I Picnogonidi sono annoverati dai biologi evoluzionisti come una classe enigmatica e problematica, ma in egual misura curiosa ed affascinante. Vengono qui elencate le caratteristiche più rilevanti della classe e perché questa è guardata e studiata con particolare interesse dagli specialisti.
IN BREVE
I Picnogonidi, anche conosciuti come ragni di mare, sono a tutti gli effetti organismi appartenenti al phylum Arthropoda, ed aventi un aspetto che, a prima vista, può sembrare davvero molto bizzarro. Già la derivazione etimologica del nome della classe ce lo fa intuire: dal gr. pyknós “denso” e -gono “ginocchio”, il termine significa letteralmente “ginocchia dense”, anche se il rimando alla complessa articolazione che definisce il limite inferiore tra il femore ed il limite superiore di tibia e perone nella specie umana, è più che distante in termini di complessità strutturale. Molte specie possono avere zampe molto lunghe fino ad aperture di 0,75 m e corpi molto sottili, che essenzialmente assolvono la funzione di tenere le zampe, notevolmente più estese, coese in un’unica struttura portante. Questa singolare organizzazione dà l’impressione, agli osservatori meno attenti o semplicemente da un punto lontano di osservazione, che le zampe fluttuino accarezzate dall’acqua durante il movimento! Altrettante specie sembrano costituite da un groviglio confuso di appendici giallo-brune, da cui il nome che veniva anticamente attribuito alla classe: i “ragni senza corpo”. Non si può parlare né di ragni né di granchi quando ci si riferisce a questo gruppo di organismi.

I ragni degli oceani possiedono una regione cefalica (cefalon), una proiezione rilevata con un paio di occhi semplici ed una lunga proboscide all’estremità, utilizzata per aspirare succhi di cnidari (meduse ed affini) e altri animali dal corpo molle. Alcuni hanno un corpo lungo pochi millimetri altri, come prima anticipato, anche molto grandi ma sempre sottili e gracili, con quattro paia di esili zampe. Inoltre, presentano una caratteristica peculiare nell’ambito degli Arthropoda: in alcuni gruppi i segmenti sono duplicati, così che essi possiedono cinque o sei paia di zampe anziché le “normali” quattro paia. I maschi di molte specie portano un paio di zampe sussidiarie, gli ovigeri, con le quali trasportano le uova in via di sviluppo. Tale struttura è spesso assente negli esemplari femminili. Molte specie sono anche forniti di cheliceri (chelifori in questo gruppo) e di palpi. Il sistema circolatorio è limitato ad un semplice cuore dorsale, mentre sono assenti i sistemi escretore e respiratorio. Il corpo lungo e gracile fornisce assieme alle lunghe zampe un’ampia superficie, rispetto al volume, che è evidentemente sufficiente alla diffusione dei gas e dei metaboliti di rifiuto. A causa della modesta taglia corporea, il sistema digerente e le gonadi inviano ramificazioni all’interno delle zampe. Da quanto detto si intuisce che vi sono sicuramente delle ragioni per cui gli organismi di questo gruppo vengono etichettati come “strani” e sappiamo davvero poco della loro biologia. Da ormai 130 anni si dibatte sul ruolo che i Picnogonidi rivestono e sulla posizione che occupano all’interno dell’albero della vita. Queste dispute sollevano numerosi interrogativi sull’evoluzione e la radiazione degli artropodi risalente al Cambriano, oltre 500 milioni di anni fa. I ragni degli oceani furono anche argomento della tesi di PhD dell’eminente studioso di Drosophilae, o moscerini della frutta, T.H. Morgan che, nel decennio 1880-1890 cercò di rivelarne l’ontogenesi e la filogenesi. A quel tempo la classificazione dei Picnogonidi rappresentava una vera e propria sfida, dato l’inquadramento criptico del gruppo all’interno del phylum degli Artropodi. I ragni degli oceani sono degli artropodi ancestrali o sono strettamente appartenenti al subphylum dei Chelicerati? Il dibattito è ancora aperto.

I ragni degli oceani possono essere trovati in oceani ed estuari, dai piani mesolitorali fino a profondità abissali di oltre 6.000 m. Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che le forme di vita più ancestrali risiedessero nelle profondità oceaniche, per poi avere colonizzato acque meno profonde negli ultimi 150 milioni di anni. Sono, inoltre, particolarmente abbondanti nelle acque polari, dove raggiungono dimensioni notevoli, sebbene le ragioni di questa tendenza al gigantismo non sono ancora chiare. In entrambi i sessi le gonadi sono alloggiate nelle zampe, per poi essere rilasciate nell’acqua attraverso i gonopori, delle piccole aperture. Le zampe degli esemplari maschili ospitano anche le ghiandole del cemento, il cui secreto viscoso aiuta a trattenere le uova fecondate adesso agli ovigeri, caratteristica discriminante dei due sessi. Le uova si svilupperanno in larve che, 11 mesi più tardi, raggiungeranno lo stadio adulto. Molte specie sono carnivore e si cibano di spugne, cnidari e molluschi ed altrettante sono state osservate in associazione a anemoni di mare sul substrato marino. Riescono sia a nuotare che a camminare, con diverse modalità a seconda della specie di appartenenza e dello stadio di sviluppo. Molti ragni degli oceani nuotano raccogliendo o sbattendo ritmicamente le zampe, altri riescono a percepire le variazioni della pressione esterna e alternare il nuoto alla camminata. Lo stadio larvale non è planctonico, anche se le specie che hanno colonizzato acque poco profonde possano decidere di migrare in acque più profonde con cadenza stagionale.

Vi sono oltre 1300 specie di Picnogonidi e, in base alla morfologia, la maggior parte viene inclusa nel subphylum Chelicerata, che include ragni, cavallucci marini, scorpioni giganti abissali (quest’ultimi ormai estinti) e molti altri. In tutti questi organismi le appendici cefaliche sono modificate e artigliate a formare l’apparato boccale dei cheliceri (nei ragni degli oceani chelifori). Tuttavia, non ci sono sufficienti evidenze molecolari che supportano o falsificano questo tipo di classificazione: dallo studio di sequenze di DNA corrispondenti di 62 geni nucleari di 75 specie di artropodi, tra cui 5 di Picnogonidi, non è emersa infatti alcuna correlazione chiara tra quest’ultimi e i Chelicerati. Nel 2005, studi di neuroanatomia hanno rivelato che i chelifori dei ragni abissali sembrano essere innervati dal protocerebrum (una divisione del sistema nervoso degli artropodi) piuttosto che dal deuterocerebroum, come invece si verifica nei Chelicerati. Ciò suggerisce che i ragni degli oceani potrebbero non essere Chelicerati, ma altre evidenze morfologiche e molecolari devono essere ancora implementate nei grandi dataset filogenetici per chiarire una volta per tutte la posizione dei Picnogonidi all’interno del phylum. Non si registra una presenza massiccia di fossili di ragni degli oceani: è stato ritrovato un fossile di Picnogonidi allo stato larvale squisitamente conservato dal Cambriano superiore dai depositi “Orsten”, intorno ai 500 milioni di anni fa, ma anche fossili risalenti al Siluriano, Devoniano e Giurassico. Alcuni degli esemplari del Devoniano sono relativamente primitivi e conservano la coda (assente nelle specie moderne). A questo punto non resta che chiedersi quale sarà il futuro di questi organismi relativo al loro inquadramento in termini filogenetici. Molti dati devono ancora essere raccolti ed altrettanto numerose sono le domande che ancora bisogna porsi. Le risposte a queste domande non solo risolveranno uno dei più grandi e spinosi quesiti della biologia evoluzionistica, ma daranno una repentina accelerazione a studi funzionali, in accezioni più disparate, su queste bizzarre ed enigmatiche forme di vita.
Fonte
- Pycnogonids
Science Direct