La crisi di salinità del Messiniano è un misterioso evento che ha provocato la quasi totale scomparsa del Mar Mediterraneo trasformandolo in un lago di acqua salmastra. Studiare questo evento è importante per capire meglio come la Terra può cambiare e come i vari ecosistemi reagiscono a questi cambiamenti. Inoltre, i depositi sedimentari prodotti dalla crisi del Messiniano sono di notevole importanza per la ricerca petrolifera.
IN BREVE
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CRISI DI SALINITÀ DEL MESSINIANO
Le rocce che sono sotto i nostri piedi non sono delle fredde ed anonime pietre il cui unico compito è quello di sostenere il peso delle nostre città, ma rappresentano dei veri e propri archivi in cui è memorizzata l’intera storia della Terra. I geologi, con bussola e martello alla mano, studiano le rocce nel sottosuolo e riescono a ricostruire gli ambienti del passato che potevano essere profondamente diversi da quelli attuali. Ad esempio, le rocce che oggi possiamo osservare sulla cima di una montagna potrebbero essersi formate su un fondale marino simile alle Bahamas e poi portate a migliaia di metri di quota dai lenti e graduali movimenti tettonici.
Un’importante e misteriosa scoperta è stata fatta tra gli anni 50 e 70 a seguito di perforazioni del fondale marino e campagne oceanografiche. Al largo delle coste del Mediterraneo erano presenti, in profondità, degli spessi depositi di un tipo particolare di rocce che si formano a causa di una forte evaporazione di acqua marina: le evaporiti. Quest’ultime sono composte da diversi minerali quali gesso e halite (detto anche salgemma) e testimoniano che il Mediterraneo circa 5.96 milioni di anni fa, durante l’età del Messiniano (il nome deriva proprio dalla città di Messina), è stato soggetto ad un periodo di forte evaporazione che lo ha portato alla quasi totale scomparsa, con la formazione di un “lago di acqua salmastra”.
Lo studio di questo particolare evento è rilevante non solo per conoscere la storia del Mediterraneo, ma anche per capire in che modo la Terra risponde e si adatta a cambiamenti ambientali che possono avvenire in tempi e spazi più o meno ampi. Inoltre, lo studio dei depositi evaporitici del Messiniano è di fondamentale importanza per la ricerca petrolifera all’interno del bacino del Mediterraneo.
Le rocce relative alla crisi del Messiniano non sono presenti solo sul fondale marino ma anche sulla terraferma dove oggi sono sfruttate come miniere di sale. Un esempio è la miniera di sale di Realmonte ad Agrigento, i cui depositi di salgemma formano delle spettacolari strutture che oggi attirano migliaia di turisti.
LE FASI E LE CAUSE DELLA CRISI DEL MESSINIANO
La crisi di salinità del Messiniano è iniziata circa sei milioni di anni fa per una serie di cause che, agendo in sinergia, hanno provocato il parziale prosciugamento del Mediterraneo. Una di queste è da ricercare nel fenomeno della tettonica a placche che ha spinto la placca africana verso quella euroasiatica provocando l’occlusione dello stretto di Gibilterra. Questa apertura rappresentava un collegamento tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico e consentiva lo scambio di acque tra questi due ambienti. A seguito della “chiusura” il bacino del Mediterraneo si è trovato completamente isolato e la progressiva evaporazione di acqua ha comportato la precipitazione di rocce evaporitiche.
La crisi di salinità del Messiniano (abbreviata in MSC) può essere suddivisa in tre fasi distinte: il messiniano evaporitico (primo stadio), l’acme della crisi di salinità (secondo stadio) e il Messiniano post evaporitico (terzo stadio). La crisi salina del Messiniano termina con l’inondazione zancleana che ripristinò le condizioni originarie del Mar Mediterraneo.
Durante il Messiniano evaporitico, il Mediterraneo era formato sia da bacini poco profondi dove veniva depositato gesso selenitico, sia da bacini più profondi in cui si depositavano rocce diverse dalle evaporiti, come le “peliti euxiniche” (delle rocce argillose che contenevano molta materia organica parzialmente decomposta) e calcari dolomitici.
Nell’acme della crisi del Messiniano, l’isolamento tra i due mari si fece più netto e si aggiunse un periodo in cui i ghiacciai antartici aumentarono la loro estensione. Questo fenomeno richiamò le acque oceaniche verso l’Antartide, provocando un periodo di forte aridità globale. Gli afflussi dell’Atlantico verso il Mediterraneo diminuirono notevolmente e il livello marino si abbassò di oltre 1000 metri, determinando la deposizione di altre rocce evaporitiche come salgemma, gesso e altri minerali quali la silvite. Durante questo periodo il Mediterraneo era molto diverso da come lo osserviamo oggi: ampie regioni del fondale marino, oggi sommerse, erano prive di acqua e spesso formavano delle lingue di terra che univano le isole ai continenti. Il Mediterraneo si era trasformato in una grande depressione geografica simile a quella del Mar Morto.
La situazione nel Mediterraneo vide un cambio di rotta durante il Messiniano post evaporitico, in cui ci fu un periodo di riscaldamento globale che causò la fusione dei ghiacciai e un aumento delle precipitazioni. Il livello marino aumentò e si ripristinò parzialmente il collegamento tra il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico provocando la diluizione delle acque che, a causa dell’evaporazione, erano diventate molto saline. L’aumento delle precipitazioni e conseguentemente della portata dei fiumi, ha determinato la deposizione di rocce profondamente diverse da quelle delle altre fasi, ovvero rocce silicoclastiche (come, ad esempio, sabbie e conglomerati). Inoltre, il mare in progressiva risalita vide il ripopolamento di organismi acquatici come molluschi e pesci.
Ovviamente oggi il Mediterraneo è colmo d’acqua e lo stretto di Gibilterra consente lo scambio di acque con l’Atlantico: questa condizione è stata ristabilita a seguito di un’incredibile inondazione avvenuta durante l’età dello Zancleano (età compresa tra i 5.3 e i 3.6 milioni di anni fa) che prende il nome di “inondazione Zancleana”. Tale evento è stato innescato dal collasso del sill (una specie di rilievo sottomarino) dello stretto di Gibilterra provocando l’ingresso di una notevole quantità d’acqua dall’Oceano Atlantico.
Uno studio pubblicato nel 2015 su Nature ha mostrato come l’aumento dei ghiacciai antartici e la loro successiva fusione, abbiano avuto un ruolo fondamentale nel controllare la crisi salina del Messiniano. Attraverso complessi modelli numerici e simulazioni al computer, gli autori hanno studiato l’interazione tra le variazioni del livello marino, dovute all’aumento dei ghiacciai antartici, e la reazione della litosfera a questo fenomeno.
LE PROVE DELLA CRISI SALINA DEL MESSINIANO
Oltre ai tipi differenti di rocce, come gesso e salgemma, che testimoniano l’avvenimento della crisi di salinità del Messiniano, ci sono altre prove che ci raccontano dell’evaporazione del Mediterraneo. Il ritiro delle acque da ampie zone di territorio sottopone queste ultime a fenomeni erosivi tipici della terraferma. Lì dove c’era acqua marina, a seguito dell’abbassamento del livello marino, cominciarono a scorrere fiumi che hanno fortemente inciso la roccia formando grandi canyon e valli fluviali. Alcune di queste sono state rilevate nel golfo di Oristano, nel golfo di Valencia, e al largo delle coste spagnole e francesi nelle vicinanze di Barcellona e Marsiglia. Anche nella riviera ligure sono stati scoperti due canyon tra Bordighera e Ventimiglia.
Molto spesso le condizioni di salinità del Mar Mediterraneo durante questo periodo vengono paragonate a quelle del Mar Morto in cui, a causa della forte salinità delle acque, non è presente vita. Alcuni studi condotti su fossili molecolari (ovvero tracce chimiche dovute alla presenza di organismi) hanno ricostruito che, anche durante le fasi di iper-salinità delle acque, erano presenti organismi alofili (organismi in grado di vivere in acque con salinità elevata), eucarioti e procarioti.
Altri ritrovamenti fossili di otoliti, che sono delle piccole ossa contenute nel cranio dei pesci utili all’orientamento, testimoniano una forte riduzione di taglia di alcune specie ittiche come i pesci lanterna. Tale riduzione persiste per tutto il Messiniano e si annulla con il ripristino delle normali condizioni marine. In tempi recenti è stata ritrovata una parte di cranio fossile di un cetaceo, lungo circa otto metri, risalente alla prima fase della crisi di salinità: questo fossile ha un importante significato ambientale in quanto ci racconta che in quel periodo potevano essere presenti organismi di grandi dimensioni e quindi l’esistenza di una catena alimentare ben sviluppata.
Oltre ai fossili di grandi dimensioni sono molto importanti quelli di dimensioni microscopiche, comunemente chiamati microfossili. Questi sono degli organismi molto piccoli che vivono sia sulla superficie dell’acqua (organismi planctonici) sia sui fondali (organismi bentonici). Tali organismi formano dei gusci calcarei che, una volta morti, si depositano sul fondale marino dove possono essere fossilizzati. Questi ultimi sembrano scomparire completamente all’inizio della MSC a causa dell’ambiente fortemente salino. Tuttavia, in alcuni depositi argillosi che si alternano a rocce evaporitiche, sono presenti alcuni di questi microfossili anche se non è stata riscontrata una grande variabilità di specie.
La presenza di questi micro e macro fossili indica che, durante la crisi di salinità del Messiniano, le fasi di forte evaporazione e abbassamento del livello marino erano alternate a periodi di clima umido. Quest’ultimi permettevano al Mediterraneo di ricaricarsi di acqua grazie a sporadici afflussi dall’Oceano Atlantico che ripristinavano temporaneamente le condizioni originali e permettevano lo sviluppo di organismi acquatici.
La crisi salina del Messiniano non è ancora del tutto compresa e dovranno essere condotti molti altri studi per capire meglio le cause, l’impatto sulla biosfera e la correlazione tra le rocce messiniane presenti in profondità nel fondale marino con quelle affioranti sulla terraferma. L’indagine di questo particolare evento permette di capire come l’intero pianeta può cambiare a causa di variazioni climatiche che verranno memorizzate per sempre all’interno delle rocce.
Fonte
- LA CRISI DI SALINITA’ DEL MESSINIANO – Il mistero del mare scomparso, volume speciale, D. Bonanni. 2019.
ResearchGate - Antarctic glacio-eustatic contributions to late Miocene Mediterranean desiccation and reflooding. OHNEISER, Christian, et al. 2015.
Nature comunications