La sfera di Dyson è una megastruttura costruita attorno ad una stella, in grado di catturare tutta la sua energia. Come sarebbe fatta, di quali materiali sarebbe costituita e i suoi utilizzi sono descritti nell’articolo.
IN BREVE
Indice
SFERA DI DYSON: COME PRODURRE PIÙ ENERGIA?
La richiesta di energia pulita si sta rendendo sempre più necessaria negli ultimi anni, per abbattere le emissioni di gas serra e limitare l’estrazione di materiali preziosi (come le terre rare) dal terreno e fronteggiare, in definitiva, il cambiamento climatico. Al momento esistono già in commercio diverse tecnologie che sfruttano le forze della Natura per ricavare energia, come le pale eoliche, le centrali idroelettriche, quelle geotermiche e i pannelli solari. Queste tecnologie hanno avuto sì un incremento nello sviluppo, però le loro efficienze sono ancora piuttosto limitate. Pensa, ad esempio, che i pannelli solari in silicio consentono un’efficienza di conversione solo del 20% circa, perché la maggior parte della luce o si disperde in atmosfera o viene persa all’interno del circuito della cella solare stessa. Come fare, quindi, per ricavare grandi quantità di energia?
Sfera di Dyson scoperta
La risposta la immaginò Freeman Dyson nel 1960, in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Science (a dire il vero, si ispirò al romanzo “Star Maker” di Olaf Stapledon del 1937). Dyson, infatti, effettuò un esperimento mentale grazie a cui sarebbe stato possibile ricavare energia dalle stelle. E no, non con semplici pannelli fotovoltaici installati sul tetto di casa, bensì con una megastruttura direttamente “montata” attorno alla stella stessa. La megastruttura, che venne battezzata come “sfera di Dyson”, circondando la stella per intero o quasi, avrebbe potuto assorbire decisamente molta più energia rispetto ai metodi tradizionali.
Il “laboratorio” virtuale per il suo esperimento mentale era un sistema solare simile al nostro, quindi con una stella al centro e dei pianeti orbitanti attorno con composizione chimico-fisica simile a quelli nostri. L’ “operatore” dell’esperimento, invece, era una civiltà di tipo II nella scala di Kardashev, cioè capace di controllare pienamente tutta l’energia emanata dalla propria stella. Giusto per curiosità, nella stessa scala sono riportati anche la civiltà di tipo I, dotata della tecnologia nostrana e usata come riferimento nella scala, e quella di tipo III, capace nientedimeno di gestire l’energia derivante dall’intera galassia. Per dare un’idea delle potenze in gioco, tipo I, II e III hanno a disposizione rispettivamente 1012 W, 1026 W e 1037 W. In realtà, quella civiltà di tipo II potremmo essere anche noi stessi tra 3000 anni (se sopravviviamo) migliorando la tecnologia dell’1% ogni anno, arrivando così ad evolverci tecnologicamente di 1000 miliardi di volte!
SFERA DI DYSON: COME COSTRUIRLA?
Nella pratica (se così si può dire), che sembianze avrebbe la sfera di Dyson? Dyson stesso ipotizzò diverse possibilità, alcune più fattibili, mentre altre un po’ meno. Intanto, è bene precisare che la sfera di Dyson non si troverebbe a stretto contatto con la stella, bensì starebbe ad una certa distanza. Puoi pensare che il raggio di tale sfera sia di 1UA (Unità Astronomica, lunga quanto la distanza Terra-Sole e pari a 150 milioni di km!): la sua superficie sarebbe larga ben \(\)\(4\pi r^{2} = 2.8 \cdot 10^{17} km^{2} \), cioè 550 milioni di volte la superficie terrestre. Come se non bastasse, la sfera di Dyson sarebbe stata spessa 3 metri (che su una superficie così estesa sono notevoli). In realtà, Dyson non si preoccupò più di tanto della difficoltà dell’architettura della sua megastruttura, perché dava per scontato che noi umani tra 3000 anni, o la famigerata civiltà aliena saremmo stati capaci di una tale impresa. La ricompensa, non dimentichiamolo, sarebbe tutta l’energia della stella! Per dare un’idea, il nostro Sole fornirebbe circa 400 yottawatts, cioè 400 milioni di miliardi di miliardi di watts.
Guscio di Dyson
Una prima possibilità è il “guscio di Dyson”, che è la struttura più immediata da pensare ma anche più difficile (se non impossibile) da realizzare. In questo caso, la sfera è completamente chiusa su sé stessa e rimane ferma, non ruota. Il vantaggio evidente è che verrebbe raccolta tutta la radiazione proveniente dalla stella, senza lasciarne scappare neanche un po’. Ma gli svantaggi rendono davvero impervia la sua costruzione. In primis, già durante la sua fabbricazione si incontrerebbero problemi di stabilità: come la mantieni una porzione di sfera sospesa nel vuoto? Questa cadrebbe sotto la gravità della stella. Ma anche se si dovesse riuscire nell’impresa, il teorema di Gauss ci spiega come all’interno del guscio di Dyson, l’unica a esercitare gravità sarebbe la stella stessa, mentre la sfera di Dyson sarebbe ininfluente. Questo significa che si troverebbe in un equilibrio instabile e che basterebbe, ad esempio, una piccola meteora che la urtasse per farla risucchiare all’interno del campo gravitazionale. Soluzioni? Dare alla sfera una spinta “antigravitazionale” oppure farla ruotare su sé stessa, ma sarebbe soggetta lo stesso a fortissime tensioni, risultando comunque instabile.
Sciame di Dyson
Un’architettura diversa e forse più realizzabile è quella di non creare un unico guscio attorno alla stella, bensì inviare una serie di satelliti che fungono da pannelli solari che vi ruotano attorno. Nella forma più semplice, l’orbita è solo una e la sfera di Dyson assomiglia praticamente ad un anello, invece se si vuole raccogliere più luce si possono aggiungere altre orbite ad angoli diversi, ottenendo lo “sciame di Dyson” (Dyson swarm). Il vantaggio principale è che in questo caso i satelliti potrebbero essere aggiunti un poco alla volta e la struttura rimarrebbe in piedi. Sarebbe anche più conveniente da un punto di vista economico, in quanto si potrebbe mandare in orbita il primo satellite e, dall’energia ricavata, riutilizzarla per produrre il secondo satellite e mandarlo in orbita, e così via. Il problema qui è che i satelliti rischierebbero di schiantarsi tra loro lì dove le orbite si incrocerebbero.
Bolla di Dyson
Una seconda versione dello sciame di Dyson è la “bolla di Dyson” (Dyson bubble). Invece di avere dei satelliti orbitanti, immagina di avere degli oggetti fissi attorno alla stella. A questi oggetti viene dato il nome di statiti, neologismo che fonde le due parole inglesi “static” + “satellite”, quindi un satellite che rimane statico, immobile nello spazio. Ma allora, che differenza c’è con il guscio di Dyson? Anche quello era fermo immobile e aveva proprio il problema di collassare nella stella. Lo statite, in realtà, è costruito proprio per evitare che ciò succeda! Lo statite, infatti, sfrutta la vela solare, un sistema con una superficie molto estesa, sottile e che permette di controbilanciare la forza gravitazionale grazie alla pressione di radiazione. Il raggio di luce, infatti, lo puoi pensare sia come un fascio di tante onde elettromagnetiche, sia come un plotone di particelle chiamati fotoni. Questi fotoni si comportano come dei veri e propri corpuscoli e portano con sé una certa quantità di moto: quando urtano la vela solare, trasferiscono la propria quantità di moto e spingono la vela, spostandola in verso opposto alla forza di gravità e lasciandola, in definitiva, in equilibrio.
I materiali della sfera di Dyson
Di quali, e soprattutto quanti materiali sarebbe composta la sfera di Dyson, comunque essa fosse fatta? Per le quantità, fu Dyson stesso a toglierci dall’impiccio di calcolarle: sulla base delle dimensioni già scritte sopra, ossia raggio 1 UA e spessore 3 metri (si riferiva chiaramente al guscio di Dyson), e della densità ottimale di 0.78 g/m2 necessaria a mantenere in piedi la struttura senza farla collassare per gravità nella stella, la quantità di materia utile sarebbe pari a 2 \(\cdot\) 1024 tonnellate, cioè la massa del pianeta Giove. Come Dyson stesso suggeriva senza pensarci troppo su, gli abitanti della Terra tra 3000 anni potrebbero rompere Giove stesso e riutilizzare le sue parti per costruire la sua sfera. Alcuni hanno avanzato delle critiche circa questo ragionamento, dato che Giove è un pianeta gassoso fatto principalmente da atomi di idrogeno ed elio, materiali che difficilmente potrebbero essere impiegati nella cattura dell’energia solare. Non avendo già progettato la struttura della sfera di Dyson, chiaramente non si conoscono ancora i materiali effettivamente impiegabili. Tutto ciò che si può prevedere è che essi siano sufficientemente resistenti da sopportare l’ambiente spaziale, ma al contempo anche con la minima densità possibile per evitare il collasso della struttura, come già spiegato. In ogni caso, comunque, questo rimane pur sempre un problema che ci porremo -forse- tra 3000 anni.
SFERA DI DYSON: SEGNALI DA CIVILTÀ ALIENE?
In realtà, i calcoli di Dyson erano poco approfonditi perché semplicemente non si poneva il problema della realizzazione della sua megastruttura (dato che non sarebbe stata fatta in tempi rapidi), anzi nell’articolo che pubblicò lo scrisse esplicitamente: ciò che argomentava non era necessariamente riferito a quello che accadrà in futuro, ma a quello che potrebbe essere già capitato da altre parti nello Spazio. In altre parole, ciò che gli premeva davvero era la ricerca di vita aliena. Infatti, una sfera di Dyson -se esistesse- potrebbe essere notata se opportunamente cercata! Tutti i materiali che assorbono una radiazione con una certa frequenza, ne riemettono un’altra (solitamente a frequenza più bassa). La sfera di Dyson farebbe lo stesso: supponendo che essa sia costruita attorno ad una stella simile al nostro Sole (quindi con la stessa quantità di radiazione emessa), la frequenza riemessa cadrebbe nel lontano infrarosso. Pertanto, puntando i telescopi alla ricerca di queste particolari frequenze nello spazio si potrebbero scoprire civiltà aliene distanti anni luce. Questo tipo di studi è già stato condotto da diversi gruppi di ricerca. Tuttavia, sebbene siano stati ipotizzati diversi avvistamenti di sfere di Dyson, come la stella di Tabby dalla quale provenivano segnali sospetti proprio nell’infrarosso, ma finora purtroppo nessuna è mai stata confermata.
Fonte
- Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation
Science - Dyson Sphere FAQ
aleph.se - The Extended Kardashev Scale
The Astronomical Journal