La giraffa è il più alto animale terrestre al mondo. La caratteristica distintiva della giraffa è il collo estremamente allungato: la sua evoluzione è uno degli esempi classici di selezione naturale, ma secondo recenti teorie alternative, supportate da alcuni ritrovamenti fossili, potrebbe anche essere un caso di selezione sessuale. Siamo abituati a vedere la giraffa come un animale solitario, ma in realtà si tratta di una specie sociale, in cui i legami sociali hanno un legame diretto con la sopravvivenza individuale.
IN BREVE
Indice
LA GIRAFFA: L’ANIMALE TERRESTRE PIÙ ALTO DEL MONDO
La giraffa è l’animale terrestre più alto del mondo, grazie ad un collo e a delle zampe estremamente allungate. Il nome giraffa sembra avere origine dalla parola araba zarafah, che tradotta significa “colei che cammina velocemente”. Si riconosce generalmente un’unica specie di giraffa, con nove sottospecie, anche se a livello tassonomico c’è ancora molto dibattito. Giraffa cameleopardis fa parte della famiglia Giraffidae assieme alla specie animale vivente più simile, ovvero l’okapi. La distribuzione della giraffa varia dal Ciad a nord, al Sudafrica a sud, e dal Niger a ovest fino alla Somalia ad est. Gli habitat preferiti sono savane e aree boschive, dove trovano la loro fonte di cibo primaria: foglie, frutti e fiori di piante legnose, principalmente le specie di acacie, una fonte di cibo fuori dalla portata della maggior parte degli altri erbivori.
Morfologia: un animale da record
Oltre all’altezza, un segno tipico delle giraffe sono gli ossiconi posto sul capo, simili a corna, usate durante le lotte che avvengono a colpi di collo, ma utili anche per la termoregolazione. Il mantello della giraffa ha un pattern comune, con una base gialla/arancione con macchie marroni/nere circondate da pelo bianco: ogni sottospecie poi ha un manto peculiare, mentre ogni giraffa ha un mantello unico rispetto alle altre. Il mantello è importante per la riproduzione come criterio di selezione del partner, e viene usato come forma di mimetismo, per nascondersi dai predatori, in quanto soprattutto i cuccioli possono essere predati. La pelle sotto le macchie scure è molto vascolarizzata e spessa, e probabilmente ha una funzione termoregolatoria. Il pelo della giraffa contiene sostanze repellenti per i parassiti, che donano un odore caratteristico. Una giraffa adulta può arrivare a 6 metri di altezza, e i maschi sono più alti delle femmine. Il peso varia in base al sesso: 1200 kg nei maschi e circa 800 kg nelle femmine, ma queste misure possono essere superate. Le giraffe hanno grandi occhi e lunghe ciglia: vedono a colori, ma sono anche dotate di un buon olfatto e un buon udito. Sono dotate di una lingua prensile lunga anche 50 cm, utile per l’alimentazione. Labbra e lingua sono ricoperte da papille che proteggono dalle spine. Le zampe anteriori e posteriori hanno all’incirca la stessa lunghezza, e consentono alla giraffa due schemi di movimento: il passo e il galoppo. La giraffa ha un collo estremamente lungo, che può raggiungere i 2–2.4 m di lunghezza: è ad esso che si deve la sua straordinaria altezza. La sua lunghezza è dovuta all’eccessivo allungamento delle vertebre cervicali, ma non a un numero superiore di vertebre. Ogni vertebra cervicale misura infatti circa 30 cm di lunghezza, e le vertebre costituiscono il 52-54 per cento della lunghezza totale della colonna vertebrale. Questo processo di allungamento avviene maggiormente dopo la nascita.Il sistema circolatorio della giraffa presenta vari adattamenti dovuti alla sua altezza. Il cuore, che può pesare più di 11 kg e misurare circa 60 cm di lunghezza, deve generare all’incirca il doppio della pressione sanguigna richiesta da un essere umano per poter rifornire di sangue il cervello. Anche per questo motivo, la parete cardiaca può raggiungere i 7,5 cm di spessore. Nella parte superiore del collo, una rete mirabile impedisce l’eccessivo afflusso di sangue al cervello quando la giraffa abbassa la testa. I muscoli esofagei sono insolitamente forti, per permettere il rigurgito del cibo dallo stomaco fino al collo e alla bocca durante la ruminazione. L’intestino della giraffa può raggiungere gli 80 metri di lunghezza.
Habitat: dove vive la giraffa?
L’habitat della giraffa è la savana, ma vive anche in praterie e boschi aperti. Prediligono le boscaglie di Acacia, Commiphora e Combretum e le macchie aperte di Terminalia ad ambienti più fitti. Alcune sotospecie vivono anche in aree desertiche. Le giraffe brucano i ramoscelli degli alberi, prediligendo quelli di alcuni generi (come Acacia, Commiphora e Terminalia), che costituiscono importanti fonti di calcio e proteine utili per sostenere il tasso di crescita dell’animale. Si nutrono anche di arbusti, erba e frutti. Una giraffa in un solo giorno consuma circa 34 kg di foglie. Durante la stagione umida, il cibo è abbondante e le giraffe si disperdono su una vasta area, mentre durante la stagione secca si radunano attorno agli alberi e agli arbusti sempreverdi rimasti. Le femmine con piccoli tendono ad alimentarsi in aree aperte, presumibilmente per poter localizzare più facilmente possibili predatori. Le giraffe hanno un grande effetto sugli alberi dei quali si nutrono, ritardando lo sviluppo dei giovani alberelli e facendo assumere una forma «a parasole» agli alberi più alti. Generalmente si nutrono durante le prime e le ultime ore della giornata, mentre il tempo restante viene trascorso a riposare e ruminare. La ruminazione è l’attività prevalente durante la notte.
Riproduzione
La gestazione della giraffa dura 700-720 giorni, dopo i quali nasce normalmente un unico piccolo. La madre partorisce stando in piedi. Una giraffa appena nata è alta circa 1,8 metri, ed entro poche ore dalla nascita, è in grado di correre. Tuttavia, per le prime settimane, il piccolo trascorre la maggior parte del tempo restando nascosto, grazie al mantello che gli garantisce un ottimo camuffamento. Le madri con i piccoli si riuniscono in piccoli gruppi, spostandosi o brucando insieme. Le madri possono talvolta lasciare i loro piccoli con un’altra femmina mentre esse si spostano per bere o nutrirsi. Questi raggruppamenti sono noti come «asili nido». I maschi adulti non giocano quasi alcun ruolo nell’allevamento dei piccoli, ma hanno con questi ultimi interazioni amichevoli. I piccoli sono continuamente minacciati dai predatori, e le madri cercano di proteggerli sfruttando le loro dimensioni e scalciando. Il grado di legame che una madre condivide con il proprio piccolo è variabile, ma esso può durare fino al parto successivo. Allo stesso modo, l’allattamento può durare appena un mese o protrarsi per un anno intero. Le femmine raggiungono la maturità sessuale all’età di 4 anni, mentre i maschi divengono maturi a 4 o 5 anni, ma non si accoppiano prima dei 7 anni. Appena il 25-50 % dei piccoli di giraffa raggiunge l’età adulta. Le giraffe hanno una longevità maggiore rispetto ad altri ruminanti, e in natura possono vivere fino a 25 anni. A causa delle loro dimensioni, della vista e delle armi difensive, le giraffe adulte generalmente non sono cacciate. Tuttavia, possono cadere vittima dei leoni e coccodrilli. I piccoli sono molto più vulnerabili degli adulti, e talvolta cadono vittima anche di leopardi, iene e licaoni. Per accoppiarsi i maschi lottano tra loro sfidandosi con colpi di collo: questo combattimento, unico nel mondo animale, nasce in seguito al gesto di sfida di un maschio, che se ricambiato scatena la lotta. Quando i maschi si colpiscono, fanno dondolare la testa e cercano di colpire con gli ossiconi l’avversario, ma la maggior parte dei colpi non va a segno e le lotte non hanno gravi conseguenze.
Conservazione
Le giraffe sono state in passato un bersaglio per i cacciatori in Africa. Parti diverse del loro corpo venivano utilizzate per vari scopi: la carne veniva mangiata, con i peli della coda venivano fabbricati scacciamosche, accessori e fili, dalla pelle venivano ricavati scudi, sandali e tamburi, mentre i tendini erano utili come corde per strumenti musicali. Alcuni organi venivano usati per formare bevande con effetti psicoattivi, donati dalle piante di cui si nutrono le giraffe. Oltre alla caccia e al bracconaggio, anche il degrado dell’habitat e la deforestazione hanno ridotto lo spazio per le giraffe, riducendo allo stesso tempo le risorse disponibili. Oggi la giraffa è protetta in tutto il suo areale, e la IUCN la classifica come specie vulnerabile, sebbene sia scomparsa da molte zone del suo areale storico, quali l’Eritrea, la Guinea, la Mauritania e il Senegal. Due sottospecie, la giraffa dell’Africa occidentale e la giraffa di Rothschild, sono considerate in pericolo di estinzione. Attualmente si contano circa 110.000 esemplari.
Biogeografia: come e dove è comparsa la giraffa?
Il più antico antenato conosciuto della linea evolutiva della giraffa è Canthumeryx, i cui resti, rinvenuti in Libia, sono stati fatti risalire ad un periodo compreso tra i 25 e i 14,3 milioni di anni fa. Questo animale era una creatura di medie dimensioni, simile a un’antilope. Giraffokeryx comparve 15 milioni di anni fa nel subcontinente indiano ed era a metà tra un’okapi e una piccola giraffa, con un collo più allungato e i caratteristici ossiconi. Palaeotragus, che apparve per la prima volta 14 milioni di anni fa e visse in un’area compresa tra l’Africa orientale e la Mongolia, potrebbe essere il diretto antenato dell’okapi. Samotherium rimpiazzò Paleotragus 10-9 milioni di anni fa: questi animali avevano dimensioni maggiori e avevano una testa perfino più allungata con un profilo più simile a quello della giraffa. Bohlinia, che comparve per la prima volta nell’Europa sud-orientale e visse 9-7 milioni di anni fa, discendeva probabilmente da Samotherium, ed è a sua volta un probabile antenato diretto della giraffa. Questo animale ricordava moltissimo le giraffe moderne: aveva collo e zampe lunghi e ossiconi e dentatura simili. Raggiunse la Cina e l’India settentrionale in risposta ai cambiamenti climatici: in quest’area si evolse il genere Giraffa che, circa 7 milioni di anni fa, raggiunse l’Africa. Ulteriori cambiamenti climatici provocarono l’estinzione delle giraffe asiatiche, mentre quelle africane sopravvissero e si diversificarono in alcune nuove specie. Giraffa camelopardalis fece la sua comparsa circa 1 milione di anni fa in Africa orientale durante il Pleistocene. Si ritiene che la principale spinta evolutiva che ha portato alla comparsa delle giraffe sia stato il cambiamento climatico, iniziato 8 milioni di anni fa, che trasformò un’area ricoperta da vaste foreste in una regione più aperta. Oggi il genere contiene una singola specie, Giraffa camelopardalis, con nove sottospecie. Tuttavia, analisi alternative suggeriscono la presenza di un massimo di otto specie, sulla base di una ricerca sul DNA mitocondriale e nucleare, nonché su misurazioni morfologiche. Sono inoltre state descritte sette specie estinte conosciute dai fossili.
ORIGINE DEL COLLO: UNA RISORSA PER BRUCARE, O UN’ARMA PER DUELLARE?
Ci sono due ipotesi principali per spiegare l’origine evolutiva e lo sviluppo dell’allungamento del collo della giraffa. La prima e più famosa, è l’ipotesi della competizione tra brucatori, formulata da Darwin, secondo cui la pressione competitiva tra brucatori avrebbe favorito esemplari dai colli più lunghi, evitandogli di competere con altri erbivori, e permettendo un facile accesso al cibo. Questo è un vantaggio reale, perché solo le giraffe possono nutrirsi di foglie anche a 4-5 metri di altezza. Tuttavia questo vantaggio ha anche dei costi elevati: infatti le giraffe con i colli più lunghi sono più a rischio durante i periodi di siccità, e alcuni studi suggeriscono che avere un collo lungo richiede molta energia, e quindi servano molti nutrienti. L’altra teoria principale è l’ipotesi della selezione sessuale, che propone che i lunghi colli si siano evoluti come carattere sessuale secondario, avvantaggiando i maschi negli scontri per stabilire la gerarchia e ottenere l’accesso alle femmine. Le prove a sostegno di questa teoria sono diverse: ad esempio, i colli sono più lunghi e pesanti nei maschi che nelle femmine della stessa età. Tuttavia, questa teoria non riesce a spiegare perché anche le giraffe femmina siano dotate di lunghi colli. Uno studio molto recente ha dato ulteriore peso a questa teoria.
Lo studio di Discokeryx xiezhi
In un recente studio è stata descritta un’antica specie giraffoide, Discokeryx xiezhi, vissuta nel Miocene inferiore (~16,9 milioni di anni fa) nella Cina settentrionale. Studi anatomici comparativi e analisi genetiche hanno dimostrato l’affinità di questa antica specie alle giraffe odierne. La caratteristica unica di questa specie era il suo modo di combattere, attraverso scontri testa contro testa. Questo animale aveva un cranio con un’ossatura molto spessa e con un copricapo a forma di scudo, una serie di vertebre cervicali ispessite e complesse articolazioni testa-collo. Degli adattamenti morfologici estremi legati al modo di combattere tra maschi, simile a quanto avviene nelle giraffe odierne, dove cambia il tipo di combattimento (a colpi di collo), ma restano gli adattamenti estremi. Inoltre, Discokeryx xiezhi era una specie con una nicchia ecologica diversa dagli altri erbivori: probabilmente viveva in habitat marginali poco accessibili ad altri erbivori, subendo meno la concorrenza per il cibo. La pressione maggiore quindi era legata alla necessità di riprodursi, più che alla necessità di nutrirsi. La grande variabilità nella morfologia del capo, e nell’anatomia del collo nelle antiche specie di giraffe, unita alla loro capacità di evitare la competizione per il cibo con altri erbivori, ha spinto verso la selezione sessuale. Gli adattamenti della giraffa quindi, come l’evoluzione del collo, non sono legati all’alimentazione, ma al combattimento tra maschi. La possibilità di nutrirsi per le giraffe su alberi alti 4-5 metri è stato più che altro un ulteriore vantaggio compatibile con l’evoluzione del collo, usato per i combattimenti.
L’IMPORTANZA DELL’AMICIZIA NELLA GIRAFFA
La socialità è una caratteristica importante per alcune specie, e può influenzare la sopravvivenza allo stesso modo di fattori ambientali e fattori antropogenici. Le giraffe sono animali sociali: formano piccoli gruppi dinamici, ma stabili a lungo termine. Generalmente sono le femmine a formare piccoli gruppi, mentre i maschi raramente vi si associano. L’importanza delle relazioni sociali nelle giraffe è emersa grazie ad uno studio che ha esaminato i contributi relativi della socialità (forza relazionale, socievolezza e interconnessione), insieme a quelli dell’ambiente naturale (fonti di cibo e tipi di vegetazione) e antropogenico (distanza dagli insediamenti umani), alla sopravvivenza della giraffa femmina adulta.
La sopravvivenza dipende dalle “amicizie”
Lo studio, che è durato 5 anni, e in cui sono state osservate più di 500 femmine, ha dimostrato che le giraffe osservate in gruppi con almeno altre tre femmine avevano maggiori probabilità di sopravvivenza. La socialità (intesa come numero di femmine con cui ogni individuo è stato osservato in media) ha avuto un effetto significativo sulla sopravvivenza, e sembra molto più importante nel determinare la sopravvivenza rispetto alle altre misure di connessione sociale, o ad altri fattori ambientali naturali o antropogenici. Infatti le femmine meno socievoli avevano tassi di mortalità più elevate. Ma quali sono le ragioni di questi dati? Formare gruppi permette alle giraffe di difendersi meglio dai predatori, anche se le giraffe adulte sono spesso bersagli inattaccabili, ma soprattutto permette agli individui di fare affidamento sugli altri per trovare fonti di cibo e risorse, evitando di soffrire di malnutrizione. Inoltre fare gruppo permette di evitare le molestie dei maschi, e permette la cooperazione nella crescita dei piccoli. D’altro canto, gruppi troppi grandi rischiano di aumentare la competizione per le risorse.
Fonte
- Wang, S. Q., Ye, J., Meng, J., Li, C., Costeur, L., Mennecart, B., … & Deng, T. (2022). Sexual selection promotes giraffoid head-neck evolution and ecological adaptation.
Science - Bond, M. L., Lee, D. E., Farine, D. R., Ozgul, A., & König, B. (2021). Sociability increases survival of adult female giraffes.
Proceedings of the Royal Society B - Dagg, A. I. (1971). Giraffa camelopardalis.
Environmental Health Perspectives