La scienza è in continua evoluzione. Ciò che ci possiamo chiedere è se vi sia uno schema riconoscibile nel modo in cui essa muta mantenendo costante la propria oggettività. Come fa qualcosa in continua evoluzione a rimanere perennemente integerrima?
IN BREVE
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA: FILOSOFIA DELLA SCIENZA
Potremmo dire che la più grande rivoluzione scientifica è stata quella avviata da Galileo con l’introduzione del metodo scientifico. Tuttavia, questo articolo non desidera descrive un singolo evento storico, bensì un concetto, secondo cui la scienza è in continua evoluzione. Ciò che ci possiamo chiedere è se vi sia uno schema riconoscibile nel modo in cui essa muta mantenendo costante la propria oggettività. Come fa qualcosa in continua evoluzione a rimanere perennemente integerrima? I positivisti logici avevano una grandissima considerazione per le scienze naturali, per la logica e per la matematica. Uno dei loro obiettivi fu quello di rendere la filosofia stessa più scientifica allo scopo di emulare i successi e i progressi delle altre discipline, la fisica su tutte. Erano particolarmente colpiti dall’apparente oggettività delle materie di ambito scientifico, difatti ritenevano che la filosofia dovesse impegnarsi nell’utilizzare lo stesso metodo delle altre scienze in modo tale da:
- Ottenere successi analoghi a quelli delle discipline scientifiche;
- Essere degna di un’analoga oggettività.
La scienza è oggettiva oppure soggettiva?
I positivisti logici ritenevano che la scienza fosse in grado di garantire l’oggettività delle proprie proposizioni tramite strumenti quali il controllo sperimentale, pertanto la vedevano come il metodo più sicuro per raggiungere la verità. Tuttavia, ogni rivoluzione scientifica oggettiva è avviata da uomini; ciascun uomo ha una propria storia di vita totalmente soggettiva e personale che lo conduce alla scoperta. Sulla base di questa premessa c’è da fare una distinzione:
- «Il contesto della scoperta» si riferisce all’effettivo processo storico da cui deriva una certa teoria. Riguarda la situazione contingente, l’evento specifico che ha portato all’Eureka: si pensi alla mela che cade sulla testa di Newton oppure a Kekulé che scopre la struttura del benzene sognando un serpente che si morde la coda;
- «Il contesto della giustificazione» si riferisce ai mezzi utilizzati per render conto e giustificare una particolare teoria, una volta che essa è stabilmente presente nel panorama scientifico. Si riferisce ad un’attività razionale per giustificare una certa tesi. Una buona giustificazione non deve valere solo nella contingenza e nella soggettività del momento, ma anche nei secoli. Generalizzando quanto detto prima: si pensi alla legge di gravitazione universale e alla struttura esagonale del benzene.
Affinché si possa parlare di scienza, una buona giustificazione dovrebbe essere oggettiva; non dovrebbe includere nulla della soggettività personale di chi ha elaborato la teoria. In altre parole, dovrebbe essere astorica: al fine di fornire un’appropriata giustificazione di una tesi scientifica, dovrebbe prescindere da elementi contingenti e legati al tempo di proferimento. La legge di gravitazione universale è valida non perché la mela ha colpito Newton, ma perché \( F=G\frac{m_1 m_2}{r^2} \). Pertanto, i positivisti ritenevano che «la scoperta» fosse un fenomeno soggettivo, non governato da regole precise. Al contrario, ritenevano che «la giustificazione» fosse oggettiva e materia propria della logica, ragion per cui credevano che la filosofia della scienza dovesse occuparsi esclusivamente di quest’ultima. Non vedevano la scienza come una storia delle scoperte, ma come una serie di giustificazioni oggettive. È vero che non ci sarebbe scienza senza giustificazioni oggettive, ma ci sarebbero giustificazioni senza scoperte soggettive?
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA SECONDO KHUN
Thomas Kuhn, autore de La Rivoluzione Copernicana, riteneva ci fosse molto da imparare dalla storia della scienza e delle scoperte scientifiche. La critica che mosse al positivismo fu proprio quella di avere un’immagine dell’impresa scientifica ingenua e poco accurata a causa della mancata attenzione per la storia della scienza. Non vi è alcuna scienza oggettiva assoluta, ognuna è solo una fase transitoria del processo scientifico.
- Fase 0: periodo pre-paradigmatico;
- Fase 1: accettazione del paradigma;
- Fase 2: Scienza normale;
- Fase 3: Nascita delle anomalie;
- Fase 4: Crisi del paradigma;
- Fase 5: Rivoluzione scientifica.
Facciamo un esempio concreto:
- Paradigma: Sistema Tolemaico;
- Nascita delle anomalie: ellitticità delle orbite;
- Crisi del paradigma: accumulo delle anomalie;
- Rivoluzione scientifica: Sistema Copernicano.
Kuhn coniò il termine «scienza normale» per indicare i periodi in cui la scienza procede con le sue attività ordinarie.
Paradigma come base dell’oggettività condivisa
Un «paradigma» consiste di due componenti principali:
- Un insieme di assunzioni teoriche fondamentali che tutti i membri di una comunità scientifica accettano in un dato momento;
- Un insieme di «casi esemplari», di problemi scientifici particolari che sono stati spiegati dalle assunzioni del punto 1 e non da altre tesi rivali.
Un «paradigma» è più di una semplice teoria. Riassume un’intera visione scientifica del mondo, a differenza delle teorie che, prima di essere validate ed accettate, possono spiegare in modi diversi gli stessi fenomeni. La scienza normale è un’attività di soluzione di problemi, avente lo scopo di eliminarli effettuando il minor numero di cambiamenti al paradigma. Motivo per cui, prima della rivoluzione scientifica Copernicana, si tentò di spiegare l’ellitticità delle orbite con l’introduzione degli epicicli. Vista la solidità dei paradigmi, non si arriva direttamente al cambiamento radicale; si passa prima dalle possibili micro-variazioni della scienza normale. Nella fase di scienza normale, gli scienziati non hanno lo scopo di controllare il paradigma, bensì di sviluppare le proprie ricerche all’interno dei limiti da esso stabiliti. Quando le anomalie rilevate sono poche, possono semplicemente essere ignorate; quando iniziano ad accumularsi o sono centrali, la comunità scientifica avverte un «senso di crisi». È così che ha inizio il periodo di «scienza rivoluzionaria» in cui vengono proposte varie alternative per sostituire il paradigma oramai non più accettabile.
Anche nella scienza ci sono atti di fede
Kuhn sfata il mito secondo cui per passare da un paradigma ad un altro gli scienziati procedono solo sulla base di prove oggettive. Difatti, ritiene che per adottare un nuovo paradigma siano necessari un atto di fede ed una sorta di conversione, le buone ragioni sono necessarie, ma non sufficienti. Quando una teoria scientifica diventa un paradigma è sempre accompagnata da un atto di fede. Mentre il paradigma richiede l’atto di fede, la teoria è potenzialmente sempre accettabile e condivisibile. Il diffondersi di un determinato paradigma dipende, secondo Kuhn, dalla peer pression, ovvero dalla pressione che gli scienziati esercitano gli uni sugli altri. In altri termini, pare che i paradigmi si diffondano per pressione sociale, guidata da risultati condivisibili, ma pur sempre pressione sociale. I dati oggettivi rendono un paradigma più affidabile, il che ne facilita la scelta da parte della comunità; tuttavia, si parla appunto di scelte. Dopo la rivoluzione scientifica di Newton, è certo che tutti i corpi seguono la legge di gravitazione universale, non perché si tratti della verità assoluta, ma perché all’unanimità è stato deciso che questa è la miglior convenzione per spiegare la gravitazione sulla base di dati ed evidenze inopinabili. Si parla comunque di scelte soggettive condivise. Mentre il dato è oggettivo, la scelta che ne consegue resta soggettiva, un atto di fede appunto. Se così non fosse, se non si trattasse di scelte personali, non ci sarebbero i terrapiattisti.
Il pensiero di Kuhn non è di certo inattaccabile. Se è davvero questa la struttura della rivoluzione scientifica, come può la scienza essere un’impresa razionale dal momento che per cambiare paradigma sono necessari atti di fede? È difficile parlare di fede quando si parla di scienza. Oltre a proporre questa tesi, Kuhn mise in discussione la questione della verità oggettiva. Riteneva che i fatti riguardo al mondo fossero relativi-al-paradigma, quindi variavano al variare di quest’ultimo. In quest’ottica, anche la verità diventa relativa-al-paradigma. Se le verità, così come i fatti, sono relativi al paradigma, allora non ci sono verità assolute ma solo circostanziali.
Rivoluzione scientifica: importanza (o impossibilità) della competizione
Kuhn sosteneva le tesi esposte per mezzo di due argomenti filosofici: l’incommensurabilità, soggetta a non poche critiche, e la natura carica-di-teoria dei dati.
- I paradigmi in competizione sono incommensurabili. Il che significa che possono essere tanto diversi da rendere impossibile ogni confronto diretto. Sono vere e proprie immagini del mondo (a differenza delle teorie) ed in quanto tali non possono essere paragonati tra loro, nel senso che nessuno può surclassare gli altri, nonostante le evidenze in favore; tutti restano vivi, seppur meno quotati. Pensiamo ad esempio al concetto di orbita nel paradigma copernicano rispetto allo stesso concetto nel paradigma di Tycho-Brahe, oppure ai concetti di Terra come sferoide oblato e Terra piatta: si parla della stessa cosa in termini differenti. Nonostante vi siano dati ed evidenze a supporto, se si parla di opinioni come è possibile dire che i cambiamenti di paradigma sono del tutto oggettivi? Forse non lo sono mai, difatti i terrapiattisti permangono; ma a questo punto ci si potrebbe domandare come sia possibile che nella rivoluzione scientifica un paradigma vinca sugli altri dal momento che non c’è possibilità di paragone? Ci si basa esclusivamente sugli atti di fede? La tesi dell’incommensurabilità intende perlopiù sottolineare come non esista un’unica cornice all’interno della quale le idee possono essere giudicate «giuste» o «sbagliate». Secondo Kuhn, il mutamento scientifico è privo di direzione. Non è detto che le «verità giuste» siano quelle più recenti. Tesi nuove e più esplicative potrebbero essere meno valide rispetto a quelle antiche. Difficile, ma non impossibile dal momento che il mutamento scientifico è privo di direzione.
- La natura carica-di-teoria dei dati. L’idea che i dati siano neutrali rispetto alle teorie è un’illusione, essi in realtà sono sempre contaminati da assunzioni teoriche di partenza. Pertanto l’idea che, nello scegliere tra due teorie rivali che si propongono come paradigmi, lo scienziato possa e debba cercare qualche tipo di dato che gli permetta di decidere tra le due, è a sua volta illusoria poiché assume l’esistenza di fatti del tutto indipendenti dalla prospettiva teorica da cui li si osserva (Okasha, 2006, pp. 134–139). Così come ogni scienziato non sceglie casualmente cosa è come indagare, allo stesso modo i paradigmi vengono scelti in funzione delle assunzioni teoriche alla base, secondo le preferenze di ciascuno. La percezione è condizionata dalle credenze di fondo.
Un algoritmo per identificare le verità assolute
Dalle argomentazioni di Khun derivano due conseguenze:
- La scelta di un paradigma tra vari disponibili non può essere risolta dal mero «appello ai dati», non è quindi mai possibile una scelta del tutto oggettiva tra due paradigmi. Non esiste una reale prospettiva neutrale da cui valutare le tesi;
- La stessa idea di verità oggettiva è messa in questione. Per essere oggettivamente vere, le nostre teorie devono corrispondere ai fatti, a loro volta dubbi. La verità è pertanto relativa a un paradigma più che alla realtà. A questo punto ci si potrebbe domandare se i fatti sono davvero opinabili oppure no, in quanto fatti.
Secondo Khun, la pura neutralità della scienza di cui parlavano i positivisti logici sembra essere irraggiungibile. Tuttavia, non è chiaro se questo compromette l’oggettività della rivoluzione scientifica. Ad una prima lettura Kuhn sembra dirci che la scienza non è affatto razionale, ma al contrario che essa è caratterizzata dall’adesione dogmatica e fideistica ad un paradigma. Tuttavia lo stesso autore in un poscritto moderò la sua posizione, sostenendo che ciò che gli interessava era fornire un’immagine più realistica e storicamente accurata degli sviluppi scientifici. Egli in generale riteneva che non vi fosse un algoritmo assoluto volto a spiegare la scelta di una certa teoria scientifica piuttosto che un’altra. Una prima approssimazione ad un simile algoritmo (seppur lontana anni luce dalla precisione che un algoritmo dovrebbe avere) è data dalle proposte che puntano ad individuare le caratteristiche salienti che rendono «buona» una teoria: semplicità, ampiezza di applicazione, stretta corrispondenza con i dati. Ci troviamo di fronte ad una sorta di dilemma in cui sono possibili tutte le posizioni intermedie: da un lato, il positivismo ci suggerisce che deve esistere un algoritmo, pena l’irrazionalità della scienza; dall’altro, il concetto di razionalità dei positivisti è forse troppo esigente. Se è vero ciò che dice il Kuhn, allora anche in risposta a questo dilemma vi sono solo verità circostanziali.
Fonte
- Il primo libro di filosofia della scienza. Einaudi.
Okasha, S. (2006) - Philosophy of science: A very short introduction (Vol. 67). Oxford Paperbacks.
Okasha, S. (2002)