondi, non appena il sangue defluiva dal cervello, questi perdevano conoscenza, ma prima di farlo, vedevano davanti a loro formarsi il lungo tunnel diretto nell’aldilà. Questo perché la mancanza di sangue al livello del sistema visivo andava ad offuscare la loro visione periferica. In pratica si creava davanti a loro una galleria oscura al termine della quale vi era una leggera luce della speranza. Combiniamo questo effetto con quello della DMT tipicamente prodotta in concomitanza delle NDEs ed otteniamo allucinazioni di ogni tipo con carattere mistico, spettri, wraith, angeli e tante altre creature del mondo paranormale.
Sognare i fantasmi
Può capitare a volte di sognare i fantasmi dei propri cari defunti, o peggio, i fantasmi di persone ancora in vita. In quest’ultimo caso il più delle volte ci si sveglia con una grande ansia e preoccupazione per il beneamato: «starà bene? Meglio fare uno squillo per accertarsene». Si innesca una lunga serie di pensieri ed interpretazioni del sogno premonitore da fare invidia alla Pizia, in verità quello che rende particolare un sogno come questo, è la carica emotiva ad esso associata. Sappiamo che durante la notte siamo in grado di creare con la mente le più belle trame e costruzioni di fantasia mai viste, perciò non ci si meraviglia di sognare cose assurde come draghi, poteri magici o supereroi, perché mai allora ci si spaventa quando si sogna una cosa altrettanto assurda come il fantasma di una persona ancora in vita? È tutto dovuto alla carica emotiva associata all’idea di spirito, che siano questi di viventi o di defunti, generano sempre una certa agitazione.
A questo punto ci si potrebbe domandare perché sogniamo proprio loro? Perché abbiamo gli incubi? Una delle funzioni del sonno è quella di consentire l’elaborazione di traumi ed eventi di vita stressanti per la persona; quando i sogni superano una certa soglia di attivazione emotiva, si rischia di sfociare nell’incubo; quando si è preoccupati direttamente o indirettamente per una persona o quando questa ci manca, la si può sognare in diverse forme, viva o morta, con il corpo da cavallo o con le ali di arpia. Sia ben chiaro che non ci sono simbolismi univoci per la lettura di un sogno, è tutto estremamente relativo, ogni costruzione è estremamente soggettiva. Sognare un fantasma non vuol dire necessariamente «morte» o «catastrofe», per comprendere meglio il significato del sogno è necessario fare due chiacchiere con la persona che l’ha creato. Per giunta lo psichiatra Rick Strassman, dopo aver condotto numerose ricerche sulla DMT, notò che questa veniva spontaneamente prodotta dalla ghiandola pineale specialmente verso le 3:00-4:00 del mattino, quando lo stadio REM (Rapid Eye Movement) iniziava ad intensificarsi. È questa la fase del sonno dove abbondano i sogni e tende ad incrementare la sua densità man mano che la notte procede verso il giorno. Non dovrebbe quindi meravigliarci il carattere mistico dei sogni sapendo che mentre li creiamo siamo sotto l’effetto della molecola dello spirito.
Quindi i fantasmi non esistono?
Pare che i fantasmi di Halloween con il lungo lenzuolo bianco siano solo parte di storie e racconti gotici folkloristici, ma per riassumere, nessuno è mai riuscito a dimostrarne scientificamente l’esistenza, al contempo nessuno ha mai dimostrato che non esistono. Sono stati riprodotti in laboratorio fenomeni come apparizioni, OBEs e NDEs, il che ha dimostrato che gli eventi elettrochimici a livello cerebrale talvolta possono giocarci brutti scherzi. Eppure, il fatto di aver dimostrato che questo genere di avvenimenti spesso è frutto dell’encefalo non ha escluso del tutto l’ipotesi secondo cui i fantasmi esistono e sono oggettivamente reali. Di certo buona parte delle testimonianze che ci vengono riportate sono radicate nella neurofisiologia, ma come possiamo affermare con certezza che nessuno ha mai davvero sperimentato un incontro ravvicinato con Casper? Improbabile, ma chi siamo noi per escluderlo? Per fare un parallelismo, dieci delle nove persone che affermano di aver visto gli alieni erano sotto l’effetto di allucinogeni, ma se la decima li avesse incontrati davvero?
Fonte
- Arzy, S., Seeck, M., Ortigue, S., Spinelli, L., & Blanke, O. (2006). Induction of an illusory shadow person.
Nature - Blanke, O., Pozeg, P., Hara, M., Heydrich, L., Serino, A., Yamamoto, A., … & Rognini, G. (2014). Neurological and robot-controlled induction of an apparition.
Curret Biology - Blanke, O., Ortigue, S., Landis, T., & Seeck, M. (2002). Stimulating illusory own-body perceptions.
Nature - Timmermann, C., Roseman, L., Williams, L., Erritzoe, D., Martial, C., Cassol, H., … & Carhart-Harris, R. (2018). DMT models the near-death experience.
Frontiers in Psychology