I rapporti con Google
Anthony Levandowski di sicuro non poteva essere accusato di sottovalutare i veicoli robotici. Dopo aver costruito Ghostrider, ha messo la prima auto senza conducente su strade pubbliche nel 2008 vendendo la sua start-up a Google. La sua ultima impresa, un’azienda di camion senza conducente denominata “Otto”, è stata acquistata da Uber per circa 680 milioni di dollari.
Il suo reclutamento per Google avvenne nel 2005, nella seconda gara organizzata dalla Darpa, in cui incontrò un professore di Computer Science a Stanford, per il progetto “Street View“. “Ma dopo un anno il prurito per i robots tornò”, continua Levandowski. Un suo amico produttore gli suggerì di costruire un prototipo di self-car per la consegna a domicilio delle pizze, da esibire per la rete Prototype Discovery Channel. Ma Google anche se era favorevole all’idea non voleva che il suo nome fosse associato al progetto. “Temevano che un ingegnere di Google avrebbe costruito un veicolo con il rischio ad un certo punto di bloccarsi e uccidere qualcuno.”, dice Anthony Levandowski. Così costituì un’altra società, denominata “Anthony’s Robots“, mantenendola a buon mercato. Costruì pertanto la Pribot, una self-car Toyota. Il giorno del collaudo, la polizia di San Francisco chiuse al traffico cinque miglia di strada perché la Pribot non era ancora in grado di rilevare gli altri veicoli e pedoni. La vettura percorse il suo viaggio senza incidenti, rischiando solo di uscire quasi fuori strada sul Bay Bridge. Allora a questo punto i fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, diedero a Levandowski il budget necessario per portare avanti il progetto della Pribot inserendolo nella loro nuova sezione segreta denominata X, con a capo Thrun, dedicata alle tecnologie “Moonshot”. Così nel giro di due anni Google acquistò le aziende di Levandowski, la “Anthony’s Robots” e la “510 Systems”.

L’acquisto di Otto da parte di Uber
Nel 2011, lo stato del Nevada concesse a Anthony Levandowski la possibilità di provare su strada le sue vetture, nel primo test di auto-guida completa al mondo. “Quella tecnologia deve ancora essere migliorata, non è affidabile.” Per i prossimi 5 anni, Levandowski aiuterà Google a espandere la sua flotta di self-cars con anche veicoli che non necessitano di volanti, freni o acceleratori.
Mentre a gennaio di quest’anno ha fondato la start-up Otto per la costruzione di camion con la tecnologia self-driving e a luglio è stata venduta a Uber, con un accordo stipulato direttamente tra Levandowski e il fondatore Travis Kalanick. Levandowski ammette che ci sono ancora delle sfide tecniche da perfezionare sui Taxi a guida automatica di Uber. “Le strade di provincia sono certamente più complicate delle autostrade.”, dice. Ma è fiducioso sul fatto che le self-cars saranno molto più sicure per le vite umane delle automobili odierne.
“Ci saranno meno morti, pertanto non possiamo non proseguire su questa strada. Robot arriviamo!”, questo è l’augurio che il patron delle driverless car Anthony Levandowski si augura per tutti noi.
Fonte: The Guardian