Ora che abbiamo fatto decollare il nostro caccia, in puro stile inizio di Top Gun, dovremo trovare un modo per farlo rientrare.
Il sistema di rientro è altrettanto ingegnoso: utilizza un sistema di gancio e cavi.
Studiamone il funzionamento.
All’aereo viene montato un gancio di arresto, situato nella zona di coda, che si abbassa in avvicinamento.
Sulla pista di atterraggio, nel frattempo, sono stati posizionati cavi di acciaio, che spuntano da alcune fessure laterali.
I cavi sono tesi pochi centimetri sopra la pista, con diversi metri supplementari ancora non sfruttati.
Quello che succede ora è sempre simile ad una fionda, ma all’inverso. Arrivato sulla pista, il gancio va ad allacciarsi ad uno dei cavi, trascinandolo.
Sfruttando il principio elastico della fionda, questa volta, l’aereo smaltisce la propria energia cinetica.
Non appena il cavo viene agganciato, inizia a srotolarsi, opponendo una forte resistenza idraulica.
Questo perché? Beh, se l’arresto non fosse graduale, avremmo delle sollecitazioni strutturali ingestibili: sarebbe come far sbattere il caccia contro un muro.
Il cavo, mentre viene trascinato, va ad assistere la frenata – proprio come un ABS.
Esso oppone la giusta resistenza, calcolata accuratamente in base al peso dell’aereo in atterraggio.
Durante il lasso di tempo in cui si allunga, il sistema gancio/cavo/freno idraulico riesce a smaltire decine di tonnellate di inerzia, in arrivo a circa 200 km/h. Davvero non male!
Ma quali sono i limiti di questo metodo?
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