L’olfatto è un senso su cui facciamo meno affidamento: non abbiamo di certo l’olfatto di un cane, ma ciò nonostante questo senso è fondamentale nelle nostre prime fasi di vita, e persino prima della nascita. L’olfatto influenza infatti la nostra vita in diverse fasi dello sviluppo, fino all’adolescenza, e può avere degli effetti molto importanti. In questo articolo andremo a capire come questo senso ci influenza durante la crescita.
IN BREVE
Indice
L’OLFATTO: IL SENSO “SOTTOVALUTATO”
L’olfatto è tra i sensi meno considerati per l’uomo, che sfrutta molto di più sensi come la vista, o il tatto. L’olfatto ha un significato preciso: serve a captare gli odori e i profumi, ed è presente in quasi tutti gli animali, dove ha una funzione molto importante ed è quindi potenziato, come nel caso dell’olfatto di un cane. Altri animali hanno inoltre la possibilità di cogliere, tramite l’olfatto, anche i feromoni, importanti nella comunicazione, capacità assente nell’uomo. Di recente, a causa della pandemia da COVID-19, molte persone si sono ritrovate a non avere questo senso, o ad avere un olfatto alterato, e restarne senza ne ha sottolineato l’importanza nella vita di tutti i giorni. L’olfatto svolge un ruolo cruciale infatti, nell’uomo, come in altri mammiferi, persino prima della nascita, e in seguito, nelle prime fasi di vita e durante lo sviluppo. Anche da adulti, l’olfatto continua ad avere un grande ma sottovalutata influenza. In questo articolo andremo a descrivere il ruolo e l’importanza di questo senso nelle varie fasi di sviluppo dell’uomo, da prima della nascita fino all’adolescenza.
L’OLFATTO, DAL GREMBO MATERNO AL MONDO ESTERNO
Le preferenze olfattive di un bambino si originano prima della nascita. Infatti già durante gli ultimi tre mesi di gravidanza, il feto è in grado di percepire gli odori, spesso legati al liquido amniotico che lo circonda. Gli odori presenti nel grembo dipendono dallo stato fisico e psicologico della madre, come lo stress, la salute, la dieta, l’eventuale assunzione di sostanze e persino i profumi usati. I metaboliti odorosi possono infatti facilmente passare fino al liquido amniotico. Il feto preferisce l’odore tipico del liquido amniotico di ogni madre, e reagisce a odori diversi, come quello di alcool, o di cibi fortemente odorosi, come aglio, pesce, formaggio e verdure. L’esposizione agli odori di questi cibi può persino influenzare le preferenze alimentari del bambino dopo la nascita. L’ambiente amniotico prepara anche il feto agli odori del mondo esterno, grazie alla continuità olfattiva transnatale (TOC): infatti l’odore del liquido amniotico e del latte attraggono il neonato allo stesso modo nei primi giorni di vita. Tramite il liquido amniotico il feto si prepara a conoscere dal punto di vista olfattivo la madre. In alcuni modelli animali, l’esposizione a un certo odore durante la gestazione induce cambiamenti epigenetici nell’espressione dei recettori olfattivi, orientando anche la neurogenesi dei bulbi olfattivi, regolando la sensibilità olfattiva. Ma cosa accade se l’ambiente odoroso cambi drasticamente dopo la nascita? Studi con gli animali hanno mostrato che questi profondi cambiamenti provocano un aumento dei livelli di stress e maggiori difficoltà nell’assumere latte dal capezzolo. L’odore del liquido amniotico può anche guidare il neonato a raggiungere il seno della madre, e se viene lasciato il liquido amniotico in un bambino appena nato, per 12 ore, questo avrà un migliore aumento di peso.
Nascita e apprendimento degli odori della madre
Durante il travaglio, avvengono molti cambiamenti fisiologici e sensoriali che colpiscono il cervello del bambino. Anche il travaglio, oltre a fornire l’ultimo aggiornamento olfattivo del liquido amniotico, promuove l’apprendimento degli odori del mondo esterno. Le contrazioni stesse hanno un’influenza come dimostrato nei neonati nati con taglio cesareo prima o dopo la fase di travaglio: se vengono esposti ad un odore per 30 minuti, e in seguito riesposti allo stesso odore dopo pochi giorni, solo i neonati nati con il travaglio preferiscono l’odore della madre all’odore utilizzato come test nei 30 minuti. Il processo di nascita stesso aiuta il neonato a conoscere l’odore della madre quindi. Un altro esempio di questo processo deriva dall’effetto degli odori della madre: se al bambino viene sottoposto un odore ascellare si ottiene una reazione avversa, ma se viene sottoposto l’odore ascellare della madre il bambino ne risulta attirato, soprattutto dopo i primi giorni di vita, quando il neonato associa quegli odori alla madre.
Comunicazione degli odori durante l’allattamento
I capezzoli materni sono un concentrato di sensazioni per i neonati: tattili, olfattive, visive e gustative, e rappresentano un’interfaccia fondamentale tra madre e neonato. I neonati mostrano attrazione verso gli odori del seno della madre, una volta che hanno iniziato l’allattamento. L’odore del seno può anche guidare i neonati verso di esso quando questi vengono posti sul ventre della madre. Questa attrazione è legata in particolare alle ghiandole di Montgomery presenti nel seno. Un altro forte segnale odoroso deriva dal latte materno: i neonati mostrano una naturale predisposizione per questo odore, che li attira anche prima di esserne esposti direttamente. Dopo la nascita, è il latte il mezzo con cui viaggiano gli odori: infatti nel latte possono essere presenti i metaboliti odorosi legati allo stile di vita della madre (es. fumo e cosmetici) e legati al suo metabolismo. Il feto riconosce anche il latte materno da un latte diverso: ad esempio, se al neonato viene sottoposto latte di mucca, questo preferisce l’odore del liquido amniotico della madre, a sottolineare il rifiuto verso un latte “estraneo”. L’odore del latte o del seno in allattamento provocano una precisa attivazione corticale, soprattutto nella zona orbitofrontale, diversa da quella determinata dall’odore del latte artificiale. Già 2 mesi prima della nascita, i neonati possono rilevare l’odore del latte materno, e questo influenza l’eccitazione, l’attrazione e le risposte appetitive. Quale molecola presente nel latte materno sia in grado di generare tali effetti resta ancora da chiarire. In alcuni casi di cancro al seno, i neonati hanno rifiutato la mammella malata, accettando quella sana: questo sottolinea la loro capacità di identificare gli odori.
L’IMPRINTING ODOROSO DELLA MADRE NELLO SVEZZAMENTO
Analisi comparative indicano che le madri potrebbero familiarizzare i figli con una varietà di odori, abituandoli a far fronte a novità ambientali, presentando loro segnali di odore variabili nel latte o negli alimenti. La familiarizzazione basata sull’odore del cibo, che a volte appare simile all’imprinting, si ottiene attraverso processi multipli e ridondanti, alcuni che operano persino prima della nascita (apprendimento prenatale) e altri che entrano in gioco dopo la nascita. Pertanto, le madri umane modellano versioni grezze dell’ambiente alimentare che la loro prole in seguito dovrà affrontare direttamente.
Il latte come vettore di informazioni
Quando il bambino inizia lo svezzamento si apre una fase critica: è un periodo di vulnerabilità perché il bambino entra in contatto con alimenti diversi dal latte, con caratteristiche e in alcuni casi, agenti patogeni diversi. In questa fase ritorna l’influenza della dieta della madre: i bambini sono preparati ai cibi e ai sapori della dieta seguita dalla madre, e conservano questa impronta. Inoltre i sapori della dieta materna arrivano al feto anche tramite il latte, e anche questo aiuta il bambino a prepararsi all’impatto a nuovi sapori. È da questi processi che si sviluppano le prime preferenze dei bambini verso alcuni cibi, e il rifiuto verso altri. In queste fasi una dieta materna variabile permette di diversificare il sapore del latte, esponendo il bambino a un’ondata di sapori diversi. L’esposizione quotidiana del bambino ad un’ampia variabilità di sapori ne migliora la tolleranza, ampliando la quantità di sapori accettati. Questi processi possono influenzare l’accettazione di nuovi alimenti anche fino ai 6 anni.
Imitare la madre
Molti mammiferi giudicano se un alimento è commestibile o meno in base alle azioni della madre. Se la madre si nutre di qualcosa, può stimolare la prole a fare la stessa cosa. Nel caso degli umani, esiste una sorta di interesse del bambino verso il respiro o la bocca della madre, mentre questa mangia. In questo modo possono cogliere informazioni multisensoriali verso quello che mangia la madre: anche in questo caso si tratta di un apprendimento basato sull’osservazione. La madre diventa una dimostratrice, e a volte questi stimoli possono essere talmente forti da portare a comportamenti disadattativi nei bambini.
IMPORTANZA DELL’OLFATTO DURANTE LO SVILUPPO E NELL’ADOLESCENZA
Crescendo l’olfatto perde di importanza nel riconoscimento degli individui, funzione utile nei primi anni di vita, ma mantiene una funzione importante. Gli odori familiari possono avere una potente influenza anche quando si cresce, perché esiste una generale attrazione verso questi odori. L’odore mantiene comunque un’importante funzione comunicativa: ad esempio, l’odore di un adulto stressato aumenta lo stress anche nei bambini, e con l’olfatto i bambini possono monitorare e rilevare gli stati emotivi degli adulti. Anche gli odori estranei sono ovviamente rilevati dai bambini, come quello del tabacco. L’odore del tabacco può venire associato ad un particolare individuo o ad un particolare contesto. Viste le informazioni che trasmettono gli odori, questi possono causare attrazione o rifiuto in base alla storia personale del bambino e alle sensazioni assegnate a quell’odore. Ad esempio, gli odori materni stimolano sentimenti di sicurezza e fiducia, che appare generale in tutti i mammiferi. Il solo odore materno può persino ridurre lo stress, l’ansia o la paura, nei bambini ma anche negli adolescenti, a sottolineare come gli odori familiari abbiano una capacità calmante, e possano facilitare l’attenzione e l’apprendimento in circostanze stressanti.
Potenza omeostatica degli odori materni
L’odore materno può persistere anche in assenza della stessa, e può continuare a fornire benefici. Ad esempio, il rilascio di cortisolo nei bambini diminuisce quando gli viene fatto percepire un odore associato alla madre. L’odore materno mantiene quindi un effetto calmante che resta efficace anche quando la madre non è fisicamente presente. Nei bambini l’odore materno stimola anche il sonno: quando mamma e figlio poi dormono insieme, lo scambio gassoso sembra poter sincronizzare il risveglio del bambino con quello della madre. In età adulta avviene poi una transizione, per cui è l’odore del partner a fornire conforto in situazioni stressanti.
Influenza degli odori familiari nell’adolescenza
L’olfatto mantiene importanza anche crescendo, durante l’adolescenza. Ad esempio, nei giovani, la presenza o l’assenza di odori di individui adulti possono influenzare lo sviluppo sessuale, accelerandolo o rallentandolo a seconda dei casi, fenomeno noto come Effetto Vanderbergh. Le esperienze olfattive fatte all’interno del gruppo familiare possono anche influenzare il comportamento riproduttivo degli adolescenti calibrando le preferenze in base alle quali verranno selezionati i partner futuri. Alcuni studi hanno dimostrato come le donne preferissero maschi il cui odore era simile a quello del padre, ma non a quello della madre. Questa sorta di attrazione verso questi odori compare solo dopo la pubertà, mentre prima c’è una generale repulsione verso l’odore paterno. Lo stesso non sembra valere nel caso dei giovani maschi con le loro madri. Nonostante questa sorta di attrazione delle giovani donne verso l’odore paterno, viene mantenuta una sostanziale repulsione grazie all’Effetto Westermarck, secondo cui individui cresciuti a stretto contatto, come in una famiglia, non mostrano attrazione sessuale. Un fenomeno fondamentale per evitare la consanguineità.
Fonte
- Schaal, B., Saxton, T. K., Loos, H., Soussignan, R., & Durand, K. (2020). Olfaction scaffolds the developing human from neonate to adolescent and beyond.
Philosophical Transactions of the Royal Society B