È possibile far vedere i colori a una persona daltonica? Quali sono le tecnologie attuali che possono essere sfruttate per raggiungere tale scopo? Le EnChroma sono lenti particolari costruite per restituire la corretta visione di tutti i colori.
IN BREVE
Indice
COSA SONO LE LENTI ENCHROMA
Le lenti EnChroma (EnChroma glasses in inglese) sono una tecnologia all’avanguardia che si pone come obiettivo quello di restituire la visione completa di tutti i colori agli individui affetti da daltonismo. Questa malattia, infatti, impedisce la corretta visione di uno o più colori (rosso, verde, blu, giallo…) rendendo difficoltosa la vita di tutti i giorni.
COME FUNZIONA L’OCCHIO UMANO
Prima di entrare nel merito delle lenti EnChroma e di come cercano di risolvere il problema, è bene spiegare come funziona un normale occhio umano e come la luce riesce a essere “letta” dal cervello. Innanzitutto, si può considerare l’occhio come una lente: esso, infatti, focalizza la luce proveniente dall’esterno dell’occhio sulla retina. Questo processo viene compiuto grazie alla cornea, ossia il rivestimento acquoso che copre l’occhio e che è a diretto contatto con l’aria, e dal cristallino, capace di modificare la sua forma contraendo i muscoli ciliari che si trovano intorno, e quindi mettendo a fuoco gli oggetti a profondità diverse. L’intensità della luce che viene fatta incidere sulla retina, invece, viene regolata dalla pupilla e dall’iride, la parte colorata dell’occhio. La pupilla può essere considerata come l’obiettivo di una macchina fotografica: variando la sua apertura attraverso la contrazione dell’iride, anch’esso un muscolo, può passare più o meno luce a seconda se la pupilla si allarga o si restringe. Ciò permette, rispettivamente, di focalizzare oggetti più vicini o più lontani. Inoltre, serve a proteggere l’occhio da un’elevata esposizione alla luce (che potrebbe danneggiare le cellule fotorecettive che verranno spiegate più avanti) o a catturare quanta più luce nel caso di ambienti poco illuminati. Per come è costituito tutto l’organo dell’occhio, l’immagine viene focalizzata sulla retina capovolta, e sarà compito del cervello ruotarla nuovamente per permettere di osservare il mondo “nel verso giusto”.
La visione dei colori
A questo punto, dunque, la luce è stata focalizzata sulla retina. Qui, sono presenti delle cellule fotosensibili, cioè capaci di assorbire la luce attraverso raffinati meccanismi chimici e di convertirla poi in segnale elettrico, che viene infine spedito al cervello. Tali cellule possono essere di due tipi: i bastoncelli e i coni, denominati così per via della loro forma. I bastoncelli, infatti, presentano una forma allungata e sono le cellule più sensibili alla luce. Ciò vuol dire che per attivarle e poter vedere è sufficiente una bassa intensità luminosa, che si traduce in un numero piccolo di fotoni, i corpuscoli di cui è costituita la luce e ciascuno caratterizzato da una propria lunghezza d’onda e una propria energia (per approfondire il dualismo onda-corpuscolo, si rimanda all’articolo sulle onde elettromagnetiche). I coni, invece, hanno una forma piramidale e sono più corti dei bastoncelli. A differenza loro, i coni hanno una sensibilità di molto inferiore, richiedendo un maggior numero di fotoni per attivarli. Per questo motivo, la visione è data dai bastoncelli negli ambienti più bui (visione scotopica) e dai coni in quelli più illuminati (visione fotopica). Ma allora, perché non avere una retina costituita interamente da bastoncelli, di gran lunga più sensibili alla luce? La risposta risiede nel fatto che i coni hanno la capacità aggiuntiva di distinguere i diversi colori di cui è composta la luce, cosa che i bastoncelli non sanno fare. Si ricorda che la luce bianca contiene tutti i colori dal rosso al blu-violetto (insieme ai raggi ultravioletti UV, agli infrarossi IR, e alle onde radio), ciascuno caratterizzato da una propria lunghezza d’onda ed energia. Il riconoscimento dei colori è possibile grazie a una diversificazione dei coni, e in particolare alla presenza di tre classi di coni: quelli capaci di rivelare i colori a lunghezze d’onda più corte e per questo indicati con la “S” (che sta per “short wavelengths”); quelli per le lunghezze d’onda medie, o “M” (“middle wavelenghts”); quelli per le lunghezze d’onda lunghe, o “L” (“long wavelengths”). Spesso si indicano questi tre tipi di coni rispettivamente con il cono blu, verde e rosso, sottolineando le lunghezze d’onda che ciascuno è capace di rivelare. Tuttavia, queste definizioni sono un po’ erronee in quanto i coni L non assorbono il rosso, bensì una sfumatura tra il verde e il giallo.
Il meccanismo di rivelazione della luce
Ciascun cono ha un proprio spettro di assorbimento, ossia un grafico che evidenzia la capacità di assorbire una particolare lunghezza d’onda. Come si evince dall’immagine sotto riportata, a discapito della categorizzazione compiuta S, M ed L, ogni cono è sensibile (e quindi capace di assorbire) a tante lunghezze d’onda diverse. Tuttavia, la classificazione si riferisce alla lunghezza d’onda cui il cono è più sensibile (che corrisponde al picco in ciascuno spettro). Il cono S è definito così perché ha il suo picco di assorbimento a 460 nm, il cono M a 530 nm e il picco L a 560 nm. Come si vedrà più avanti, nel daltonismo questi valori saranno diversi ed è proprio qui che le lenti EnChroma agiscono. Si noti che, addirittura, lo spettro di assorbimento dei coni L ed M sono quasi interamente sovrapposti, mentre vi è una parziale sovrapposizione con lo spettro del cono S. Ciò vuol dire che vi sono particolari onde che vengono assorbite da tutti e tre i coni.
A titolo di esempio, quando una radiazione di colore ciano (che ha una lunghezza d’onda pari a 500 nm) viene focalizzata dalla cornea sulla retina, vengono eccitati contemporaneamente sia il cono L, sia il cono M, sebbene in misura diversa (il cono M viene eccitato di più del cono L). Il riconoscimento del tipo di radiazione è a carico di una proteina specifica, presente in ciascun cono. Questa proteina si chiama iodopsina e si differenzia leggermente nei tre coni. All’interno della iodopsina è presente una molecola simile alla vitamina A che contiene un doppio legame C-C (carbonio-carbonio). Questo legame si dice essere in configurazione cis, perché gli atomi adiacenti ad esso si trovano dalla stessa parte. Quando un fotone incide sul cono, colpisce il legame cis: gli viene fornita sufficiente energia a modificare la sua orientazione e passare a una configurazione trans, dove i legami adiacenti si trovano su lati opposti. Il cambio di orientazione crea uno stress che si ripercuote su tutta la molecola della iodopsina e induce, attraverso complessi meccanismi biochimici, alla generazione di un impulso elettrico che viene inviato al nervo ottico, collegato sul retro dell’occhio. Il segnale elettrico viene infine inviato al cervello dove, insieme ai segnali elettrici provenienti dalle altre cellule fotosensibili, viene ricostruita l’immagine a colori.
COS’È IL DALTONISMO
Il daltonismo è una malattia dell’occhio che impedisce la corretta formulazione di uno o più colori così come lo vedono i tricromati normali, ossia coloro che possiedono tutti e tre i coni correttamente funzionanti. Il primo a studiarla fu John Dalton, il chimico inglese che produsse la prima teoria atomica. Un giorno, volle comprarsi delle calze di colore blu e marrone, ma quando tornò a casa la madre gli fece notare che erano rosso acceso. Da allora, Dalton studiò la sua malattia, che chiamò appunto daltonismo. Esistono diverse forme di daltonismo: da quelle più rare e severe in cui i colori sono completamente assenti (e i daltonici vedono in scale di grigio), a quelle più comuni in cui i colori sono presenti, ma alterati. Si parla, in questo caso, di tricromatismo anomalo che consiste nel malfunzionamento di un cono. A seconda di quale cono non funziona, dunque, si possono identificare: la protanomalia, ossia quando il cono L (del “rosso”) assorbe troppo verde e meno rosso rispetto al normale; la deuteranomalia, quando il cono M assorbe più rosso che verde (in maniera opposta alla protanomalia); e la tritanomalia, quando il cono S assorbe più verde e meno blu. Per i più esperti, questo comporta che i picchi degli spettri di assorbimento dei relativi coni cadano a lunghezze d’onda spostate verso sinistra o verso destra, a seconda del tipo di daltonismo. In altre parole, si verifica una sovrapposizione degli spettri più accentuata del normale. Nonostante sia solo uno il cono difettoso, è tutta la gamma di colori ad esserne influenzata.
ENCHROMA: UN TRATTAMENTO CONTRO IL DALTONISMO
Le lenti EnChroma (in inglese EnChroma glasses) sono state sviluppate per cercare di porre rimedio al daltonismo. Frutto di ricerche di molti anni e di diversi scienziati, le lenti EnChroma si basano sulla presenza di un filtro colorato capace di bloccare le radiazioni (con determinate lunghezze d’onde) che inducono in confusione il soggetto daltonico. Un problema comune nell’utilizzo dei filtri (e che viene riscontrato in altri tipi di lenti sempre dedicate ai daltonici) è la riduzione della trasmissione delle altre lunghezze d’onda: se per esempio se ne vuole bloccare una a 550 nm, inserendo un filtro idoneo si bloccheranno inevitabilmente anche quelle limitrofe. Tuttavia, gli EnChroma glasses minimizzano questo problema utilizzando dei filtri multinotch, in grado di bloccare delle finestre di lunghezze d’onda molto strette. Questo è importante per evitare di bloccare anche quelle riconosciute correttamente dall’individuo daltonico. Un altro vantaggio delle EnChroma è che esse sfruttano coloranti organici per bloccare la radiazione indesiderata. Il beneficio qui risiede nella capacità di ingegnerizzare a proprio piacimento la struttura del colorante in modo tale da selezionare esattamente la lunghezza d’onda e la quantità di luce che deve essere catturata dalla molecola, evitando che questa venga trasmessa e crei confusione nella vista. Questo aspetto è fondamentale per poter creare delle lenti ad hoc per ogni tipo di daltonismo, singolare per ogni soggetto come evidenziato nel paragrafo precedente.
Il materiale di cui sono composte le EnChroma glasses è il Trivex, un tipo di vetro costituito da monomeri di uretano, risultando essere più leggere, più sottili e più resistenti dei materiali di cui sono costituite le altre lenti (solitamente in policarbonato). Il Trivex garantisce inoltre la protezione dai raggi UVA e UVB, dannosi per l’occhio (così come per il resto del corpo) ed è possibile applicare dei trattamenti antigraffio, antiriflesso e per renderli idrofobi, così da non far depositare polvere e sporco. Il colorante viene poi inserito facendo scivolare all’interno del Trivex un solvente in cui è disciolto: in questo modo, il colorante viene intrappolato dentro il materiale senza però rovinarne la struttura.
Le lenti EnChroma funzionano? EnChroma Ishihara test
L’efficacia delle lenti EnChroma è stata verificata attraverso l’EnChroma Ishihara test, esame cui solitamente ci si sottopone per indagare sulla eventuale presenza e sul tipo di daltonismo. L’Ishihara test consiste nel far leggere al paziente dei dischetti su cui sono rappresentati dei numeri di un colore poco o molto contrastante con lo sfondo, distinguibile o meno a seconda del tipo di daltonismo.
L’EnChroma Ishihara test, compiuto su 48 pazienti daltonici senza e con gli occhiali, ha apportato dei miglioramenti insignificanti alla vista, sotto il 5%. Tuttavia, ciò non esclude che le EnChroma glasses siano efficaci per il trattamento della malattia. Infatti, l’apparente insuccesso può essere dovuto a due fattori: da una parte, il daltonismo varia da paziente a paziente, quindi le lunghezze d’onda bloccate potrebbero non corrispondere con quelle che effettivamente creano confusione; dall’altra, far abituare l’occhio a nuove tonalità di colore porta via tempo, come riportato in diverse recensioni da parte di chi li ha provati, e dunque sottoporre all’EnChroma Ishihara test pazienti troppo prematuramente potrebbe non portare ai risultati sperati. Nonostante ciò, le lenti EnChroma costituiscono un passo in avanti per il trattamento del daltonismo e in futuro si pensa sarà in grado allineare la visione dei colori con quella di un tricromato normale.
Fonte
- Neuroscienze. Esplorando il cervello.
M. F. Bear, B. W. Connors, M. A. Paradiso - Colour vision
britannica - Ophtalmic Wearable Devices for Color Blindness Management
ResearchGate