I filtri solari sono utili per proteggerci dalle radiazioni solari e dalle scottature cutanee, ma alcuni dei principi attivi delle formulazioni spray o lozioni possono penetrare ad attraverso la pelle, dalla quale vengono assorbiti ed entrare nel circolo sanguigno.
Benché non sia chiaro se questo possa comportare rischi o meno per la salute, il dermatologo Micheal Girardi dell’Università di Yale ha suggerito come sia importante pensare a delle alternative. Grazie ad una collaborazione con il dipartimento di bioingegneria della medesima università, il professore ha sviluppato una formulazione di filtro solare designata per permanere sulla superficie cutanea. Le molecole che normalmente assorbono le pericolose radiazioni UV sono tipicamente molecole organiche. Non ci sono evidenze che queste molecole assorbenti possano direttamente danneggiare gli umani. Tuttavia ci sono pubblicazioni scientifiche che paiono suggerire come queste molecole siano in grado di legare alcuni recettori per gli ormoni. Questi lavori condotti sia in vitro su cellule che in vivo su animali sembrerebbero perciò suggerire una potenziale compromissione del sistema endocrino corporeo, ovvero il traffico degli ormoni che regola riproduzione e altre fondamentali funzioni.
Nello sforzo di sviluppare un filtro solare in grado di non attraversare la pelle, Girardi e il suo team hanno incapsulato molecole di un comune assorbente di raggi UV, il padimato O, in nanoparticelle di polimeri biodegradabili, che si legano specificamente a proteine presenti normalmente sulla cute. Queste particelle permangono legate alle proteine cutanee persino in presenza di acqua e vengono rimosse solo al momento dello sfregamento con un asciugamano o con accappatoio. Come pubblicato su Nature Materials, la nuova formulazione ha protetto la cute dei topi alla stessa maniera di come facevano i filtri solari contenti lo stesso principio attivo.
Ciò apre la strada ad una nuova investigazione, potenzialmente in grado di ridurre l’impatto dei filtri solari convenzionali sull’organismo umano.
Fonte: Nature