Dagli anni sessanta ad oggi molte cose sono cambiate per quanto riguarda le sostanze psichedeliche: LSD, MDMA..non sono solo simboli che riportano alla mente la cultura hippie o a rituali religiosi ma promettenti composti che acquisiscono sempre più importanza nella ricerca per determinate patologie.
IN BREVE
Indice
PSICHEDELICI O ALLUCINOGENI?
Il termine psichedelico deriva dal greco ψυχή (psiche) anima, e δήλος (délos) manifestare, ha come significato “allargare la coscienza”. Fu coniato nel 1957 dallo psichiatra Humphrey Osmond, in sostituzione del termine allucinogeno. Entrambi i termini, in realtà, fanno riferimento allo stesso gruppo di sostanze eterogene in grado di alterare le normali funzioni mentali. Tuttavia c’è una la sottile linea che differenza un termine dall’altro, ed è proprio questo peculiare punto di differenziazione che sta traghettando la visione delle sostanze psichedeliche da una concezione più ricreativa-dispregiativa a una più costruttiva e positivista. A tal proposito, risulta quindi necessario fare una piccola digressione sull’uso dei termini “allucinogeno” e “psichedelico”. Il primo, infatti, è stato utilizzato abbondantemente in vari ambiti, riferendosi più che altro alla capacità della sostanza di indurre allucinazioni nel senso psichiatrico del termine, ovvero un sintomo discreto che però risulta essere solo una piccolissima parte dell’esperienza in se. L’allucinazione è infatti definita come una “percezione sensoriale di qualcosa senza uno stimolo esterno” mentre, dall’altro canto, l’illusione è un ”erronea percezione, una falsa risposta, ad una stimolazione sensoriale”: entrambe le manifestazioni si possono ritrovare nelle esperienze indotte da sostanze psicotrope o in vari quadri psichiatrici, tuttavia l’allucinazione in quanto tale sembra essere una parte fin troppo limitata per rappresentare in maniera così netta l’effetto di queste sostanze. Proprio alla luce di questo, il riduzionismo che rappresentava le sostanze allucinogene come semplici induttori di allucinazioni vide un decadimento che sfociò nella cognazione del termine psichedelico. Considerando il punto di vista fenomenologico, Hollister propose infatti il concetto di psichedelico e definì una serie di criteri con cui descrivere le sostanze con tali proprietà: cambiamenti nel pensiero, nella percezione e nell’umore; deficit intellettuali e di memoria minimi; effetti collaterali del sistema nervoso autonomo pressochè nulli; assenza totale di dipendenza. Il significato di psichedelico può essere quindi interpretato come “allargamento delle coscienza”, nel senso in cui tali sostanze elicitano stati di coscienza non ordinari, interpretati da alcuni come una manifestazione della vera natura della mente. La differenziazione tra questi due termini, un cambiamento così minimo, portò invece a una riconsiderazione del tema piuttosto radicale, tanto che altri studiosi del campo come Szára sostennero come sia scientificamente più corretto riferirsi a sostanze psichedeliche piuttosto che allucinogene, dato che quest’ultimo termine implica un’eccessiva focalizzazione su un effetto allucinogeno, che appunto non è la caratteristica principale quanto piuttosto una rara evenienza.

SOSTANZE PSICHEDELICHE: UNA BREVE PANORAMICA
In natura diverse piante contengono principi attivi allucinongeni e questi sono stati utilizzati dagli esseri umani per migliaia di anni in vari contesti e ambiti. I composti psicoattivi che si ritrovano in tali piante rientrano tutti in poche classi chimiche: il maggiore divulgatore di conoscenze sul tema, Albert Hofmann (1980) ne descrive undici e tra queste troviamo le fenetilammine, le triptamine e le ergoline. Tradizionalmente, gli allucinogeni naturali sono rintracciabili in diversi tipi di piante, e da sempre vengono utilizzati da molte culture indigene all’interno di pratiche mediche e religiose. Tra questi ritroviamo varie sostanze: Il DMT, per esempio, è presente in alcune varietà di mimosa e altre piante, ed è comunemente noto per l’uso che ne viene fatto da alcune popolazioni indigene del bacino dell’Amazzonia durante cerimonie sciamaniche. Tra gli allucinogeni sintetizzati da sostanze naturali troviamo la dietilammide dell’acido lisergico (LSD-25), derivato dell’acido lisergico, ricavato dall’ergot, presente nella Claviceps purpurea o segale cornuta, fungo infestante la segale. L’LSD è stato sintetizzato nel 1938 dal chimico Albert Hofmann che allorché svolgeva le sue ricerche per la casa farmaceutica Sandoz ed è l’allucinogeno più potente conosciuto. In molte classificazioni, anche l’MDMA, nota come ecstasy, rientra tra le sostanze psichedeliche, tuttavia, L’MDMA possiede un profilo psicologico unico e distintivo, agendo specificatamente sulla sfera emotiva umana senza influenzare particolarmente le altre funzioni psicologiche, come la percezione visiva o i processi cognitivi e, per queste caratteristiche, più che un allucinogeno è considerato un entactogeno o empatogeno in grado di produrre sensazioni di empatia, amore e apertura relazionale verso gli altri. Un’altra sostanza con potenziali effetti allucinogeni è la Ketamina, ovvero un anestetico dissociativo, sintetizzato la prima volta nel 1962 da Calvin Stevens presso il Parke Davis Labs, allo scopo di rimpiazzare la feniciclidina (PCP); l’anestetico, infatti era comunemente utilizzato in anestesia generale, e alcuni effetti collaterali quali allucinazioni. In generale, vi sono moltissime sostanze allucinogene o in grado di sortire effetti psichedelici e queste ebbero vari ruoli e differenti significati nel corso della storia, ma arrivati ai giorni nostri, la cosa che risulta maggiormente interessante non è solo l’effetto che queste sostanze possono avere sul cervello quanto l’utilizzo potenziale che questi sintomi così peculiari possono avere in determinate situazioni e condizioni.
LE SOSTANZE PSICHEDELICHE NEL CORSO DELLA STORIA
Ripercorrendo il corso della storia, risulta lampante la natura curiosa e esploratrice dell’essere umano. Come animali sociali, siamo naturalmente portati a esplorare ciò che non conosciamo: questo ci affascina, ci stimola e supporta una continua ricerca verso il mondo dell’ignoto. Da quando gli esseri umani sono andati alla ricerca di cibo, sono entrati in contatto con le sostanze psichedeliche naturali, da quando sono entrati in contatto con gli psichedelici li hanno esplorati e di conseguenza, da quando sono stati esplorati, questi hanno influenzato le nostre credenze culturali e religiose. Nell’ambito di culture tradizionali non occidentali queste sostanze sono state utilizzate come strumento spirituale all’interno di rituali religiosi a scopo medico o divinatorio, attraverso la persona dello sciamano o dello stregone in tantissime civiltà, sin dall’antichità. Vi sono infatti tantissime testimonianze fisiche dell’utilizzo di queste sostanze in diverse popolazioni precolombiane del centro e sud America, che testimoniano non solo il loro utilizzo ma il loro profondo significato all’interno della comunità della civiltà stessa. Tutt’oggi diverse popolazioni, continuano ad utilizzare tali sostanze all’interno di pratiche religiose e anche se gli scopi possono essere molto differenti e variano di popolazione in popolazione, e il loro utilizzo é culturalmente definito. L’enorme diffusione dell’uso di queste sostanze infatti è testimoniato anche da alcuni reperti archeologici che dimostrano come già migliaia di anni prima di Cristo l’uomo sia venuto a contatto con piante allucinogene, in particolare vi sono evidenze di come l’utilizzo di funghi psicoattivi avvenne praticamente in tutti i continenti. Anche nella cultura greca, si possono trovare riferimenti in merito all’uso di tali sostanze, per esempio nei misteri Eleusini dove l’ergot sarebbe stato utilizzato come ingrediente base all’interno della bevanda sacra chiamata kikeon, che permetteva ai nuovi componenti di avere visioni divine e introspezioni filosofiche.
Psichedelici e ricerca scientifica: lo stop degli anni sessanta
Tra i primi anni ’50 e metà anni ’60 sono state effettuate diverse ricerche sulle sostanze psichedeliche, in riferimento all’azione farmacologica, nonché al possibile utilizzo a scopo terapeutico. In effetti, le basi su cui si muoveva il continuo proliferare della ricerca scientifiche in quest’ambito erano solide: pochi effetti collaterali, risultati promettenti, follow-up positivi. Infatti, durante questo periodo furono pubblicati centinaia di articoli scientifici e scritti decine di libri oltre che organizzati numerosi congressi tramite i quali il continuo dialogo di studiosi che si occupavano del tema diedero vita a nuove visioni e prospettive. Le prime ricerche sistematiche sulle sostanze psichedeliche presero il via appunto dopo la scoperta accidentale degli effetti allucinogeni dell’LSD da parte di Albert Hofmann nel 1943. L’LSD grazie alla straordinaria potenza dei suoi effetti in rapporto alla quantità infinitesimale necessaria ad indurli, ed anche grazie alla sua commercializzazione da parte della Sandoz, divenne l’allucinogeno prototipico su cui vennero effettuati la maggior parte degli studi in ambito psichiatrico. Nonostante l’ampio interesse scientifico, le numerose ricerche e i risultati promettenti scaturiti da queste, durante gli anni 60 ci fu una progressiva restrizione circa tali studi. Un sempre maggiore interesse per tali sostanze era scaturito nella popolazione comune, soprattutto legato al mondo della rivoluzione culturale giovanile, che come conseguenza aumentò l’utilizzo di varie sostanze psichedeliche al di fuori dell’ambito scientifico. Tale uso incontrollato allarmò le autorità pubbliche, che anche in riferimento all’aumentare di notizie riportate dai mass media circa episodi negativi legati al consumo di allucinogeni. Il movimento hippie, infatti, fu largamente caratterizzato all’uso ricreativo di questi, conferendo ad esse un significato negativo e slegando sempre più la loro concezione dall’esplorazione scientifica. A fronte di questi cambiamenti culturali nel 1966 la produzione, la vendita e il consumo delle sostanze psichedeliche negli Stati Uniti divenne illegale, rendendo di fatto sempre più difficile l’investigazione su questi. Come diretta conseguenza di queste restrizioni, anche l’interesse per tali indagini scemò, fino a cessare quasi totalmente, lasciando molti interrogativi in sospeso e molte questioni irrisolte.
IL POTENZIALE TERAPEUTICO DELLE SOSTANZE PSICHEDELICHE
Fortunatamente, la ricerca su questi composti non si arrestò completamente a fronte delle restrizioni entrate in vigore negli anni sessanta e al giorno d’oggi la ricerca continua a riscuotere risultati sorprendenti, incentivando i ricercatori di tutto il mondo a indagare il loro potenziale. Gli straordinari e peculiari effetti di alterazione della coscienza, comuni a tutte le sostanze psichedeliche, infatti, diedero nuovo impeto a speculazioni sulla natura biochimica delle psicosi endogene, in particolare della schizofrenia. Sotto questo punto di vista, infatti, gli effetti psicotropi indotti dall’LSD ma anche da altre sostanze psichedeliche, vennero concepiti come delle psicosi artificiali e, alla luce di questo, nacque un filone che identificava questi agenti come in grado di mimare l’effetto psicotico, rendendolo quindi più facilmente studiabile. Oltre agli studi sulla schizofrenia, sia in Europa che in Canada e negli Stati Uniti vennero effetuati studi che combinarono la psicoterapia in combinazione alle sostanze psichedeliche applicata a molte psicopatologie identificando il potenziale terapeutico di tali trattamenti in un ampio spettro di disturbi. I due filoni di ricerca che si interessarono all’utilizzo degli psichedelici in ambito terapeutico sono essenzialmente due: la scuola psicolitica e quella psichedelica. La prima, nata e utilizzata principalmente in Europa, rappresenta sia nella teoria che nella pratica, un’estensione ed una modificazione della psicoterapia di indirizzo psicoanalitico. La pratica consisteva nella somministrazione di piccole dosi di LSD e, in seguito, una interpretazione di stampo psicodinamico dell’esperienza stessa, al fine di indagare quanto emerso. La terapia psichedelica, invece, aveva come obiettivo quello di creare le condizioni ottimali perché il paziente potesse sperimentare la così detta “esperienza di picco” o “esperienza mistica”. Questo particolare tipo di esperienza è caratterizzata da uno stato particolare, in cui il paziente sperimenta una perdita dei confini tra il sé e il mondo oggettivo, con una conseguente esperienza di unione con le altre persone, la natura e l’Universo. La terapia psichedelica dava maggiore enfasi alle esperienze mistiche grazie anche al contesto nel quale si sviluppava, infatti questa veniva principalmente sperimentata in America, territorio nel quale vi furono diverse popolazioni native che da centinaia di anni utilizzavano sostanze psichedeliche in questo senso maggiormente trascendentale.
MDMA e disturbo post traumatico da stress
Nonostante i promettenti risultati di prestigiose ricerche scientifiche, la domanda sorge spontanea: ma perché proprio L’MDMA? Beh, in generale, il bassisimo numero di effetti collaterali rende L’MDMA in grado di indurre effetti psicofarmacologici unici come la diminuzione dei sentimenti di paura e difensiva, l’aumento delle sensazioni di benessere, una maggiore socialità ed estroversione, un’aumento della fiducia interpersonale e uno stato di coscienza vigile; tutte caratteristiche che differenziano questo composto da tutti gli altri attualmente utilizzati per trattare questo disturbo. Come già precedentemente citato, l’’MDMA è un promettente composto psichedelico attualmente inserito dalla Drug Enforcement Administration (DEA) in conformità con il Controlled Substances Act. Nonostante sia diventato estremamente popolare tra i giovani, soprattutto negli ambienti notturni relativi alla Techno Culture, la ricerca scientifica si sta muovendo per testare con sempre più motivazione gli effetti della terapia assistita integrata con MDMA per alcuni gravi disturbi psichiatrici. Sicuramente, la sostanza è da maneggiare con estrema cura e solo da mani esperte e, vista la delicatezza dell’argomento, è difficile trovare centri di ricerca che si avventurano in queste nuove e stimolanti sfide, tuttavia in America e in UK proliferano i risultati incoraggianti. Dopo vari studi pilota, uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, multisito di fase 3 sull’efficacia e la sicurezza della psicoterapia assistita da MDMA per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico grave ha dato risultati estremamente significativi: sembra infatti che “Tre sessioni di terapia assistita da MDMA abbiano ridotto significativamente i sintomi del disturbo da stress post-traumatico e la compromissione funzionale, rispetto al placebo”.
Micro-dosi di LSD e sintomatologia ansiosa
L’ansia, insieme alla depressione, è diventata una piaga nella nostra epoca moderna: più di una persona su dieci ne soffre e le diagnosi di disturbo d’ansia e disturbo d’ansia sociale sono tra le cause più comuni che portano la popolazione negli studi di psicologi e psichiatri. Inoltre, la pandemia in corso ha portato ad un peggioramento generale dei sintomi ansiosi nella popolazione generale e livello globale. L’American Collage of Neuropsychopharmacology ha appena pubblicato uno studio, portato avanti insieme dall’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, l’University di Montreal e il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova, che spiega i meccanismi neurologici e biologici che permetterebbero all’LSD di aiutare e alleviare i sintomi dell’ansia. Il meccanismo che rende funzionante questo composto nella risoluzione dei sintomi ansiosi è il ruolo che l’LSD sembra avere nella modificazione negli inibitori selettivi della serotonina, anche conosciuto come “ormone del buonumore”, permettendo al corpo di produrne di più, mimando l’effetto di antidepressivi e ansiolitici senza però produrne i frequenti e spiacevoli effetti collaterali. Inoltre, come riferito dalla BBC, le microdosi di LSD sono già utilizzate per favorire i processi creativi nella Silicon Valley, e il loro basso dosaggio sembra in grado di produrre effetti positivi senza disorientare in maniera eccessiva il paziente.

Malattie terminali e sostanze psichedeliche
Le malattie terminali e gli psichedelici hanno una storia abbastanza intensa anche se relativamente recente: l’inizio di questi studi si colloca negli anni sessanta, quando presso lo Spring Grove State Hospital nel Maryland, vennero condotti una serie di studi, sull’utilizzo dell’LSD per il trattamento di pazienti psichiatrici. I risultati positivi portarono i ricercatori ad estendere le sperimentazioni anche su altri pazienti dell’ospedale; Nel 965 la CBS a produrre un documentario dove veniva seguito il trattamento di alcuni pazienti e questo portò che portò ad una grande attenzione da parte dell’opinione pubblica verso questo tipo di studi. Di fatti, a partire da metà anni ‘60 un nuovo campo di applicazione delle sostanze psichedeliche si aprì allo Spring Grove Hospital che collezionò importanti scoperte e pilastri nel campo della terapia psichedelica: una ricerca sugli effetti analgesici dell’LSD venivano messi a confronto con quelli di due potenti antidolorifici dimostrò la superiorità dell’LSD nell’alleviare il dolore fisico rispetto ad altri trattamenti farmacologici nei pazienti terminali. A fronte di questi risultati lo stesso ricercatore, Kast, dimostrò come anche l’influenza sull’umore fosse positiva, notando una serie di cambiamenti nell’atteggiamento pazienti terminali che resero la loro situazione più tollerabile, in particolare sottolineò un certo cambiamento nell’attitudine filosofica e religiosa nei confronti della morte. Il setting utilizzato in questi studi si ritrova all’interno della cornice teorica della terapia psichedelica, che ha come l’obiettivo primario quello di favorire un ’esperienza di picco’ nel contesto di una psicoterapia breve ma intensiva dopo una adeguata preparazione: i risultati di questi primi pionieristici esperimenti furono sorprendenti poiché da questi emerse che un’adeguata preparazione e dei colloqui seguenti alla sessione con LSD oltre che l’esperienza psichedelica, avessero la capacità di cambiare la qualità della vita dei pazienti terminali, nonché la loro attitudine verso la morte, migliorando molto la sintomatologia ansiosa e depressiva. Il campo indagato da questi esperimenti è ovviamente molto delicato e ancora largamente inesplorato ma i risultati positivi lasciando intendere come una visione sempre più aperta e integrata sia necessaria nella ricerca scientifica e possa davvero fare la differenza nella qualità della vita di particolari utenze.
Fonte
- Reiff, C. M., Richman, E. E., Nemeroff, C. B., Carpenter, L. L. Psychedelics and Psychedelic-Assisted Psychotherapy. (2020)
Pubmed - Muttoni, S., Ardissino, M., & John, C. Classical psychedelics for the treatment of depression and anxiety: A systematic review. (2019)
Pubmed - Carhart-Harris R. L. How do psychedelics work?. Current opinion in psychiatry. (2019).