Le microplastiche sono un problema ambientale ubiquitario, a causa della loro presenza in tutto il mondo. Sono un problema anche per la nostra salute, perché una volta presenti nell’ambiente riescono ad arrivare fino a noi e ad entrare nel nostro corpo. Possiamo assumere microplastiche tramite il cibo, e possiamo persino respirarle se presenti nell’aria. Cosa succede a questo punto?
IN BREVE
Indice
IL PROBLEMA DELLE MICROPLASTICHE
Le microplastiche, ovvero le particelle plastiche con dimensioni inferiori ai 5 millimetri, sono un problema diffuso ormai sia in ecosistemi marini che terrestri. La produzione mondiale di plastica aumenta ogni anno di circa il 3% e, escludendo la produzione di fibre di plastica, ha raggiunto 322 milioni di tonnellate nel 2016, 348 milioni di tonnellate nel 2018, 320 milioni di tonnellate nel 2020. Le proiezioni attuali indicano che entro il 2050, 12 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica potrebbero essere presenti tra ambiente e discariche. Un esempio del problema è rappresentato dalle isole di plastica presenti negli oceani. Ma non solo terraferma e acque, le microplastiche sono anche nell’aria, dove possono trovarsi diversi tipi di fibre, soprattutto sintetiche. Ad aggravare ulteriormente le cose c’è stata poi la pandemia da COVID-19: stima che a livello globale ci sia stato un utilizzo mensile di 129 miliardi di mascherine per il viso e 65 miliardi di guanti. Analogamente all’uso di altri articoli in plastica monouso, i dispositivi di protezione individuale possono finire per inquinare il nostro ambiente, se non smaltiti correttamente. Tutta questa plastica finisce quindi per accumularsi nell’ambiente, ma non si ferma lì. Infatti una volta presente nell’ambiente può subire delle trasformazioni: gli agenti atmosferici e l’azione di alcuni microrganismi possono frammentarla, rendendola sempre più piccola e invasiva, fino a diventare microplastiche, raggiungendo dimensioni di alcuni millimetri o di alcuni micron. Le microplastiche possono essere ingerite dagli animali che noi stessi mangiamo, possono bioaccumularsi, e possono finire in aria ed essere respirate proprio da noi. In questo articolo andremo ad approfondire i diversi modi attraverso cui la microplastica può entrare nel nostro corpo, in base alla via di ingresso, e le reazioni nel nostro corpo.
Classificazione
In base alla loro origine, possono essere suddivise in due categorie principali: microplastiche primarie e microplastiche secondarie. Le microplastiche primarie sono rilasciate direttamente nell’ambiente sotto forma di piccole particelle. Si stima che questa categoria di microplastiche rappresenti il 15-31% delle microplastiche presenti nell’oceano. Le fonte principali sono: lavaggio di capi sintetici (35% delle microplastiche primarie), abrasione degli pneumatici durante la guida (28%), microplastiche aggiunte intenzionalmente nei prodotti per la cura del corpo, come le micro-particelle dello scrub facciale (2%). Le microplastiche secondarie sono invece prodotte dalla degradazione degli oggetti di plastica più grandi, come buste di plastica, bottiglie o reti da pesca. Rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche presenti nell’oceano.
Il fattore COVID-19
La comparsa del SARS-CoV-2 e la pandemia da COVID-19 ha portato ad un massiccio utilizzo dei dispositivi di protezione individuali, come guanti e mascherine. Si stima che a livello globale ci siano stati periodi in cui mensilmente sono stati usati 129 miliardi di mascherine per il viso e 65 miliardi di guanti. Purtroppo, una parte di questi prodotti finiscono nell’ambiente, dove subiscono diversi processi di degradazione e frammentazione che creano particelle di dimensioni minori, che possono venire ingerite da altri animali. Anche se a volte nemmeno è necessario: persino cani e gatti sono stati trovati a mangiare mascherine e guanti. Ugualmente ad altri prodotti in plastica, questi dispositivi possono finire anche nei fiumi o nei mari, dove poi vengono ingeriti da pesci e altri animali, fino ad arrivare nuovamente a noi.
VIE DI INGRESSO NEL CORPO UMANO
Le microplastiche possono entrare nel nostro corpo in diversi modi: tramite la bocca, attraverso l’alimentazione, a causa della contaminazione dei nostri cibi e delle nostre bevande; ma anche tramite il naso, perché letteralmente “la microplastica è nell’aria”, e spesso finiamo per respirarla. Il fattore determinante per l’ingresso delle microplastiche nel nostro corpo, sono le dimensioni delle particelle. Infatti il grado di assorbimento varia in base alla forma e alle dimensioni, ma anche alla solubilità e alla chimica delle microplastiche. Particelle di pochi micron o meno possono essere assorbite direttamente dalle cellule nei polmoni o nell’intestino, mentre le particelle più grandi possono essere veicolate per trasporto paracellulare.
Microplastiche ingerite tramite cibi e bevande contaminati
Vi sono diverse prove che le microplastiche vengano integrate in prodotti alimentari, venendo mangiate dagli animali nell’ambiente, o tramite contaminazione secondaria durante le fasi di produzione dei cibi. Secondo uno studio, l’assunzione media annuale di microplastica tramite cibo e bevande è di 44.500 microplastiche a persona. Gli uomini adulti sono la categoria che ne assume la quantità maggiore, a causa della dieta. Ad esempio, i frutti di mare contengono 1,48 microplastiche per grammo, lo zucchero 0,48, l’alcool circa 32 per litro, l’acqua in rubinetto 4,2, e l’acqua in bottiglia di plastica contiene addirittura circa 95 microplastiche per litro. Non a caso, il consumo di acqua in bottiglia rappresenta la grande maggioranza dell’assunzione di microplastica. Il consumo di zuccheri (tra cui miele) o sale, influisce molto meno. Il fattore chiave risulta essere quindi il tipo di acqua che consumiamo: chi beve solo acqua di rubinetto assume 22 volte meno microplastiche rispetto a chi beve solo acqua o bibite in bottiglia. Un bevitore di bibite in bottiglia assume quindi circa 250 microplastiche ogni giorno. Oltre alle microplastiche contenute nei cibi, molte possono finire per contaminare i nostri pasti sia durante la preparazione dei cibi, sia durante il pasto. La maggior parte di queste particelle è in forma di fibre e frammenti, e quelle con dimensioni minori di 130 μm possono arrivare fino ai nostri tessuti, andando ad innescare risposte immunitarie e conseguenti infiammazioni (spesso ripetute), ma possono anche rilasciare i monomeri che le costituiscono, o veicolare sostanze tossiche e cancerogene fino al nostro intestino, come metalli pesanti e altri inquinanti. Sono già presenti in letteratura le prove di presenza di microplastiche nell’intestino umano.
Microplastiche inalate
Le microplastiche sono spesso presenti in forma di fibre, in grado di disperdersi nell’aria. Le fibre presenti nell’aria non sono sempre artificiali, possono essere anche naturali. Tra le fibre sintetiche troviamo fibre inorganiche (carbonio, ceramica, vetro) e organiche. In tutto il mondo, nel 2016 sono state prodotte più di 90 milioni di tonnellate di fibre tessili. Due terzi di queste sono fibre di plastica, e i tassi di produzione sono cresciuti ogni anno a un tasso di circa il 6,6% nell’ultimo decennio, anche a causa del loro vasto utilizzo nell’abbigliamento sportivo. Queste fibre possono facilmente staccarsi dagli indumenti con l’usura o durante i lavaggi o l’asciugatura. Le microplastiche che ne derivano subiscono altri processi che le frammentano e degradano ulteriormente, come degradazione foto-ossidativa, abrasione e urti con altre particelle. Le microplastiche così formate possono essere ingerite, se contaminano i nostri cibi, ma possono persino essere inalate. Uno studio ha esaminato le concentrazioni si fibre nell’aria in due siti, urbano e suburbano. Le concentrazioni di fibre negli spazi aperti sono inferiori, mentre negli ambienti interni, il tasso di deposizione delle fibre varia tra 1.586 e 11.130 fibre per metro quadrato al giorno. Di queste fibre, il 33% è costituito da fibre contenenti prodotti petrolchimici. La probabilità che queste particelle disperse nell’aria entrino nel nostro sistema respiratorio dipende dalle loro dimensioni.
Microplastiche e cosmetici
Molti cosmetici usati normalmente e quotidianamente possono contenere microplastiche: secondo un lavoro di Greenpeace, in cui sono stati analizzati diverse tipologie di cosmetici, il 79% dei 672 prodotti verificati presentavano materie plastiche e, tra queste, il 38% era costituito da particelle classificabili come microplastiche. Il cosmetico più contaminato era il mascara, seguito da rossetti, lucidalabbra e fondotinta. Ulteriori analisi hanno evidenziato la presenza di piccole particelle inferiori ai 5 millimetri di polietilene (in 6 prodotti), polimetilmetacrilato (in 2 prodotti), poliammide (in 2 prodotti) e polietilene tereftalato (in 1 prodotto). Solo un’azienda ha creato prodotti senza presenza di microplastiche.
REAZIONI DELLE MICROPLASTICHE NEL CORPO
Le microplastiche fibrose che vengono inalate, sono soggette a clearance mucociliare nelle vie aeree superiori, con conseguente trasporto nell’apparato gastrointestinale. Alcune di queste particelle possono tuttavia evitare i meccanismi di clearance del polmone. Le microplastiche fibrose hanno anche un’elevata biopersistenza, sono difficili da eliminare, e sono resistenti nei fluidi fisiologici: le fibre di polipropilene, polietilene e policarbonato non hanno mostrato quasi nessuna dissoluzione o modifiche alla superficie e alle caratteristiche in un fluido polmonare extracellulare sintetico dopo 180 giorni. Questo indica che queste microplastiche fibrose possono persistere a lungo nei polmoni. Anche la loro biopersistenza dipende dalle dimensioni: le fibre più lunghe sono più resistenti. Essendo già state osservate fibre di plastica nei tessuti polmonari umani, è sicuro che le nostre vie aeree abbiano dimensioni sufficienti per queste particelle. Ma quali danni possono provocare?
Danni alla salute
Studi condotti su lavoratori dell’industria tessile suggeriscono che ci sono alcune patologie che si sviluppano frequentemente, in base al livello di esposizione e alla dose: irritazioni, infiammazioni, ma si possono verificare anche malattie come la malattia polmonare interstiziale, che causa tosse, dispnea e ridotta capacità polmonare. Il meccanismo fisiologico con cui le microplastiche possono causare infiammazione all’interno del corpo, è che quando entrano a contatto con i tessuti interni, vengono rilasciate molecole da cellule deputate alla rimozione di queste particelle, nel tentativo di eliminarle, che causano infiammazione del sito adiacente alle particelle. Questo può potenzialmente favorire lo sviluppo di tumori, perché si generano in grandi quantità specie reattive dell’ossigeno (ROS), molecole molte tossiche. La fibrosi polmonare, e in casi più gravi il cancro, possono quindi svilupparsi dopo infiammazioni prolungate. Queste patologie sono state già riscontrate nei ratti. Alcuni degli effetti tossici delle microplastiche respirate sono dovuti alle molecole tossiche che queste possono adsorbire nell’ambiente, soprattutto in ambienti urbani, come IPA e metalli pesanti. Una volta nel corpo, queste molecole potrebbero essere liberate causando genotossicità primaria, come nel caso delle lesioni al DNA che possono insorgere con gli IPA. Le microplastiche possono anche contenere monomeri, additivi e coloranti che possono avere gli stessi effetti dannosi sulla salute, oltre a poter causare danni ai sistemi riproduttori.
Microplastiche nella placenta
Qualche anno fa, in uno studio italiano, sono state trovate le prime prove di presenza di microplastiche nella placenta umana. Nello studio sono state analizzate le placente di sei donne con età comprese tra i 18 e i 40 anni. Nelle placente sono stati trovati 12 frammenti di materiale artificiale (di dimensioni variabili da 5 a 10 μm), di cui alcuni sono stati identificati in polipropilene, lo stesso materiale con cui vengono fatte le bottiglie di plastica. Cinque particelle sono state trovate nella parte di placenta attaccata al feto, quattro nella parte attaccata all’utero e tre dentro le membrane che avvolgono il feto. Inoltre, gli scienziati hanno analizzato solo una piccola parte delle placente, pertanto è plausibile che i frammenti potessero essere molti di più. Come sono arrivate nella placenta? Attraverso il flusso sanguigno. Se infatti sono abbastanza piccole, le microplastiche possono penetrare ovunque nel corpo. Ad oggi non si conoscono le possibili conseguenze della presenza di microplastiche nella placenta sul feto, anche se è possibile che vi siano effetti sul sistema immunitario, o che causino problemi durante la crescita e lo sviluppo.
Fonte
- Ragusa et al., 2021. Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta.
Environment International - Cox et al., 2019. Human consumption of microplastics.
Environmental science & technology - Gasperi et al., 2018. Microplastics in air: are we breathing it in?.
Current Opinion in Environmental Science & Health - Hiemstra et al., 2021. The effects of COVID-19 litter on animal life.
Animal Biology - Greenpeace, 2021. Il trucco c’è ma non si vede.
Greenpeace