Non vi preoccupate, non rischiate nessuna infestazione di scarafaggi giganti in casa! Gli insetti giganti del Carbonifero si sono estinti centinaia di milioni di anni fa, molto prima che nascesse il primo dinosauro. Un tempo, però, questi artropodi regnavano incontrastati sulla terraferma e potevano raggiungere dimensioni formidabili! Avrebbero fatto impallidire persino quei tanto famosi insetti australiani giganti che si vedono oggi su internet…
IN BREVE
Indice
LE PALUDI DEL CARBONIFERO
La Terra, durante il Carbonifero, era molto diversa da come la vediamo oggi. Tra i 359 e i 299 milioni di anni fa la terraferma era infatti ricoperta da vastissime foreste e immense paludi, abitate principalmente da anfibi e artropodi. Alcuni di questi erano in grado di raggiungere dimensioni considerevoli: è il caso, per esempio, di diverse specie di insetti, millepiedi e scorpioni. In questo mondo dalle sembianze quasi aliene, insetti volanti giganti si libravano in aria poco al di sopra del pelo dell’acqua, e altri ancora più grandi lasciavano nel fango tracce che sarebbero rimaste incise nella roccia per milioni di anni.
I primi animali a colonizzare le terre emerse sono stati probabilmente i miriapodi, una superclasse di artropodi che comprende i centopiedi e i millepiedi. Diversi fossili rinvenuti in Scozia mostrano che questi si erano già affrancati dall’ambiente acquatico 430 milioni di anni fa. Alcuni studi molecolari suggeriscono però che la conquista dell’ambiente subaereo fosse già avvenuta nel Cambriano, più di 500 milioni di anni fa; molto prima, quindi, rispetto ai primi fossili di esemplari indiscutibilmente terrestri. I miriapodi furono poi seguiti sulla terraferma dagli aracnidi e dagli esapodi, una superclasse di artropodi che comprende insetti e collemboli.
Verso la fine del Carbonifero l’aria era molto diversa da quella che noi respiriamo. Oggi l’atmosfera è formata per il 21% da ossigeno, ma si stima che la percentuale presente allora fosse pari al 35%. Ciò era reso possibile dalle immense foreste che ricoprivano la terraferma. Le piante infatti, durante il processo della fotosintesi clorofilliana, assorbono anidride carbonica dall’atmosfera e liberano ossigeno. Nelle foreste odierne, quando un albero muore, questo diventa subito un pasto di prima scelta per funghi e batteri decompositori, che consumano ossigeno e liberano anidride carbonica. Nelle paludi del Carbonifero, però, la materia vegetale morta si depositava spesso in ambienti poveri di ossigeno e, quindi, inaccessibili a questi microorganismi.
INSETTI GIGANTI PREISTORICI
Durante il Carbonifero alcuni artropodi riuscirono a raggiungere dimensioni gigantesche. È il caso, per esempio, di alcuni millepiedi: Arthropleura era persino più grande di un uomo! Tra gli insetti, dimensioni considerevoli furono raggiunte da Meganeura, strettamente imparentata con le odierne libellule ma grande quanto un piccione. Non si erano ancora sviluppati, però, tutti gli ordini di insetti presenti attualmente: insetti foglia giganti o insetti simili a vespe giganti, per esempio, non esistevano. Per quanto riguarda gli aracnidi, invece, non si può non citare Pulmonoscorpius, un enorme scorpione che costituiva uno dei principali predatori terrestri.
Per spiegare come gli artropodi del Carbonifero siano riusciti a raggiungere tali dimensioni sono state formulate diverse teorie. Una di queste, forse la più accreditata, è che questo sia stato reso possibile dall’elevata concentrazione di ossigeno presente nell’atmosfera di allora. La maggior parte degli artropodi respira grazie ad un sistema di canali che prendono il nome di trachee, le quali si aprono tramite spiracoli sulla superficie esterna dell’esoscheletro. La respirazione tracheale è tanto più efficiente quanto più ossigeno è presente nell’aria: l’alta concentrazione di ossigeno avrebbe quindi potuto svolgere un ruolo fondamentale nel permettere lo sviluppo di diverse specie di insetti giganti.
Un’altra teoria è che le larve di questi artropodi fossero costrette a crescere di dimensioni per evitare di introdurre eccessive quantità di ossigeno all’interno del proprio corpo. Elevate quantità di ossigeno possono infatti risultare estremamente dannose per gli organismi viventi e le larve degli artropodi, che respirano per via cutanea, non sono in grado di regolare l’ingresso di ossigeno. Gli adulti, che presentano invece (in genere) un sistema tracheale, possono regolare l’ossigenazione del corpo attraverso la chiusura e l’apertura degli spiracoli. Va aggiunto, inoltre, che il raggiungimento di tali dimensioni può essere anche spiegato dall’assenza di competizione sulla terraferma e dalla disponibilità elevata di risorse.
Arthropleura: un millepiedi preistorico
Arthropleura era un millepiedi preistorico che poteva raggiungere dimensioni superiori ai 2 metri: si tratta del più grande artropode terrestre mai conosciuto. Pensate che nel 2018, ad Howick, in Gran Bretagna, è stato trovato il fossile di un esemplare che si stima fosse lungo 2,6 metri! Tracce fossili di questo animale sono state trovate, oltre che in Gran Bretagna, anche in Europa Continentale e in Nord America. Il corpo allungato era costituito, come negli odierni miriapodi, da un capo e un tronco, ed era rivestito da un robusto esoscheletro formato da scleriti, piastre separate e articolate tra loro. Ogni sclerite presentava due espansioni laterali che svolgevano probabilmente una funzione di difesa. L’esoscheletro di Arthropleura, per via della sua rigidità, non cresceva assieme al corpo dell’animale ma veniva occasionalmente sostituito attraverso la muta.
Si pensa che Arthropleura non vivesse nelle paludi, ma in territori più boscosi, dove si nutriva probabilmente di vegetali in via di decomposizione come fanno i moderni millepiedi. Alcuni suggeriscono che, per riuscire a sostenere un corpo dalle dimensioni così elevate, si nutrisse occasionalmente anche di altri invertebrati o piccoli anfibi. A causa dello scarso record fossile non sappiamo però che tipo di struttura boccale possedesse: infatti non sono stati ancora rinvenuti resti della regione cefalica dell’animale. Se esistevano animali in grado di cacciare un esemplare di Arthropleura e di nutrirsene, si trattava probabilmente di grossi anfibi.
Arthropleura si estinse verso l’inizio del Permiano, circa 290 milioni di anni fa. Si pensa che la scomparsa di questo formidabile animale possa essere ricollegata a due motivazioni principali. Da un lato la formazione della Pangea portò ad un inaridimento del clima, mettendo a dura prova la sopravvivenza di questo millepiedi preistorico, che si era adattato a vivere in climi molto umidi. La seconda motivazione è da ricercare invece nella competizione con i rettili, che proprio nel Permiano cominciarono la loro rapida espansione; un’espansione che porterà, decine di milioni di anni dopo, alla nascita dei primi dinosauri.
Meganeura e altri insetti volanti giganti
La conquista del volo da parte degli insetti fu un evento senza precedenti nella storia della vita sulla Terra, e fondamentale nel determinarne il successo evolutivo. L’origine delle ali negli insetti rimane ancora parzialmente avvolta dal mistero. Alcuni sostengono che le prime ali si siano sviluppate a partire da tracheobranchie, espansioni esterne delle trachee visibili oggi nelle larve delle effimere. L’unica certezza è che la capacità di volare è comparsa soltanto una volta nella loro storia evolutiva, per poi essere persa da alcuni gruppi nel corso dell’evoluzione. Durante il Carbonifero questi insetti in grado di volare andarono incontro a un’importante radiazione evolutiva. Ma non temete, tra questi insetti giganti zanzare non ce n’erano, come neanche scarafaggi giganti volanti. Esistevano però insetti molto simili a scarafaggi, non molto più grandi di quelli odierni, dai quali si evolveranno le blatte e le mantidi.
La prima testimonianza fossile certa di un insetto alato risale a 325 milioni di anni fa: si tratta di un rappresentante dell’ordine, ormai estinto, Palaeodictyoptera. I rappresentanti di questo ordine, come Mazathairos, che possedeva un’apertura alare di 56 centimetri, erano simili nell’aspetto alle moderne libellule. A differenza di queste, però, erano erbivori: il loro apparato boccale permetteva infatti, probabilmente, la suzione dei liquidi contenuti nei tessuti delle piante. Un’altra caratteristica peculiare di alcuni esemplari è la presenza di un terzo paio di ali, di dimensioni minori e in posizione anteriore, che si pensa servissero da stabilizzatori per il volo.
Un altro ordine di insetti volanti particolarmente rilevante è Meganisoptera. I meganisotteri erano predatori alati strettamente imparentati con le moderne libellule, e alcuni di questi potevano raggiungere dimensioni considerevoli. Il più grande di questi insetti giganti era Meganeura, che poteva raggiungere le dimensioni di un piccione: i resti fossili mostrano infatti un’apertura alare di 70 centimetri. Questa libellula gigantesca si nutriva probabilmente di insetti appartenenti all’ordine Palaeodictyoptera, che poteva individuare facilmente grazie ad un apparato visivo molto efficiente.
Pulmonoscorpius: lo scorpione gigante
Durante il Carbonifero la terraferma non era percorsa solo da millepiedi e insetti giganti, ma anche da enormi scorpioni. Pulmonoscorpius kirktoniensis, per esempio, poteva infatti raggiungere dimensioni superiori al metro. Questo gigantesco scorpione non respirava per mezzo di un sistema tracheale ma, come la maggior parte degli aracnidi moderni, era caratterizzato dalla presenza di polmoni a libro. Questi sono costituiti da una serie di lamelle alloggiate all’interno di una cavità ventrale, la quale si apre sull’esterno per mezzo di uno spiracolo. È proprio la presenza di polmoni a libro nei fossili rinvenuti a suggerire che Pulmonoscorpius fosse un animale terrestre.
Le dimensioni degli occhi di Pulmonoscorpius suggeriscono che si trattava probabilmente di un predatore diurno, a differenza degli scorpioni moderni che invece sono generalmente notturni. Non è chiaro in cosa consistesse la sua dieta, ma date le dimensioni era probabilmente in grado di cacciare, oltre agli insetti, anche anfibi o lucertole di piccole dimensioni. È inoltre possibile, vista la dimensione ridotta delle sue chele, che per uccidere le prede utilizzasse soprattutto il suo aculeo velenifero.
Fonte
- M.J. Benton, D.A.T. Harper (2020). Introduction to Paleobiology and the Fossil Record.
Introduction to Paleobiology and the Fossil Record - J. Lozano-Fernandez et al. (2016). A molecular palaeobiological exploration of arthropod terrestrialization.
Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences - W.C.E.P. Verberk, D.T. Bilton (2011). Can Oxygen Set Thermal Limits in an Insect and Drive Gigantism?
PLoS ONE - N.S. Davies, R.J. Garwood, W.J. McMahon, J.W. Schneider, A.P. Shillito (2022). The largest arthropod in Earth history: insights from newly discovered Arthropleura remains.
Journal of the Geological Society - M.S. Engel (2015). Insect evolution.
Current Biology